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Un accordo bollente: Harmony Collezione
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Un accordo bollente: Harmony Collezione

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About this ebook

Grazie al pessimo esempio di suo padre Benito Di Sione, Nate Brunswick ha smesso da tempo di credere nell'amore. Eppure, mentre è impegnato nella ricerca dell'anello che suo nonno gli ha chiesto di ritrovare, l'erede illegittimo dei Di Sione si ritrova fidanzato a una donna che non conosce neppure...

Mina Mastrantino, l'attuale proprietaria dell'anello, per onorare le ultime volontà di suo padre potrà venderlo infatti solo dopo essersi sposata. Un matrimonio veloce - e un annullamento ancora più rapido! - dovrebbero risolvere la questione. Ma una notte di nozze più torrida del previsto porta i due novelli sposi a rivedere i loro piani.
LanguageItaliano
Release dateOct 20, 2017
ISBN9788858971406
Un accordo bollente: Harmony Collezione

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    Un accordo bollente - Jennifer Hayward

    successivo.

    1

    Percorrere la leggendaria Gold Coast di Long Island era come fare un viaggio indietro nel tempo, precisamente nel periodo immortalato in tante fiction, quando le dinastie della nascente élite americana costruivano lì le loro splendide ville a testimonianza del loro successo sia professionale sia sociale.

    Avevano fatto a gara per superarsi in grandezza quei nuovi nobili, disseminando la costa con veri gioielli di architettura. Ma com'era accaduto per tanti altri simboli di quell'era felice, il passare degli anni aveva lasciato il segno sui maestosi immobili, e purtroppo pochi di loro conservavano ancora l'antico splendore.

    Uno di questi apparteneva a Giovanni Di Sione, il milionario che aveva fatto fortuna nel campo delle spedizioni marittime. La tenuta era stata completamente ristrutturata e ora si ergeva come simbolo della modernità e della funzionalità.

    Quell'ostentata manifestazione di opulenza indusse Nate Brunswick a scuotere la testa mentre, alla guida della sua Jaguar, imboccava il viale di accesso della proprietà Di Sione.

    Certo, con tutto il denaro che lui aveva accumulato grazie all'impero di sviluppo edilizio e alberghiero che controllava avrebbe potuto acquistare anche un castello da quelle parti se lo avesse voluto, rifletté, ciò nonostante non si sarebbe mai sentito davvero a suo agio in quel posto.

    Era una lezione che aveva imparato a sue spese. Tutti i soldi del mondo non potevano sanare le vecchie ferite. I componenti della società bene di New York avrebbero sempre considerato i nuovi ricchi alla stregua di intrusi. I borghesi potevano anche mescolarsi agli aristocratici, ma non avrebbero mai potuto vantare il loro stesso status.

    Parcheggiò l'auto nel cortile dell'imponente villa di suo nonno, spense il motore e si concesse qualche istante per riportare le sue emozioni sotto controllo, emozioni che puntualmente si risvegliavano quando si trovava in quel posto. Quel giorno però gli sembrava che qualunque fosse il potere superiore che orchestrava quella partita a scacchi che era la sua vita, non avesse alcuna intenzione di mollare la presa sul suo cuore.

    Suo nonno stava morendo.

    Di recente aveva viaggiato di continuo per supervisionare le sue proprietà sparse per il mondo, e aveva avuto ben poco tempo da dedicare al suo mentore, che poi era anche la figura più simile a un padre che avesse mai avuto accanto. Era rimasto rigido e in silenzio mentre Natalia, una delle sue sorellastre, durante l'inaugurazione della sua prima mostra di pittura gli aveva comunicato che il nonno aveva avuto una recidiva di leucemia, e che nella presente circostanza anche un trapianto di midollo, una terapia che era stata tentata con successo nel passato con lui come donatore, non avrebbe sortito alcun risultato positivo.

    Evidentemente nemmeno l'onnipotente Giovanni Di Sione poteva sfuggire alla morte per due volte.

    Lo stress che aveva accumulato durante il tragitto da Manhattan minacciò di sopraffarlo, sconfiggendo persino l'autodisciplina che aveva imparato a imporre a se stesso. Raddrizzò la schiena e fece un profondo respiro. No, non si sarebbe permesso alcuna manifestazione di debolezza, non adesso e sicuramente non lì, decise mentre scendeva dall'auto, i muscoli delle gambe che protestavano dopo il lungo viaggio nella vettura di gran lusso ma dall'abitacolo angusto.

    Aveva appena messo piede sul primo gradino della scalinata di marmo che conduceva all'elegante ingresso della villa quando Alma, la governante di casa Di Sione, spalancò la porta.

    «Nate» esordì la donna facendogli cenno di affrettarsi, «il signor Giovanni è in veranda e aspetta con ansia di vederti.»

    Parole che rinnovarono i suoi sensi di colpa. Avrebbe dovuto trascorrere più tempo con il nonno, rifletté Nate, ma aveva commesso lo stesso errore dei suoi fratellastri, immaginando che Giovanni fosse invincibile. Salutò Alma e si diresse verso il retro della villa, i passi che riecheggiavano sul pavimento di marmo tirato a lucido. Aveva avuto diciotto anni quando, scortato dal suo fratellastro Alex, era entrato in quella casa per la prima volta. Test clinici lo avevano identificato come l'unico donatore compatibile per il trapianto di midollo osseo che avrebbe salvato la vita a Giovanni Di Sione, al tempo per lui un perfetto sconosciuto.

    Rammentava perfettamente la scena che si era presentata ai suoi occhi, i suoi sei fratellastri seduti in fila sugli scalini come uccelli appollaiati su un cavo telefonico, che lo seguivano con lo sguardo mentre lui li oltrepassava per essere finalmente presentato al patriarca della famiglia cui apparteneva per diritto di nascita.

    I fratelli Di Sione erano stati accolti dal nonno quando il padre Benito e sua moglie Anna avevano perso la vita in un incidente d'auto provocato dall'abuso di alcol e droghe. Una tragedia, senza dubbio, ma tutto quello che lui ricordava al riguardo era l'amarezza e l'invidia per loro, che comunque avevano avuto tutto, mentre lui e sua madre erano stati costretti a lottare per sopravvivere. Invidia per quei fratelli che non erano mai stati a conoscenza dell'esistenza di un figlio illegittimo di Benito Di Sione.

    Ma quella era storia vecchia, si disse muovendo qualche passo nella grande veranda rischiarata dagli ultimi raggi di sole prima del tramonto. Ormai aveva cancellato il suo passato per sostituirlo con una storia di successo che nessuno poteva ignorare, nemmeno quei boriosi aristocratici che ancora si divertivano a snobbarlo.

    Il nonno era seduto su una poltrona, lo sguardo verso lo splendido panorama di Long Island. Come spinto da una sorta di sesto senso, si girò mentre lui si avvicinava e un sorriso gli illuminò il viso smunto.

    «Nathaniel. Stavo cominciando a temere che Manhattan ti avesse inghiottito.»

    Nate osservò l'uomo che, con il passare del tempo, era diventato così importante per lui. Il nonno, una volta forte e vitale, ora era l'ombra di se stesso, notò, un nodo che gli serrava la gola, ancora più magro e debole di com'era stato al tempo del loro ultimo incontro.

    Si chinò per abbracciarlo. La leucemia e i farmaci avevano privato il suo incarnato dell'abituale colore olivastro, era pelle e ossa, si rese conto appoggiandogli le mani sulle spalle. Nonostante i complicati sentimenti che nutriva nei confronti della famiglia Di Sione, Giovanni era stato il suo modello, l'uomo integro e di successo al quale si era ispirato sforzandosi di non seguire invece il pessimo esempio offerto da suo padre. Durante gli anni della crescita, quando la rabbia che lo aveva consumato avrebbe potuto distruggergli la vita inducendolo a compiere pessime scelte, il nonno aveva fatto la differenza.

    Il nonno gli aveva mostrato la strada da seguire per diventare una persona migliore.

    Raddrizzò la schiena e lo guardò in viso.

    «Davvero non c'è più niente da fare?» domandò. «I medici sono sicuri che un altro trapianto non risolverebbe il problema?»

    Giovanni annuì poi gli appoggiò una mano sul braccio. «Mi hanno sottoposto al primo solo a causa del mio nome e dei miei soldi, lo sai» precisò. «È arrivato il mio momento, Nathaniel. Ho avuto una vita molto più lunga di quanto la maggior parte dell'umanità possa sperare. Sono in pace» aggiunse.

    Nate prese posto sulla poltrona accanto. Scosse la testa quando una cameriera li raggiunse per offrirgli qualcosa da bere. «Non ho molto tempo. Devo rivedere dei contratti non appena tornerò a Manhattan» spiegò.

    «Tu lavori troppo» lo ammonì Giovanni. «La vita deve essere vissuta al meglio, Nathaniel. Chi ti farà compagnia quando avrai accumulato tanto denaro da non avere il modo di spenderlo?»

    Era già arrivato a quel punto. La dedizione al lavoro, la corsa al successo professionale, erano elementi insiti nella sua natura, sostenuti da un istinto di sopravvivenza che non si sarebbe sedato fin quando ci fosse stato un resort da acquistare, un albergo da costruire. «Sai bene che non ho mai desiderato una famiglia. Non sono il tipo» affermò Nate.

    «Non mi riferivo alla mancanza di una presenza femminile costante nella tua vita» sottolineò Giovanni, «per quanto potresti solo trarre giovamento dall'avere una donna al tuo fianco. Mi riferivo alla tua dipendenza dal lavoro, al fatto che non scendi mai da quel tuo aereo abbastanza a lungo da respirare una boccata di aria fresca, o per renderti conto di quale stagione sia. Sei dunque così ossessionato dalla smania di fare soldi da ignorare cos'ha davvero importanza nella vita?»

    «Che sarebbe?» Nate lo esortò a spiegarsi.

    «La famiglia. Le radici» elencò Giovanni, una ruga che gli solcava la fronte. «L'esistenza da nomade che conduci, la tua incapacità di avere una residenza stabile, alla fine non potranno più soddisfarti. Io spero soltanto che tu te ne renda conto prima che sia troppo tardi.»

    «Ho solo trentacinque anni» precisò Nate. «E tu sei dipendente dal lavoro tanto quanto lo sono io» aggiunse. «Per noi è un tratto dominante. Non lo scegliamo, ma ne siamo scelti.»

    «Questo modo di fare diventa un vizio se portato all'estremo» commentò Giovanni, lo sguardo oscurato. «Io sono venuto meno ai miei doveri nei confronti di tuo padre, e di conseguenza nei tuoi, trascorrendo ogni momento delle mie giornate negli uffici della mia società.»

    «È stato mio padre a venir meno ai suoi doveri nei confronti di se stesso» puntualizzò Nate scuotendo la testa. «Non ha mai tentato di tenere sotto controllo le sue debolezze.»

    «Anche questo è vero» ammise Giovanni. «Mio figlio Benito aveva i suoi demoni, come te, del resto. E come me, demoni che non hanno mai smesso di tormentarmi. Però tu puoi cambiare, sei giovane, hai tutta la vita davanti. I tuoi fratelli e le tue sorelle ti vogliono bene, desiderano un rapporto più stretto con te, ma tu non fai altro se non allontanarli. Hai lasciato chiaramente intendere di non volere avere nulla a che fare con loro.»

    «Sono intervenuto all'inaugurazione della mostra di Natalia» gli rammentò Nate.

    «Solo perché hai un debole per lei» insistette Giovanni. «La famiglia dovrebbe essere il tuo punto di forza, l'ancora cui aggrapparti quando la tempesta diventa troppo tumultuosa.»

    Le emozioni che si riflettevano nei suoi occhi, il tono concitato della sua voce lo indussero a interrogarsi, e non per la prima volta, sui segreti che il nonno aveva sempre nascosto ai nipoti. Del tipo, perché aveva lasciato l'Italia per emigrare in America senza un centesimo in tasca, o perché da allora aveva reciso ogni contatto con la sua famiglia d'origine. «Abbiamo già discusso di questo» puntualizzò Nate, più bruscamente di quanto avesse inteso. «Mi sono riconciliato con i miei fratelli, e questo dovrebbe bastare.»

    «Ed è così?» replicò Giovanni, un sopracciglio aggrottato. Attese qualche istante una risposta che non arrivò, poi sospirò, si appoggiò allo schienale della sedia e rivolse lo sguardo al panorama. «Ho bisogno di un favore» riprese. «Dovresti rintracciare un anello che per me ha un grande valore. L'ho venduto a un collezionista quando sono arrivato negli Stati Uniti, ma non ho idea di dove sia attualmente. Posso solo descrivertelo, niente altro.»

    Non era sorpreso da quella richiesta, pensò Nate. Natalia gli aveva confidato che il nonno aveva già mandato in giro per il mondo tutti i suoi nipoti, tranne Alex, alla ricerca di vari oggetti preziosi che un tempo gli erano appartenuti. I tesori che Giovanni definiva i suoi Perduti Amori, protagonisti di una favola che aveva raccontato loro da bambini, erano dunque reali entità che adesso voleva recuperare, gli aveva spiegato sua sorella. Gioielli di ogni tipo oltre a una rara raccolta di poesie che Natalia aveva trovato in Grecia, insieme a un marito. Però quello che nessuno dei fratelli Di Sione era riuscito a comprendere era perché riaverli fosse così importante per il nonno.

    «Consideralo fatto» confermò annuendo. «Ma cosa significano questi oggetti per te, se mi è permesso chiedertelo?»

    «Spero che un giorno sarò in grado di rispondere alla tua domanda» mormorò Giovanni. «Ma prima devo vederli di nuovo tutti insieme. L'anello per me conta moltissimo. Devi riportarmelo.»

    «Affiderai ad Alex l'ultima ricerca» ipotizzò Nate.

    «Esatto» confermò il nonno.

    Aveva con Alex, il maggiore dei suoi fratellastri, attualmente amministratore delegato della società di famiglia, un rapporto complesso,

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