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Scandalo a Bath
Scandalo a Bath
Scandalo a Bath
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Scandalo a Bath

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About this ebook

Inghilterra, 1814.
In viaggio verso Bath per raggiungere la zia, Lady Laurel Knighton incontra inaspettatamente un affascinante soldato che viaggia nella sua stessa direzione e che si offre di scortarla... arrivando persino a rubarle un bacio. Il misterioso ufficiale è in realtà Giles Redmond, Conte di Revesby, di ritorno da nove anni di esilio in Portogallo in seguito a uno scandalo. Una volta rientrato a casa, Giles scopre che, per salvare la famiglia dal tracollo finanziario, dovrà contrarre un buon matrimonio. La sposa prescelta, però, non è una donna qualsiasi, ma colei che ha decretato il suo esilio: Lady Laurel. Lui, pur sconvolto da quella rivelazione, è determinato a portare a termine il suo progetto a qualsiasi prezzo.
LanguageItaliano
Release dateSep 20, 2018
ISBN9788858987278
Scandalo a Bath
Author

Louise Allen

Tra le autrici più lette e amate dal pubblico italiano.

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    Scandalo a Bath - Louise Allen

    successivo.

    1

    Beckhampton, sulla strada per Bath

    Giugno, 1814

    «È inaccettabile!»

    «Forse a voi è capitato che le forze della natura si siano adeguate ai vostri desideri, madame

    Era ovvio che doveva ignorare quell'uomo, si disse Laurel. Nessuna gentildonna poteva mettersi a conversare con un perfetto sconosciuto dall'aria spavalda in una locanda di posta. Inoltre, dato che si era rivolto a lei senza essere invitato a farlo, non mostrava neppure un comportamento da gentiluomo.

    Girò la testa per guardarlo di sottecchi, ma la veletta del cappello le impediva di distinguere i suoi lineamenti. A dire il vero, aveva già avuto modo di osservarlo meglio, in precedenza, quando era stata certa di non essere vista. Dopotutto era una donna e a venticinque anni non si poteva ancora definire una zitella attempata, anche se alla sua matrigna piaceva insinuarlo. Aveva buoni occhi e un cuore funzionante, e quello sconosciuto era un uomo attraente, se piacevano i tipi alti, biondi, dalle spalle larghe e i capelli lunghi. Era abbronzato, altro indizio che non poteva trattarsi di un gentiluomo, sebbene l'abbronzatura potesse collegarlo alla Compagnia delle Indie Orientali.

    Lui era entrato mentre Laurel si trovava seduta a un tavolo nella sala comune di una locanda a Beckhampton, a sorseggiare un tè con la sua cameriera, Binham, compitamente silenziosa al suo fianco. Aveva ordinato una birra scura, che aveva bevuto con un gomito appoggiato pigramente al bancone, come se si trovasse in una qualunque birreria e non in una rispettabile locanda di posta sulla strada per Bath.

    «A me capita che i vetturini alle mie dipendenze siano in grado di aggirare gli ostacoli, sir» ribatté lei. «Non mi aspetto che alzino le mani al cielo lamentandosi di dover compiere una lunga deviazione solo perché un albero caduto blocca la strada all'altezza di Cherhill.» Si trovavano nel cortile, al momento, e quel luogo si stava riempiendo in maniera imbarazzante, con altre tre carrozze di posta accanto alla sua che si urtavano per trovare lo spazio per il cambio dei cavalli. In mezzo a quella confusione, giunse il vetturino del servizio postale, le sacche della posta sulle spalle e le redini dei cavalli in mano, e chiese di noleggiare un cavallo per raggiungere Londra, poi fece fronte alla raffica di domande concitate sulla gravità dello sbarramento di un paio di miglia più avanti.

    «Avete sentito, madame?» Il cocchiere di Laurel aveva un'espressione risentita quando si rivolse alla sua padrona. «Si può andare a sud verso Devizes e poi a Melksham, quindi giungere a Bath per quella strada. A detta di tutti, quella grossa quercia si può superare solo a cavallo. La carrozza postale è bloccata dall'altro lato, quindi la strada è ostruita.»

    «E io ti ho spiegato, quando siamo partiti, che ho bisogno di passare da Pickwick.» Laurel aprì la guida stradale che teneva infilata nella borsetta e la consultò. «Come supponevo. Se passiamo da Melksham, come suggerisci, dovremo compiere una lunga deviazione per raggiungere Pickwick.»

    «Non c'è altro modo, madame.» L'uomo sembrava deciso.

    Laurel sospirò, più irritata con se stessa che con lui. Nelle ultime settimane aveva smarrito sia la pazienza che il senso dell'umorismo, e ne era consapevole. Non era certo questione di vita o di morte, in effetti. Se, compiendo una lunga deviazione, avessero tardato a giungere a casa di zia Phoebe, non sarebbe stato altro che un rischio del tutto inevitabile, quando si viaggiava. La mia matrigna ha ragione, si disse. Sto diventando una vera zitella, irritabile e intollerante.

    «Va bene. Sono certa che tu sappia ciò che dici» acconsentì quindi, suo malgrado.

    «O forse no» osservò lo sconosciuto, di nuovo intervenendo senza essere invitato a farlo. «Che ne pensate della vecchia strada vicino a Sheperd's Shore, che sale costeggiando le colline fino a Sandy Lane?»

    «L'ente per il mantenimento delle strade a pedaggio non ripara quella strada da più di cinquant'anni, sir» rispose il vetturino.

    «Però esiste ancora, non è così?»

    «Sissignore, e sono certo che andrà benissimo per i carretti dei contadini e i cavalli, ma di sicuro non per le signore in carrozza.»

    «Il terreno è asciutto, c'è poco vento e avete un tiro da quattro.» L'uomo si voltò verso Laurel. «Io sono a cavallo e posso farvi strada. Sarà sconnessa, non ne dubito, ma vi eviterà Cherhill e Calne, e potrete ricongiungervi con la strada per Chippenham e Pickwick senza essere costretta a tornare indietro.»

    Laurel lo osservò, chiedendosi perché il suo volto gli sembrasse vagamente familiare. Non riuscì a rammentare niente, però. Comunque, si chiese, quanto poteva risultare pericoloso, un uomo? Lei aveva con sé una cameriera e due vetturini, per quanto scontrosi. C'era il rischio di rompere una ruota, o un asse, e di ritrovarsi a piedi in cima a quelle colline dimenticate da Dio, ovviamente, ma il suo desiderio di giungere a Bath era abbastanza forte da farle cogliere quell'occasione. «Grazie, sir» accettò quindi. «Vi sono riconoscente.» Si volse verso i vetturini. «Avete udito il gentiluomo? Lo seguiremo verso Sandy Lane.»

    I due si voltarono e si diressero ai cavalli senza commentare, ma, se avessero potuto – Laurel non aveva dubbi – avrebbero esclamato: ve ne pentirete!

    «Vogliate scusarmi, madame, ci siamo forse già incontrati?» le domandò l'uomo.

    Anche lui ha avuto la stessa impressione?

    Lo sconosciuto la stava fissando come se volesse penetrarle la veletta. Aveva occhi azzurri e ciglia molto scure.

    «Mi pare difficile, sir.» Lei non si fidava degli occhi azzurri, per quanto belli fossero, e non sarebbe stato opportuno mettersi a conversare, visto che le locande pullulavano di mascalzoni. Prima ancora di rendersene conto, si finiva per fornire informazioni su conoscenze e luoghi che risultavano di estrema utilità a un truffatore, o a un seduttore. Non che lui apparisse tale, ma, in fin dei conti, se quegli individui fossero stati ben riconoscibili, non avrebbero ottenuto grandi successi.

    «No, certo che no.» Lui corrugò la fronte. «Avete un modo di inclinare la testa di lato, quando riflettete, che mi ricorda una vecchia conoscenza.» Chiunque fosse, quel ricordo non sembrò rallegrarlo.

    Laurel annuì e si diresse alla carrozza. Aveva un volto intelligente, quando era serio, non solo attraente. In effetti, era indiscutibilmente attraente. E ispirava fiducia. Rimproverandosi per la propria ingenuità salì sulla carrozza e fece posto a Binham sul sedile accanto a sé. Degli uomini non ci si poteva fidare. Mai. La vita era stata un'ottima maestra, al riguardo.

    «Milady?» La sua nuova cameriera, che aveva molto a cuore le formalità, incluso essere chiamata per cognome dalla sua padrona e Miss Binham dalla servitù di rango inferiore, irradiava disapprovazione per la conversazione appena avvenuta fra la sua padrona e un estraneo. La sua matrigna teneva in grande considerazione Binham, considerò Laurel fra sé. Lei, invece, progettava di trovarle una nuova padrona alla prima occasione, a meno che non le avesse dimostrato di sviluppare un minimo di senso dell'umorismo.

    «Va tutto bene, Binham. Tieniti forte, temo che ci saranno molti scossoni.»

    Si diressero verso sud, poi verso ovest, e si inerpicarono sulla strada parallela a quella più moderna che distava all'incirca tre miglia a valle, sotto la vertiginosa salita alle colline. Quasi subito la strada lastricata si trasformò in un sentiero sconnesso e bianco di polvere.

    Binham emise un piccolo grido alla prima sbandata, stringendo il nécessaire da viaggio di Laurel al petto con una mano e afferrando la maniglia a pendaglio con l'altra. Laurel si tenne forte e guardò dal vetro, tra i cavalli e i vetturini, il cavaliere che faceva loro strada. Rilassato, era in sella a un grosso cavallo grigio che aveva la stessa aria disinvolta del padrone, la coda lunga e arruffata, e le zampe coperte di polvere della strada. Di certo non era un cavallo preso in affitto, e l'uomo lo cavalcava con una tale tranquillità da far pensare che avesse trascorso la maggior parte della propria esistenza su una sella. Laurel sollevò la veletta e socchiuse gli occhi, fissando quelle spalle ampie e l'andatura rilassata. Era improbabile, eppure quell'uomo aveva qualcosa di familiare. Ridicolo! L'unica persona che avesse mai incontrato che avesse occhi color lapislazzulo era Giles Redmond, un giovane insignificante, con mani e piedi grandi, naso grosso e orecchie che sembravano non poter appartenere a un giovane studioso con il viso da topo. Era riflessivo e sensibile, un amico fidato che non era mai riuscito a soddisfare le aspettative del proprio padre. Gentile, educato, divertente, nessuno avrebbe mai sospettato che la sedicenne Laurel Knighton si sarebbe innamorata di un giovane tanto ordinario e schivo, anche se erede di un titolo importante. Tuttavia la gentilezza, l'umorismo e l'intelligenza potevano rivelarsi attraenti, agli occhi di una ragazza sensibile, quanto il bell'aspetto e la sicurezza. Il Marchese di Thorncote, il padre di Giles, aveva desiderato un erede del suo stesso stampo, attivo, esuberante, sicuro di sé, un uomo che andasse a caccia tutto il giorno e a far bisboccia la notte. Invece aveva avuto Giles, studioso, riservato, e che si sarebbe sparato in un piede, invece che colpire un fagiano. Strano che conoscesse così poco suo figlio. Era stata quasi comica l'espressione sul viso del marchese il giorno in cui la situazione aveva subito un brusco cambiamento e Giles aveva mostrato la sua vera natura, rivelandosi come la bestia insidiosa e disonesta che era.

    Comunque erano trascorsi nove anni. Si diceva che il marchese non stesse bene, e non c'erano più rapporti tra Malden Grange, dimora di William Knighton, Conte di Palgrave e defunto padre di Laurel, e Thorne Hall. Almeno non dal giorno della rottura del fidanzamento.

    Lei non sentiva più Malden come casa sua da quando non aveva altra funzione che quella di figliastra zitella.

    Strinse gli occhi osservando il consunto mantello marrone da cavaliere come se chi lo indossava fosse personalmente responsabile dei cambiamenti avvenuti nella sua vita e del suo trasferimento a Bath. Fa' che arrivi a Laura Place – quel nome così simile al suo non poteva che essere di buon auspicio – e imparerò a sentirmi felice e di nuovo utile. Mi rifiuto di diventare una vecchia zitella. Troverò la felicità nelle piccole cose. Immaginò che il sentirsi un po' irritata fosse colpa di quello straniero che le aveva riportato alla mente quei giorni passati.

    Continuavano a salire, i cavalli faticavano mentre le ruote si piantavano nei solchi profondi o perdevano la presa sulle pietre sconnesse. Praterie a distesa si allargavano da ogni lato, e Laurel abbassò il finestrino, riempiendo l'interno soffocante della carrozza di aria fresca e del suono degli uccellini.

    «Sembra il tetto del mondo!» esclamò quando si fermarono e si accorse che il veicolo si trovava su una spianata. Si abbassò in fretta la veletta quando lo sconosciuto, girato il cavallo, si sporse dalla sella per guardare dentro il finestrino aperto.

    «I cavalli devono riposare, dopo la salita» la informò, «e la vista è spettacolare.»

    «La stavo osservando, grazie.» Decisamente non era un gentiluomo, se si ostinava ad apostrofare una signora senza essersi prima presentato.

    «Non da quella parte, da questa.» Lui indicò con il frustino. «Venite a vedere.»

    Oltraggioso. Laurel avrebbe dovuto ignorarlo, chiudere il finestrino e restare seduta appropriatamente in carrozza finché i cavalli non si fossero riposati.

    Tuttavia era stanca di quella carrozza. Cerco la felicità nelle piccole cose, si disse Laurel osservando le chiazze bianche delle mucche alla luce del sole e inalando il fresco odore della natura.

    «Va bene. Andiamo, Binham.» Lanciò un'occhiata alla donna che stringeva il nécessaire come se ne andasse della sua stessa vita. «Oh, lascialo qui! Chi pensi che potrebbe rubarlo, quassù?»

    Laurel poteva sentire le occhiate roventi che la domestica le lanciava proprio in mezzo alle scapole, mentre scendeva dalla vettura, tuttavia avanzò lungo il sentiero solcato e si ritrovò non solo sul tetto del mondo, ma sul suo limite estremo. L'erba corta digradava sotto i suoi piedi e la vallata dell'Avon si stagliava davanti a lei. Il panorama dalle colline era segnato dalle conche profonde e ampie, come se un gigante avesse premuto le dita sul terreno malleabile, e l'erba era costellata delle figurine bianche delle pecore che brucavano.

    «Oh, ma è incantevole!» Sollevò la veletta per avere una visuale migliore, e la brezza le accarezzò le guance.

    «Ahi! Mi sono slogata una caviglia, milady.» Binham fissava astiosa l'erba a ciuffi, disseminata di escrementi di pecora.

    Non aveva compiuto che qualche passo, figuriamoci slogarsi una caviglia. Era puro spirito di contraddizione. Laurel era talmente esasperata che non si mise neanche a discutere. «Allora torna in carrozza, Binham.»

    Accanto a lei lo sconosciuto stette a guardare la cameriera tornare indietro, poi si voltò verso Laurel, lo sguardo tagliente mentre le osservava il viso scoperto dalla veletta. Lei colse un'espressione perplessa, che però svanì subito.

    «Sì, è incantevole» concordò lui. «Sentivo la mancanza della primavera inglese.» Dunque avevo ragione, si disse Laurel, è stato all'estero. «Ascoltate le allodole» riprese lui. «Ecco, ce n'è una lassù.» Indicò, alzando la testa all'indietro per levare lo sguardo alla macchiolina in alto sulle loro teste. Anche Laurel sollevò la testa per seguire la traiettoria del suo dito. «Così coraggiosa, canta a squarciagola cercando di commuovere il cielo.» Lei perse l'equilibrio e barcollò, e lui l'afferrò per le spalle. «Vertigini? Vi ho presa.» Quell'uomo aveva qualcosa di così familiare, di così caro... Eppure fu con una sfumatura di rammarico e di tristezza che Laurel si convinse di averlo già incontrato. Rimase ferma, fissando nel profondo di quegli occhi azzurri, sentì le sue mani calde, nonostante la mantellina che indossava. Poi lui tolse le mani, come se avesse liberato un uccellino che aveva catturato e, lentamente, dandole tutto il tempo di fuggire, si chinò finché la sua bocca non incontrò quella di lei.

    Si trattò solo di una lieve carezza. Lui non si mosse mentre si scambiavano i respiri in un modo così intimo da farle avvertire una fitta di desiderio nel petto.

    Poi di colpo lo sconosciuto si tirò indietro con espressione impassibile, come se non avesse mai smesso di parlare di panorama e uccellini. «I cavalli si saranno riposati a sufficienza, adesso» annunciò. «È meglio che riprendiamo il cammino.»

    Laurel batté le palpebre, intontita, poi riacquistò la compostezza. Si comportava come un'adolescente confusa, quando invece era una signora sofisticata e vissuta che era stata baciata dozzine di volte. Perlomeno sei: ai ricevimenti e una volta, in modo indicibilmente imbarazzante, dal curato imbaldanzito da tre bicchieri di ponce a Capodanno. Sollevò il mento e si allontanò in direzione della carrozza senza dire una parola, abbassando la veletta mentre camminava.

    I vetturini si alzarono da sotto un cespuglio di biancospino dove si stavano passando una pipa di terracotta. Non sembrarono felici del suo repentino ritorno. Indubbiamente pensavano che sarebbe scomparsa a lungo per civettare, lasciandoli ai loro sollazzi, pensò Laurel, lieta di avere la veletta a nasconderla.

    Era stato un caso che Binham fosse tornata in carrozza, e che Laurel fosse quasi caduta e lui l'avesse sorretta. O forse lei era solo un'ingenua, e quell'uomo l'aveva adescata, facendole perdere l'equilibrio di proposito. Di certo lei aveva ben poca esperienza di avventure amorose, pensò irritata mentre riprendeva il suo posto e la carrozza si rimetteva in moto.

    Adesso il sentiero si snodava verso valle e la vettura sobbalzava e oscillava. Laurel, in cerca di qualcosa che le distraesse la mente da quel momento magico avvenuto in cima alla collina, rifletté sull'accortezza di aver aperto la più moderna strada a valle. Incrociarono altri sentieri, qualche fattoria e poi, dopo quasi venti minuti, si fermarono in un piccolo villaggio di fronte a una vecchia locanda, distesa sotto una cortina di alberi.

    Il cavaliere girò il cavallo e si chinò per parlarle dal finestrino. «Qui potrete provare il famoso pudding di Sandy Lane al Bear's Inn, come sostenuto da nientemeno che il fu Beau Nash in persona, oppure proseguire fino a Chippenham. Le strade sono lastricate, da qui in avanti, così il vostro viaggio dovrebbe seguitare liscio.» Non sembrava un uomo che aveva appena baciato una completa sconosciuta in cima alle colline.

    «Vi ringrazio, sir. Preferisco proseguire, se voleste essere così gentile da comunicarlo ai vetturini.» Laurel fece del proprio meglio per apparire educatamente impassibile quanto lui. «Vi ringrazio per la vostra guida, mi avete risparmiato una lunga deviazione.»

    «È stato un piacere, madame.» Lui si toccò la punta del cappello con il frustino, poi gridò le istruzioni agli uomini prima di incitare il cavallo grigio a proseguire.

    «Una piccola avventura» commentò Laurel rivolta a Binham, la quale per tutta risposta arricciò le labbra. Un'avventura e un insegnamento a non essere così sospettosa e scontrosa. Lo sconosciuto incontrato per caso si era rivelato un samaritano non proprio del tutto innocuo. Non aveva motivo per rammaricarsi della sua partenza, si ammonì con decisione, resistendo alla tentazione di passarsi la lingua sulle labbra.

    Il Conte di Revesby si spostò sulla sella e provò il desiderio di sprofondare nella vasca calda del Christopher Hotel. Per prima cosa, però, avrebbe verificato dove fosse diretta la misteriosa viaggiatrice dagli occhi castano scuro, i capelli neri e lucidi, e le labbra color ciliegia. Frugò dentro la tasca del cappotto, trovò il consunto pezzo di peltro, infallibile rimedio contro impazienza e inquietudine, e se lo rigirò fra le dita.

    Arthur, il cavallo grigio, sollevò uno zoccolo posteriore e lo distese, e il suo cavaliere gli batté sul collo. «Siamo stanchi, vero, vecchio mio?» Aveva atteso che la carrozza lo superasse, paziente come un qualsiasi rapinatore al riparo nella boscaglia, poi l'aveva seguita a distanza per tutto il tempo fino a Bath, spinto da un misto di curiosità, eccitazione e un persistente senso di familiarità. Cosa aveva pensato di fare, baciando una donna incontrata per caso? La sua mente gli rammentava con decisione che le conseguenze di certe azioni spaziavano da uno schiaffo fino al matrimonio, passando per il duello con un padre infuriato.

    Tuttavia aveva avvertito una pulsione, lì sui due piedi, più forte della voce contrastante del buonsenso.

    Non aveva avuto alcuna difficoltà a ignorare i molti tentativi di adescamento da parte delle signore che gli si gettavano tra le braccia, durante il viaggio di ritorno

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