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Seduzione in abito nero: Harmony Destiny
Seduzione in abito nero: Harmony Destiny
Seduzione in abito nero: Harmony Destiny
Ebook148 pages2 hours

Seduzione in abito nero: Harmony Destiny

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About this ebook

"Non sono il genere di donna adatto a Jake Thorne". Christine Travers

Lei e Jake sono ai poli opposti e il fatto che lui insista per uscire, per Christine non ha senso. Però se lei rivuole la misteriosa scatola che lui le ha soffiato durante l'asta cittadina, l'unica soluzione è cenare con l'affascinante texano.
Decide, dunque, di attirare le attenzioni di Jake sul suo minuscolo e seducente abito nero, mentre lei si occupa del suo piano: sottrargli la scatola. Ma forse Christine ha sottovalutato le capacità di quell'ammaliatore impenitente di farla scivolare nella sua rete.
LanguageItaliano
Release dateFeb 10, 2020
ISBN9788830510159
Seduzione in abito nero: Harmony Destiny
Author

Cindy Gerard

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Book preview

    Seduzione in abito nero - Cindy Gerard

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Black-Tie Seduction

    Silhouette Desire

    © 2005 Harlequin S.A.

    Traduzione di Maria Latorre

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-015-9

    Prologo

    Dal diario di Jessamine Golden

    4 luglio, 1905

    Caro Diario,

    oggi la mia vita è cambiata. È successo all’improvviso, come un lampo al tramonto, come i fuochi d’artificio che illuminano il cielo in questa sera di festa per la celebrazione dell’indipendenza della nostra patria. Non so neppure io come descrivere ciò che ho provato la prima volta che ho posato lo sguardo su Brad Webster o quando lui mi ha tratta in disparte e mi ha detto come devono andare le cose.

    «Gestisco una città pulita, io» mi ha detto. «Non voglio guai da parte tua.»

    Mi ha guardata con severità, l’uomo che il destino ha posto sul lato opposto delle barricate rispetto a me, eppure non mi ha arrestata.

    Lo sceriffo Brad Webster.

    Mi basta scrivere il suo nome per sentirmi galoppare il cuore come un branco di cavalli selvaggi. Pronunciarlo ad alta voce mi fa tremare le mani e arrossire le guance. Si direbbe che io abbia fumato dell’astragalo. È una pazzia essere tanto ossessionata da lui.

    Nonostante la sua rabbia, è un uomo molto bello. Ricordo che una volta, da bambina, stavo cavalcando con papà e ci imbattemmo in un branco di cavalli selvaggi. Lo stallone era enorme, nero come la pece, ed era la cosa più bella che avessi mai visto. Elegante e muscoloso, alto e imponente. Bastava guardarlo per capire che era fiero e coraggioso.

    Ed è proprio questo che ho pensato, quando ho visto lo sceriffo. Anche lui è coraggioso e fiero, ha i capelli neri e gli occhi azzurri come il cielo del Texas. Ed è alto. Cielo, se è alto. Eppure non è allampanato, oh, no! Ha la struttura di un lavoratore ed è uno che crede nel dovere.

    Dovere, ah!

    È proprio a causa del suo dovere che devo smettere di pensare a lui in questo modo. Brad Webster indossa un distintivo che fa di lui un uomo di legge. E tutto, in lui, mi fa capire che è leale alla legge così come io sono leale alla causa che mi ha portata dalla parte sbagliata della legalità.

    Oh, caro, caro diario! C’è qualcosa di giusto, nella vita? Perché deve essere tutto tanto difficile? Ho conosciuto un uomo che mi fa sperare di poter dimenticare ciò che mi ha condotta a una vita da fuorilegge, eppure non posso dimenticare. Così come non posso dimenticare che quest’uomo meraviglioso, bello e stupefacente, un giorno potrebbe essere costretto, proprio per dovere, a porre fine alla mia vita. E quello che è peggio, è che io stessa potrei essere costretta a porre fine alla sua.

    1

    Spazzatura per un uomo, ricchezza per un altro.

    Il vecchio adagio risuonava nelle orecchie di Christine Travers mentre, incredula, fissava il tesoro che aveva appena scoperto.

    I bravi cittadini di Royal, nel Texas, avevano frugato in cantina e in solaio alla ricerca di articoli da donare per l’asta di quella sera. C’erano pezzi antichi di cristallo, servizi di porcellana, riviste degli inizi del Diciannovesimo secolo, mobili e coperte lavorate a mano.

    Christine non riusciva più a respirare.

    Temeva di svenire da un momento all’altro proprio là, di fronte agli abitanti più ricchi di Royal, di fronte ai membri dell’esclusivo Texas Club, l’ente filantropico che aveva organizzato l’asta di quella sera per raccogliere fondi per i festeggiamenti del centoventicinquesimo anniversario della fondazione della città.

    No, svenire non sarebbe stato saggio. Christine non voleva attirare l’attenzione su di sé per nessun motivo al mondo.

    Okay, Christine, cerca di calmarti. Fai un respiro profondo. Adesso un altro.

    Più tranquilla, si guardò intorno, cercando di capire se qualcuno aveva in qualche modo notato la sua reazione incredula di fronte a quella scoperta stupefacente.

    No, fortunatamente sembravano tutti presi da altre faccende. I più chiacchieravano tra loro. Alcuni membri influenti del Texas Club, tra i quali anche Jacob Thorne, ridevano e scherzavano ad alta voce accanto al bar all’altro capo della sala.

    Jacob Thorne, si disse Christine sgomenta. Perché doveva esserci anche lui?

    Lei faceva del suo meglio per evitarlo. Se quella sera l’avesse vista, avrebbe fatto di tutto per restare fedele alla sua personale missione di darle il tormento, ne era certa. E purtroppo lei non aveva la più pallida idea di cosa avesse fatto per meritare i suoi dileggi e i suoi pungoli, oltre che contribuire a salvare la sua miserabile vita.

    Be’, quella sera non voleva pensare a lui. Aveva questioni ben più appetitose di cui occuparsi. C’erano decine di tavoli coperti da migliaia di oggetti che presto sarebbero stati venduti all’asta e tra quegli oggetti c’era il suo tesoro. Il contenuto di quella scatola, stando all’annotazione che lo accompagnava, proveniva dalla soffitta di Jonathan Devlin.

    Oh, mio Dio!

    «Fa caldo, qui dentro?» chiese ad Alison Lind, mentre giocherellava con i bottoni della camicetta bianca, che si era allacciata fino al collo.

    «Siamo in Texas ed è luglio» le fece notare l’amica con espressione imperturbabile.

    Le due donne si erano conosciute pochi mesi prima a un corso di autodifesa e, sebbene Christine fosse piuttosto reticente ad aprirsi con il prossimo, aveva avvertito in Alison uno spirito affine ed era diventata subito sua amica.

    Traendo un profondo respiro, cercò di nuovo di controllare l’eccitazione. Non voleva dare a vedere che quella che poteva sembrare soltanto una vecchia sella proveniente dalla soffitta di Jonathan Devlin poteva rivelarsi in realtà un’importante scoperta storica.

    In un modo o nell’altro, però, avrebbe lasciato l’asta con quella sella. E questo perché era quasi del tutto sicura di sapere a chi era appartenuta.

    «Come mai sei così nervosa?» le chiese Alison tornando accanto a lei per sbirciare il contenuto della scatola. Christine si affrettò a chiudere il coperchio.

    «Sei capace di tenere un segreto?» le chiese e, senza neppure attendere la sua risposta, l’afferrò per un braccio per attirarsela più vicina. Con mani tremanti, sollevò di nuovo il coperchio della scatola. «Vedi questa sella?»

    Alison annuì.

    «E vedi la rosa incisa sulle tasche?»

    Alison annuì di nuovo.

    «È stata proprio questa rosa ad attrarre la mia attenzione, così ho dato un’occhiata dentro la scatola» confidò Christine a bassa voce. «E ho trovato due pistole. Due vecchie pistole a sei colpi!» aggiunse, sempre più eccitata. «Con una rosa intarsiata sull’impugnatura d’avorio.»

    Alison la guardò senza capire, ancora in attesa di un dettaglio che potesse illuminarla.

    «C’è anche un borsellino molto delicato, piuttosto antico, rosa. All’interno sembravano esserci dei petali di rosa. E in più...» Christine sembrava ormai prossima al collasso, «in più c’è anche una mappa. Una mappa ornata agli angoli da tanti cuori e tante rose.»

    Alison aggrottò la fronte, continuando a pensare che all’amica mancasse più di una rotella. «D’accordo, voglio assecondarti» commentò scettica. «Immagino che tutte queste rose abbiano un significato particolare.»

    «Si capisce!» esclamò Christine sempre più agitata. «Sono sicura che questi oggetti siano appartenuti a Jessamine Golden.»

    Quando Alison assunse un’espressione disorientata, non capendo di chi stesse parlando, Christine richiuse la scatola e trascinò l’amica lontano dal tavolo.

    «Jessamine Golden è una leggenda, qui a Royal» le spiegò sottovoce, così che nessuno potesse sentirla. «Visse più di un secolo fa. Era una fuorilegge che non soltanto rubò il cuore allo sceriffo della città, Brad Webster, ma che secondo la leggenda rubò anche un grosso carico d’oro e lo nascose nell’area intorno a Royal. E Jessamine adorava le rose!»

    Nel dire questo condusse Alison verso una fila di sedie accanto al podio dove l’asta era già incominciata.

    «La storia vuole che all’epoca il sindaco di Royal fosse Edgar Halifax...»

    «Halifax?» la interruppe Alison. «Forse un lontano parente di Gretchen Halifax, la nostra illustre concittadina, nonché assessore comunale?»

    Gretchen Halifax non era illustre per nessuno, se non per se stessa, e sia Christine sia Alison ne erano consapevoli. Era una persona pomposa e presuntuosa che in più di un’occasione si era comportata con una sgradevole condiscendenza nei loro confronti.

    «Sì, penso che Gretchen sia una sua lontana parente, ma il punto della faccenda è che si dice che Edgar Halifax e i suoi uomini siano stati uccisi da Jessamine Golden proprio a causa dell’oro rubato. Si dice che Jessamine abbia ucciso anche lo sceriffo, perché, quando lei scomparve, nessuno sentì più parlare né di lei né dello sceriffo Webster. E dell’oro si perse ogni traccia.»

    Per un attimo tacque, concentrandosi sui pezzi che stava presentando il banditore, poi proseguì.

    «Ritengo che la mappa nascosta in quella sella indichi il posto in cui Jessamine nascose l’oro» mormorò a quel punto con un filo di voce.

    Alison la fissò incredula. «D’accordo. Hai mangiato un’intera scatola di cioccolatini al rum, prima di venire qui?»

    L’espressione dell’amica e la sua domanda stupida riuscirono a strapparle un sorriso. «No» le garantì. «Non ho mangiato cioccolato. E vuoi smetterla di fissarmi come se fossi un’aliena? Parlo sul serio. Sai che presto opera di volontariato alla società storica di Royal quando non faccio doppi turni in ospedale. Là posso fare un sacco di ricerche e quella di Jess Golden è una storia che ha attratto la mia attenzione. Alison, devi credermi: era Jessamine, la proprietaria degli oggetti in quella scatola scoperta nella soffitta di Jonathan Devlin.»

    «Chi? Jonathan Devlin?» Ancora una volta, l’altra scosse la testa. «Santo cielo. I Devlin non hanno perso tempo a ripulire la casa del vecchio. È morto soltanto da pochi giorni! Che diavolo! Non lo hanno neppure seppellito!»

    «No, infatti. Conosci sua sorella Opal? Quando Jonathan è entrato in coma, un mese fa, si aspettavano tutti che non si riprendesse più. È stato allora che Opal ha cominciato a sgomberare la casa alla ricerca di oggetti da vendere all’asta.»

    «Mi vengono i brividi a pensare a quanto abbia sofferto per la perdita del fratello.»

    Christine sorrise. «Non dirlo a me» replicò in tono altrettanto sarcastico. «Comunque, per tornare al nostro argomento di discussione, ti dirò che uno dei motivi per cui credo

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