Confidenze sotto le lenzuola: Harmony Destiny
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Bronwyn Jameson
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Book preview
Confidenze sotto le lenzuola - Bronwyn Jameson
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Rugged Loner
Silhouette Desire
© 2005 Bronwyn Turner
Traduzione di Laura Cinque
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-013-5
1
Charles Carlisle stava morendo. La sua famiglia si rifiutava di ammetterlo. Gli specialisti che aveva convocato giravano intorno alla verità, ma lui sapeva che la sua ora stava per arrivare. Se non lo avesse finito il male incurabile che gli si era sviluppato nel cervello, lo avrebbe fatto la terapia cui doveva sottoporsi.
L’unica persona in grado di accettare la verità era il suo vecchio amico Jack Konrads che, come uomo di legge, stipulava spesso testamenti e aveva a che fare di continuo con la caducità umana. Abituato alle clausole più strane, quando Charles comunicò i cambiamenti che voleva apportare alle sue ultime volontà, rimase impassibile. Mise da parte il foglio che aveva in mano e osservò: «Immagino che tu ne abbia già parlato con i tuoi figli».
«Perché possano rendere i miei ultimi mesi un inferno? Lo verranno a sapere quando sarò due metri sotto terra.»
«Non pensi che meritino di essere informati? Anche se fossero tutti e tre sposati e avessero già in mente di formare una famiglia, dodici mesi non sono molti per mettere al mondo un figlio.»
«Mi stai suggerendo di dare loro il tempo di aggirare quella clausola? Alex e Rafe sono più che trentenni. Hanno bisogno di una bella spinta, altrimenti non si sistemeranno mai.»
«Ho notato che non hai escluso Tomas.»
«La clausola vale per tutti e tre.»
«Charles, non devi provare niente a quei ragazzi. Lo sanno che non fai favoritismi. Li hai sempre trattati come se fossero tutti figli tuoi per nascita e sono diventati tutti e tre dei bravi uomini.»
Sì, erano dei figli che avrebbero reso orgoglioso qualunque padre, ma negli ultimi anni erano vissuti separati, ciascuno nel proprio mondo, troppo impegnati e presi dalla propria vita. Quella clausola avrebbe messo a posto le cose. Avrebbe stimolato lo spirito di fratellanza che aveva visto crescere tra loro quando cavalcavano i rispettivi pony nella pianura della loro fattoria dell’Outback, e quando, più avanti nel tempo, avevano incordato i tori con la stessa determinazione. Era su quella loro qualità che contava adesso perché onorassero quella clausola...
«Deve essere la stessa cosa per tutti e tre» disse a Jack. Non poteva escludere Tomas. Non voleva.
«Non sono ancora passati due anni da quando è morta Brooke.»
«Più a lungo si crogiolerà nel proprio dolore, più difficile gli sarà uscirne. Credimi, io lo so.»
Se suo padre non lo avesse costretto, dopo la morte della sua prima moglie si sarebbe lasciato morire nell’Outback. Non sarebbe andato oltreoceano per curare gli affari di famiglia, non avrebbe incontrato la bellissima irlandese di nome Maura Keane con i suoi due figli, e non si sarebbe innamorato perdutamente di lei.
Non l’avrebbe sposata e non avrebbe avuto Tomas. Il loro figlio, che il dolore per la morte della giovane moglie stava rendendo duro e distante da tutto, come la sua casa nell’Outback. Tomas aveva bisogno di trovare di nuovo l’amore, prima che fosse troppo tardi...
«Maura ne è al corrente?» si informò Jack.
«No, e non voglio che lo sia. Sai bene che non approverebbe.»
«Be’, è un bel modo per distrarre i tuoi ragazzi dal dolore della tua morte...»
«Non lo faccio per questo. Dovranno darsi da fare insieme per trovare la soluzione migliore. La mia famiglia ha bisogno di una forte scossa, e Tomas più di tutti.»
«E se il tuo piano dovesse fallire? Se i tuoi figli dovessero rifiutare questa clausola e se ne infischiassero dell’eredità? Vuoi che l’impero dei Carlisle venga venduto?»
«Non succederà.»
«Sono sicuro che questa novità non piacerà a nessuno di loro.»
«Non deve piacergli. Penso che sentirò le loro recriminazioni anche dall’aldilà, ma alla fine la accetteranno. Non per l’eredità, ma per la loro madre.»
Era quella la motivazione più importante per cui voleva modificare il testamento. Non voleva solo che i suoi figli si confrontassero, si sistemassero e formassero delle famiglie felici, ma che, nel giro di un anno dalla sua morte, riportassero il sorriso negli occhi tristi di Maura, rompendo il suo isolamento. Voleva, in morte, raggiungere quello che non gli era riuscito in vita: rendere felice la sua adorata moglie.
«È il mio regalo per Maura, Jack» confidò a bassa voce all’amico, ed era l’unica cosa che, nonostante l’impero multimiliardario, avrebbe davvero avuto un valore per lei.
Sei mesi dopo
Angelina Mori non aveva intenzione di origliare. Se non si fosse ricordata all’ultimo momento che quella era una giornata particolare sarebbe entrata senza esitare nella stanza e non avrebbe sentito niente.
Però se ne era ricordata. Il funerale la mattina, la lettura del testamento il pomeriggio, la riunione fra gli eredi di Charles Carlisle più tardi... Si era fermata per sistemarsi il vestito prima di entrare nella biblioteca della casa di Kameruka Downs e aveva sentito le voci dei tre uomini, familiari alle sue orecchie come quelle dei suoi due fratelli.
«Hai sentito cosa ha detto l’avvocato Konrads. Non dobbiamo farlo tutti.» La voce di Alex era calma e controllata come sempre. «Quindi è una mia responsabilità.»
«Interessante...» La voce ironica di Rafe non era cambiata per niente, col tempo. «La tua età avanzata non fa di te un esperto, e nemmeno l’unico che se ne deve fare carico. Perché non lanciamo una moneta? Testa, e tu...»
«Non dire idiozie. Ci siamo dentro tutti e tre.» Il viso di Tomas, ne era sicura, doveva essere severo come la sua voce. Molto diverso da quando...
Era stato solo cinque anni prima? Sembrava passato molto più tempo, quasi una vita...
«Un sentimento lodevole, fratellino, ma non stai dimenticando qualcosa?» ribatté Rafe. «Bisogna essere in due, per avere un bambino.»
Per poco Angie non lasciò cadere il vassoio con i sandwich che reggeva con le mani. Il cuore in gola, se lo strinse forte contro lo stomaco. I piatti smisero di tremare, il suo cuore no. E, a dispetto di quello che aveva sentito, o forse proprio a causa di quelle parole, non sgattaiolò via.
Non potendo bussare, aprì la porta socchiusa con un ginocchio e si schiarì la gola. Rumorosamente. Due volte. Perché adesso le voci si erano alzate di tono, mentre i tre uomini discutevano su chi avrebbe dovuto accollarsi il compito.
Sposarsi? Avere un bambino? Per poter ereditare?
Oddio!
Angie si schiarì di nuovo la gola e tre paia di occhi azzurri si voltarono irritati verso di lei. I fratelli Carlisle. I principi dell’Outback, secondo i settimanali, solo perché una volta una rivista aveva definito il regno dei Carlisle le immense tenute possedute da loro padre nell’Outback australiano. Lei ci era cresciuta, con quei ragazzi turbolenti. Forse si avvicinavano all’idea di aristocrazia australiana di qualche tabloid, ma non alla sua. Principi! Per l’amor del cielo!
«Cosa c’è?» abbaiarono due dei principi.
«Scusate l’interruzione, ma dato che siete chiusi qui dentro da secoli ho pensato che aveste bisogno di qualche genere di conforto.»
Angie posò il vassoio al centro di un grosso tavolo di quercia e si sedette sopra l’angolo. Allungò una mano verso una bottiglia di whisky con quarant’anni di invecchiamento, presa dalla scorta segreta del vecchio Carlisle, e la osservò in controluce. Era vuota di una buona metà.
«Be’, pensavo che ne aveste fatto fuori di più» commentò.
Alex guardò il bicchiere che aveva in mano come se ne avesse dimenticato l’esistenza. Rafe fece un mezzo sorriso e le tese il suo perché gli versasse dell’altro whisky. Molto più in là, con le mani nelle tasche dei pantaloni del completo nero, Tomas sembrava del tutto indifferente sia al whisky sia a lei.
Nessuno di loro sembrava interessato ai suoi sandwich. Probabilmente volevano solo che lei se ne andasse per poter continuare la loro discussione.
Si sistemò meglio sull’angolo del tavolo, prese con calma un sandwich e chiese: «Che cos’è questa storia del bambino?».
Tomas si irrigidì. Alex e Rafe si scambiarono un’occhiata.
«Non serve a niente che facciate finta di nulla. Vi ho sentito.»
Per un attimo i tre non dissero niente, come i membri di un club maschile davanti a una donna, solo che quella donna aveva passato l’infanzia girando per la proprietà alle calcagna di quei tre maschi e dei suoi due fratelli. Tristemente esclusa, aveva imparato a inseguire qualcuno senza darsi mai per vinta. Almeno finché non aveva capito di essere stata completamente battuta, si disse guardando con la coda dell’occhio Tomas.
«Allora?» insistette.
Rafe, che fosse benedetto, cedette. «Cosa ne pensi, Angie? Tu...»
«Dovrebbe essere una faccenda privata» lo interruppe Alex.
«Perché, non pensi che l’opinione di Angie possa essere preziosa? È una donna, no?»
«Grazie per averlo notato» borbottò lei. Con la coda dell’occhio guardò di nuovo Tomas che non se n’era mai accorto e provò due impulsi contrastanti. Una parte di lei avrebbe voluto correre a stringerlo forte contro di sé, l’altra gli avrebbe dato un pugno perché la ignorava in quel modo.
«Faresti un bambino con qualcuno per soldi?»
Cosa? Angie guardò stupefatta Rafe. «Con... qualcuno?»
«Sì. Prendi il nostro fratello minore, Tomas l’eremita, per esempio. Ha detto che pagherebbe qualcuna, e dato che...»
«Basta!» intervenne Alex.
Un secondo dopo, così in fretta che lei non lo vide avvicinarsi, Tomas prese Rafe per il colletto della camicia e gli sibilò in faccia due sillabe che di sicuro non erano mai uscite dalla bocca di un principe.
Alex si affrettò a separarli e Tomas disse a entrambi i fratelli: «Voi fate come volete e io faccio come voglio io. Non ho bisogno della vostra approvazione, capito?».
Quando uscì non sbatté la porta. Sarebbe stato un gesto troppo passionale, pensò Angie, per il freddo sconosciuto che il minore dei Carlisle era diventato.
«Penso che a questo punto la mia opinione sia superflua, ragazzi» disse ai due fratelli rimasti.
Rafe fece una risatina che sembrò un colpo di tosse. «Solo se pensi che il signor Simpatia riesca a trovarsi una donna da solo.»
Certo che poteva. Angie non aveva dubbi. Tomas Carlisle poteva aver dimenticato come si sorrideva, ma col suo aspetto e il suo fisico poteva entrare in qualsiasi bar e prendersi la donna che voleva. Per non parlare