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Il segreto della sposa: Harmony Collezione
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Il segreto della sposa: Harmony Collezione
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Il segreto della sposa: Harmony Collezione

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About this ebook

Il matrimonio tra Nicola De Domenico e l'ereditiera Chiara Caruso è puramente di interesse, almeno fino alla loro prima, esplosiva notte di nozze. Ma quando Chiara si rende conto del motivo per cui Nico l'ha sedotta e della freddezza del suo cuore, decide di fuggire per non tornare mai più.
Dopo alcuni mesi di estenuanti ricerche, Nico ritrova la sua sposa perduta e scopre che è incinta. Ora, per reclamare suo figlio dovrà fare breccia nel cuore di Chiara e trasformare un'unione di facciata in una romantica e incandescente storia d'amore.
LanguageItaliano
Release dateJul 19, 2019
ISBN9788830500730
Il segreto della sposa: Harmony Collezione
Author

Abby Green

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Il segreto della sposa - Abby Green

    successivo.

    1

    «Sono spiacente di doverle dare delle notizie tanto brutte, signorina Caruso, ma il fatto è che suo padre ha contratto debiti per anni per poter mantenere il Castello, e ora la banca minaccia di prenderne possesso, a meno che lei non riesca a saldare il debito, comprandolo al valore di mercato. Cosa impossibile, temo, considerando la scarsità di fondi sul conto della sua famiglia...»

    Chiara era in piedi, di fronte alla grande finestra del salotto dove aveva appena incontrato l'avvocato di famiglia dopo la morte dei suoi genitori, avvenuta due giorni prima. Si stringeva tra le braccia, come se quel gesto potesse offrirle una qualche sorta di conforto.

    Durante quelle due notti insonni, quelle parole le erano mulinate in testa. E l'unica possibilità che le si prospettava era quella di perdere ogni cosa.

    Il castello di famiglia era un imponente edificio vecchio di centinaia di anni, che si stagliava a picco sulla costa a sud della Sicilia. La prima e più antica costruzione era stata una fattoria, che si era sviluppata nel tempo fino ad arrivare a esportare limoni e olive.

    Ma una volta subentrata la crisi economica, cui era seguita una diminuzione della domanda, i loro raccolti erano seccati ed erano morti. Non si erano potuti più permettere di mantenere il personale e sebbene suo padre avesse fatto del proprio meglio, non era riuscito a salvare la situazione. Chiara si era offerta di dare una mano, ma lui, un uomo vecchio stampo, non lo aveva ritenuto un lavoro appropriato per una ragazza.

    Ora, però, lei biasimava se stessa. Si sarebbe dovuta accorgere di come stavano le cose. Ma sua madre era stata malata di cancro, così aveva dovuto occuparsi di lei. L'unica ragione per cui adesso Chiara era viva era perché suo padre aveva deciso di accompagnare la moglie in ospedale per la chemioterapia al posto suo.

    Quel mattino le aveva detto: «Tu devi andare in paese e vedere di trovarti un lavoro. Non è più sufficiente occuparti di tua madre, ormai».

    Il suo tono era stato tagliente. Non aveva mai nascosto il proprio disappunto per avere avuto una figlia, invece che un maschio, e dopo le complicazioni dovute alla nascita di Chiara, sua moglie non era stata in grado di dargli altri figli.

    Così lei era andata in paese, dove non aveva trovato lavoro, comunque. Non era mai stata tanto consapevole dalla propria mancanza di qualifiche, e gli sguardi che aveva ricevuto dalla gente del posto l'avevano parecchio infastidita.

    Da piccola era stata cagionevole di salute, così la madre l'aveva educata a casa. Ma quando era guarita, suo padre aveva deciso di continuare a tenerla a casa ed essendo piuttosto ossessionato riguardo alla privacy e alla sicurezza, non le aveva mai permesso di portare qualcuno al castello. Non che lei avesse avuto degli amici da invitare! Così, quando la madre si era ammalata, Chiara era diventata la sua infermiera.

    Dopo essersi umiliata in paese, cercando lavoro, era tornata a casa e aveva scoperto che i genitori non erano ancora rientrati dall'ospedale. Così era andata nel suo posto segreto, una piccola spiaggia nascosta dalla vista del castello, e si era fermata lì a sognare a occhi aperti.

    Quello che l'aveva fatta sentire più in colpa erano proprio i suoi sogni, gli stessi di sempre: lasciare il castello e viaggiare per il mondo. Conoscere un bell'uomo e trovare l'amore e l'avventura. Desiderando... di più.

    Ora il suo senso di colpa si prendeva gioco di lei. Era finalmente libera, ma a un prezzo tale da lasciarla senza fiato. Aveva perso entrambi i genitori, e ora sembrava stesse per perdere anche la casa.

    Era in momenti come quello che si sentiva più sola che mai.

    La verità era che non era preparata a una vita fuori dal castello. Nonostante i suoi desideri, si era sempre ancorata a quel luogo nel corso della sua vita e, forse, sperava di potervi abitare in futuro con la sua famiglia.

    Sentì a quel punto un colpetto all'altezza della gamba e si accorse del cane. Spiro, un mastino siciliano, grosso e arruffato. Sollevò lo sguardo verso di lei con occhi afflitti. Le aveva conquistato il cuore quando era stato un cucciolo, quindici anni prima.

    Chiara gli accarezzò la testa e gli mormorò delle parole dolci, chiedendosi che cosa avrebbe dovuto fare con lui quando se ne fosse andata.

    Proprio in quel momento sentì il rumore di un'auto provenire dall'esterno e, a scoppio ritardato, si ricordò le parole dell'avvocato riguardo un uomo d'affari che avrebbe voluto farle una proposta. Ci aveva fatto caso a malapena al momento, troppo sopraffatta dalle altre notizie. Ma quello poteva effettivamente essere l'uomo di cui le aveva parlato.

    La macchina si fermò nel cortile, che improvvisamente sembrò trasandato accanto a una simile perfezione. Irritata dall'idea che un tizio qualunque potesse ritenere appropriato parlare d'affari solo pochi giorni dopo un funerale, Chiara si diresse verso la porta principale, decisa a dire a chiunque fosse di tornare in un momento più appropriato.

    Più vulnerabile che mai, aprì il portone di legno pesante. Per un secondo fu accecata dalla luce del sole, tanto da avere solo l'impressione di un'alta sagoma nera che saliva i gradini.

    Stava per mettersi la mano davanti agli occhi, quando il visitatore entrò nel suo spettro visivo. Chiara sbatté le ciglia, facendo cadere la mano di lato mentre prendeva coscienza di ciò che aveva davanti.

    Era un uomo. Ma un genere d'uomo che non aveva mai incontrato prima. Quello che poteva aver visto solo nelle proprie fantasie o nelle storie che leggeva.

    Folti capelli neri, leggermente scompigliati, incorniciavano un viso bello e selvaggio e un naso aquilino che sfiorava la regalità. E la sua alta e fiera figura non faceva che rinforzare quell'impressione. La bocca era scolpita come tutto il resto, ferma e forte.

    Un'aria d'intrigante sensualità diede una scossa a qualcosa di molto femminile dentro di lei.

    Dovette concentrarsi per trovare la forza di reagire. «Mi scusi... posso aiutarla?»

    L'uomo strinse gli occhi e Chiara notò che erano di un marrone molto scuro e completamente indecifrabili. Una fredda sensazione le corse lungo la spina dorsale e, inconsciamente, sentì la presenza rassicurante di Spiro accanto a sé, anche se era così vecchio e cieco da risultare inutile come cane da guardia.

    L'uomo sembrava distaccato, ma lei percepì qualcosa di quasi vulcanico e intimidatorio sotto la superficie. Stranamente, tuttavia, non temeva per la propria sicurezza. Si trattava di una paura molto più ambigua. Il timore di qualcosa di profondo dentro di lei che stava venendo alla luce... il desiderio.

    «Sono qui per incontrare Chiara Caruso. Forse lei potrà essere così gentile da andare a chiamarla.»

    La sua voce era profonda e colpì con forza i sensi della giovane. Si rese conto che doveva averla presa per la domestica.

    Era consapevole dei propri abiti scuri, del viso struccato e dei capelli lunghi e in disordine. Sapeva bene di non essere una grande bellezza, con la sua figura piena e fuori moda e l'altezza media.

    Così sollevò la testa. «Sono io Chiara Caruso.»

    Lui strizzò gli occhi ancora di più e le rivolse uno sguardo incredulo. «Lei?»

    La tensione e la consapevolezza di sé la pietrificarono. «Non sono sicura di cosa si aspettasse, ma sì, sono io. E lei chi è, se posso chiedere?»

    Quegli occhi sembrarono farsi ancora più freddi. «Io sono Nicola De Domenico.»

    Sembrava in attesa di una qualche risposta, come se quel nome potesse significare qualcosa.

    «E... come posso aiutarla?» domandò Chiara.

    Confermando i suoi sospetti, lui disse: «Non sa chi sono io?».

    «Dovrei?»

    L'arroganza di quell'uomo era stupefacente.

    «No, non so chi è lei» continuò Chiara. «Ora, se non ha niente di meglio da fare, dovrò chiederle di andarsene. C'è stato un funerale questa settimana, non è il momento opportuno.»

    Gli occhi di lui luccicarono. «Al contrario... questo è il momento migliore. Posso?»

    La superò ed entrò in casa prima che lei lo bloccasse.

    «Mi scusi, che cosa diavolo sta facendo? Questa è la mia proprietà!»

    Tranne che per il fatto che non lo era per davvero, le ricordò una vocina.

    L'uomo si voltò per guardarla in faccia e Chiara ne subì l'impatto appieno. Era quasi troppo. Doveva essere più alto di un metro e ottanta. Indossava un abito scuro, realizzato sicuramente su misura, tanto gli calzava a pennello.

    Il suo sguardo si posò su di lei e sorrise. «Cos'è quello?»

    Chiara guardò Spiro e gli posò una mano sulla testa. «Il mio cane, e lei lo sta spaventando. Questa è casa mia e vorrei che se ne andasse.»

    Lo sguardo di Nicola si posò su di lei, che si concentrò per mantenere la propria espressione inalterata.

    «Questo è proprio quello di cui sono venuto a parlare, il fatto che questa non è propriamente casa sua.»

    Era stato mandato dalla banca? «Di che cosa sta parlando?» si sforzò allora di chiedergli.

    Lui non rispose immediatamente. Anzi, si mise le mani in tasca, attirando l'attenzione di lei verso il suo inguine. Un'ondata di calore la pervase, ma riuscì a distogliere lo sguardo prima che l'uomo se ne accorgesse.

    A quel punto lui parlò, ma sembrò quasi rivolgersi a se stesso. «È da molto tempo che aspetto di venire qua...»

    Poi si diresse verso l'ingresso e lei lo seguì. «Mi scusi, signor Domenico...»

    Lui si voltò a guardarla e Chiara ebbe la strana sensazione di essere lei l'ospite.

    «De Domenico

    «Signor De Domenico. Insisto perché mi spieghi che cosa sta succedendo, altrimenti chiamerò la polizia.»

    Stava iniziando a spaventarsi. Doveva per forza essere della banca. Ma come potevano presentarsi in quel modo? Perché l'avvocato non l'aveva avvisata?

    «Dov'è il personale?»

    Chiara si mise sulla difensiva, senza sapere perché. «Non c'è personale, non che siano affari suoi, in ogni caso.»

    Sapeva che quelli non erano affari suoi, eppure tutto quell'incontro aveva preso una piega surreale, così si ritrovò a dire: «Abbiamo chiuso le stanze inutili e mantenuto aperte solo quelle di cui avevamo bisogno».

    «Lei e i suoi genitori?»

    «Sì. Loro sono stati sepolti due giorni fa, in caso non lo sapesse.» Sperava di scioccarlo.

    Ma lui si limitò ad annuire. «Ne sono consapevole, e mi dispiace per la sua perdita.»

    Non poteva sembrare meno dispiaciuto.

    Prima che lei riuscisse a formulare una risposta, lui parlò di nuovo. «Ha incontrato il suo avvocato l'altro giorno?»

    «Sì» rispose Chiara con voce debole. «E lei come lo sa?»

    «È normale leggere il testamento dopo il funerale.»

    «Certo.»

    Si sentiva ossessionata, ma se non veniva dalla banca, doveva essere l'uomo d'affari di cui le aveva parlato l'avvocato.

    «Così ora è informata del fatto che, se non trova i fondi, il castello sarà requisito dalla banca» affermò l'uomo, guardandosi intorno. «Mi perdoni se parlo a sproposito, ma dubito che riuscirà a trovarli.»

    Chiara avrebbe voluto puntualizzare che era stato fuori luogo sin dal primo momento, ma non era quello il punto. «La manda la banca?»

    Lui scosse la testa e un piccolo sorriso comparve sulle sue labbra.

    «E allora, come fa ad avere tutte queste informazioni?»

    «Ho le mie fonti e ho un certo interesse per il castello da qualche tempo, ormai.»

    «Un certo interesse?»

    L'uomo la guardò negli occhi, provocandole una strana sensazione di disagio.

    «Esattamente. Da tutta la vita, a dire il vero. Vede, la verità è che il castello appartiene a me. Alla mia famiglia, per essere precisi, i De Domenico.»

    Nico guardò la donna a pochi metri da lui. Non avrebbe potuto essere più ordinaria, con quel vestito privo di

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