Affare matrimoniale: Harmony Collezione
By Lucy Monroe
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About this ebook
Sandor Christofides, all'apparenza, ha bisogno di un erede, quindi di una moglie. E la bella figlia del suo socio sembra essere perfetta allo scopo.
Il contratto matrimoniale fra Eleanor e Sandor è già pronto, ma per strappare un foglio di carta e trasformare ciò che era nato come un affare in un sogno d'amore servono solo pochi secondi...
Lucy Monroe
Innamorata dei libri fin da bambina, per le sue storie crea eroine indipendenti e sensibili allo stesso tempo.
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Affare matrimoniale - Lucy Monroe
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Bought: the Greek’s Bride
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2007 Lucy Monroe
Traduzione di Anna Vassalli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-795-1
1
Con la mano calda e robusta di Sandor posata sulla schiena, Ellie fece il suo ingresso in uno dei ristoranti più esclusivi di Boston. Era piacevole quell’ambiente con l’aria condizionata, perché il clima di Boston, in estate, è umido e soffocante; tuttavia quell’aria fresca improvvisa le provocò un brivido mentre i capezzoli premevano contro il tessuto leggero dell’abito.
Più che una sensazione di disagio, era un piacere sensuale come sempre le accadeva in compagnia di quell’uomo.
Aveva caratterizzato il loro primo incontro e da allora non l’aveva più abbandonata, lasciandola col desiderio di esplorare un lato sconosciuto del suo carattere: la sensualità. Quando era con lui indossava abiti sexy, provando piacere ai contatti, talvolta casuali, dei loro corpi.
Quella sera Ellie indossava un abito di Armani che le piaceva particolarmente, perché elegante e sexy al contempo. Senza maniche, molto scollato, metteva in evidenza il seno e buona parte della schiena, ma era castamente lungo fin sotto le ginocchia. La seta nera aderiva alle sue curve e il tessuto quasi impalpabile non costituiva una vera barriera tra la mano di Sandor e la pelle sensibile della sua schiena. E quel lieve contatto era sufficiente a eccitarla.
Si concentrava per mantenere un atteggiamento neutro, essendo in un locale pubblico, ma non poteva fare a meno di rimpiangere di non essere sola con lui, per trovare il coraggio di domandargli perché non desiderasse una maggiore intimità, nonostante il bacio della buonanotte fosse intriso di una passione innegabile. Una passione che lei aveva deciso di esplorare.
Mentre il maître li accompagnava al tavolo, riconobbe alcuni visi e si adombrò. Le sarebbe piaciuto uscire una volta, almeno una, per recarsi in un ristorante che non fosse l’abituale luogo di ritrovo dell’alta società. Ma Sandor Christofides voleva solo il meglio.
Talvolta si chiedeva cosa volesse da lei.
Ellie apparteneva a quel mondo in cui lui aveva faticato a entrare ma, a quanto pareva, questo era tutto ciò che lei aveva da offrirgli.
Di altezza media, curve poco appariscenti, tratti abbastanza comuni e capelli di un biondo scuro indefinibile, non era particolarmente attraente; non si curava di coltivare amicizie per cui altri avrebbero fatto carte false, odiava le regole imposte dalla buona società e spesso rifiutava di adattarvisi. Il suo lavoro come impiegata all’ufficio di collocamento era insignificante. I suoi clienti non sarebbero mai apparsi nell’elenco del Who’s Who... e neppure lei. Non più.
Suo padre considerava la carriera di Ellie uno spreco totale della sua educazione, ma a lei non importava. Per contro, infatti, lei giudicava ossessiva la preoccupazione del padre per gli affari. Non che considerasse poco importante il suo impegno come armatore, ma non sopportava che fosse sempre stato il suo maggiore interesse.
Interruppe il corso dei suoi pensieri quando il maître si fermò al solito tavolo che veniva loro riservato. Era indice dell’importanza di Sandor, qualcosa che suo padre avrebbe dato per scontato ma Sandor non la pensava così. I suoi magnetici occhi scuri si accesero di soddisfazione, come se quella... deferenza gli importasse davvero.
E questo era un altro dei motivi che li differenziava. Simili sciocchezze non la impressionavano. Era cresciuta in un mondo del genere, ora invece era contenta quando un suo cliente otteneva un lavoro.
Sapeva perché aveva accettato gli inviti di Sandor: perché era affascinata da lui. Non capiva, invece, perché lui continuasse a chiederle di uscire, soprattutto se non aveva intenzione di fare sesso. Eppure non le sembrava un tipo casto... o forse era la sua libido a farglielo giudicare così.
Sandor le scostò la sedia come avrebbe fatto il maître: doveva essere un aspetto della sua origine greca... o del suo senso di possesso. Riguardo alla durata della loro relazione, di una cosa era certa: non sarebbe stata lei a porvi fine, perché quei piccoli gesti la facevano sentire speciale.
Inoltre tradivano un aspetto della sua natura che lei trovava intrigante. Sandor non s’inchinava alle leggi del mondo, ma faceva in modo di imporre le proprie condizioni. E, in sua compagnia, lei si sentiva davvero viva, per la prima volta nei suoi ventiquattro anni.
Non poteva evitare di osservare con stupore il modo aggraziato in cui sapeva muoversi nonostante la considerevole altezza.
I capelli scuri, mossi, portati forse un po’ troppo lunghi, mettevano in risalto i tratti ben modellati. Le mani erano proporzionate, con le unghie curate, ma segnate da lievi cicatrici, indice di una provenienza ben diversa dalla sua.
Sandor non parve accorgersi che il maître non si affrettava a porgere il menu. Era troppo impegnato a osservarla. Il suo sguardo riconosceva il desiderio che lei faceva di tutto per nascondere.
Si lasciò andare a un sorriso. «Io non sono nel menu, pethi mou.» Il sorriso si mutò in qualcosa di più intenso. «Ma potrei esserlo.»
«Promesse... promesse...» ribatté lei ridendo, anche se percepì il rossore che le saliva alle guance.
Il suo corpo, tuttavia, non provava il minimo imbarazzo: era troppo impegnato a reagire alla battuta come se fosse stata una carezza. Un calore improvviso si diffuse in lei, mentre i seni spasimavano di essere toccati.
Ellie non era vergine, ma non aveva mai provato una sensazione del genere.
Lui sbottò in una risata, senza negare di avere intenzione di dar seguito coi fatti alle parole. Il problema era che, benché uscissero da tre mesi, lui non le aveva mai chiesto niente, volutamente ignorando i suoi espliciti accenni.
Ellie soffocò una fitta di delusione. «Come vanno le trattative?»
Suo padre e Sandor avevano unito le forze per convincere uno dei maggiori importatori a servirsi della loro flotta.
«Siamo a cavallo.»
Le piaceva da morire quando si serviva di qualche espressione colorita, pronunciata con la lieve cadenza greca. A differenza di tutti coloro che aveva conosciuto attraverso suo padre, Sandor non parlava un inglese perfetto.
Le aveva raccontato che aveva appreso l’inglese da bambino, dopo essere giunto negli Stati Uniti. Sua madre non lo conosceva ancora bene e spesso era difficile comprenderla. Fortunatamente Ellie era in gamba in queste cose.
«Mi fa piacere. Sono sicura che papà ne sarà felice.»
«Sì, ma questa sera non siamo qui per discutere di affari.»
«No?»
«Lo sai benissimo.»
Ellie sorrise. «Non voglio discuterne. Tutto ciò che so degli affari di mio padre l’ho appreso da te. Non sono certo la compagna ideale per questo argomento.»
«Ma lo sei per altre cose.»
La stava di nuovo stuzzicando... sul sesso, quando lei era certa che non aveva nessuna intenzione di metterlo in atto? O si riferiva a qualcos’altro? Lo fissò confusa, ma la sua espressione era impenetrabile.
Il cameriere versò loro il vino preferito di Sandor. Anche a lei piaceva e aveva sempre accettato la sua decisione. Tuttavia si sorprese quando lui confermò le ordinazioni senza consultarla. Non l’aveva mai fatto in precedenza. Ellie ebbe addirittura l’impressione che Sandor avesse ordinato prima ancora di raggiungere il ristorante.
Un’impressione che si rafforzò quando il cameriere portò gli antipasti.
Inspirò estasiata il profumo dei gamberetti alla brace accompagnati da una salsa e da tre tipi di formaggio. «È il mio piatto preferito.»
«Lo so.» Lui posò un gambero su un pezzo di pane, irrorandolo con il burro all’aglio e glielo porse.
«Ti conosco molto bene, Eleanor.»
«Dici?»
«Dopo tre mesi ancora ne dubiti?»
«Dipende da cosa intendi. Sono certa che tu sappia molto di me, ma non credo che tu mi conosca davvero.» Anche suo padre avrebbe ordinato per lei quell’antipasto, ma questo non significava che la conoscesse. Per quanto ne sapeva, suo padre non aveva interesse a conoscere nessuno, se non in superficie. Non riuscì a soffocare la speranza che Sandor fosse diverso.
«C’è una differenza?»
«Sì.»
«Se questa sera va come mi auguro, avrò molto tempo per capire cosa intendi.»
«E come speri che vada questa serata?» Intendeva finalmente fare l’amore con lei? E lei era pronta?
Per poco non rise a quella considerazione. Pronta? Non ne vedeva l’ora! Da tempo aveva deciso che lo voleva, ma la possibilità di averlo davvero la mandava in confusione. E questo era molto stupido.
Lo voleva disperatamente, e benché non avesse nessuna intenzione di ammetterlo con lui, non poteva mentire a se stessa.
«Permettimi di illustrarti i miei programmi.»
Avrebbe dovuto immaginare che aveva un programma. Era uno degli aspetti che più lo accomunava a suo padre. Non che le desse fastidio, ma la preoccupava un poco. I suoi schemi mentali erano freddi e determinati come quelli del padre?
«Sappi che non farò nessun tentativo per distrarti dai tuoi programmi.»
Lui bevve un sorso di vino, lo sguardo divertito e minaccioso insieme. «Ti stai prendendo gioco di me?»
«Forse un poco. La spontaneità non è una tua caratteristica.»
«Mi conosci bene.»
«Quel tanto che si presume succeda dopo tre mesi.»
«Be’, abbastanza.» C’era un significato recondito in quelle parole, ma lei non riuscì a individuarlo.
«Non mangi i gamberetti?» gli domandò.
«Forse, ma il maggior piacere lo traggo nel vedere te mangiarli.»
Quindi lui aveva ordinato gli antipasti e non li mangiava; le ci volle qualche secondo per intuirne la ragione e a quel punto sbarrò gli occhi.
La fissava con sguardo da predatore.
Ellie trasse un profondo respiro cercando di calmare il battito del cuore che pareva impazzito.
Quella sera non l’avrebbe salutata col solito bacio della buonanotte, lasciandola delusa e frustrata. No, se doveva credere a quello sguardo.
Il cameriere servì il primo senza che ordinassero.
«Hai ordinato prima, vero?» gli domandò.
«Sì.»
«Perché?»
«Questa è una serata speciale. Voglio che tutto sia perfetto.»
«Speciale?»
«Sì.» Indicò la zuppa nei due piatti fondi che avevano davanti. «L’ho ordinata appositamente per te.»
«Perché questa è una serata speciale.»
«Molto speciale.»
In quel preciso momento un trio di violinisti si accostò al tavolo e cominciò