Passione in gioco: Harmony Destiny
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About this ebook
Alla luce crudele del mattino, dopo una splendida notte trascorsa come moglie di Rafe Carlisle, Cat comprende di aver sbagliato puntata. Perciò vorrebbe tentare un'altra volta rischiando tutto su un cosa impossibile: l'amore di Rafe.
Bronwyn Jameson
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Passione in gioco - Bronwyn Jameson
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Rich Stranger
Silhouette Desire
© 2005 Bronwyn Turner
Traduzione di Laura Cinque
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-805-7
1
Catriona MacConnell fissò lo schermo del computer. Non era sorpresa. E nemmeno delusa: intontita, semmai. Drew non aveva risposto a nessuno dei messaggi che gli aveva lasciato nell’ultima settimana, quindi perché avrebbe dovuto rispondere alla sua ultima, disperata e-mail?
Perché è tuo amico. Perché è stato il tuo innamorato. Perché è cresciuto abitando nella porta accanto. Perché dovrebbe preoccuparsi per te.
Ma, i vicini si preoccupano? Come no...
Riprendendosi, Cat spense il computer e spinse indietro la sedia dalla vecchia scrivania. Un misto di rabbia, disillusione e ansia al pensiero di cosa fare le dava uno strano, cupo ronzio alle orecchie, in perfetta sintonia con il rombo di un tuono lontano.
Mentre si dirigeva alla porta, si fermò ad ascoltarlo meglio. In pochi attimi aveva preso tanta forza da vibrare attraverso il tetto e le mura della casa. Non era un tuono, ma il motore di un aereo. Un aereo che volava pericolosamente basso sul suo ranch nell’Outback.
Si affrettò alla porta e, prima che la zanzariera si richiudesse alle sue spalle, raggiunse il prato oltre la veranda; o meglio, il fazzoletto d’erba secca che era solita chiamare prato. E scrutò il cielo finché non individuò un aeroplano che stava virando verso ovest.
Non poteva essere che Drew. Dopo aver ignorato i suoi messaggi, e senza averla avvertita, adesso era comparso all’improvviso. Passando teatralmente a bassa quota sopra la sua casa prima di dirigersi verso la pista di atterraggio del padre, quindici chilometri a nord-ovest.
Si avviò verso il camioncino senza pensare, ma subito si fermò. Non voleva incontrare Gordon Samuels, il serpente, ma dato che era arrivato Drew doveva andarci. Voleva sapere cosa era successo fra padre e figlio a proposito dei soldi che lei aveva preso in prestito da Drew.
Il futuro di Corroboree, il ranch che apparteneva ai MacConnell da sei generazioni, dipendeva da quella risposta. Tutto il suo futuro dipendeva da quella risposta. E da come si sentiva in quel momento rispetto a Drew.
Si abbassò il cappello sulla fronte e raggiunse il camioncino. Prima di aprire la portiera guardò di nuovo il cielo ed ebbe una stretta in gola. L’aereo non si stava dirigendo verso ovest, ma aveva virato di cent’ottanta gradi, un puntino insignificante contro le nuvole scure gonfie di tempesta.
«Oh, no!» esclamò. «Non è possibile...»
Drew conosceva quella zona troppo bene per cercare di atterrare sulla sua patetica pista di atterraggio fuori uso... Il suo ultimo messaggio non era poi stato così disperato da fargli fare una manovra tanto rischiosa! Con il cuore in gola, guardò l’aereo abbassarsi fino a scomparire oltre un gruppo di alberi e, in fretta, salì al posto di guida.
Per tutto il percorso non fece che ripetere: «Oh, no! Per favore, no!».
Negli ultimi mesi aveva augurato a Drew ogni sorta di accidente, ma mai in modo reale. Le mani strette al volante, cercava di mantenere il furgoncino sulla strada sconnessa, nonostante le violente raffiche di vento. Il temporale si stava avvicinando più in fretta del previsto e prometteva di diventare una vera tempesta.
Quasi in volo, il suo vecchio camioncino superò l’ultimo dosso e atterrò con un gran clangore di metallo. Lei non se ne curò. Teneva gli occhi fissi alla piatta distesa di terra davanti a sé e al piccolo aereo che, sbandando come un ubriaco, si stava fermando più avanti.
Sbuffò fuori l’aria che aveva trattenuto. Non solo i muscoli del petto e i polmoni, ma tutto il corpo le doleva per la tensione. Che, nel vedere che l’aeroplano era atterrato sano e salvo, diminuì solo in parte. Certo, era arrivato senza danni, ma con grande difficoltà e pericolo.
Aggettivi che si potevano benissimo usare anche per descrivere lo stato attuale del suo ranch, in quei giorni. In difficoltà, in pericolo, ma ancora intero.
Meno di trenta secondi più tardi si fermò sotto una delle ali del Cessna. Sopra di lei poteva vedere la cabina di pilotaggio, vuota.
Come aprì la portiera del camioncino, una folata di vento gliela strappò di mano mandandola a sbattere contro la fiancata. Un lampo lunghissimo saettò fra terra e cielo, subito seguito da un tuono poderoso. Storcendo la bocca, Cat scese a terra e si arrampicò fino al portello del pilota.
Per favore, non metterti a piovere, ancora! Dammi qualche minuto!
La sua preghiera fu trascinata via dalla furia del vento insieme al cappello, ma non ebbe il tempo di dispiacersene.
Quando aprì il portello, il pilota, riverso in avanti, trattenuto dalla cintura di sicurezza, era immobile. Una massa di capelli scuri, arruffati, gli nascondeva la parte superiore del viso, che lei fissò attonita. Era talmente convinta che si trattasse di Drew che non aveva considerato la possibilità che su quel sedile potesse essere rimasto intrappolato qualcun altro. Qualcun altro con la pelle olivastra e una bella bocca. Uno sconosciuto, che però aveva qualcosa di familiare.
Lo scoppio violento di un altro tuono scosse l’aereo, e Cat uscì dal torpore e si diede subito da fare. Prendendo l’uomo sotto le spalle, lo sistemò contro lo schienale. Era privo di conoscenza, un peso morto. Doveva avere battuto la testa, pensò mentre gli toglieva le cuffie e gli liberava il viso dai capelli. Il calore della sua pelle la rassicurò. Con attenzione, gli controllò la testa e le orecchie, ma non trovò né ferite né sangue. Gli controllò il resto del corpo in cerca di qualche segno di frattura e, per fortuna, non ne trovò.
Doveva prendere in fretta una decisione.
La struttura medica più vicina si trovava a circa due ore di macchina e, se quella che si stava avvicinando era la tempesta che temeva, presto le strade sarebbero state impraticabili. Meglio togliere di lì quell’uomo finché poteva e portarlo subito all’ospedale.
Rimuoverlo da quel sedile, grande, grosso e privo di conoscenza com’era, non sarebbe stato facile. Da casa non poteva far venire nessuno, dato che il ranch lo mandava avanti da sola, e chiamare uno dei vicini le avrebbe fatto solo perdere del tempo prezioso. Per fortuna non sono gracile, pensò ironica. Scosse leggermente lo sconosciuto. Nessuna reazione. Lo scosse di nuovo con maggior decisione e sussurrò: «È ora di svegliarsi, bell’addormentato!».
In effetti aveva un viso piuttosto bello, e una bocca magnifica. Per un attimo provò l’impulso di chinarsi a baciarlo come nella favola, ma lei non baciava mai gli sconosciuti. Nemmeno quelli che sembravano semidei della mitologia greca, piovuti dal cielo.
Le labbra dell’uomo si mossero e cercarono di dire qualcosa. Sollevando gli occhi Cat incontrò quelli sorprendentemente lucidi, di un azzurro con una sfumatura verde, di lui. Il cuore prese a saltarle nel petto. Per via dell’adrenalina che aveva accumulato durante la corsa in macchina, per la paura di trovare un disastro aereo, e per la sorpresa di scoprire che non si trattava di Drew.
E perché lo sconosciuto si era svegliato mentre lei si stava chiedendo se la sua bocca avesse il sapore che la sua bellezza faceva supporre.
Un attimo dopo quegli occhi così lucidi si velarono e il suo viso diventò pallido, quasi grigio.
«Come si sente?» gli chiese lei. «Le fa male la testa?»
«Molto.»
«Okay, vediamo cosa possiamo fare.»
Un lampo si rifletté nello sguardo annebbiato. «Mi dispiace metterle fretta, ma sta per arrivare una brutta tempesta» gli disse mentre gli slacciava la cintura di sicurezza. «Pronto per il ballo?» gli chiese poi.
L’uomo sussultò, forse pensando alla tempesta che lo aveva costretto a quell’atterraggio forzato, o forse al ballo che lo aspettava. O, forse, perché lei non era stata molto delicata nello sganciare la cintura.
Accidenti, era più alto e robusto di quanto aveva immaginato! Come avrebbe fatto a portarlo fuori da quell’aereo?
«Pensa che le gambe la reggano?» gli chiese.
Lui sollevò di poco la testa e la guardò. Tentando penosamente di sorridere, le rispose in un soffio: «Temo che le rovinerei addosso se ci provassi».
«Okay. Diamoci da fare» annuì Cat, aiutandolo ad alzarsi.
Una volta in piedi, l’uomo si aggrappò ai lati del portello e guardò fuori, oltre le spalle di lei. «Si sta bagnando tutta» commentò.
Le prime raffiche di pioggia le avevano già intriso la camicetta sulla schiena. «Ho parcheggiato qua sotto. Non deve fare molta strada.»
Nonostante la sua preoccupazione, l’uomo scese senza incidenti, ma quando le sue suole toccarono terra vacillò. Veloce, Cat lo sorresse, infilandogli una spalla sotto l’ascella e cingendogli il petto con le braccia.
«Scusi» bofonchiò lui, e immediatamente scoppiò un tuono. «Mi gira la testa.»
Il viso contro le costole, Cat sentì i battiti forti del suo cuore, il calore vibrante del suo corpo sotto il morbido camoscio del giubbotto, e il suo odore di uomo.
Per fortuna lui ritrovò l’equilibrio, alleviando la pressione sulla sua spalla. Insieme si trascinarono fino al camioncino, dove lo sconosciuto riuscì a sedersi sul sedile del passeggero senza troppi problemi. Dopo aver districato le braccia da quelle dello sconosciuto, Cat fece il giro del veicolo, respirando a pieni polmoni l’aria fresca e umida per schiarirsi le idee. Poi prese posto al volante, avviò il motore e attese che si scaldasse sotto una pioggia che era diventata scrosciante.
«In pochi attimi ci siamo bagnati dalla testa ai piedi» commentò mentre schiacciava l’acceleratore, voltandosi un istante verso l’uomo.
La nuca contro il poggiatesta, lui si girò lentamente, gli occhi che la mettevano a fuoco a fatica. «Rafe Car... lisle» si presentò.
Per un attimo Cat lo fissò in silenzio. Non aveva mai visto il mar Mediterraneo, ma doveva avere il colore dei suoi occhi. Certo, adesso capiva perché il suo viso aveva qualcosa di familiare: lo aveva già osservato sulle riviste patinate. Rafe Carlisle era il secondo rampollo di una delle famiglie più ricche dell’Australia. I media si riferivano ai fratelli Carlisle come ai principi dell’Outback, dato che possedevano la maggior parte delle mandrie e della terra del nord del paese, una catena di alberghi, innumerevoli proprietà e Dio solo sapeva quant’altro.
Quel particolare Carlisle, però, non si sporcava le scarpe di Gucci con la polvere dell’Outback o le piste del bestiame. Aveva un qualche incarico dirigenziale nella catena alberghiera della famiglia e, da quello che aveva letto, non aveva mai fatto un lavoro faticoso, magari all’aria aperta. Divertirsi sembrava essere la sua occupazione preferita. Nei night club, nei casinò, con le