Due cuori nella tormenta: Harmony Bianca
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L'infermiera Lauren Wilson è abituata a vedere i dottori arrivare e poi andarsene dalla sua piccola città nell'Oklahoma, e nulla le fa presumere che col dottor Paxton Samuels, appena arrivato da Boston, andrà diversamente. Fino a quando non si ritrovano insieme, bloccati dalla neve, e l'attrazione che era rimasta sopita tra loro raggiunge velocemente il punto di ebollizione.
Tuttavia Lauren non si fa illusioni: sa benissimo che, non appena la stagione sarà finita, Paxton partirà per non tornare più. Cedere ai sentimenti che prova per lui significherebbe mettere a rischio, oltre il proprio cuore, anche quello del suo bambino. Ed è una cosa che lei non si può permettere.
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Due cuori nella tormenta - Susan Carlisle
successivo.
1
La scelta di Paxton Samuels di lasciare Boston era stata deliberata. Offrirsi volontario per la posizione temporanea di medico nella parte occidentale dell'Oklahoma non gli aveva concesso un attimo di tregua. Era stato il suo lasciapassare per uscire dall'incubo emotivo che era diventata la sua vita. Aveva bisogno di quel cambiamento di scenario, di un po' di privacy. Disperatamente.
Con la sua formazione e la sua esperienza in Pronto Soccorso e Medicina Generale, quel lavoro a scadenza era perfetto per lui. Che fosse più o meno dall'altra parte del paese rispetto a Boston, era solo un valore aggiunto. Tuttavia, non aveva previsto di guidare in mezzo a una bufera di neve alla fine di novembre nel bel mezzo del nulla. Era preparato ad affrontare lo shock culturale che lo avrebbe atteso a destinazione, ma non a tutta quella distesa candida e a quella strada senza fine. Nonostante tutto, era valsa la pena spostarsi. Lo aveva sottratto alle domande dei suoi genitori e all'interesse dei media per lo spettacolare fallimento del suo matrimonio, che era stato definito l'evento mondano dell'anno.
Cercò in quella landa bianca e vuota un segno di civiltà, ma non vide altro che qualche sporadico albero. Secondo il GPS, la cittadina di Last Stop, in Oklahoma, avrebbe dovuto essere solo a qualche chilometro di distanza. La visibilità stava diventando così scarsa che prese in considerazione di fermarsi finché non fosse migliorata. Tuttavia, temeva che se lo avesse fatto, il rapido accumularsi della neve gli avrebbe impedito di proseguire. Quindi doveva andare avanti.
Qualche minuto dopo, la strada si alzò di quel tanto da nascondere la visuale davanti a lui. Paxton superò la piccola altura e quando fu dall'altra parte pigiò di colpo il pedale del freno. La parte posteriore della sua auto sportiva slittò sulla neve. Lui staccò il piede dal freno e sterzò bruscamente col volante, e il veicolo magicamente si raddrizzò. Dopo avere riacquistato il controllo del mezzo, rallentò fino a fermarsi ed esaminò la scena di fronte a lui. La strada era ostruita da una enorme mietitrebbiatrice rovesciata su un fianco contro cui si era fracassato un camion.
A quanto pareva, il suo lavoro come medico di zona stava cominciando prima del previsto.
Paxton parcheggiò su quello che immaginava fosse il ciglio della strada, assicurandosi che due ruote rimanessero sul selciato. Dopo avere preso il cellulare dalla tasca dei calzoni, chiamò il 911. Quando l'operatore rispose, gli segnalò l'incidente, la località e spiegò che era un medico.
«Le mando subito i soccorsi» gli assicurò l'uomo prima di terminare la chiamata.
Fece per scendere dall'auto, ma appena aprì la portiera un vento gelido lo colpì in pieno volto, facendolo tremare. Così afferrò il pesante cappotto di lana dal sedile di fianco e se lo buttò addosso. Poi prese la sua borsa medica e scivolò fuori dalla macchina.
Raggiunse il camioncino a sponde basse, rischiando più volte di scivolare sulla strada ghiacciata. Quando gli parve di avere finalmente riconquistato l'equilibrio, si avvicinò alla cabina di guida e guardò dentro.
L'uomo all'interno era accasciato in avanti, la testa china sul volante. Paxton bussò sul vetro. L'uomo si mosse in maniera impercettibile, ma non si raddrizzò. A quel punto Paxton aprì la portiera e gli posò una mano sulla spalla. «Ehi, stai bene?» gli chiese, con tono fermo ma gentile.
L'uomo emise un lamento e tentò di mettersi a sedere.
«Piano.» Paxton gli strinse leggermente la spalla per farlo restare fermo. «Non muoverti. Sono un medico. Sai dirmi dove ti fa male?»
«Alla testa.»
Velocemente, Paxton valutò la ferita sul capo. Poi tirò fuori dalla sua borsa una confezione di garze, le tolse dall'involucro e le premette in blocco sulla ferita sanguinante dell'uomo.
«Tieni duro, amico, stanno arrivando i soccorsi. Adesso vado a controllare come sta la persona sull'altro mezzo.»
«Okay» mormorò l'uomo.
Per raggiungere la mietitrebbiatrice, Paxton cercò di mantenersi in equilibrio appoggiando una mano sulla carrozzeria del camion. Il metallo era così freddo che gli pareva di avere degli spilli sotto le dita, ma in quel momento la paura di cadere superava di gran lunga la sensazione di dolore. La luce del giorno stava piano piano lasciando posto a una leggera oscurità.
Giunto davanti alla mietitrebbiatrice, fece un cerchio con la mano sul vetro del parabrezza. Da quello che riusciva a vedere, c'era un ragazzo disteso su un fianco. Ed era immobile. Capì che per calarsi all'interno dell'abitacolo avrebbe dovuto arrampicarsi sul lato della cabina. Senza indugiare oltre, si mise a tracolla la borsa medica e valutò con attenzione da che parte poteva salire. Proprio in quel momento sentì l'eco di una sirena in lontananza. Stavano arrivando i soccorsi. Appoggiò un piede sulla ruota anteriore e posando l'altro su un tubo che passava sotto il pianale, riuscì a issarsi sopra.
Quando si trovò in ginocchio davanti alla portiera, cercò di aprirla con entrambe le mani, ma pareva bloccata. Allora sferrò una serie di colpi alla maniglia finché lo sportello non si aprì.
Un refolo di tiepido calore uscì dall'abitacolo, ma subito si perse nel gelido crepuscolo.
Sporgendosi all'interno della cabina, osservò il ragazzo sotto di lui. «Ehi! Stai bene?»
Nessuna risposta.
Al suono della sirena che si stava avvicinando, Paxton si sentì sollevato.
Si appoggiò sulla pancia e si protese all'interno del vano di guida finché non riuscì a toccare una gamba del ragazzo. Era ancora caldo. E vivo. Allora si mise a sedere sul bordo della carrozzeria e appoggiò un piede sullo schienale del sedile e l'altro sul cruscotto. Sporgendosi in avanti, riuscì a mettere due dita sul collo del ragazzo. Il battito era debole, ma c'era.
In quell'istante la sirena smise di suonare e delle luci stroboscopiche si rifletterono all'interno dell'abitacolo. I soccorsi erano finalmente arrivati.
Sfilando la borsa da sopra la testa, la posò alla meglio sul bordo dello schienale. La aprì con una mano ed estrasse lo stetoscopio. Se lo portò alle orecchie, posizionò la campana sul torace del ragazzo e ne auscultò il battito.
«Non toccarlo!» gli urlò una voce appena lui allungò una mano verso la testa del giovane.
Guardando attraverso il parabrezza, tutto quello che riuscì a vedere fu un volto circondato da un copricapo di pelliccia bianca. Quel comando proveniva da delle labbra rosee e tese, sopra cui due occhi scuri e vividi lo guardavano con determinazione.
«Non toccarlo!» Lauren Wilson si protese oltre il bordo della cabina. Aveva gridato quell'ordine con lo stesso tono di voce che utilizzava con suo figlio di due anni quando stava per combinare qualche danno.
Del resto non poteva lasciare che qualche buon samaritano peggiorasse le cose. La situazione era già abbastanza grave. La sua attenzione si concentrò sullo stetoscopio che lo sconosciuto teneva fra le mani. E a quella vista provò un grande stupore. Non poteva essere. La fortuna la stava assistendo.
«Tu devi essere il dottor Samuels, non è vero?»
«Sì, e sono felice di vederti. Arriverà qualcun altro ad aiutarci?»
«Sono io il tuo aiuto. Mi chiamo Lauren.» Paxton non sembrò troppo colpito da quella presentazione. «C'è anche Rick con me. È un agente di polizia» aggiunse.
«Dobbiamo occuparci di questo ragazzo e anche dell'altro uomo.» Paxton fece un cenno del capo verso il camion. «Dov'è l'ambulanza? Il ragazzo è ferito e deve essere portato subito in ospedale.»
Lauren aggrottò per un attimo la fronte. Quell'uomo davanti a lei non era certo il tipo di dottore che si aspettava. Si immaginava qualcuno di più anziano e meno attraente. Magari con capelli grigi e spalle più strette. Tra l'altro, con la poca luce che c'era, non avrebbe saputo dire se i suoi occhi fossero azzurri o verdi.
L'ultimo medico di Last Stop, il dottor Barden, era andato in pensione dopo quarantacinque anni di onorato servizio, senza tuttavia premurarsi di trovare un sostituto permanente. Si era accontentato di farsi rimpiazzare per alcuni mesi da dei medici volontari, ma al termine di ogni periodo la zona rimaneva spesso scoperta. La città e la campagna attorno avevano bisogno di un medico a tempo pieno che vivesse lì. Lauren era l'unica infermiera nell'arco di più di novanta chilometri. Interveniva dove e come poteva quando c'era da prestare soccorso, ma la città meritava di più. L'Unità Medica di Emergenza era troppo lontana da Last Stop, e l'assenza di un professionista in pianta stabile si faceva sentire.
Lewis Williams, il ragazzo che era piegato contro il parabrezza, lo conosceva da una vita. A giudicare dal suo aspetto, il dottor Samuels aveva ragione. Doveva essere trasportato subito in ospedale. «Rick» gridò lei in direzione del poliziotto, «è Lewis Williams. Dobbiamo tirarlo fuori di qui. Avremo bisogno di luci, coperte, forse di una corda, e anche del tuo aiuto. Lanciami la mia borsa.» Dopo che l'agente gliela ebbe passata, Lauren guardò in basso verso il dottor Samuels, che indossava un costoso cappotto ma nessun berretto per proteggersi dal freddo. «Dobbiamo immobilizzargli il collo prima di muoverlo.»
«Lo so, ma non ho con me un collare.»
«Io ne ho uno.» Lauren aprì la sua borsa, prese il collare e fece per porgerglielo. «Aspetta un minuto» disse prima che lui lo prendesse. «Entro e ti aiuto.»
Sarebbe stato difficile per due persone muoversi in quello spazio angusto, ma era necessario l'intervento di entrambi per posizionare il collare cervicale.
Il giovane Lewis aveva vinto da poco una borsa di studio universitaria. Aveva un futuro brillante davanti a sé. E adesso gli era capitato questo dannato incidente. Le ricordava troppo suo marito. Giovane, intelligente e desideroso di darsi da fare. Per poi vedere tutto distrutto a causa di un'esplosione.
«Voglio che lo sorregga mentre controllo la ferita alla testa» disse Paxton. «Dobbiamo evitare qualsiasi movimento che possa peggiorare la situazione. Si sta facendo buio. E questo clima...» Lui alzò lo sguardo.
Lauren osservò alcuni fiocchi di neve posarsi dolcemente sul viso di lui. Nonostante la luce fioca, si vedeva che non era un uomo di aspetto e carattere ordinari. Di sicuro le poche donne single della zona avrebbero fatto a gara per aggiudicarselo.
«Se non lo tiriamo fuori di qui il prima possibile, oltre alle ferite dovremo preoccuparci che non vada in ipotermia. Quanto ci mette ad arrivare l'ambulanza?»
«Di solito meno di un'ora dal momento in cui è stata chiamata.»
Lui si lasciò sfuggire un'imprecazione. «Così tanto!»
«Il più vicino ospedale è a circa novantacinque chilometri da qui. E con questo tempo...» Non avrebbe voluto essere così aspra, ma quella era la dura verità.
Paxton spalancò la bocca di colpo, ma Lauren non avrebbe saputo dire se era per ciò che lei gli aveva detto o per come glielo aveva detto. In qualsiasi altra circostanza, avrebbe riso per quella reazione.
In un attimo, l'espressione di lui passò dalla rassegnazione alla determinazione e subito si voltò di nuovo verso il loro paziente. «Dobbiamo cercare di accorciare i tempi o questo ragazzo potrebbe non farcela.»
Lauren fu colta da un improvviso terrore. Non sarebbe riuscita a sopportare lo spegnersi di un'altra giovane vita. Non più; non dopo quella di suo marito.
«Passami quel collare» le ordinò lui.
Lauren obbedì, poi mise un piede sul lato del sedile e scese nell'interno della cabina. Usando la mano libera, lo aiutò a posizionare il collare e a chiuderlo.
«Bene. Adesso voglio dare un'occhiata alla ferita sul capo. Cercherò di tamponarla con una garza. Riesci a circondargli le spalle con un braccio e tirarlo verso di te mentre gli sollevo la testa?»
Quel movimento l'avrebbe messa in una posizione scomoda, ma ci avrebbe provato. Lauren annuì. «Aspetta un secondo.» Mise la mano nella sua borsa ed estrasse un pacchetto di carta quadrato, se lo mise tra i denti e lo strappò per aprirlo, poi porse a lui la garza.
Lauren era abbastanza stabile per poter mettere entrambe le braccia attorno a Lewis e tirarselo verso il petto.
Allo stesso tempo, Paxton usò le mani per sorreggere la testa del giovane. «Bene.» Tacque un istante. «Sembra che abbia preso una bella botta alla tempia. Sono preoccupato per il gonfiore che si è creato. E non ha ancora ripreso conoscenza. Hai una coperta nella tua