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Sull'isola del greco: Harmony Collezione
Sull'isola del greco: Harmony Collezione
Sull'isola del greco: Harmony Collezione
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Sull'isola del greco: Harmony Collezione

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About this ebook

Nel tentativo di aiutare l'amica a sottrarsi a un matrimonio combinato, la principessa Mina si ritrova prigioniera sulla magnifica isola privata dell'enigmatico Alexey Katsaros. Arrivata a quel punto si trova costretta a mentire sulla propria identità e a usare ogni arma in suo possesso per convincere Alexey che è lei la sua futura moglie. L'unica donna che lui dovrà desiderare.
LanguageItaliano
Release dateJan 20, 2020
ISBN9788830509337
Sull'isola del greco: Harmony Collezione
Author

Annie West

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Sull'isola del greco - Annie West

    successivo.

    1

    «Fai un bel respiro profondo, poi parla lentamente.» Mina strinse le spalle dell'amica. «Un altro.» Annuì in modo incoraggiante quando il respiro di Carissa divenne più regolare. «Così va meglio.»

    Mentre Carissa si concentrava sul respiro, lo sguardo di Mina cercava la fonte di quell'angoscia. Ma non c'era niente d'insolito nell'ingresso dell'appartamento. Né sangue, né disordine, né intrusi. Solo una grande valigia rosa. Eppure qualcosa decisamente non andava. Carissa, la persona più pacifica che conoscesse, l'aveva afferrata per le spalle prima che potesse varcare la soglia del suo appartamento e l'aveva trascinata in casa. Nei suoi occhi azzurri c'era autentica paura.

    «Vieni a sederti e raccontami tutto.»

    «No!» Carissa scosse la testa e una nuvola di riccioli dorati le cadde sulle spalle. «Non c'è tempo. Presto saranno qui. Ma non voglio andare. Non posso andare.» Le s'inumidirono gli occhi e le tremò la voce. «Voglio Pierre! Ma non è qui a Parigi. È all'estero.»

    Almeno questo aveva senso. Pierre era il ragazzo di Carissa.

    «Non agitarti. Nessuno ti costringerà ad andare da nessuna parte se non vuoi.» Mina parlò con voce calma, accompagnando l'amica nel piccolo salotto e facendola sedere su una poltrona. Carissa tremava e il suo viso era di un pallore mortale.

    Mina aveva ricevuto abbastanza cattive notizie da riconoscere lo shock. Sua madre era morta quando lei era una bambina e solo cinque anni prima, quando aveva diciassette anni, il padre era morto all'improvviso per un aneurisma cerebrale.

    Le tornò alla mente quel periodo terrificante, tenuta in ostaggio durante un golpe di palazzo dopo il funerale del padre. Poi il sacrificio della sorella Ghizlan, costretta a sposare il capo dei golpisti, Huseyn. Sembrava tutto così lontano dalla vita che conduceva ora in Francia.

    «Dimmi cosa succede affinché io possa aiutarti.» Mina avvicinò una sedia e prese le mani di Carissa. Era la prima volta che vedeva l'amica senza trucco e con la camicia abbottonata male. Una catastrofe per Carissa. Più simile allo stile di Mina che al suo.

    Corrugò la fronte.

    «Qualcuno ti ha fatto del male?»

    Le si serrò lo stomaco ricordando il giorno del golpe, il sudore freddo quando un soldato l'aveva maltrattata. Era la prima volta che qualcuno le metteva le mani addosso. La prima volta che si rendeva conto della forza fisica che gli uomini potevano esercitare sulle donne. Fino ad allora l'appartenere a una famiglia reale l'aveva protetta.

    Carissa era gentile e fiduciosa e cercava sempre il meglio nelle persone. Se qualcuno avesse approfittato di lei...

    «No, non è niente del genere.»

    Mina si rilassò, sollevata. Durante gli anni in cui avevano studiato insieme nel prestigioso istituto d'arte parigino non aveva mai visto Carissa così sconvolta.

    «Allora, chi sta arrivando? Dove non vuoi andare?»

    Carissa sbatté le palpebre e le tremò il labbro inferiore.

    «Alexey Katsaros manda qualcuno. Mi porteranno sulla sua isola privata.» Un brivido la percorse. «Ma non voglio andare. Non posso. Anche quando papà me ne ha parlato, non ho mai pensato che sarebbe successo per davvero! Devi aiutarmi, Mina. Ti prego.»

    La preoccupazione di Mina si placò. Allora non era una faccenda di vita o di morte. Sapeva chi era Alexey Katsaros. Chi non lo conosceva? Era un magnate dell'informatica. Il padre di Carissa era uno dei suoi dirigenti.

    «È un invito a far visita a tuo padre? Sono certa che Pierre non avrà niente da ridire se ti concedi una breve vacanza.»

    Carissa scosse la testa. «Non è una vacanza. È un matrimonio combinato! Papà sperava di organizzarlo, ma non ho mai pensato che ci sarebbe riuscito. Alexey Katsaros può avere tutte le donne che vuole.»

    Mina non disse nulla. Carissa era molto graziosa e dolce. E queste doti, oltre a un desiderio innato di compiacere, avrebbero attirato parecchi uomini.

    «Non posso farlo, Mina. Non potrei mai amare un uomo così duro. Lui vuole solo una moglie trofeo. Mio padre gli ha spiegato che sono graziosa e docile e...» S'interruppe, scossa dai singhiozzi. «Non ho mai pensato che si sarebbe arrivati a questo. Sembrava impossibile. Ma non ho scelta. Mio padre conta su di me.»

    Mina corrugò la fronte. Sapeva dei matrimoni combinati. Se suo padre non fosse morto, ne avrebbe organizzato uno anche per lei.

    «Sono certa che nessuno ti costringerà.» Diversamente da quello che avveniva a Jeirut. La sorella era stata costretta a un matrimonio indesiderato e Mina ricordava di essersi sentita inutile, non potendolo impedire. Era stato un miracolo quando, contro ogni aspettativa, la coppia si era innamorata. «Tuo padre sarà lì. Se solo gli spieghi...»

    «Ma non è lì. Non so dove sia. Non posso contattarlo. E non posso dire di no a Katsaros. Papà mi ha detto che ci sono stati dei problemi al lavoro. Non ha specificato quali, ma temo che rischi di perdere il posto. Spera che queste nozze sistemino tutto.» Carissa strinse le mani di Mina. «Ma non potrei mai sposare un uomo così duro. Ha una donna nuova ogni settimana. Inoltre, io e Pierre siamo innamorati. Stiamo per sposarci.» Un lampo di felicità le illuminò il viso rigato di lacrime.

    «State per sposarvi?» Mina la fissò. Non sarebbe dovuta essere sorpresa. I due erano innamorati persi l'uno dell'altra.

    Il sorriso di Carissa svanì. «Progettavamo di fuggire il prossimo weekend, al ritorno dal suo viaggio d'affari. Pierre è convinto che sarà più facile che la sua famiglia l'accetti davanti al fatto compiuto.»

    Pierre crebbe nella stima di Mina. Era un ragazzo simpatico, ma non era mai riuscito a tener testa alla sua rigida famiglia, che voleva che sposasse una donna francese altolocata.

    «Ma non potrò fuggire con lui se sono costretta a sposare Alexey!» A quel punto le lacrime le scesero copiose sulle guance.

    «Katsaros ha detto che vuole sposarti?»

    «Sì. Mi ha confidato che mio padre gli ha parlato di me ed è ansioso di conoscermi. È convinto che abbiamo molto in comune.» Carissa si morse un labbro. «Ho cercato di tenerlo a bada, ma non mi ha ascoltata. Ha tagliato corto, informandomi che fra un'ora il suo personale sarebbe venuto a prendermi. Che devo fare?»

    Mina si accigliò. La cosa non le piaceva. Poteva essere ricco, ma la ricchezza non scusava la maleducazione, men che meno l'autorizzava a dare ordini a Carissa.

    «Ripetimi esattamente cos'ha detto tuo padre.»

    Ma mentre Carissa parlava, la speranza di Mina che l'amica avesse esagerato svanì. Di recente c'era stato un dissenso fra Carter, suo padre, e il suo datore di lavoro. Dopo anni di fedele servizio sembrava che Katsaros avesse intenzione di licenziarlo. D'altra parte erano cose che accadevano. Parecchie sue coetanee a Jeirut erano state costrette a sposare uomini più anziani che conoscevano a stento per consolidare legami di famiglia o d'affari.

    Si lasciò sfuggire un sospiro mentre osservava Carissa che agitava le mani mentre riferiva la conversazione a senso unico con Alexey Katsaros. Non l'aveva invitata sulla sua isola, l'aveva solo informata dei preparativi del viaggio. Come se fosse stata della merce da trasportare, non una donna con una vita sua.

    Mina sentì montare la collera. Apprezzava la libertà, la vita a Parigi, lontana da un mondo in cui ogni decisione era presa dal capofamiglia. Le donne occidentali consideravano la libertà come una cosa scontata, non sapendo invece quanto fosse preziosa. E ora un milionario prepotente cercava di privarne Carissa. Con l'aiuto di suo padre!

    Non era giusto.

    «E non posso fare niente.» Carissa tirò su con il naso.

    «Invece sì. Non possono costringerti a salire su un aereo. O a sposarti.»

    «Non posso non andare. Che ne sarà del lavoro di mio padre? Ma Pierre? La sua famiglia troverà comunque un modo per impedire il nostro matrimonio.»

    Mina voleva dirle di avere più fermezza e opporsi. Ma Carissa non era così. Inoltre amava il padre, anche se l'aveva messa in quel pasticcio. E da altre cose che le aveva confidato sembrava che non si fosse ripreso dalla recente morte della moglie. Questo poteva spiegare i problemi sul lavoro. Un bravo imprenditore avrebbe tenuto conto del suo dolore, ma Mina sospettava che Alexey Katsaros fosse un tiranno cui importava solo di se stesso.

    La sua mente tornò a quei difficili giorni dopo la morte del padre. Il suo futuro e quello della sorella erano stati decisi da un uomo con scarsa comprensione per le loro speranze e desideri.

    Ricordava bene l'orrore di essere totalmente impotente.

    Rifiutava l'idea che Carissa diventasse un mezzo per togliere dai guai il padre, o per soddisfare il desiderio di Katsaros di una moglie comoda e docile.

    «Ho preparato la mia valigia rosa. Non posso raggiungere mio padre, così dovrò andare. Ma questo significa dover lasciare Pierre.» A quelle parole Mina sentì scattarle qualcosa dentro.

    La sua amica era dolce ma mancava di coraggio. Katsaros e suo padre l'avrebbero costretta a un matrimonio che l'avrebbe resa infelice per il resto della vita. Mina non poteva trasformarla in una donna capace di sostenere lo sguardo di un prepotente e mandarlo al diavolo o di tener testa al padre, ma poteva rimandare le cose finché Carissa e Pierre non si fossero sposati. Qualche giorno, una settimana al massimo.

    «Fra quanto tempo verranno a prenderti?»

    La risposta di Carissa fu coperta da un violento bussare alla porta. Afferrò le mani dell'amica.

    L'ultimo residuo di dubbio abbandonò la mente di Mina quando vide il terrore e la disperazione negli occhi dell'amica. Carissa era una facile preda, ma lei no.

    Si alzò in piedi.

    «Ancora nessuna traccia di Carter, signore. Non è a casa.»

    Alexey strinse il telefono e serrò i denti in preda alla frustrazione, ma si trattenne dallo strapazzare il capo del suo ufficio londinese. Non era colpa di MacIntyre se Carter aveva tagliato la corda. Alexey avrebbe dovuto agire prima, ma non aveva voluto credere alla colpa di Carter. L'uomo era con lui da anni, l'unica persona di cui si fidava davvero.

    Per questo il suo tradimento lo feriva così profondamente. Non gli era facile concedere la sua fiducia. Aveva visto come sua madre era stata tradita e abbandonata, come era diventata una vittima ed era morta, perché si era fidata troppo facilmente.

    Gran parte della colpa era sua. Era stato un ingenuo, subendo il fascino del patrigno, credendo che a quell'uomo importasse davvero di lui. Aveva convinto la madre a lasciarlo entrare nella loro vita. Troppo tardi avevano scoperto che si era servito di Alexey per arrivare a sua madre e all'assicurazione di suo padre.

    Nessuno poteva più accusarlo di essere ingenuo.

    Ma nonostante la sua prudenza era giunto a fidarsi di Carter. Non erano solo la sua familiarità con i numeri o la straordinaria capacità di trovare i problemi e le possibili soluzioni. Erano il suo riserbo, il modo scrupoloso con cui separava il lavoro dalla vita privata. Era stato il dirigente perfetto.

    Finché non aveva scoperto la sua slealtà.

    Alexey sentiva l'amarezza del tradimento. Peggio ancora questa volta, perché avrebbe dovuto avere più buonsenso. Non era più un ragazzo ingenuo.

    «Mi tenga informato. Dica all'investigatore di controllare tutti i giorni.»

    «Sì, signore.»

    Alexey terminò la chiamata e si passò la mano fra i capelli. Era diventato troppo tenero. Avrebbe dovuto agire prima. Ora doveva recuperare.

    Camminò avanti e indietro, ignorando l'acqua turchese e la sabbia bianca fuori dalla finestra. Non voleva trovarsi lì sull'isola, per quanto il suo ritiro privato fosse riposante. Voleva essere ovunque si trovasse Carter. L'ammanco causato dall'uomo era notevole. Non abbastanza da destabilizzare l'attività di Alexey, ma sufficiente per inquietare chiunque fosse abbastanza sveglio da scoprire che lui era stato raggirato.

    Nonostante la sua

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