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Conquista obbligata: Harmony Destiny
Conquista obbligata: Harmony Destiny
Conquista obbligata: Harmony Destiny
Ebook172 pages2 hours

Conquista obbligata: Harmony Destiny

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About this ebook

AFFARI MILIONARI - Soldi e potere aprono ogni porta. Tranne quella del cuore.

Pierce Hollister è un uomo dedito al lavoro. Occuparsi del figlio è solo una perdita di tempo, e di denaro. Per questo decide di assumere una tata e la scelta cade sulla bella Anna Aronson, dalla voce dolce come il miele. Pierce è attratto da lei e dal suo canto come se fosse vittima di un incantesimo. Deve conquistarla. Stringerla tra le braccia e baciarla alla luce della luna ha il potere di sciogliere il suo animo, indurito dagli anni e dai tradimenti subiti. Lui sa che prima o poi dovrà lasciarla andare, ma, finché ne avrà la possibilità, terrà Anna con sé nel suo letto. E nel suo cuore.
LanguageItaliano
Release dateJan 10, 2020
ISBN9788830507234
Conquista obbligata: Harmony Destiny
Author

Emilie Rose

Confessa che il suo amore per i romanzi rosa risale a quando aveva dodici anni e sorprendeva sua madre a nasconderli ogni volta che lei entrava nella stanza.

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    Conquista obbligata - Emilie Rose

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Ties That Bind

    Harlequin Desire

    © 2012 Emilie Rose Cunningham

    Traduzione di Serena Palmucci

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-723-4

    1

    Soffiando delicatamente sulla bacchetta, Anna Aronson pregò che le bolle di sapone portassero via anche le sue preoccupazioni, disperdendole al vento.

    Davanti a lei, seduti nel prato color smeraldo, due bambini cercavano di acchiappare quei palloncini trasparenti e la cosa la rallegrò, nonostante la spada di Damocle che le pendeva sulla testa.

    Quel lavoro doveva essere suo.

    Un movimento improvviso catturò la sua attenzione. Distolse lo sguardo dai bambini, e vide la donna che le aveva fatto il colloquio venir loro incontro. L’ansia le strinse il petto in una morsa.

    «Il signor Hollister è pronto per riceverla, Anna. La sta aspettando nel suo ufficio. Passi per la porta sul lato sinistro del cortile» le disse, indicando l’imponente e lussuosa residenza di Greenwich, in Connecticut.

    Anna s’inumidì le labbra e abbassò la bacchetta. «Ma i bambini...»

    «Li terrò d’occhio io mentre lei parla con il signor Hollister. È a lui che spetta l’ultima parola. Ma, per quello che vale, ha già la mia approvazione.» La signora Findley tese la mano per prendere il barattolo delle bolle di sapone.

    Anna glielo porse, riluttante, come se stesse abbandonando il salvagente nel bel mezzo di una tempesta. Quel colloquio era estremamente importante per lei. Se non fosse riuscita a ottenere il lavoro, non avrebbe potuto pagare l’affitto a fine mese, o la bolletta della luce, e sarebbe dovuta ritornare a casa dei genitori, anche se sua madre le aveva fatto capire chiaramente che lei e Cody non erano i benvenuti.

    Ma sperava di non dover arrivare a tanto. «La ringrazio, signora Findley.»

    «Chiamami Sarah. E, Anna, non lasciarti intimidire dal signor Hollister. È un ottimo capo e un brav’uomo, nonostante il carattere da orco.»

    Orco?

    La tensione crebbe a dismisura. Annuì come un automa e si diresse verso la casa. La distanza le sembrò infinita e, quando raggiunse le scale in pietra antistanti il portico coloniale a due piani, aveva il respiro affannato, quasi avesse corso per più di un chilometro.

    Dalla porta a vetri Anna vide il suo potenziale capo, seduto dietro un’imponente scrivania in legno. Il respiro le si bloccò in gola. Ti prego, ti supplico, fa’ che vada tutto bene.

    Anna bussò. L’uomo alzò lo sguardo da una pila di documenti e, con un’espressione rigida, la invitò a entrare. Il palmo sudato le scivolò sulla maniglia in ottone e dovette asciugarlo sul vestito prima di riuscire ad aprire la porta. Poi alzò lo sguardo su di lui, e restò senza fiato.

    Pierce Hollister, con il suo fisico statuario da modello e i folti capelli neri acconciati in uno di quei tagli volutamente disordinati, sembrava essere uscito da GQ; e malgrado indossasse una semplice polo nera sbottonata alla base del collo abbronzato, aveva comunque un’aria imponente e autoritaria.

    Ma era stato proprio un uomo bello, ricco e affascinante a farla finire nella difficile situazione economica in cui si trovava. Non poteva permettersi di abbassare la guardia questa volta.

    «Salve signor Hollister. Mi chiamo Anna Aronson.»

    Due occhi freddi color nocciola la scrutarono da capo a piedi. Anna sperò che il semplice abito a chemisier e i sandali fossero appropriati.

    «Per quale motivo è stata licenziata dal suo ultimo impiego?»

    Disorientata dalla domanda secca, prese tempo guardando i quadri posti alle pareti – che, santo cielo, erano autentici! – e prima di rispondere chiuse la porta fino a che non sentì scattare la serratura. Alla faccia della buona vecchia stretta di mano.

    «Mi hanno mandato via perché mi sono rifiutata di giocare con il padre di uno dei miei studenti» rispose quindi, sapendo che sarebbe stato inutile tergiversare.

    «Le ha fatto delle avance?»

    «Sì.»

    «Perché non ha esposto un reclamo al preside?»

    «L’ho fatto. Ma, essendo il genitore in questione uno dei principali benefattori della scuola, il mio reclamo è stato ignorato.»

    «Da quanto tempo lavorava per la scuola?»

    «È tutto scritto nel mio curriculum.»

    «Sì, ma io lo sto chiedendo a lei.»

    Credeva forse che le sue credenziali fossero inventate e che avrebbe potuto dimenticarsi qualcosa se messa sotto pressione? «La scuola mi ha assunto come tutor part-time per alcuni studenti in difficoltà subito dopo aver terminato l’università. Sei mesi dopo, quando un’insegnante si è dimessa, mi hanno offerto un posto a tempo pieno. In tutto ho lavorato per tre anni e mezzo in quella scuola.»

    «E, nonostante la sua esperienza lavorativa, l’hanno licenziata dietro le insinuazioni di un genitore.»

    «Il preside era convinto che un’insegnante di scuola elementare fosse più facile da rimpiazzare rispetto a un facoltoso benefattore» disse con amarezza.

    «E se chiamassi per verificare la sua storia?»

    Le speranze di Anna crollarono. Non le credeva e di certo non era il primo. Finché non fosse accaduto il contrario, non sarebbe riuscita a trovare un lavoro che le consentisse di pagare le rette di un asilo nido decente per Cody. Forse, aumentando il numero di studenti a cui dava ripetizioni sarebbe riuscita ad arrivare a fine mese...

    Ma chi stai cercando di prendere in giro?

    Si trattenne dal bisogno di torcersi le mani. Lo sguardo di lui la intimidiva, ma avrebbe fatto del suo meglio per nasconderlo. «Se chiamasse la scuola, le direbbero che sono stata io a fare delle avance al genitore in questione e che, dopo essere stata rifiutata, mi sarei rivalsa sul figlio.»

    «Ed è quello che è successo?»

    Anna trasalì, sbigottita. «Certo che no. È sposato.»

    «Nessuno vieta agli uomini sposati di avere un’amante.»

    «Io non sono una rovinafamiglie.»

    «Qui c’è scritto che si è laureata presso una delle migliori facoltà di insegnamento del Paese. Come mai non riesce a trovare un lavoro qualificato?»

    «A quanto pare, negarsi a persone potenti porta con sé ripercussioni che vanno ben oltre il mercato del lavoro locale.»

    «Non ha esperienza come tata.»

    «No, signore, ma mi sono occupata regolarmente di venti bambini alla volta, anche di più durante i campi estivi scolastici, e sono un genitore abituato ad avere a che fare con bagnetti, pappe e l’ora della nanna.»

    Pierce Hollister appoggiò la schiena sulla poltrona in pelle, congiunse le mani per la punta delle dita e la fissò imperturbabile. Lei ricambiò lo sguardo, sperando – pregando – che riuscisse a intravedere nei suoi occhi la verità e la voglia di lavorare sodo. Il silenzioso esame si protrasse finché Anna avvertì lo stesso disagio provato nell’ufficio del preside, quando era stata accusata ingiustamente.

    «Per quello che conta, non le credo affatto.»

    Le parole di Hollister le caddero addosso come un macigno. Frustrata, Anna non poté far altro che fissare rassegnata quel viso irremovibile, vedendo le sue speranze allontanarsi all’orizzonte. Prima del preside, nessuno aveva mai messo in dubbio la sua integrità. Era sempre stata la ragazza con la testa sulle spalle, quella che portava sempre a termine il proprio lavoro. E ora nessuno le credeva.

    Per poter ritornare a insegnare avrebbe dovuto trovare un modo per ripulire la propria reputazione. Ma, fino ad allora, doveva fare tutto ciò che era in suo potere per dar da mangiare a suo figlio e fargli avere un tetto sopra la testa.

    «Avrei preferito una donna più matura» proseguì Hollister. «E lei si porta dietro l’impiccio di un altro bambino.»

    «Cody ha diciassette mesi, solo sei in più di suo figlio. Potranno farsi compagnia» insistette ma, quando l’espressione di Hollister si fece ancora più cupa, si pentì di non aver tenuto la bocca chiusa.

    «Avere un bambino rumoroso in casa è già una seccatura, figuriamoci due. Dovrei dirle di andarsene, tuttavia Sarah dice che lei è la persona più qualificata. Senza contare che io ho bisogno di una tata oggi stesso e lei è l’unica persona disponibile.»

    Anna ricominciò a sperare, però Hollister si alzò e si piegò in avanti, facendo svanire il suo ottimismo. «Ma la terrò d’occhio, Anna Aronson. Alla prima mossa falsa, per quanto disperato io possa essere, lei e il marmocchio pel di carota siete fuori. Mi sono spiegato?»

    Anna fece un sospiro di sollievo e gli occhi le diventarono lucidi perché, per quanto non gli andasse a genio o non si fidasse di lei, Hollister aveva deciso di darle il lavoro. «Sì, signor Hollister.»

    «Quanto tempo le occorre per preparare le valigie e ritornare qui?»

    Riordinò velocemente le idee e calcolò il viaggio... e i costi. Non era sicura di avere abbastanza contanti per pagare due trasporti in taxi.

    «È un’ora di treno a tratta e poi dovrò fare le valigie... Dovremmo essere di ritorno in tempo per la cena di Graham.»

    «Non ha una macchina?»

    «No.» Non più. I trasporti pubblici non erano così male se si prestava attenzione agli orari.

    «Non posso aspettare oltre. L’accompagnerò io.»

    E stare da sola con lui nel suo appartamento? «Ma...»

    «Niente ma. Lo vuole o no questo lavoro?»

    «Sì. Però... avrei una domanda.»

    «Quale?» chiese lui seccato.

    «La signora Findley non è stata chiara riguardo a quanto dovrei rimanere. Ha detto: Finché la madre di Graham non sarà tornata da un lavoro all’estero. Non ha specificato se si tratterà di settimane o mesi.»

    «Non le ha dato quest’informazione perché non lo sappiamo. Il contratto è a tempo indeterminato. Sarà pagata mensilmente, sia che lavori un giorno o trenta, e le sarà data una liquidazione pari a un mese di stipendio a fine mansione. Se ha problemi al riguardo la prego di non farmi sprecare altro tempo.»

    «No. Nossignore. Io... andrà benissimo.» Certo, non era l’ideale per fare progetti... ma meglio di niente. E questo spiegava lo stipendio assurdamente alto.

    «Allora firmi.» Le passò una pila di fogli e una penna.

    «Potrei leggere il contratto prima?»

    «Lo faccia in macchina.» Si alzò, girò attorno al tavolo e le si mise davanti. Anna indietreggiò senza accorgersene. Era alto ben oltre il metro e ottanta e le sue spalle erano larghe almeno il doppio di lei. Un uomo possente – non solo economicamente. Proprio come quello che l’aveva fatta licenziare. «Sarah baderà a suo figlio mentre andiamo a prendere i suoi effetti personali.»

    Preoccupata, Anna si voltò verso la finestra. Non le piaceva l’idea di lasciare Cody con un estraneo vicino a così tanta acqua. La proprietà si trovava in riva a un fiume e c’era anche una grande piscina, allettante per un bambino che adorava sguazzare. Ma quale altra scelta aveva?

    «Le spiace se saluto Cody e scambio due parole con la signora Findley prima?»

    La domanda sembrò irritarlo. «Si sbrighi. Io andrò a prendere l’auto. Mi aspetti all’entrata. Lungo la strada ci fermeremo in laboratorio per fare il test antidroga. Non credo ci sia bisogno di dirle che se risulterà positivo se ne dovrà andare.»

    «Sissignore. Capisco. Non ha niente di cui preoccuparsi. E la ringrazio, signor Hollister, per avermi dato quest’opportunità.» Gli porse la mano ma Pierce la ignorò. Sentendosi a disagio, la abbassò.

    «Non me ne faccia pentire.»

    Anna aprì la porta della propria casa, mettendo mentalmente a confronto la sua modesta abitazione con la lussuosa tenuta, arredata in modo impeccabile, dell’uomo che la tallonava. L’appartamento era grande quanto il soggiorno dove la signora Findley aveva svolto il colloquio preliminare.

    Il viaggio in macchina era stato spiacevolmente silenzioso, interrotto solo dalle indicazioni di Anna su come arrivare all’appartamento dal laboratorio di analisi. Aveva la netta impressione di non andare a genio al suo capo. E il contratto era poco chiaro. Per quale ragione doveva firmare un accordo di riservatezza? Perché ciò che accadeva in quella casa non doveva essere divulgato?

    Hollister la seguì all’interno, gli intensi occhi verde dorato scrutarono minuziosamente i pochi mobili presenti: un divano di seconda mano e una lampada da tavolo, un cesto di stoffa rossa con i giochi di Cody e un piccolo tavolo da cucina con due sedie più un seggiolone. Non era granché, ma dopotutto lei e Cody non

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