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Otto appuntamenti con la lady: Harmony History
Otto appuntamenti con la lady: Harmony History
Otto appuntamenti con la lady: Harmony History
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Otto appuntamenti con la lady: Harmony History

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About this ebook

Scandalous Australian Bachelors2
Londra, 1820
Dopo molti anni passati in Australia dove era stato deportato come detenuto per un'ingiusta accusa di furto, Ben Crawford ritorna finalmente in Inghilterra, ansioso di rivedere la sua famiglia e soprattutto di rincontrare Lady Francesca Somersham. Lei è stata la sua più cara amica durante l'infanzia, il suo primo amore, l'unica ad aver creduto nella sua innocenza. Francesca ora è fidanzata con Lord Huntley, che ha deciso di sposare per estinguere i debiti della famiglia, ma Ben le propone di uscire con lui per otto volte, una per ogni anno che ha trascorso in prigione. Se in seguito sarà ancora dell'idea di sposarsi, lui le augurerà ogni bene. I due cominciano così a vedersi di nascosto e i sentimenti di un tempo si risvegliano in un istante. Ma i guai di Ben con la legge non sono ancora finiti.
LanguageItaliano
Release dateSep 20, 2019
ISBN9788830503946
Otto appuntamenti con la lady: Harmony History
Author

Laura Martin

Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.

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    Otto appuntamenti con la lady - Laura Martin

    successivo.

    1

    Mentre passava in rassegna la sala, Ben non riusciva ancora a capacitarsi del fatto che lui, figlio di un semplice fattore, stesse partecipando a uno dei balli più esclusivi di Londra. Era vestito di tutto punto, con un candido fazzoletto da collo e una giacca confezionata su misura che aderiva perfettamente alle sue spalle larghe.

    «Dubito che con queste maschere riusciremo a nascondere la nostra identità» osservò George Fitzgerald, che era di fianco a lui.

    Ben si strinse nelle spalle. «Non sono sicuro che sia il loro scopo.»

    I due uomini erano in piedi in fondo al salone degli Scotsworths, dov'era in corso quello che Ben sapeva essere un ballo in maschera che veniva organizzato ogni anno. Le donne portavano maschere vistose quasi quanto i loro abiti. Tra gli uomini, i più avevano optato per un abbigliamento meno sfarzoso e poco impegnativo, indossando le giacche da sera con l'aggiunta di una semplice maschera nera, o di un altro colore, per coprire gli occhi. Quella di Ben era nera, ma aveva una piuma alquanto fastidiosa che sporgeva da un lato e che di tanto in tanto si afflosciava, solleticandogli la fronte.

    «Non ho ancora capito perché siamo qui» affermò George in tono petulante.

    Da quando erano arrivati a Londra, tre settimane prima, avevano partecipato a un gran numero di balli ed eventi mondani – una sera avevano perfino affrontato lo sconosciuto mondo dell'opera – ma l'invito a quella serata era stato l'unico che avessero accettato dietro l'esplicita insistenza di Ben.

    «Per goderci la magia di una festa in maschera» rispose lui, serio.

    George rise e gli diede una pacca sulle spalle. «Per il momento tieniti pure i tuoi segreti, Crawford... Prima o poi scoprirò cosa hai in mente da settimane.»

    Ben si augurava che nessuno scoprisse quanto fosse stato patetico, nelle ultime settimane trascorse a Londra. Quando Sam Robertson, il terzo membro del loro gruppo, aveva proposto di lasciare l'Australia per visitare la madrepatria, Ben aveva accettato subito. Aveva detto agli amici che desiderava rivedere la sua famiglia, o almeno ciò che ne restava. Diciotto anni prima era partito da un tranquillo villaggio nell'Essex, lasciandosi alle spalle il padre, la sorella e due fratelli minori. Per quattro anni non aveva avuto notizie da parte loro, né durante la detenzione su una nave prigione sul Tamigi, né nel corso degli otto mesi di viaggio impiegati per raggiungere l'Australia. Solo quando si era ritrovato ai lavori forzati sotto la custodia di Mr. Fitzgerald aveva finalmente ricevuto una busta ridotta a brandelli.

    Per mesi suo padre aveva continuato a scrivergli delle lettere, e doveva aver pagato somme considerevoli per assicurarsi che i suoi messaggi venissero caricati sulle navi dirette in Australia. Ben era certo che la maggior parte di quelle lettere non avesse mai lasciato l'Inghilterra e che stesse marcendo sul fondo del Tamigi. Una di esse, però, ce l'aveva fatta... Una guardia coscienziosa e di buon cuore aveva preso i soldi del padre promettendogli di fare del proprio meglio affinché quella lettera giungesse nelle mani di Ben. Ed era successo, anche se quasi un anno dopo.

    A partire da quel momento, Ben aveva ripreso e mantenuto i contatti con il padre dall'altra parte del mondo. Ovviamente, non vedeva l'ora di tornare nell'Essex per riabbracciarlo, e lo avrebbe fatto non appena il padre fosse rientrato da un improvviso viaggio nello Yorkshire. Lavorava al servizio di un conte come amministratore delle sue proprietà, quindi era costretto ad assecondarne i capricci. Tuttavia, presto avrebbe fatto ritorno, e Ben lo avrebbe rivisto per la prima volta da quando aveva dodici anni. Per quanto riguardava la seconda ragione per cui aveva accettato di tornare in Inghilterra, però, non era certo che quella sera si sarebbe fatta viva. Per tre settimane aveva setacciato le sale da ballo di tutta Londra nella speranza di scorgere la ragazzina che si era lasciato alle spalle tanti anni prima.

    Francesca. Adesso era una donna. Una donna che, con ogni probabilità, non aveva mai pensato a lui negli ultimi diciotto anni. Una volta messo piede in Inghilterra, Ben aveva svolto delle indagini discrete sul suo conto, e aveva scoperto che era stata sposata e che era da poco rimasta vedova. Le persone in lutto non partecipavano agli eventi mondani con la stessa assiduità degli altri aristocratici, e Ben aveva quasi perso le speranze di poter anche solo posare gli occhi su di lei, ma aveva sentito dire che quella sera Francesca avrebbe preso parte alla festa in qualità di chaperon della sorella minore.

    Ispezionò ancora una volta la sala da ballo e per un istante ebbe l'impressione che il suo cuore avesse smesso di battere. Lei era lì, inconfondibile nonostante la maschera e i diciotto anni trascorsi dall'ultima volta che l'aveva vista. Vestita discretamente di grigio e viola, i colori che segnalavano il mezzo lutto, Lady Francesca Somersham era una donna che continuava a non passare inosservata. Era più adulta della maggior parte delle debuttanti e, sebbene avesse quasi trent'anni, era ancora capace di catturare gli sguardi maschili. Ben si accorse che due uomini sussultarono quando la videro fare il suo ingresso nella sala.

    Aveva atteso quel momento per settimane e, ora che si trovava nella stessa stanza con lei, Ben si sentì prendere dall'agitazione.

    Smettila, si ordinò. Non era più l'umile figlio di un fattore. Dopo aver scontato la sua condanna, aveva lavorato duramente per anni e corso dei rischi che avevano dato i loro frutti, dal momento che in Australia era diventato un proprietario terriero di tutto rispetto. Non era più costretto a restare in un angolo e a guardarla da lontano. Finalmente avrebbe parlato alla donna alla quale non aveva mai smesso di pensare negli ultimi diciotto anni, nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto per dimenticarla.

    Fendette la folla, ignorando gli sguardi di apprezzamento delle debuttanti in maschera. George aveva ragione, quelle maschere non nascondevano granché, ma lui era uno sconosciuto, e proprio per quel motivo suscitava curiosità e interesse.

    «Mr. Crawford» lo apostrofò una giovane a cui era stato presentato prima, quando le passò accanto. «Mi piacerebbe fare quattro chiacchiere con voi.»

    Ben fece una smorfia che trasformò subito in un sorriso. Dal suo arrivo a Londra aveva conosciuto molte donne, perlopiù vedove, o sposate con uomini ben felici di chiudere un occhio sul loro comportamento. Con queste aveva ballato, chiacchierato, ma non si era mai spinto oltre, sebbene in alcune occasioni avesse ricevuto da parte loro offerte più che esplicite. Godeva della reputazione di essere un uomo irresistibile, ma quella sera niente avrebbe intralciato il suo piano di avvicinarsi a Lady Somersham, men che meno un'avventura priva di importanza.

    «Attendo con ansia quel momento» replicò chinando il capo. Non si trattenne oltre e, anzi, approfittò della calca per allontanarsi dagli occhi ammiccanti di Mrs. Templeton, una vedova che sembrava non perderlo di vista un istante.

    Poi si ritrovò davanti a Lady Somersham, e per un istante si sentì mancare il respiro. Era splendida. La ragazzina allampanata e con le lentiggini sul naso con cui aveva condiviso i giochi dell'infanzia era scomparsa, lasciando il posto a una donna dal portamento elegante e aggraziato. Si prese qualche istante per studiare i suoi capelli, lisci e addomesticati in un complicato nodo sulla nuca. Da bambina erano stati sempre in disordine, crespi, indomabili e selvaggi, il più delle volte sollevati dal vento mentre lei correva per fare qualcosa di pericoloso. Ben sentì dentro di sé una fitta di desiderio che fu costretto a reprimere per mantenere il controllo.

    «Lady Somersham» pronunciò fermandosi a pochi pollici da lei e rivolgendole un formale inchino. Pur essendo cresciuto come il figlio di un fattore, era sempre stato un bravo osservatore, quindi gli erano bastati un paio di giorni a contatto con il ton londinese per riuscire a riprodurne perfettamente i modi.

    Francesca si voltò verso di lui e, sebbene ogni altra parte di lei fosse cambiata, i maliziosi occhi azzurri che gli puntò addosso erano gli stessi che Ben ricordava dai tempi dell'infanzia. «Temo di non conoscervi» replicò dopo averlo studiato per qualche istante.

    «Non è proprio questo lo scopo di un ballo in maschera?» ribatté lui. «Creare un'atmosfera misteriosa in cui appartarsi in un angolo buio in compagnia di un sconosciuto diventa lecito?»

    «Sono sicura che mia madre mi abbia sempre consigliato di tenermi alla larga dagli angoli bui e dagli sconosciuti.»

    «E voi seguite sempre i consigli di vostra madre?»

    Ecco quel sorriso, un vago ricordo di quello malizioso che esibiva da bambina. «A lei piace pensare che io lo faccia.»

    «Lady Somersham.» La voce che aveva pronunciato il suo nome era stata talmente tonante da far girare verso di loro metà della sala. Stando ai pettegolezzi che circolavano, il gentiluomo con qualche chilo di troppo e il colorito paonazzo doveva essere il futuro marito di Francesca.

    «Non dovreste svelare a nessuno la mia identità, Lord Huntley» lo rimproverò Francesca. Gli rivolse un sorriso, ma Ben era certo che fosse un sorriso forzato, un semplice sollevarsi degli angoli della bocca senza alcun barlume di divertimento negli occhi.

    «Sciocchezze!» sbottò l'altro. «Tutti conoscono tutti, qui dentro. Un'idea terribilmente ridicola, se volete la mia opinione, tutto questo pavoneggiarsi dietro una maschera.»

    Ben notò che Lord Huntley non si era preso il disturbo di mascherarsi, lasciando disadorni i suoi occhi rugosi e cerchiati di rosso. A un uomo simile una maschera avrebbe solo giovato, se non altro perché distoglieva l'attenzione dalle sue guance cascanti.

    «Io la trovo divertente» lo contraddisse Francesca.

    Lord Huntley parve ignorare le sue parole. «Dov'è vostro padre?» le domandò invece.

    «Non lo so» rispose Francesca, lanciando involontariamente un'occhiata in direzione delle porte che conducevano alla sala da ballo.

    I tavoli da gioco, certo, pensò Ben. Ascoltando i pettegolezzi che circolavano nel ton, aveva appreso parecchio della vita di Francesca. Nonostante le voci fossero spesso esagerate e alcune dicerie chiaramente false, era possibile riuscire a ottenere informazioni interessanti da tutte quelle inutili chiacchiere.

    «A scialacquare ciò che resta del patrimonio familiare» bofonchiò Lord Huntley in tono di scherno.

    Ben vide Francesca arrossire sotto il delicato orlo della maschera e per un attimo sentì l'urgenza di trascinare fuori Lord Huntley e rispedirlo da dov'era venuto per impedirgli di metterla in ulteriore imbarazzo. Poi si rese conto di non essere niente per lei, solo un uomo che un tempo era stato un ragazzo che lei conosceva e che, forse, nemmeno ricordava più.

    «Aspettate qui» le ordinò Lord Huntley. «Vado a cercarlo. Dobbiamo definire gli accordi matrimoniali.»

    «Non ho ancora smesso il lutto...» obiettò Francesca, ma Lord Huntley se n'era già andato e si stava facendo strada attraverso la calca. Non aveva fatto caso alla presenza di Ben neppure per un istante.

    «Sono desolata» si scusò Francesca, cercando di ricacciare indietro le lacrime. «È stato terribilmente scortese. Non avreste dovuto assistere.»

    Mentre tentava di concentrarsi sull'uomo che aveva di fronte, non poté fare a meno di notare quanto fosse diverso da Lord Huntley: alto, spalle larghe, senza nemmeno un filo di grasso sotto la giacca. La sua pelle non aveva un malsano colorito grigiastro, ma mostrava piuttosto un'abbronzatura inusuale ma sana, come di chi era solito passare molto tempo all'aria aperta.

    «Il miglior modo per non parlare di accordi matrimoniali è non farvi trovare qui, quando sarà di ritorno con vostro padre» propose lui con aria noncurante. «Andiamo» aggiunse.

    Gli occhi di quell'uomo avevano una luce che Francesca trovava familiare.

    Mentre le offriva il braccio, le rivolse un sorriso seducente, vedendola esitare.

    In realtà Francesca sapeva che avrebbe fatto meglio a restare lì in attesa che suo padre e il suo futuro marito arrivassero, anche se avrebbero cominciato a parlare di lei come se fosse stata un cavallo in vendita. Al solo pensiero provò un moto di ribellione, quindi accettò il braccio dello sconosciuto, lasciando che la conducesse attraverso la sala, nella direzione opposta rispetto a quella in cui Lord Huntley era sparito.

    «Dovete dirmi come vi chiamate.» Francesca gli lanciò un'occhiata da dietro la maschera. Quell'uomo aveva un che di familiare.

    «Ben» rispose lui.

    «Non posso chiamarvi Ben.»

    Lui si strinse nelle spalle. «Non vi dirò altro. È una notte all'insegna del mistero, dopotutto.»

    «D'accordo, Ben. Vi sono debitrice, perché grazie a voi non sarò costretta a discutere delle mie nozze con Lord Huntley, quindi cosa proponete?» Francesca si sentiva frivola e spensierata, forse perché per qualche minuto le sarebbe stato concesso di dimenticare che il suo futuro era già scritto e che avrebbe dovuto sposare un altro uomo che non le piaceva affatto.

    «Potremmo spostarci in un posto un po' più appartato» suggerì lui.

    Francesca frugò nella memoria nel tentativo di identificare quell'uomo. Doveva già averlo conosciuto, senza ombra di dubbio. Certo, non ricordava né quando né dove, però il suo volto le era familiare.

    «Non penso sia saggio» obiettò. In passato avrebbe accettato la sua proposta senza esitare. Era un tipo attraente, e lei aveva un disperato bisogno di un po' di leggerezza nella sua vita. Peccato che non fosse più un'ingenua debuttante, ma una donna ormai vicina ai trent'anni ben consapevole che intrattenersi con gli sconosciuti negli angoli bui poteva essere intrigante, certo, ma difficilmente portava a qualcosa di buono.

    L'uomo misterioso non sembrò sorpreso dalla sua risposta. Francesca sapeva che molte donne avevano una concezione meno rigida della sua su ciò che poteva definirsi accettabile per una vedova, ed erano solite intrattenere discretamente delle relazioni. La sua situazione era diversa. Quando si era vista costretta a tornare a vivere con i genitori, suo padre aveva messo in chiaro che avrebbe dovuto mantenere immacolata la sua reputazione per non allontanare ipotetici pretendenti. E aveva funzionato, pensò cupamente. Non era ancora uscita dal periodo di lutto per il suo primo marito, Lord Somersham, ma in pratica era già fidanzata con Lord Huntley.

    «Allora, ballate con me» le propose lui.

    «Non dovrei farlo» protestò Francesca indicando i vestiti del mezzo lutto che aveva indosso.

    «Il mondo è un luogo più divertente, se si trasgrediscono un paio di regole, di tanto in tanto.»

    Francesca si impose di allontanare dalla mente il pensiero dei sussurri e delle parole di disapprovazione che avrebbe suscitato nei presenti, e si lasciò guidare dal suo accompagnatore. Aveva sempre amato ballare, anche da bambina aveva sempre cercato di trascinare qualcuno nelle danze, governanti, domestiche, lo scorbutico vecchio maggiordomo e perfino Ben Crawford, lo smilzo figlio del fattore con cui era solita giocare durante l'estate.

    Ben. Sollevò lo sguardo, ma l'idea le parve assurda. L'uomo affascinante e sicuro di sé che aveva di fronte non poteva essere Ben Crawford. Il figlio di un fattore non sarebbe mai apparso così a proprio agio in una sala piena di aristocratici e, ovviamente, non poteva essere lì, perché era stato deportato in Australia tanti anni prima. Francesca scacciò la tristezza che minacciava sempre di travolgerla quando ripensava al suo amico d'infanzia. Non era quello il momento.

    Eppure c'era qualcosa di lui in quell'uomo, lo stesso sorriso insolente e gli stessi occhi maliziosi. Forse era per quello che lo trovava così familiare.

    La musica iniziò a suonare, e Francesca sentì una piacevole sensazione diffondersi in tutto il corpo. Il suo compagno era un ballerino nato, oltre che esperto, e sapeva farla volteggiare con naturalezza. Per tutta la durata del ballo mantenne sempre lo sguardo vivace fisso su di lei e il sorriso sulle labbra.

    Per un attimo Francesca si domandò come sarebbe stato avere un uomo del

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