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La notte del peccato: Harmony Privé
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La notte del peccato: Harmony Privé
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La notte del peccato: Harmony Privé

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About this ebook

Abbiamo a disposizione solo questa notte.
L'unica regola è non innamorarsi!

Nel momento stesso in cui Jennifer Hayes ha posato gli occhi su Mr Bollore ha capito che lo doveva avere nel suo letto anche solo per poche ore. Niente nomi, nessuna regola, soltanto piacere allo stato puro. Ma quel peccato di una notte sta per diventare il suo peggiore incubo. Lo sconosciuto infatti non è altri che Marcus Wright, il nuovo socio di Jennifer. Adesso lei deve riuscire a conciliare affari e piacere in una sfida eccitante, senza esclusione di colpi. Ma quando inizia a innamorarsi di lui, si rende conto che potrebbe aver commesso il più grosso errore della sua vita.
LanguageItaliano
Release dateSep 20, 2019
ISBN9788830504110
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    La notte del peccato - Rachael Stewart

    successivo.

    1

    Pazienza... Doveva avere pazienza. Ma non era una sua caratteristica peculiare. Tutt'altro. Del resto per quale motivo essere paziente? Aveva lavorato duramente per tutta la vita per ottenere ciò che voleva e quando voleva.

    Controllò l'ora sull'orologio da polso. Le venti e venticinque.

    Dove diavolo sono, per la miseria?

    Se arrivare in ritardo era l'ultimo, disperato tentativo per ottenere più denaro, allora Tony Andrews era uno sciocco più grande di quanto Marcus lo avesse giudicato.

    La cameriera aveva individuato il suo bicchiere vuoto e fece per avvicinarsi ma lui la mandò via con un cenno della mano. Aveva già beneficiato della dose di whisky che si concedeva durante gli incontri d'affari. Non era così stupido da spingersi oltre. Anche se il broncio civettuolo della bella ragazza lasciava intendere che non gli stava offrendo soltanto un altro drink.

    Stasera no. Le sorrise di rimando.

    Forse da parecchia gente era considerato un idiota arrogante, ma nessuno poteva accusarlo di mancare di buone maniere. Persino la sua discutibile infanzia non gliele aveva estirpate, nonostante gli strenui sforzi del padre.

    Non era certo colpa della graziosa cameriera se non aveva voglia. Era davvero carina, se comunque si aveva la predilezione per i capelli ossigenati e qualche ritocco chirurgico.

    Quella sera era dedicata al lavoro.

    E il lavoro era lavoro e basta.

    Mentre il sesso era sesso.

    Mai mischiare le due cose. Sempre che si volesse restare concentrati e arrivare sino alla vetta del successo.

    La osservò per qualche istante allontanarsi attraverso i tavoli per poi scrutare con attenzione le persone che occupavano lo spazio circolare dell'esclusivo locale sulla terrazza panoramica. Andrews l'aveva scelto per pura convenienza, dato che si trovava a un paio di isolati dalla sede della sua compagnia a Londra.

    Molto comodo per Andrews. Non altrettanto per lui. Ruotò le spalle per rilassarle e controllò di nuovo l'orologio.

    Che diavolo stanno combinando?

    Avrebbe dovuto andarsene dieci minuti dopo l'orario stabilito, non restare seduto lì come una scimmietta obbediente.

    Il fatto era che non si trovava lì semplicemente per incontrare l'uomo da cui stava comprando una fetta della sua società. Andrews avrebbe anche dovuto presentargli il socio. O meglio la socia in affari, Jennifer Hayes, prima di mettere la firma sui documenti e rendere attiva l'acquisizione.

    Non che la presentazione avrebbe cambiato le cose o fatto la differenza. Ormai l'accordo era stato fissato ma la cortesia professionale l'aveva spinto a trattenersi. Quel motivo e anche la curiosità. In effetti era curioso di conoscerla. La manager che era riuscita a trasformare un affare in un successo sensazionale per l'impresa in difficoltà.

    Era convinto che Andrews non fosse il vero responsabile. Era già un miracolo che quell'individuo riuscisse a camminare dritto, con la montagna di debiti di gioco e i problemi al di fuori del lavoro. Per non parlare del vizio del bere. Nessuno gliene aveva mai parlato esplicitamente ma Marcus era sicuro che ne soffrisse. Conosceva fin troppo bene i segnali grazie al suo caro, vecchio padre.

    In effetti dubitava che Andrews avesse lavorato un'intera giornata in quegli anni. Il che significava soltanto una cosa: che era stata la signorina Hayes a dirigere la compagnia e che era lei la persona dalla quale stava acquistando una quota del capitale.

    Aveva letto con attenzione il suo profilo sorprendentemente privo di qualsiasi foto e la immaginava sui trent'anni avanzati, forse addirittura sui quaranta, dotata di un'indiscussa personalità, decisa, fredda e capace di tenere testa a un consiglio di amministrazione. Tutti motivi per rispettarla. Sempre che fossero stati entrambi dallo stesso lato della barricata.

    Lo incuriosiva non essere riuscito a scovare nessuna sua fotografia. Nemmeno uno scatto occasionale durante congressi pubblici, eventi di beneficenza e simili. Forse non era una persona vanitosa. O forse in quel campo faceva tutto Andrews. Quest'ultimo certo compariva ovunque. Persino su una copia di Forbes che gli era capitata tra le mani durante una raccolta fondi del mese scorso e che lo ritraeva con quel sorriso scanzonato, i capelli neri impomatati.

    Il ricordo di quell'espressione lo innervosì ulteriormente mentre continuava ad aspettare, battendo le dita sul ripiano del tavolo, la pazienza ormai agli sgoccioli.

    Quel che è troppo, è troppo. Ora basta!

    In fin dei conti i documenti erano pronti ed entro ventiquattro ore sarebbero stati firmati e controfirmati. Li avrebbe incontrati in quell'occasione.

    Si sistemò i polsini della camicia e fece per alzarsi quando notò che la cabina di vetro dell'ascensore cominciava a salire. Nuovi arrivi?

    Si rimise seduto e attese di vedere di chi si trattava.

    Non era Andrews. Questo gli fu subito chiaro. Il ragazzo dell'ascensore, muscoloso e prestante nella sua divisa, scompariva di fronte alla rossa statuaria che fece il suo ingresso nel roof garden. Marcus non fu il solo a notarla. I capelli dal colore fantastico attirarono gli occhi di tutti. Scendevano in onde sinuose lungo la schiena, lucidi e setosi.

    Il colore decisamente drammatico contrastava con l'abito nero che le fasciava il corpo flessuoso sino a fermarsi al ginocchio. Le gambe perfette erano coperte da calze di seta quasi inesistenti per la trasparenza. Décolleté nere dal tacco sottile e vertiginoso completavano l'insieme di gran classe.

    Lui si sentì assalire da un'ondata di calore.

    Porca miseria!

    Non sarebbe andato da nessuna parte adesso. Non ancora almeno. Andrews poteva anche prendersi tutto il tempo che voleva.

    Jennifer diede un'occhiata all'orologio e imprecò a denti stretti. Venti e trenta. Era in ritardo. Odiava arrivare in ritardo.

    Ma del resto che diavolo si aspettava Tony? L'aveva chiamata quasi a mezzogiorno per chiederle di incontrarsi per un aperitivo. Lui sapeva fin troppo bene quanto fosse oberata di lavoro.

    Che stupida! Chi stava prendendo in giro? Tony non poteva avere la più pallida idea di come fosse fitta la sua agenda. Era proprio lui la causa di tutto. Nelle ultime settimane non aveva fatto che assentarsi portandola a livelli di stress insopportabili. E tuttavia eccola lì, quella vocina fastidiosa che le bisbigliava nel cervello. Lui ha tanti problemi... ha bisogno di te... la sua famiglia ha bisogno di te.

    Per la miseria, ma anche la sua di famiglia aveva bisogno di lei! Non solo dal punto di vista finanziario, anche psicologico e fisico. E lui la stava mettendo in una situazione insostenibile.

    Però glielo devi. Lui invece non ti deve niente. Ecco la differenza.

    Inspirò ed espirò lentamente alleggerendo la tensione e rivolse all'addetto dell'ascensore un sorriso di gratitudine che il ragazzo ricambiò, gli occhi fissi sul suo seno. Le sfuggì un sospiro.

    Lo superò, sistemandosi con nonchalance la profonda scollatura a V e fece vagare lo sguardo sulla sala illuminata da luci soffuse.

    Dove sei Tony?

    La sua personalità socievole era sufficiente per agire da calamita ma non c'era nessun gruppo allegro e rumoroso nel locale. Solo coppie o un gruppetto di quattro persone sedute al tavolo. Fatta eccezione per un uomo. Il respiro le si bloccò in gola assalita da una sensazione insolita e strana.

    Occupava un tavolo d'angolo davanti alla vetrata. Un posto speciale da dove si godeva una vista fantastica della città, anche se lui non sembrava interessato al panorama. Gli occhi scuri e penetranti erano fissi su di lei con un'intensità che le fece venire la pelle d'oca.

    Accidenti, avrebbe voluto dirigersi subito verso di lui, l'impulso talmente forte che fece fatica a trattenersi. Ma il buonsenso ebbe il sopravvento. Tony voleva vederla. Con un po' di fortuna forse le avrebbe spiegato il perché del suo comportamento assurdo e lei avrebbe potuto rilassarsi riguardo al futuro.

    Con un piccolo sospiro si diresse verso il bar. Le ci voleva qualcosa da bere. Qualcosa di forte per togliersi di dosso la tensione.

    Scivolò su uno sgabello, incrociò le gambe e dopo aver posato la pochette sul banco prese la carta del menu delle bevande.

    «Buonasera, signorina Hayes. Cosa posso portarle?»

    Jennifer alzò la testa e vide Darren, il capo barista, che si avvicinava sorridendo mentre asciugava un bicchiere. Lei rispose al sorriso dando un'occhiata alla lista e fermandosi sul vodka Martini. Doveva essere abbastanza forte.

    L'uomo rimase un po' sconcertato dalla sua ordinazione. «Shakerato, non mescolato, madame?»

    Quel suo accento tipicamente british, alla James Bond, la fece ridere e il suono le parve quasi alieno. Erano settimane, mesi forse, che non si faceva una bella risata. Forse era lei ad aver bisogno di una shakerata.

    «Come lei ritiene sia meglio.»

    «È sicura? Guardi che è piuttosto forte» ribatté il barista perplesso.

    La conosceva bene. Non beveva mai alcolici. Al massimo poteva arrivare a uno spritz. Ma quella sera non sarebbe stato sufficiente. Non era solo colpa di Tony. Le condizioni di salute della madre la preoccupavano. Andava sempre peggio e non c'era nulla che lei potesse fare.

    Il cuore le si strinse per la pena ma si sforzò di scacciare quel pensiero.

    Non è il momento.

    «Allora è perfetto» rispose, aprendo la borsa per tirare fuori il cellulare nella speranza che Tony le avesse inviato un messaggio. Niente di niente e, come se fossero attirati da una forza estranea, i suoi occhi si spostarono sulla figura solitaria seduta poco lontano.

    Era alto, si capiva da come il fisico atletico era sistemato sulla poltroncina, una caviglia posata sul ginocchio dell'altra gamba. L'ottimo taglio del completo antracite e le scarpe di pelle parlavano di denaro. Se poi lo possedesse davvero, quella era una questione diversa. Lei l'aveva imparato in fretta. Nella City le persone si vestivano bene per dare una buona impressione, il che attirava la ricchezza come api al miele.

    Ma c'era qualcosa nella solida ampiezza delle spalle, accentuata dalla linea della giacca e nell'aria di sicurezza della posa rilassata, che le diedero la certezza che non si trattasse soltanto di una facciata.

    Per non parlare dell'aspetto...

    Aveva la giacca aperta e la camicia bianca gli fasciava senza una piega il torace, i primi due bottoni sbottonati tanto da lasciare intravedere un'invitante porzione di pelle.

    Il battito le si accelerò come per magia mentre la bocca diventava arida come deserto.

    Ti pare il momento? Che ti prende?

    Possibile fosse così disperatamente vogliosa di sesso? Era una specie di ribellione da parte del suo corpo stufo di doversi accontentare del vibratore? Il fatto era che non aveva tempo per complicazioni sentimentali. Quell'aggeggio non parlava, non ribatteva, non chiedeva affetto né alcuna attenzione e soprattutto non pretendeva spazi di tempo che lei non aveva.

    Tra l'ufficio e il continuo andare e venire da Londra allo Yorkshire ogni fine settimana per stare vicino alla famiglia, era sovraccarica di pensieri e di lavoro.

    Ma solo una sera... Pensa quali possibilità ti si aprirebbero se...

    Un'ondata di calore divampò dal basso ventre sino all'inguine mentre riattivava il cellulare e scriveva un breve messaggio. Dove sei? Poi appoggiò il telefono sul bancone, l'attenzione di nuovo sull'affascinante sconosciuto, che chiamò con un gesto gentile della mano la cameriera. Tuttavia non aveva occhi che per lei.

    Mamma mia, gli piaccio anche io!

    Si mordicchiò il labbro inferiore, osservando incantata i folti capelli neri, la mascella scolpita che si addolciva quando sorrideva. E poi gli occhi così intensi. Non riusciva a capirne il colore ma avevano qualcosa di deliziosamente peccaminoso.

    Si sentì pulsare tra le cosce e in quel secondo seppe che voleva andare via con lui. Che voleva avere una notte di follia e di piacere. Nessun nome, nessuna conversazione, solo sesso appassionato e senza freni.

    Puoi farlo sul serio? E lui? Lui sarebbe d'accordo?

    Non era nella sua natura comportarsi in quel modo. Ma essere sempre se stessa stava diventando pesante. Aveva bisogno di staccare. Aveva bisogno di lui.

    Prese a spogliarlo con la mente. Bottone dopo bottone, carezza dopo carezza, stringendo sempre più le gambe per l'eccitazione.

    «Un vodka Martini.»

    «Come?» Guardò di scatto verso il bancone. Darren le stava mettendo davanti un bicchiere.

    «La sua ordinazione.» Le sorrise scherzoso. «Era distratta, eh?»

    «Un po'.» Affermazione del secolo.

    Si sentì le guance in fiamme mentre stringeva tra le dita il bastoncino con l'oliva infilata e girava il liquido creando una specie di mulinello.

    Prima risolvi la questione con Tony.

    Si portò il bicchiere alla bocca e bevve un sorso, apprezzando la temperatura fredda della bevanda in contrasto col tasso alcolico che conteneva e che subito fece il suo effetto. Sentì le spalle rilassarsi e la tensione attenuarsi.

    Tony, Tony... forse mi hai fatto un gran favore a trascinarmi fuori dall'ufficio questa sera.

    Roteò la testa per allentare la muscolatura del collo, gli occhi di nuovo attirati verso l'affascinante sconosciuto. Wow! I loro sguardi s'incrociarono, l'invito era chiaro in quello di lui e un brivido di pura lussuria la percorse tutta.

    Al diavolo Tony e al diavolo la tua ossessione di fare sempre la cosa giusta.

    Dagli ancora venti minuti...

    Okay. Si costrinse a concentrarsi sul cellulare e gli mandò un messaggio che con molta sintesi ribadiva il concetto. Venti minuti e se ne sarebbe andata.

    Cinque minuti più tardi, stufa marcia di aspettare, fece cenno a Darren di avvicinarsi.

    In fin dei conti non c'è niente di male a mettere in moto le cose.

    «Non vorrà mica un altro drink come quello di prima?»

    Lei sorrise, ormai decisa a buttarsi. «Per favore...»

    Il barista ridacchiò divertito. «Okay.»

    Le mise davanti un paio di ciotole di snack e incominciò a preparare il cocktail. L'odore degli stuzzichini le fece brontolare lo stomaco. Ovvio, aveva saltato la cena. Così ne assaggiò uno, gustandone il sapore, prima di domandare: «Per caso sa cosa sta bevendo Mister Distrazione?».

    Darren capì subito dove voleva arrivare. «Vuole offrirglielo lei?»

    «Forse...» Si mise in bocca un altro salatino, masticandolo piano. «Su, mi faccia contenta.»

    Il barista lanciò un'occhiata all'uomo in questione

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