Miracolo di Natale (eLit): eLit
By Gayle Wilson
3.5/5
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About this ebook
Gayle Wilson
Gayle Wilson is a two-time RITA Award winner and has also won both a Daphne du Maurier Award and a Dorothy Parker International Reviewer's Choice Award. Beyond those honours, her books have garnered over fifty other awards and nominations. As a former high school history and English teacher she taught everything from remedial reading to Shakespeare – and loved every minute she spent in the classroom. Gayle loves to hear from readers! Visit her website at: www.booksbygaylewilson.com
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Miracolo di Natale (eLit) - Gayle Wilson
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:
The Soldier’s Christmas Miracle
© 2010 Mona Gay Thomas
Traduzione di Laura Iervicella
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-536-0
Prologo
«È acqua.»
Una mano gentile gli sollevò la testa, mentre l’orlo di una tazza di metallo veniva appoggiato contro le sue labbra riarse. Bevve avidamente, rendendosi conto solo in quel momento di quanto fosse grande la sua sete, una sensazione che era rimasta sopita sotto il dolore delle ustioni e delle altre ferite.
Quando la tazza fu allontanata, lui formulò la domanda che si stava ponendo da ore. «È mattina?»
«È ancora notte» rispose la stessa voce.
Apparteneva a una donna. Inglese. E colta, valutò.
«Ne desiderate ancora?»
«Sì, grazie.» Il bisogno di farla restare al suo fianco per tenere a bada l’oscurità era ancora più grande della sete.
Gli avevano bendato gli occhi quasi subito dopo la battaglia, anche se il buio era già calato su di lui. Ed era ciò che temeva di più.
Quando la ciotola fu scostata dalle sue labbra una seconda volta seppe che anche lei lo avrebbe lasciato. Proprio come gli amici che lo avevano portato lì ad attendere le navi che trasportavano i feriti in Inghilterra.
E una volta che lei fosse andata via, la terrificante oscurità sarebbe diventata di nuovo onnipresente.
«Potreste restare per un po’?» udì la propria voce chiedere, anche se si rendeva conto che si trattava di codardia. «A meno che non ci siano altri che hanno bisogno d’acqua...»
«No, voi siete l’ultimo» rispose la donna in tono sbrigativo ma gentile.
«Ho sentito diverse volte il rumore della tazza contro le pareti del secchio» insistette, per indurla a continuare a parlare, «ma nessuno è venuto a darmi da bere.»
«Eravate immobile e tutti hanno creduto foste addormentato.»
Considerata l’entità delle ferite, probabilmente l’avevano reputata una benedizione, pensò lui. E lo sarebbe stata, naturalmente, solo che non era riuscito ad assopirsi. Il timore per ciò che lo attendeva aveva distrutto ogni speranza di poter riposare.
Aveva promesso a se stesso che nessuno lo avrebbe mai sentito lamentarsi. Dopotutto era un soldato e altri avevano sofferto di gran lunga più di lui.
In quel momento, però, forse all’idea di trovarsi lontano da casa o per l’anonimato della loro situazione, si rendeva conto che aveva bisogno di parlare, di svelare la propria viltà, anche se solo a una voce sconosciuta.
Le sue labbra iniziarono a curvarsi in un sorriso ironico per la bizzarra assurdità di ciò che stava per dire. La pelle bruciata sulle guance gli procurò una fitta di dolore, facendolo desistere, ma la confessione gli sgorgò dalle labbra come fosse dotata di una volontà propria. «Temo di aver paura del buio, proprio come un bambino.»
Attese, aspettandosi qualche parola di sostegno o un rimprovero per la sua debolezza. Invece lei rimase in silenzio così a lungo che ancora una volta lui tornò consapevole dei gemiti sommessi di sofferenza che lo circondavano.
«Accettereste di buon grado che la mia mano vi desse da bere, ma non che vi guidasse?»
«No, se...» Lui esitò. «No, se dovesse essere per sempre» ammise poi con sincerità.
Non avrebbe potuto cavalcare mai più. O danzare. Non gli sarebbe più stato possibile camminare libero attraverso un prato. Né avrebbe potuto vedere le facce dei suoi bambini.
A quel pensiero, un nodo gli chiuse la gola, anche se non rammentava di aver pensato a un figlio in tutta la sua vita. C’erano sempre state questioni più pressanti. Gli amici. Il reggimento. L’inebriante attrazione dei pericoli che affrontava tutti i giorni, spesso con una sicurezza in se stesso talmente grande da rasentare la follia.
Ora gli anni che gli restavano da vivere gli si prospettavano come un’ininterrotta catena di dipendenza e invalidità. La morte sarebbe stata preferibile a tale eventualità, anche se fosse avvenuta lì, lontano da tutto ciò che aveva conosciuto e amato.
«Perché ciò vi renderebbe meno uomo?» domandò la voce.
Era quello che temeva? La perdita della virilità a causa dell’infermità? «Sarebbe così?» chiese.
Lei era una donna e di certo avrebbe potuto fornirgli la risposta a quel dubbio che lo tormentava.
«Penso dipenda dall’uomo che eravate prima.»
Lui valutò le parole, utilizzando l’esercizio mentale per mantenere a bada il dolore implacabile. Naturalmente sapeva di essere considerato impavido per certi comportamenti coraggiosi, quasi sconsiderati, che aveva tenuto senza pensarci due volte.
E quello era il punto cruciale. Non si era mai soffermato a riflettere sulle possibili conseguenze delle proprie azioni. Non aveva mai considerato la possibilità di un’esistenza diversa da quella che aveva conosciuto. Possedeva coraggio sufficiente da continuare a vivere con tutti i limiti che la cecità avrebbe comportato?
«Quando si è giovani, liberi e forti è tutto piuttosto semplice.» La voce accanto a lui fece eco ai suoi pensieri. «Ma senza uno di questi requisiti, penso che la vita richieda un notevole coraggio.» Le ultime parole vennero pronunciate in un dolce sussurro che lo costrinse a tendere l’orecchio per comprenderle.
Poi, nel silenzio che era finalmente caduto tra i feriti, arrivò un distante suono di campane e quei rintocchi gioiosi gli parvero molto diversi dai rumori tipici della sofferenza.
Forse si trattava di una festa. O della celebrazione di una vittoria conquistata a duro prezzo. «Cos’è? Che sta succedendo?»
«È Natale.» La voce della donna era piena di meraviglia. «Avevo dimenticato che è la mattina di Natale» aggiunse con una sfumatura divertita.
«Natale» ripeté lui a bassa voce.
I ricordi evocati da quella parola irruppero nella sua mente, scacciando le tenebre che sembravano aver offuscato tutta la bontà conosciuta nella sua vita. Gli tornarono in mente miriadi di immagini piene di gioia e calore familiare.
«La stagione dei miracoli» mormorò lei. «Forse...»
La sua voce si affievolì, ma lui ormai non aveva bisogno di sentire altro. Lei aveva già pronunciato tutto ciò che contava.
Nei lunghi giorni e nelle notti ancora più lunghe che seguirono si aggrappò alle sue parole, piuttosto che al tacito suggerimento che i miracoli a volte accadevano. Penso che la vita richieda un notevole coraggio.
E negli anni a venire, nelle sue preghiere continuò a chiedere che tale forza gli venisse concessa.
1
Woodhall Park, Hertfordshire, attorno al 1815
«La posta, milord. Credo si tratti della risposta che stavate attendendo.»
Le parole di Rodgers provocarono a Guy Wakefield un senso di oppressione al petto che non riusciva a spiegarsi. Era vero che stava aspettando una missiva, ma non aveva motivo di credere che proprio la lettera appena arrivata fornisse la soluzione alla ricerca che ormai stava facendo da cinque anni.
«Vuoi leggermela, Rodgers?» Si rallegrò che la voce ferma non riflettesse il suo turbamento interiore.
«Certo, milord.» Seguì una breve esitazione. «Le candele, se mi è consentito» aggiunse poi l’uomo.
«Naturalmente» assentì Guy aspettando che Rodgers ne accendesse qualcuna, tanto da permettergli di leggere.
Il maggiordomo si schiarì la gola, prima di iniziare. Le parole difficili