Dal letto all'altare
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About this ebook
Di convenienza.
Lui non riesce a scacciare il ricordo della loro unica notte insieme.
Quando Cullen rivede Marissa, però, scopre che quell'unico incontro ha lasciato più di un semplice ricordo. Ma può un matrimonio nato dal rispetto dei propri doveri trasformarsi in un amore che duri tutta la vita?
Sandra Marton
Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Dal letto all'altare - Sandra Marton
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Claiming His Love-Child
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2004 Sandra Marton
Traduzione di Cecilia Bianchetti
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2007 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-569-7
1
Luglio, costa della Sicilia
Cullen O’Connell era perseguitato notte e giorno dal ricordo della donna e della lunga, calda notte che aveva passato tra le sue braccia.
Era diventata una vera e propria ossessione, e la cosa non gli andava affatto a genio. Il sesso era stato fantastico, diciamo pure incredibile, ma era pur sempre sesso, punto e basta. Lei era bella e intelligente, ma Cullen la conosceva appena. A parte la notte che avevano trascorso insieme, per lui non significava assolutamente nulla.
Non c’era nessun motivo per pensare a lei, soprattutto in quel momento.
Cullen era in Italia, con il resto della famiglia, per il matrimonio della sorella. Avevano passato giorni bellissimi godendo del piacere di stare insieme. Cullen aveva un rapporto fantastico con i fratelli, e con le tre sorelle.
La madre e il patrigno avevano organizzato una tipica riunione del clan O’Connell, che avrebbe fatto impallidire qualunque altro tentativo di festa.
L’ambiente, poi, era... be’, idilliaco era l’aggettivo giusto. Il Castello Lucchesi sorgeva su un promontorio affacciato sul Mediterraneo, con l’Etna e le sue lingue di fuoco sullo sfondo.
Il luogo perfetto per un party perfetto. Cullen strinse le labbra. Allora perché era così nervoso, perché continuava a pensare a una donna che conosceva appena ed era tormentato dal desiderio di tornare a casa, a Boston?
Forse aveva bisogno di stare un po’ da solo.
Nel giardino del castello, si tolse con un sospiro la giacca dello smoking, l’appoggiò alla spalliera di una sedia e si arrotolò le maniche, scoprendo le braccia muscolose e abbronzate.
Non gli era mai successo in vita sua. Be’, c’era una prima volta per tutto.
Forse era l’atmosfera che lo faceva sentire così. Era il terzo matrimonio O’Connell in due anni. Prima sua madre, poi suo fratello Keir e adesso sua sorella Fallon avevano, come si suol dire, stretto il nodo.
O forse avrebbe dovuto dire il cappio, si corresse, salendo la scalinata ripida che conduceva alla terrazza merlata affacciata sul mare.
Perché ai matrimoni le donne piangevano e agli uomini veniva voglia di scappare lontano?
Se non altro la cerimonia era stata insolita: la scogliera, il mare azzurro, il magnifico castello...
Il giorno prima avevano improvvisato una partita di football sulla spiaggia, proprio sotto il castello, e per un soffio le ragazze, Megan, Briana e Fallon, non avevano battuto i ragazzi, Sean e Cullen, con Keir e il marito di Fallon, Stefano, che si davano il cambio.
«Non è giusto» aveva protestato Meg. «Siete quattro contro tre.»
«Ma noi quattro non giochiamo contemporaneamente» aveva replicato Cullen. «E senti chi parla di ingiustizie... con quella gomitata a momenti mi rompevi tre costole!»
«Figurati» l’aveva sfidato Bree, alzando il mento. «Comunque voi avete sempre un giocatore in più con le costole intatte.»
«Voi avete la tifoseria dalla vostra» aveva ribattuto Cullen, indicando la moglie incinta di Keir, Cassie, seduta a bordo campo. La cognata aveva sorriso, alzando i pugni al cielo in segno di vittoria. Cullen si era distratto e Meg aveva segnato un gol.
«Ma voi barate!» aveva gridato Cullen, suscitando il grido unanime delle sorelle. «Sì, e allora?» In guerra, in amore e nel football tutto era lecito, avevano aggiunto.
Poi erano finiti in piscina, ridendo e spingendosi sott’acqua. Tutti tranne Stefano e Fallon, che se n’erano andati guardandosi negli occhi con aria sognante. Anche Keir e Cassie avevano preferito restare ai bordi, con suo fratello che proteggeva la moglie come se fosse stata di cristallo.
Cullen si sporse dalla feritoia della torre, ancora calda del sole che soltanto in quel momento incominciava ad abbassarsi nel cielo.
In quei giorni era stato benissimo: ottimo cibo, vino eccellente, tanto tempo per conoscere Stefano e presentargli tutta la famiglia. Era stato tutto fantastico, a parte quei ricordi inopportuni e le immagini da film a luci rosse registrate per sempre nella sua mente.
Marissa che bisbigliava il suo nome, che si aggrappava a lui, che si muoveva sotto di lui, accogliendolo sempre più profondamente dentro di sé...
«Maledizione» borbottò Cullen. Era triste che a un uomo adulto bastasse pensare a una notte di due mesi prima per eccitarsi.
Forse era un po’ esaurito. Era arrivato venerdì, dopo una settimana di dodici ore di lavoro al giorno, fra studio e tribunale. Aggiungi il fuso orario, l’opprimente caldo siciliano, la preoccupazione per l’incidente di Fallon che le aveva segnato il viso bellissimo, e... insomma, aveva tutto il diritto di sentirsi a terra.
Per Fallon, almeno, non doveva più preoccuparsi. Sua sorella era così felice, così bella, così amata dal marito che era una vera gioia per gli occhi.
Perché fare tante storie per una donna che quasi non conosceva? Era inutile cercare di capirlo. Cullen aveva bisogno di una pausa, di un vero periodo di riposo. Il caso di cui si era occupato ormai era risolto e sulla sua agenda non c’era niente di urgente. Poteva cambiare il volo, tornare a Nantucket invece che a Boston, e passare qualche giorno in barca; oppure andare nella sua baita di Vail. Le Montagne Rocciose erano stupende d’estate; si era sempre ripromesso di andarci e non ne aveva mai avuto tempo. Be’, l’avrebbe trovato adesso, e si sarebbe divertito.
Oppure poteva volare a Madrid, o a Londra, non ci andava da un pezzo. Perché non a Maui o alle Isole Vergini?
Poteva anche andare a Berkeley.
Cullen si riscosse. A Berkeley, in California, aveva fatto l’università e si era laureato in legge. Era un bel posto, ma non proprio l’ideale per una vacanza.
Sì, ma lì c’era Marissa Perez.
Ecco, era tornato al punto di prima. Aveva urgente bisogno di cambiare area. Certo, Marissa era a Berkeley, e allora? Aveva trascorso con lei un paio di sere. No, un fine settimana.
E anche una notte. A letto.
Forse la cosa migliore era smettere di combattere le immagini, cercare di diminuirne l’impatto lasciandole scorrere su di sé, come l’onda che lambiva la torre di pietra sulla spiaggia.
Per dirlo in poche parole, a letto Marissa Perez era spettacolare.
Cullen non era mai stato così bene con una donna, il che era tutto dire. Non per vantarsi, ma aveva molto successo con il sesso opposto e spesso finiva a letto con ragazze splendide, brillanti, intelligenti e fantastiche sotto le lenzuola.
Ma, indipendentemente da tutte le sue conquiste, non si era mai goduto il sesso come con Marissa.
Con una smorfia, Cullen voltò le spalle al mare.
Fuori dal letto era stata tutta un’altra storia.
Marissa era bella, sexy e intelligente, ma spinosa come i fichi d’india che crescevano ai bordi delle strade della Sicilia, e imbronciata come l’Etna che si affacciava sul mare. Lo metteva a disagio, e non c’era motivo per cui avrebbe dovuto sopportarla.
Le aprivi la porta e ti lanciava un’occhiata che diceva che era perfettamente in grado di farlo da sola. Cercavi di scostarle la sedia al tavolo del ristorante, e lei l’afferrava per lo schienale. Parlavi di qualcosa che non riguardasse il diritto o l’argomento della tua conferenza, e lei ti riportava subito sulla retta via, ricordandoti con gentilezza che era lì soltanto perché era stata scelta come tua accompagnatrice nei giorni che dovevi passare al campus.
Cullen strinse le labbra.
Aveva un bel caratterino! Gli aveva spiegato chiaramente che non ambiva a quell’incarico, e nonostante quello, o forse proprio per quello, fra loro si era accesa subito una vampata di calore, fin dal momento in cui Marissa l’aveva accolto all’aeroporto. Poi, sabato sera, in auto fuori dall’hotel di Cullen, mentre gli faceva un formale discorsetto di buonanotte, all’improvviso aveva taciuto, l’aveva guardato e lui si era avvicinato...
E aveva cambiato le cose portandola a letto.
Basta con discorsi cerebrali su torti e precedenti legali. Basta con reiterate rivendicazioni di indipendenza. In quella lunga e torrida notte, Marissa aveva detto altre parole, arrendendosi alle carezze di Cullen, emettendo dolci gridolini di piacere, mentre lui la toccava, l’assaggiava, la colmava...
«Ehi, che faccia da pensieri a luci rosse.»
Sean stava salendo sul belvedere. Cullen guardò in basso, prese fiato, scacciò le immagini dalla mente e sorrise al fratello minore.
«Sei patetico» rispose in tono pigro. «Pensi sempre al sesso.»
«E tu a che cosa stavi pensando? Dalla tua espressione, lei dev’essere uno schianto.»
«Infatti» replicò Cullen impassibile. «Stavo ammirando il vulcano.»
Sean annuì. «L’Etna è stupenda, ma non la bevo. Solo un geologo avrebbe gli occhi così brillanti contemplando un vulcano.»
«Caso mai un vulcanologo. E tu saresti venuto qui per prendere appunti su un vulcano?»
«No, sono qui per sfuggire alle nostre sorelle. Meg e Bree hanno ripreso a singhiozzare, e adesso ci si sono messe anche mamma e Cassie.»
«Che cosa ti aspettavi?» sorrise Cullen. «Le donne sono così.»
«Propongo un brindisi.»
«Ottima idea, ma dovremo tornare sulla terrazza.»
«No» sorrise Sean, togliendo due bottiglie gelate dalle tasche posteriori dei calzoni.
«Non ci credo!» esclamò Cullen in tono drammatico.
«Invece sì.»
«Birra? Birra vera?»
«Ancora meglio: birra irlandese. Prendi la tua prima che cambi idea e beva anche quella.»
Cullen afferrò la bottiglia che gli porgeva Sean. «Ritiro tutto quello che ho detto di te. No, forse non tutto, ma un uomo che trova una birra irlandese a un matrimonio siciliano non è poi così male.»
I fratelli si sorrisero e bevvero un rinfrescante sorso di birra. Poi Sean si schiarì la gola.
«Hai qualche preoccupazione? Insomma, vuoi parlarne? Sei così silenzioso!»
Cullen lo guardò. Sì, pensò, vorrei parlare del cavolo di motivo per cui sto ancora pensando a una donna con la quale sono andato a letto una volta sola, alcune settimane fa.
«Sì. Perché non mi racconti dove hai rubato la birra, e poi non vai a prenderne altre due bottiglie?»
Come Cullen sperava, Sean scoppiò a ridere e cambiarono discorso, commentando che era un po’ strano vedere Keir così premuroso con la moglie incinta.
«Chi l’avrebbe mai detto!» esclamò Sean. «Il nostro fratellone che parla di bambini... Succede così quando un uomo si sposa? Diventa un altro?»
«Se si sposa, vorrai dire. Com’è che siamo finiti a parlare di un argomento così deprimente? Matrimonio, figli...» Cullen rabbrividì. «Andiamo a prendere un’altra birra» concluse, e Marissa Perez divenne un pallido ricordo.
Più tardi, in volo sull’Atlantico, Cullen guardò la hostess che si avvicinava nella confortante oscurità della prima classe.
«Niente caffè, grazie» le disse.
«Niente cena? Neanche il dessert? Gradisce qualcos’altro, signor O’Connell?»
Lui scosse la testa. «Sono reduce da un matrimonio in Sicilia.»
La ragazza sorrise. «Capisco. Magari un po’ d’acqua fresca?»
«Grazie, ottima idea.»
In realtà non voleva nemmeno quella, ma forse era l’unico modo per essere lasciato in pace. Bevve un sorso, posò il bicchiere sul tavolino, spense la luce, inclinò il sedile e chiuse gli occhi.
Le preoccupazioni erano svanite. Forse era stata la chiacchierata con Sean o la passeggiata in giardino, oppure la nuotata che aveva coinvolto tutti, tranne Keir e Cassie, sua madre e il suo patrigno. In realtà non c’erano neanche Stefano e Fallon, ma era ovvio. Infine si erano cambiati e si erano messi a parlare del passato e, uno alla volta, gli O’Connell erano andati a dormire. Tutti tranne Cullen, l’unico che aveva deciso di partire