Rivali in corsia: Harmony Bianca
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La competizione internazionale tra paramedici che si svolge in Repubblica Ceca è un'occasione d'oro per conoscere uomini provenienti da tutto il mondo. Uomini affascinanti, dediti al proprio lavoro, sicuri di sé. E magari per trovare la persona giusta con cui concepire un figlio...
Per Georgia Bennett rimanere incinta era diventata quasi una missione quando la notte di passione trascorsa tra le braccia dell'eccitante dottor Matteo Martini porta a delle conseguenze decisamente inaspettate. E ora che Matteo marcia verso di lei al matrimonio della sua migliore amica, Georgia sa che è arrivato il momento di dirgli la verità.
Alison Roberts
Tra le autrici amate e lette dal pubblico italiano.
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Rivali in corsia - Alison Roberts
successivo.
Prologo
«Ho paura che ci siamo perse.»
Georgia Bennett si stava godendo il paesaggio della strada che correva attraverso la foresta alpina lungo il confine della Repubblica Ceca.
In quel momento guidare toccava a Kate, la sua compagna di viaggio, ed era chiaro che l'amica non si sentisse a suo agio, il che non la sorprendeva affatto. Era Georgia la più pazza tra le due, quella che amava correre rischi e affrontare avventure. E aveva tutte le intenzioni di rendere quella che stavano vivendo la più significativa di tutte le sfide.
«Di chi è stata la brillante idea di partecipare a questo torneo internazionale di soccorso medico?» domandò Kate con enfasi. «Ah, sì... tua...»
«Si tratta di un'avventura» dichiarò Georgia, sforzandosi di guardare Kate con un sorriso rassicurante, mentre afferrava la cartellina con le mappe, per controllare quello che il navigatore satellitare indicava. «Ammetti che ti stai già divertendo.»
Ma Kate non sembrava contenta. «I viaggi in auto si rivelano sempre meno divertenti di quanto ci si aspetti. Dalla Scozia alla Repubblica Ceca è un sacco di strada. Non ho mai nemmeno sentito nominare la città verso la quale siamo dirette.»
«Rakovà. È una località sciistica. E quello a cui partecipiamo è il più importante torneo di questo tipo a livello mondiale. Sono anni che ne sento parlare... da quando ho scelto di diventare paramedico.»
Georgia aveva tentato di mettere insieme una squadra tra colleghi e di persuadere il responsabile della sezione a prestare loro un'ambulanza, ma non aveva avuto successo. Poi aveva saputo che erano ammesse squadre formate da un medico e da un paramedico e che si poteva partecipare con una macchina. Avrebbe dovuto soltanto convincere Kate.
Presentarle l'idea come regalo di compleanno, insieme a una bottiglia di ottimo champagne, l'aveva convinta facilmente.
«Be', io non l'ho mai sentita.»
«È perché sei un medico e non sei troppo avventurosa.»
«Già...» Sembrava che Kate avesse cambiato opinione. «Siamo fuori dalla Polonia?»
«Ne siamo uscite già da un bel po'» rispose Georgia, cercando di essere rassicurante. «Ormai non manca molto.»
«Non possiamo arrivare in ritardo per la registrazione.»
«Non preoccuparti. Ci saranno circa duecento squadre, provenienti da una ventina di paesi. Se arriveremo in ritardo, significherà che faremo meno coda.»
Kate rallentò per attraversare un ponte stretto al di sopra di un torrente di montagna. «Non riesco a immaginare di gareggiare con così tanta gente.»
«Saremo suddivisi per categorie, ricordi? Ci saranno squadre di paramedici, provenienti da ogni parte del mondo, con le rispettive ambulanze. Non vedo l'ora di arrivare alla fine, quando sfileremo con i nostri veicoli attraverso i villaggi locali. Ho sentito dire che si tratta di un'esperienza memorabile.»
Georgia era arrivata preparata. Aveva con sé sacchetti di caramelle e giocattoli da lanciare ai bambini del posto durante la sfilata finale. Sarebbe stato divertente...
Oh, accidenti... recentemente pensava troppo spesso ai bambini. Doveva concentrarsi.
«Poi ci sono squadre che includono medici e studenti di Medicina e altre combinazioni» aggiunse velocemente. «Spero soltanto che ce ne siano altre come la nostra, in modo da poter formare una categoria a se stante.»
«Io spero di non rendermi ridicola. Sono una pediatra, Georgie. Sono abituata a lavorare in ospedale, con il supporto di attrezzature e assistenza. Avresti dovuto portare con te qualcuno specializzato in Medicina d'Urgenza.»
«Lavori spesso in urgenza anche tu. E vivi con me da abbastanza tempo, per avere la qualifica di paramedico onorario. Sei perfino venuta con me in ambulanza qualche volta. Sarai bravissima e chi se ne importa se non vinciamo? Siamo qui per divertirci. Per vivere un'avventura e conoscere persone nuove...» Il sorriso di Georgia assunse un'aria maliziosa. «Siamo tutt'e due belle e single. Hai pensato a quanti uomini ci saranno?»
Uomini presumibilmente intelligenti, perché si trattava di medici, studenti in Medicina e paramedici. E anche abbastanza brillanti da volersi mettere alla prova. Nonché sufficientemente avventurosi da affrontare quella sfida. Proprio il tipo d'uomo che Georgia avrebbe voluto come padre di suo figlio...
E, soprattutto, sarebbero stati sconosciuti, provenienti da paesi stranieri. Quindi non avrebbero interferito con il suo futuro.
«Georgie...» Kate appariva sconvolta. «Non rinunci mai, vero? Sei appena uscita dall'ultimo disastro e ci vuoi riprovare?»
Georgia non aveva voglia di ripensare alla sua ultima relazione, che si era rivelata un fallimento.
Lei aveva trentasei anni, un anno in più di Kate, e non aveva né tempo né voglia di affrontare altre storie disastrose.
Ma voleva un bambino.
Non aveva intenzione di confessare il suo piano all'amica. Kate era troppo seria. Aveva idee precise di come le cose dovessero andare, e non avrebbe approvato il suo progetto.
Un solo commento, buttato là tempo addietro, sul fatto che un uomo serviva soltanto a mettere al mondo un figlio, e l'amica era rimasta inorridita.
Georgia assunse un tono disinvolto. «Oh, non ho intenzione d'innamorarmi di qualcuno.» E non era forse la verità? «Ma che cosa dice il proverbio? Chiodo scaccia chiodo...»
Almeno era riuscita a far ridere Kate. «Il sesso occasionale non fa per me» aveva commentato l'amica.
«Già... tu sei vecchia maniera, Kate. Un'inguaribile romantica.» Stava cercando di sviare l'attenzione sulla vita amorosa di Kate... «Sei convinta che riuscirai a scoprire l'uomo giusto in una stanza affollata e che sarà amore a prima vista, con un lieto fine, pieno di uccellini che svolazzano su un tappeto di petali di rosa e...»
«Oh, basta...» borbottò Kate infastidita. Ma non sembrava arrabbiata. Più che altro preoccupata. «Cerca soltanto di fare attenzione, tesoro. Va bene?»
«Naturalmente» replicò Georgia con un sospiro di sollievo.
«Spero tu abbia rinunciato al progetto folle che avevi dopo che quel bastardo di Rick ti ha lasciata, vero?»
Oh, oh... «Non so di che cosa stai parlando...»
«Oh, sì che lo sai. Il piano secondo il quale avresti rinunciato agli uomini e avresti avuto un bambino da sola.»
Georgia fece finta di concentrarsi sulla mappa che teneva in mano. Non poteva permettersi di alimentare i sospetti di Kate. Stava già cercando di tenere a bada i propri dubbi e sarebbe stato facile lasciarsi dissuadere.
Le sembrava quasi di sentire il ticchettio dell'orologio biologico. O era il suo cuore che batteva forte? Si schiarì la voce. «Be', è chiaro che non ho rinunciato completamente agli uomini. Ma ho superato la storia con Rick. Ormai è acqua passata...» Oh, accidenti... avrebbe fatto meglio a cambiare argomento.
Cercò di calmarsi. Non doveva mettere in atto il suo piano, se non era convinta. E, magari, non avrebbe nemmeno incontrato qualcuno di adatto... E, anche se fosse accaduto, che probabilità c'erano di rimanere incinta dopo un unico incontro? Il suo ciclo non era mai stato regolare...
Non c'era alcun motivo di continuare quella conversazione. «Oh, guarda... un cartello. Mancano quindici chilometri.»
«Alleluia. Siamo quasi alla fine.»
«No... siamo solo all'inizio.» Georgia si sgranchì le braccia sopra la testa e lanciò un grido entusiasta. «Si comincia!»
1
Sì...
Era anche meglio di quello che Georgia aveva immaginato.
C'erano centinaia di persone e sembrava che la maggior parte fossero uomini, nonostante la percentuale di donne paramedico fosse in aumento.
Pareva trattarsi di quel genere d'uomini che si distinguono dalla massa. Intelligenti, sicuri di sé e propensi ad aiutare la gente. Dei leader in grado di vestire l'uniforme come una seconda pelle, piuttosto che come un segno di successo o autorità.
Corrispondevano al tipo d'uomo che Georgia avrebbe scelto come padre di suo figlio.
Il senso di disagio che le percorse il collo, scendendo poi lungo la spina dorsale, le stava diventando familiare. Ma aveva imparato ad allontanarlo con quella che sembrava un'argomentazione a suo favore. Non era l'unica donna ad aver deciso di voler mettere al mondo un bambino senza un partner.
Avrebbe potuto rivolgersi a una banca del seme. Il primo passo sarebbe stato analizzare accuratamente i profili dei candidati e valutarne l'aspetto fisico. I titoli di studio e la professione sarebbero stati indicatori d'intelligenza e determinazione. E gli interessi, come sport o musica, potevano offrire una panoramica di talenti e predisposizioni.
Quello che la tratteneva era che l'inseminazione sarebbe stata registrata e, di conseguenza, tracciabile. Perché correre il rischio di complicazioni, quando poteva eliminare il problema alla radice?
Si era convinta che avrebbe potuto valutare ipotetici candidati, conoscendoli di persona e intrattenendosi con loro. La questione del consenso era decisamente più spinosa... Ma poteva anche essere che nessuno corrispondesse ai suoi criteri.
La procedura di registrazione e il trasporto dei bagagli non avevano lasciato molto tempo per farsi un'idea precisa dei partecipanti.
Più tardi, nella sala da pranzo affollata, Georgia seguì Kate nel tentativo d'individuare due posti a tavola liberi. Molti ricambiavano le loro occhiate. Ci furono sorrisi e sopracciglia alzate a indicare un atteggiamento amichevole, se non vero e proprio interesse.
Un tipo alto, con una zazzera di riccioli striati di biondo e un sorriso aperto, fece loro un cenno con il capo, chiaro invito a fermarsi.
Georgia ricambiò il sorriso. «A quel tavolo c'è posto...» affermò poi rivolta a Kate. Sorrise di nuovo, avvicinandosi. «Vi dispiace se ci sediamo?»
«Prego...» replicò il tipo, apparentemente soddisfatto. «Io sono Dave. Lui è Ken e quella che si sta abbuffando è Sally.»
«Siete australiani, vero?»
«No, della Nuova Zelanda» replicò Dave con un sospiro. «Tutti pensano che i nostri accenti si assomiglino, ma non è così.» Sorrise ancora a Georgia. «Il tuo accento invece è inconfondibile. Sei scozzese.»
«Sì» dichiarò lei, sedendosi al posto accanto a Dave.
Nuova Zelanda... Un paese che suscitava immagini di grandi foreste e spiagge immacolate. E, ancor meglio, un paese dall'altra parte del globo. Lontanissimo dalla Scozia.
Il progetto stava cominciando a prendere forma.
Gli gnocchi nel piatto avevano un aspetto indigesto. Ma sembrava che Dave stesse apprezzando il pasto e Georgia non era certo un tipo schizzinoso. Si guardò intorno, prendendo un'altra forchettata. «Mi piacciono le vostre divise. Siete paramedici?»
«Sì... e voi?»
«Io sono paramedico. Kate è medico. È la prima volta che venite qui?»
«Certamente. Non avevo mai visto niente di simile.»
«Da che parte della Nuova Zelanda venite? Città o campagna?»
«Da Auckland. È la città più grande del paese e una splendida città in cui vivere. Dovreste venire a trovarci qualche volta.»
«Che cosa c'è di così bello a Auckland?»
Sembrava ci fossero spiagge favolose, una vita notturna