Fantasma dell'Atlantide
By Anne Mather
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Fantasma dell'Atlantide - Anne Mather
successivo.
1
July scendeva svelta giù per il sentierino serpeggiante fra i boschi. I sandali che aveva ai piedi la facevano scivolare spesso sugli aghi di pino, ma lei non rallentava il passo. Dappertutto il profumo della resina si mescolava all'odore di terra umida.
Ormai July non aveva più paura quando sentiva qualche strano fruscio fra i cespugli. Da quando era arrivata faceva quella strada ogni mattina e sapeva che si trattava solo di qualche animaletto spaurito che fuggiva sentendola arrivare.
Non correva il rischio di incontrare qualcuno perché l'albergo di Pam e David era così ben isolato che vi si poteva accedere solo attraverso sentieri nascosti fra gli alberi. I clienti arrivavano di solito in barca via lago ed erano molto rari quelli che si avventuravano lontano per i viottoli.
July era praticamente certa di non incontrare anima viva. E poi, a quell'ora del mattino, erano appena le sei, la natura non attirava molto gli ospiti dell'albergo, per lo più persone di mezz'età.
Tra qualche settimana l'immensa distesa d'acqua del lago Huron sarebbe stata solcata in tutti i sensi dagli appassionati di sci nautico e dai battelli stracolmi di turisti desiderosi di ammirare almeno qualcuna delle numerosissime isole che avevano reso celebre il posto.
In quell'inizio di stagione, però, tutto era ancora calmo come d'inverno, quando il lago era gelato e gli animali dormivano nascosti in qualche tiepida tana. Allora i turisti estivi, tornati nelle loro case ben riscaldate, ricordavano come un sogno i bei giorni trascorsi in riva al lago, sotto il sole.
La baia di Georgia... Anche i nomi, lì, avevano un che di poetico l'Isola del Sole, Waubanoka la punta del Penetang, la Tomba del gigante... July aveva visitato tutto al suo arrivo, tre settimane prima, ed era rimasta soggiogata dalla maestosa bellezza della natura e dal senso d'infinito che sprigionavano quei luoghi.
Era molto riconoscente ad Adam, il suo fidanzato, che le aveva concesso quelle tre settimane di riposo per rimettersi dal colpo tremendo infertole dal suicidio del padre, e anche ai Galloway che le avevano reso possibile quella vacanza.
Sentì il rumore molto prima di arrivare alla spiaggia. Non era il solito sciabordio delle onde, si sarebbe piuttosto detto che qualcuno stesse nuotando. Infatti, quando finalmente sbucò fuori dal bosco, scorse con irritazione una testa bruna nell'acqua. Vide anche dei vestiti buttati su uno scoglio e il suo disappunto aumentò.
Sembravano abiti maschili, ma con la moda attuale non si poteva esserne sicuri al cento per cento. Un paio di jeans e una maglietta di cotone potevano appartenere indifferentemente a un uomo o a una donna.
Passò mentalmente in rassegna i clienti dell'albergo. Nessuno le pareva il tipo da fare una nuotata così di buon mattino. I Fairley? No, lui era grande e grosso... Probabilmente più portato alla sauna che a un tuffo mattutino. La moglie, poi, era da escludersi. I Meade? Impossibile. Erano giovani e non lasciavano mai il bungalow prima di mezzogiorno. Forse erano in luna di miele. Rimaneva la famiglia Eden, ma Richard Eden non si spostava mai senza la moglie e i due bambini. Quanto a Geraldine Peter e la madre, né l'una né l'altra avrebbero mai indossato vestiti così semplici.
Mentre rifletteva, July sentiva la collera aumentare sempre più. Quell'uomo, eh sì, doveva essere proprio un uomo, le aveva rovinato la giornata. Certo, sarebbe stato semplicissimo tornare sui suoi passi, ma perché mai si sarebbe dovuta comportare come un'intrusa? Aveva molto più diritto di stare lì che non quell'individuo intento a nuotare incurante del cartello proprietà privata.
Era ancora lì impalata e indecisa sul da farsi quando il nuotatore si girò. Vedendola, si diresse verso di lei. Più si avvicinava, più lei si innervosiva. Ma non si mosse di un passo. Quando l'acqua gli arrivò alla cintola, July notò lo sguardo ammirato del giovane. Di colpo i pantaloncini cortissimi che indossava le sembrarono troppo audaci.
«Salve!»
Stupefatta, July si accorse che il saluto era rivolto a lei. Quell'audacia le mozzò il respiro. Pensava forse di piacerle?
Di proposito fissò ostentatamente la linea dell'orizzonte.
Senza dubbio lui, notando che non lo guardava nemmeno, se ne sarebbe andato altrove e lei avrebbe potuto fare il bagno in pace.
«Ehi! Ho detto salve!» esclamò il giovane con voce leggermente ironica.
Come osava parlarle in quel modo? Chi si credeva di essere? July, indignata, gli indirizzò lo sguardo glaciale dei suoi occhi verdi.
Lui era praticamente a riva ma sembrava non avere fretta di uscire dall'acqua. In quel punto, il lago era profondo e non si toccava. Ciononostante, si vedeva che lo sconosciuto era molto abbronzato e che i capelli bagnati erano lunghi.
«Vuole smetterla di importunarmi, per favore?» gridò, pensando intanto che il minuscolo reggiseno del costume non le conferiva certo quel tono distaccato che tentava di mantenere.
«I miei vestiti sono là, sugli scogli» replicò lui per tutta risposta, e il suo accento le parve familiare.
Forse anche lui era inglese. No, era poco probabile. Quel luogo era così sperduto...
Comunque, July rispose in tono gelido, senza far trapelare la sua curiosità: «Non ne dubito. E ora, se si rivestisse e se ne andasse da qualche altra parte, mi farebbe un favore».
«Sì, potrei anche farlo. Ma prima mi faccia lei una cortesia: si allontani un po'.»
«Neanche per idea!» ribatté July furibonda. «Questa spiaggia appartiene all'albergo di Punta Kanawa. Lei è in una proprietà privata.»
«Il lago è di tutti. E adesso mi lasci uscire, l'acqua è gelida.»
«E chi glielo impedisce?» ribatté freddamente July. «Mi sembra che nessuno l'abbia costretta a fare il bagno controvoglia.»
«È vero. Ma vede, mia bella signorina, non ho il costume, e se lei non ha niente in contrario...»
July si era voltata ancora prima che avesse finito di parlare.
Come osava fare il bagno completamente nudo? Che vergogna!
«Ecco, ora può girarsi.»
La voce, leggermente divertita, la turbò. Girando piano la testa, July vide che si era già rivestito. I jeans sottolineavano i fianchi stretti e aderivano perfettamente alle gambe muscolose. Era molto alto, sicuramente più di un metro e ottanta, e il suo corpo era agile e snello senza essere magro. Quando saltò sugli scogli per avvicinarsi a July, lo fece con l'andatura sciolta ed elegante di un felino.
Lei indietreggiò. Stranamente, finché era rimasto in acqua non le era parso minaccioso, ma adesso si trovava a fronteggiare un maschio vigoroso, forte e convinto della sua superiorità.
«Salve!» ripeté lui tendendole la mano. «Mi chiamo Dan Prescott, e lei?»
«Non la riguarda!» esclamò July presa alla sprovvista, evitando di ricambiare il gesto di saluto. «Io... Come ha fatto ad arrivare fin qui?»
«Con la moto» rispose lui, laconico.
Poi aggiunse, indicando un punto nella foresta: «Eccola laggiù. E lei?».
July esitò prima di rispondere.
«Io alloggio all'albergo» ammise infine in tono scostante. «Come le ho già fatto notare, questo posto appartiene...»
«...all'albergo di Punta Kanawa» finì lui con noncuranza. «Va bene, non dovrei trovarmi qui, ma adesso ci sono. Che cosa conta di fare?»
July non seppe rispondergli. Era stranamente turbata dalla virilità che emanava da lui e non si sentiva per niente al sicuro. Era lontana dall'albergo. Che cos'avrebbe fatto se l'avesse aggredita?
«Se... Insomma, se se ne va subito non dirò niente a nessuno» affermò, ostentando un tono indifferente.
«E se invece resto?» ribatté lui, ironico.
July capì che non avrebbe mai avuto l'ultima parola con lui. Intanto, l'accento di quel ragazzo la incuriosiva. A momenti parlava come un inglese, ma poi pronunciava alcune frasi con una cadenza americana.
«È inglese, vero? È qui in vacanza o lavora all'albergo per la stagione?» chiese lui.
«Decisamente, è piuttosto curioso! Che cos'aspetta ad andarsene?»
«Sì, sono curiosissimo! Io abito da quella parte» disse indicando l'estremità della baia.
«Le faccio notare che non gliel'ho chiesto. Lei non m'interessa.»
«Che peccato! Lei m'interessa molto, invece! Inoltre» proseguì, con una strana luce negli occhi grigi, «siamo compatrioti: mia madre è inglese.»
«Appassionante!» ribatté July, gelida. «E ora, se vuole scusarmi, signor... ehm...»
«Dan» terminò lui in tono quasi implorante. «Dan Prescott. Ma non mi ha ancora detto come si chiama.»
«Già, è vero» rispose July con un sorrisetto beffardo. «E ora, se permette...»
«Vuole fare il bagno?»
«Sì.»
«E allora che cosa aspetta?»
July era al colmo della rabbia. Pensava davvero che sarebbe entrata in acqua sotto il suo sguardo insolente?
«Perché esita?» insistette lui. «Teme forse che l'accompagni?»
«Oh, no! Non rischio proprio niente. Potrei scappare facilmente con i suoi vestiti. Che cosa farebbe?»
«Va bene, uno a zero per lei!»
«Adesso se ne va o no?» sospirò July.
«Non teme che le porti via io i vestiti?»
«Io non me li tolgo!» replicò lei in tono astioso.
«Fa male» disse il giovane, accompagnando le parole con uno sguardo eloquente al corpo slanciato di July. «Provi almeno una volta! È meraviglioso, vedrà!»
«Che sfacciato!» esclamò July, rabbiosa.
«Ma non ho detto niente di male! Dica un po', dove ha vissuto in questi ultimi dieci anni? In convento?»
Lei si voltò e cominciò a correre. Lui aveva indovinato e l'aveva anche profondamente ferita.
«Ehi! Aspetti!»
Ma July non si fermò. Quando si sentì addosso le sue mani virili fu presa dal panico. Nessuno, neanche Adam, l'aveva mai afferrata in quel modo, e quelle mani che la stringevano le provocavano uno strano turbamento.
«Mi lasci andare!» gridò.
Tentò di divincolarsi e perse l'equilibrio, trascinando anche lui nella caduta.
«Sciocchina!» mormorò Dan.
«Non doveva afferrarmi così!» protestò lei, ansante, consapevole del torace forte e muscoloso del giovane contro la sua schiena.
«Ha ragione» riconobbe lui, «ma perché è così scostante?»
July si morse un labbro.
«Non sono scostante, signor Prescott, ma lei non m'interessa, le ripeto. Desidero solo che se ne vada.»
«E va bene.»
Però, con un'alzata di spalle indifferente, le si avvicinò di più, così tanto che lei poté sentire il suo profumo maschile, vagamente muschiato. Era davvero affascinante, ma chi era quel Dan Prescott? July sentì un nodo alla gola.
«Addio» mormorò.
Lui fece un cenno con la testa, ma non si mosse. La guardò e notò le sue labbra nervosamente serrate, poi abbassò lo sguardo sul seno che si sollevava affannosamente, rendendola a sua insaputa ancora più desiderabile.
«Arrivederci» replicò, ma prima che July potesse reagire, la prese per