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Legami inscindibili: Harmony Destiny
Legami inscindibili: Harmony Destiny
Legami inscindibili: Harmony Destiny
Ebook135 pages1 hour

Legami inscindibili: Harmony Destiny

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About this ebook

La maledizione dei Barones: pericolo, inganno e passione! Colleen Barone al matrimonio del fratello rivede Gavin, l'uomo che dodici anni prima ha lasciato. Lui oggi è un ricco proprietario di catene alberghiere e si fa coinvolgere da Colleen in un programma di recupero per adolescenti difficili, di cui lei si occupa personalmente. L'attrazione tra loro è ancora forte come un tempo, ma è per entrambi difficile ammettere di essere di nuovo innamorati!
LanguageItaliano
Release dateJun 10, 2016
ISBN9788858950937
Legami inscindibili: Harmony Destiny
Author

Caroline Cross

E' letteralmente affascinata dalla possibilità di esplorare, con i suoi romanzi, l'inarrestabile potere che l'amore ha sulla vita delle persone.

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    Legami inscindibili - Caroline Cross

    successivo.

    1

    «Ehi, Colly, che ti prende? Perché ti sei fermata?»

    Colleen Barone registrò a malapena le domande di Matthew, suo cugino di secondo grado. La voce del bambino di nove anni giunse ovattata alle sue orecchie, mentre fissava, paralizzata, i piedi incollati al pavimento, l'uomo alto e moro che era appena entrato in sala.

    Gavin O'Sullivan.

    Persino tra la folla di autorevoli invitati accorsi a celebrare le nozze di suo fratello Nick, tra i quali lei aveva già adocchiato quattro senatori, l'attuale governatore del Massachusetts e due dei suoi predecessori, più un gruppetto di divi di Hollywood, lui si faceva notare.

    E anche se Colleen cercava di convincersi che fosse solo per via dei suoi bei lineamenti scolpiti e del taglio impeccabile del suo abito sartoriale, sapeva bene che non era così.

    C'era, semplicemente, qualcosa nel suo modo aristocratico di porsi, nella linea severa con cui atteggiava la bocca sensuale, nella luce distante nei suoi occhi color caffè che lo faceva apparire assolutamente unico.

    Eh, sì, Gavin era così. Intenso, imprevedibile, e solitario.

    Naturalmente, vi erano state brevi eccezioni alla sua tendenza a isolarsi. Un tempo, nei tre anni in cui avevano giocato a calcio insieme alla Madison, lui e Nick erano stati grandi amici. Poi, durante il secondo anno di università di Colleen e l'ultimo di Gavin, era scattato qualcosa di meraviglioso, di particolare e magico tra loro.

    Un dolore, fugace ma profondo, le strinse il cuore. Erano trascorsi ben dodici anni dall'ultima volta che si erano visti, e ricordava ancora la tensione che aveva caratterizzato il loro addio.

    Eppure, all'improvviso, Colleen desiderò attraversare la sala, accorciare la distanza che in quel momento li separava, stringere la mano a Gavin e strappargli un sorriso, pronunciando qualcosa di divertente.

    Se solo fosse stato tutto così semplice...

    «Colleen!» La voce squillante di Matthew, seguita da una vigorosa tirata di mano, la fece ripiombare nella realtà.

    Staccando lo sguardo dall'uomo che era sul lato opposto della sala, si concentrò sul suo piccolo accompagnatore. «Sì?»

    Il bambino strabuzzò gli occhi, sbuffando. «Ho fame, ricordi?»

    Come se qualcuno avesse acceso un interruttore, Colleen con un rapido colpo d'occhio ispezionò l'intera sala. Udì l'orchestra che suonava una dolce melodia, registrò la presenza rumorosa e sciamante degli invitati, e percepì l'impazienza nello sguardo del suo giovanissimo parente.

    «Oh, Mattie, perdonami. Certo che mi ricordo che hai fame.» Scrollandosi di dosso una patina di disagio - per quanto tempo era rimasta a fissare Gavin? - radunò un sorriso. «Conducimi tu.»

    «D'accordo.» Ripristinato il buonumore, il bambino le serrò la stretta attorno alla mano e partì come un razzo alla volta del buffet. Superando, con passo trotterellante, ciarlieri capannelli di invitati ed evitando abilmente snodi di parenti, non si fermò finché non ebbe raggiunto un tripudio di prelibatezze disposte su una lunga fila di tavoli coperti da splendenti tovaglie di lino bianco.

    Lo sguardo famelico di Matthew passò dalle casseruole fumanti ai vassoi di carpaccio, dalle montagne di calzoni dorati alle coppe di fragole intinte nel cioccolato.

    «Wow» esclamò, estasiato.

    Eh, sì, wow, aveva proprio ragione Matthew. Tutto era stato allestito grandiosamente.

    Con la sua solita mania di esagerare, la madre di Colleen, Moira, aveva organizzato ogni cosa alla perfezione e fatto in modo che ci fosse abbastanza cibo per sfamare tutta Boston.

    Eppure, Colleen, che come spesso accadeva si era scordata di mangiare quel giorno, e che, fino a qualche minuto prima, stava morendo di fame, si rese conto di non avere più appetito.

    Sapeva bene perché, e si irritò con se stessa. Tuttavia, non avrebbe permesso a quella fastidiosa sensazione di prendere il sopravvento dentro di lei. Anche se, probabilmente, Matthew non se la sarebbe presa, si rifiutava di concedere all'inaspettata presenza di Gavin di condizionare il suo umore. Dopotutto, quel che c'era stato tra loro era accaduto talmente tanti anni prima. Nessuno dei due era più la persona di un tempo.

    Per lo meno, lei non lo era.

    Dopo lunghi e penosi sforzi, Colleen aveva imparato ad accettarsi. Si era costruita una vita ricca di amici e un lavoro che la gratificava. E sebbene vi fossero dei momenti in cui si sentiva sola, sebbene serbasse ancora la sua dose di dubbi e di paure, di frustrazioni e desideri insoddisfatti, oggi poteva considerarsi, nel complesso, per le cose che contavano veramente, per lo meno, in pace con se stessa. Serena.

    Dopotutto, la vita era una sfida continua.

    Allora, smettila di fare la melodrammatica e mangia, la rimproverò la parte pratica di sé.

    Allargò le spalle, porse a Matthew un piatto di porcellana profilato in oro, poi ne prese un altro per sé. «Uhm, pare tutto molto buono, eh?» disse, cominciando a servire entrambi.

    «Direi proprio di sì.»

    Trentacinque minuti e un ritorno al buffet dopo, Matthew si appoggiò allo schienale e sospirò, soddisfatto: «Sono sazio».

    Le labbra di lei si curvarono all'insù. «Anch'io.» Il che era assolutamente ridicolo se applicato all'esigua quantità di cibo che era riuscita a ingurgitare. Appoggiò la forchetta, grata di poter finalmente smettere di spostare di qua e di là ciò che le era avanzato nel piatto.

    Matt stava per pulirsi la bocca con il dorso della mano, poi ci ripensò allorché vide Colleen inarcare un sopracciglio. Sbuffando, si pulì rapidamente con il tovagliolo, poi lo appoggiò sul tavolo e cominciò a dondolare la gamba oziosamente.

    Dopo una pausa insolitamente lunga per lui, la chiamò: «Colleen?».

    «Sì?»

    «Ti senti bene?»

    Lei lo guardò, perplessa. «Sicuro.»

    «Non sei per caso arrabbiata con me?»

    «Certo che no. Perché dovrei?»

    Matthew fissò con improvviso interesse una macchia di salsa tonnata che aveva versato sulla tovaglia in precedenza e scrollò le spalle. «Non lo so. È solo che... sei particolarmente taciturna. E non hai neppure mangiato un granché. E, prima, quando stavamo andando al buffet e ti sei fermata di scatto, hai fatto una faccia talmente strana. Un po' come quella di Jordan Grenshaw quando lo sfidai a mangiarsi una rana morta.»

    «Che schifo.» Ignorando la preoccupazione che il suo turbamento fosse stato così evidente, Colleen si sforzò di assumere un tono lieve. «E io che credevo di avere un aspetto decisamente carino, quest'oggi.»

    La testa di Matthew scattò all'insù. «Oh, e ce l'hai, infatti! Per essere una ragazza. Cioè...» Si interruppe, impacciato, le guance paonazze. «È solo che... cioè... è solo che, di solito, tu non ti comporti come gli altri adulti.»

    Non era la prima volta che Colleen si sentiva dire una frase del genere. Però, normalmente, le veniva rivolta da persone della sua stessa età.

    «In che senso, scusa?»

    «Be'...» Matthew piegò il capo da un lato, con espressione meditativa. «Tu mi stai ad ascoltare sempre quando ti parlo. E non mi fai mai sentire come se preferissi essere da qualche altra parte, con qualcun altro, piuttosto che con me.»

    Colleen sbatté le palpebre, lusingata.

    «E non ti dai mai tante arie solo perché sei più vecchia di me.»

    Ah, ecco. Questo sì che rimetteva le cose nella giusta prospettiva. Colleen ingoiò un moto di ilarità e fece del suo meglio per assumere un'aria solenne. «In tal caso, sarebbe opportuno che mi procurassi un bastone. Non vorrei, alzandomi, rischiare di perdere l'equilibrio e cadere nella coppa del punch, mettendo in imbarazzo entrambi.»

    Per una frazione di secondo, il bambino assunse un'aria disgustata. Poi, si rese conto che la cugina stava scherzando, e un guizzo impertinente gli attraversò gli occhi. «Be', non così vecchia.» Fece del suo meglio per risponderle a tono. «Ma se proprio devi cadere, preferirei che lo facessi in prossimità della torta nuziale. Ti immagini che spettacolo!»

    «Matthew!» Colleen provò a protestare, ma le scappò da ridere. «Ora capisco perché tua madre dice di te che sei un pericolo pubblico.»

    Il bambino apparve sconvenientemente compiaciuto. «Davvero? Dice questo di me?»

    «Temo proprio di sì.»

    Prima che Colleen aggiungesse che sua cugina Janice aveva poi ammesso di essere pazza della sua piccola peste, lo sguardo di Matthew si posò su qualcuno dietro di lei, e si drizzò come un cane che ha appena adocchiato un nido di quaglie.

    «Ehi, ci sono Jeremy e Sean!»

    Come Matt, i due bambini erano cugini di secondo grado di Colleen, da parte di madre, ed erano diventati di recente, per Matt, oggetto di venerazione per il semplice fatto di aver compiuto da poco tredici anni. «Posso andare a salutarli?»

    «Certamente.»

    Non se lo fece ripetere due volte. Matthew scattò in piedi e sparì ancor prima che lei gli accordasse il permesso.

    Con sguardo amorevole, Colleen rimase a osservarlo mentre si allontanava, sollevata allorché i ragazzi più grandi lo accolsero calorosamente, invece di snobbarlo, secondo un atteggiamento tipico degli adolescenti nei confronti dei bambini più piccoli.

    Distogliendo lo sguardo allorché le si avvicinò un cameriere, rifiutò lo champagne e bevve, invece, un sorso d'acqua mentre il giovane le portava via il piatto insieme a quello di Matthew.

    Era un ricevimento di nozze ben riuscito, osservò, guardandosi intorno. A qualche tavolo di distanza dal suo, suo fratello Joseph era impegnato in un'animata conversazione con zio Paul, mentre le sue sorelle minori, Rita, Gina e Maria, erano radunate davanti al tavolo del buffet e gesticolavano, chiacchierando tra loro, le facce allegre e sorridenti.

    Nick comparve in pista, le braccia strette attorno alla sua sposa, Gail, la donna che in soli pochi mesi aveva rapito il suo cuore.

    Le mani unite, le teste congiunte, i due sposini erano presi l'uno dall'altro. Colleen provò un sincero impeto di gioia di fronte alla loro evidente felicità. Prima di incontrare Gail, suo fratello Nick non era stato molto fortunato in amore.

    Una tendenza che pareva piuttosto comune in

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