Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Un fiore nel deserto: Harmony Collezione
Un fiore nel deserto: Harmony Collezione
Un fiore nel deserto: Harmony Collezione
Ebook168 pages2 hours

Un fiore nel deserto: Harmony Collezione

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Per il ricchissimo principe Rafin Al-qadim la della storia d’amore con Melanie Portreath è iniziata come un idilio ma si è subito trasformata in un incubo, perché lui l’ha sorpresa mentre… baciava un’altro uomo! Distrutto e furibondo , lui ritorna ne proprio paese per dimenticarla, non immaginando che lei porti in grembo il frutto del loro amore. In realtà Melanie sta cercando di contattarlo, ma “qualcuno” continua a impedirglielo per evitare che lei sappia…
LanguageItaliano
Release dateJun 10, 2016
ISBN9788858951118
Un fiore nel deserto: Harmony Collezione
Author

Michelle Reid

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

Read more from Michelle Reid

Related to Un fiore nel deserto

Related ebooks

Romance For You

View More

Related articles

Reviews for Un fiore nel deserto

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Un fiore nel deserto - Michelle Reid

    successivo.

    1

    Rafiq Al-Qadim uscì dalla sua limousine nera e varcò a grandi passi le porte a vetri della Banca Internazionale di Rahman. Nel pugno stringeva una rivista arrotolata, gli occhi lampeggiavano di una furia che minacciava di riversarsi presto su qualche povero malcapitato. Dietro di lui si affrettava il suo nuovo aiutante, Kadir Al-Kadir, con una espressione tale da suggerire che il bersaglio designato poteva essere lui.

    Mentre Rafiq attraversava l'atrio diretto verso gli ascensori di metallo incastonati nella parete di marmo grigio, coloro che si trovavano sulla sua strada gli lanciarono sguardi atterriti e cominciarono a indietreggiare per fargli spazio. Lui non se ne accorse nemmeno: era troppo accecato dalla rabbia per tenere conto dell'effetto intimidatorio che la sua persona imponente aveva sui presenti.

    Entrò nel primo ascensore libero e premette il pulsante dell'ultimo piano. Le porte si chiusero tagliando fuori il suo assistente e i visi stupiti di quanti si trovavano nell'atrio. Quelli che avevano avuto a che fare con Rafiq Al-Qadim, infatti, lo conoscevano come un uomo estremamente controllato.

    Quel giorno, però, era fuori di sé. L'ascensore impiegò meno di quindici secondi a raggiungere la sua destinazione. Le porte si aprirono e lui si precipitò fuori. Nadia, la sua segretaria, gli lanciò uno sguardo, impallidì e saltò in piedi.

    «Buongiorno signore. Ci sono molti messaggi per lei e il suo primo appuntamento...»

    «Non mi passi nessuna chiamata. Niente.» La oltrepassò con la grazia e la potenza di uno stallone nero, ed entrò nel suo ufficio.

    Lo studio privato di Rafiq poteva comparire sulle riviste specializzate di architettura moderna: soffitto alto, pavimento in marmo grigio, un'enorme scrivania costituita da un ripiano dello stesso materiale che poggiava su gambe di acciaio cromato e, alle sue spalle, una parete di vetro. Man mano che l'uomo si avvicinava alla spettacolare finestra, la luce mattutina di Londra creava riflessi metallici sui suoi capelli corvini e scolpiva il suo profilo dalle indubbie fattezze arabe.

    Una volta aggirato il tavolo, vi sbatté sopra il giornale che si aprì, mostrando proprio l'articolo che il suo aiutante si era premurato di fargli vedere. Parte del lavoro di Kadir consisteva nel leggere quotidiani e riviste di tutto il mondo e nel sottoporre al suo principale gli articoli che riteneva interessanti per la Banca Internazionale di Rahman. Questa volta, invece, si era occupato di questioni private, ma c'era da star certi che non avrebbe commesso di nuovo lo stesso errore in futuro.

    Rafiq osservò pensieroso la ragione di tanta ira. Era stato scaricato, tradito, era stato preso in giro da una donna. E il fatto era descritto dettagliatamente sulle pagine di un tabloid spagnolo: la sua vita privata era stata data in pasto alle folle perché ci ridessero su.

    Annuncio shock, proclamava l'articolo a caratteri cubitali. Serena Cordero lascia uno sceicco miliardario per sposare il suo partner di ballo Carlos Montez.

    Solo due mesi prima Serena gli stava attaccata come una ventosa, diceva di adorarlo, e proclamava che non avrebbe mai amato nessun altro. Bugiarda, imbrogliona, sgualdrina!

    Avrebbe dovuto dar retta a suo fratello Hassan, che lo aveva messo in guardia su Serena e Carlos Montez già sei mesi prima. Rafiq, però, aveva replicato che si trattava solo di pettegolezzi fatti circolare ad arte per fare pubblicità alla tournée dei due danzatori di flamenco. Ora invece conosceva la verità, e poteva sentire il gusto amaro della propria presunzione e arroganza nel credere che lei non avrebbe voluto un altro uomo mentre poteva avere lui.

    Solo due altre volte in passato era stato tradito da una donna: la prima da sua madre, e l'altra dall'unica ragazza che avesse mai amato. Dopo quell'amara esperienza aveva promesso a se stesso di non farsi prendere in giro mai più.

    Invece eccolo lì, ancora una volta nella trappola del tradimento. Era così furioso che avrebbe voluto conficcare le unghie nella pagina di giornale, e strappare il bel viso di Serena che sorrideva a quel bellimbusto del suo nuovo marito.

    Il suo cellulare cominciò a squillare. Lo estrasse e rispose macchinalmente.

    «Querido, ti prego, non riattaccare. Ho bisogno che tu mi ascolti.»

    Al suono di quella voce sensuale, il viso dell'uomo assunse la dura freddezza del marmo e dell'acciaio che lo circondavano.

    «La tournée non andava bene. Avevamo bisogno di qualcosa che facesse scalpore, che mettesse i nostri nomi sulla bocca di tutti. Ti amo, Rafiq, e tu lo sai, ma il matrimonio tra noi non è mai stata una possibilità. Non puoi accettare la situazione per quello che è?»

    «Sei la moglie di un altro. Non mi telefonare mai più» fu la sua tagliente risposta. Chiuse la comunicazione, poi lanciò lontano il telefono come se fosse contaminato.

    Afferrò il giornale e lo gettò nel cestino della carta straccia. Il nome di Serena Cordero non sarebbe finito mai più sotto i suoi occhi, si ripromise mentre l'altro telefono aveva l'ardire di ricominciare a suonare. La sua mano si chiuse sul ricevitore grigio con violenza, come se si trattasse della gola di qualcuno. «Avevo detto di non passarmi nessuna chiamata!» sibilò.

    «Dal tuo tono presumo che tu abbia già letto i giornali» rispose una voce secca.

    Il suo fratellastro Hassan. Doveva aspettarselo. «Se mi hai telefonato per dirmi che mi avevi avvertito, allora ascolta il mio consiglio e stai zitto.»

    «Dovrei commiserarti?»

    «Dovresti farti i fatti tuoi» esplose, poi aggiunse preoccupato: «Nostro padre lo sa?».

    «Pensi forse che noi passiamo il tempo a spettegolare sulla tua vita privata?»

    «Io non ho una vita privata.» In effetti quello era stato il vero problema con Serena. Entrambi erano molto impegnati ed era quasi impossibile trovare il tempo per vedersi. Se l'aveva incontrata un paio di volte negli ultimi mesi era già tanto. In genere, mentre lei faceva la sua tournée intorno al mondo in una direzione, lui viaggiava per affari nella direzione opposta. «Come sta nostro padre?»

    «Sta bene. Le analisi del sangue sono buone e lo spirito è alto. Non preoccuparti per lui. Ha intenzione di assistere alla nascita del suo primo nipote.»

    Rafiq sospirò di sollievo. La malattia dell'anziano sceicco era sorta anni prima e aveva avuto un decorso lungo e penoso, ma da sei mesi era peggiorata a tal punto che si temeva per la sua vita. Grazie ad Allah pareva essersi ripreso da quando aveva saputo che sarebbe nato presto un nipotino, ma non si sapeva quanto a lungo sarebbe durato quel periodo di tregua.

    I due fratelli avevano deciso che uno di loro sarebbe rimasto a turno al suo fianco per confortarlo con la sua presenza. Dal momento che Leona, la moglie di Hassan, era prossima al parto, avevano ritenuto opportuno che in quel periodo fosse proprio quest'ultimo a restare a casa e affiancare lo sceicco nel disbrigo degli affari interni, mentre Rafiq curava gli interessi internazionali della famiglia.

    «A proposito, tua moglie come sta?»

    «Sempre più grassa» scherzò il fratello, ma dalla voce traspariva quanto fosse felice, fiero e pieno d'amore.

    Chissà che cosa si provava ad aspettare un figlio dalla donna amata. Purtroppo, si disse Rafiq, lui non avrebbe mai assaporato quelle sensazioni. Spostò quindi la conversazione sul terreno più sicuro degli affari, ma quando riattaccò era ancora turbato e un sentimento oscuro di rabbia lo agitava senza che riuscisse a spiegarsene il motivo.

    Non aveva mai amato Serena, e lei aveva ragione a dire che il matrimonio tra loro non era mai stata una possibilità. Era bella e calda, la compagna di letto perfetta, ma l'amore non era mai stato il motore che li aveva condotti alle spiagge del piacere. Si era trattato solo di sesso, per entrambi. Starsene seduto a sognare un rapporto come quello di Hassan e Leona era pura follia.

    Si alzò in piedi e guardò fuori della finestra. Ricordava un tempo in cui aveva sperimentato quel genere di amore che il fratello provava per la moglie, e aveva creduto che fosse un diamante prezioso, mentre presto si era rivelato un coccio di vetro. Da allora non aveva più desiderato di provare la morsa dell'amore, e non aveva neppure sentito il desiderio bruciante di avere una discendenza. Era un privilegio destinato a Leona e Hassan, che avrebbero dato vita a un incrocio genetico perfetto. Lui invece...

    Solo. Quello era il suo destino. Avrebbe trascorso la vita imprigionato in quel freddo grattacielo di marmo grigio, a impersonare il ricco e potente uomo d'affari invidiato da tutti, mentre a volte, come in quel momento, si sentiva il più misero degli esseri umani.

    Colpa di Serena? No, piuttosto di quell'altra donna, che aveva gli stessi capelli d'oro della ragazza che ora attendeva fuori dalla banca, giù in strada. Era stata Melanie a rovinarlo. Con freddezza calcolatrice sommata a una bellezza angelica, aveva fatto leva sul suo entusiasmo di giovane uomo innamorato e lo aveva trasformato in una persona cinica e dura.

    Dov'era adesso? Quegli ultimi anni l'avevano cambiata? Pensava mai a lui, o aveva dimenticato persino il suo nome? L'ultima ipotesi era la più probabile. Anzi, era certo che fosse così, perché Melanie poteva avere il viso di un angelo, ma il suo era il cuore di una prostituta. E le prostitute non ricordano i nomi dei loro clienti.

    Il cellulare riprese a suonare. Doveva essere Serena. Non era il tipo che si arrendeva con facilità. Doveva risponderle, o lasciare che squillasse invano? La sua autostima era caduta così in basso che si poneva una simile domanda?

    Strinse i denti, ignorò il trillo insistente e riprese a fissare la donna bionda che continuava ad aggirarsi davanti all'ingresso come se non fosse sicura sul da farsi o non sapesse dove andare. Capiva bene come doveva sentirsi e provava simpatia per lei.

    Era più probabile che rispondesse a una telefonata di quella sconosciuta dai capelli d'oro, piuttosto che parlare con Serena, si disse Rafiq meditabondo.

    In piedi davanti alla facciata di marmo e vetro della Banca Internazionale di Rahman, Melanie cercava di convincersi che andare lì fosse stata la cosa giusta.

    Il suo piano aveva davvero qualche possibilità di riuscire, o incontrare un uomo che non aveva alcun rispetto per lei era solo una perdita di tempo? Il ricordo di ciò che le aveva fatto e detto la convinse quasi a tornare sui suoi passi. D'altra parte la fuga sarebbe stata la soluzione più semplice, e lei non era tipo da scegliere l'opzione più facile.

    E poi non poteva tornare a casa e dire a Robbie che si era tirata indietro. Doveva pensare a lui, si disse mentre si decideva a varcare l'enorme portone di vetro e metallo.

    Lanciò un'occhiata alla propria immagine riflessa e ciò che vide non le piacque affatto: una donna magra con pallidi capelli biondi e una carnagione ancora più pallida. Gli occhi sembravano troppo grandi, la bocca troppo vulnerabile. Insomma, aveva un aspetto eccessivamente fragile per affrontare un gigante arrogante come Rafiq Al-Qadim. Lui le sarebbe passato sopra senza neppure notarla, dopo averla incenerita coi suoi occhi d'opale.

    No, questa volta non gliel'avrebbe permesso, si disse con fierezza. E il suo passo si fece più deciso.

    L'interno della banca le apparve come una caverna di marmo grigio e metallo cromato. Pareti di vetro consentivano di vedere tre piani di uffici open space dove molti impiegati lavoravano alacremente davanti agli schermi dei computer.

    Nell'atrio una fontana circondata di piante esotiche cercava invano di rendere meno fredda l'atmosfera circostante. Il personale, in seri abiti neri o grigi, si muoveva con l'aria indaffarata di chi sa esattamente qual è il suo ruolo e che cosa deve fare.

    Ogni cosa era asettica e sofisticata, proprio l'esatto contrario di Melanie. Quella riflessione un tempo l'avrebbe fatta sorridere, perché sapeva chi era e le piaceva la sua personalità. Il mondo dell'alta finanza non esercitava alcun fascino su di lei e mai l'avrebbe esercitato. Tuttavia, mentre si guardava intorno, doveva ammettere che si era vestita per l'occasione con un tailleur nero che si sposava alla perfezione con l'atmosfera della banca.

    Lo aveva fatto deliberatamente, aveva scelto quell'abbigliamento per impressionare Rafiq, per costringerlo a pensarci due volte prima di buttarla fuori di nuovo.

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1