Un nobile da conquistare: Harmony Jolly
By Liz Fielding
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About this ebook
Adesso basta, devono lasciarci in pace! Il nobile Matteo Serrone ha i nervi a fior di pelle, pensava di aver respinto tutti gli assalti dei vari giornalisti e invece eccone lì un'altra. Certo, il viso è quello di un angelo, ma lui sa benissimo, per esperienza personale, che dietro quella facciata si nasconde, molto spesso, uno sciacallo. Matteo non è pronto a farsi ingannare ancora una volta e quella donna ne pagherà le conseguenze.
Liz Fielding
Liz Fielding vive a Merlin's Fort, nel Galles, una terra leggendaria e disseminata di castelli. Sposata da quasi trent'anni con John, l'uomo che ha conosciuto quando lavorava in Africa, ha due figli e un gattone bianco e nero chiamato Rocky.
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Book preview
Un nobile da conquistare - Liz Fielding
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Flirting with Italian
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2011 Liz Fielding
Traduzione di Elisabetta Motta
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-817-6
1
ITALIANO PER PRINCIPIANTI
La valigia è pronta, il volo prenotato. Mentre i miei studenti si agiteranno nel panico dell’ultimo minuto per la didattica del corso che dovrà essere affidata a una nuova insegnante nella prima settimana del trimestre, io sarò alle prese con il traffico caotico di Roma, la tensione del primo giorno e le difficoltà di una lingua straniera.
Se pensano che io sarò circondata dall’arte, dalla cultura, dall’alta moda e dal sole perenne, hanno ragione. Al momento, sono solo preoccupata per dove io andrò a vivere, quanto sarà diversa la nuova scuola dalla Maybridge High e se piacerò ai nuovi studenti.
Guardate questo spazio...
«Ho trovato un nuovo lavoro, Lex. A Roma.»
«Lasci Maybridge High? Il lavoro più perfetto del mondo?»
Sarah Gratton era riuscita a convincere le sue colleghe che non vedeva l’ora di salire su quell’aereo. In verità, era più una fuga che una piacevole avventura e avrebbe dovuto sapere che il suo bisnonno avrebbe colto il dolore nel suo sorriso.
L’anziano uomo aveva quasi novant’anni, ma usciva ogni giorno per comprare il giornale e il suo cervello era ancora abbastanza acuto da riuscire a completare le parole crociate su The Times in dieci minuti esatti.
«Tom era popolare, i ragazzi lo adoravano.» Il pollice di Sarah si mosse automaticamente per giocherellare con l’anello che non era più al suo dito. «È come se tutti mi biasimassero per averlo lasciato.»
«È lui che ti ha tradito, Sarah. Se rinuncerai al lavoro che ami, perderai due volte.»
«Non mi ha tradito.»
Non aveva tradito, mentito né finto. Tom era incapace di tutto questo. Le aveva detto che l’amava ancora ma aveva perso la testa per un’altra.
Gliel’aveva annunciato all’inizio della vacanza di metà trimestre, una settimana prima che lei entrasse nella sala dei professori, dove avrebbe affrontato tutti.
Ciò che non le aveva detto era che aveva dato le dimissioni e accettato un lavoro che lei sapeva quanto detestasse, al centro sportivo di Melchester.
Fino a quel momento non le era sembrato reale.
Sarah aveva sentito quelle voci ma non era stata capace di accettarle. Era convinta che quando si fosse presentata nella sala dei professori il lunedì mattina, tutto sarebbe stato come doveva essere. Normale.
Ma lui non era lì.
Sarah aveva avuto il tempo di riflettere e accettare che lavorare insieme nella stessa scuola sarebbe stato impossibile.
Era Tom ad avere rinunciato al lavoro che era tutta la sua vita e che amava quanto lei.
Quanto l’altra.
Sarah si era sforzata di meritare quel sacrificio, di pensare ai suoi studenti quando tutto quello che avrebbe desiderato era rifugiarsi in un angolo e piangere calde lacrime.
Aveva eliminato ogni traccia di Tom dal suo appartamento per non continuare a inciampare nei ricordi. Aveva messo via le fotografie. Smesso di frequentare i posti in cui erano soliti andare insieme.
Ma non poteva cancellarlo dalla scuola.
Lui era una presenza invisibile nelle istantanee delle squadre che allenava per la gloria. Nell’odore dei ragazzi grondanti di sudore, nel calpestio delle loro scarpette sportive quando facevano il loro ingresso nel campo da cricket. Nel suono di un fischio che una volta la legava a lui come un filo invisibile. Ma adesso tutto ciò la feriva come la lama tagliente di un coltello.
«E poi» aggiunse Sarah, «farò quello che non ho mai avuto il tempo di fare nella mia vita. Eri stato proprio tu a dirmi di concedermi un anno di pausa prima di iniziare l’università, di divertirmi, di viaggiare prima di metter su famiglia.»
«Non hai più diciotto anni» le ricordò il suo bisnonno. «E non ti stai prendendo un anno di libertà per vedere il mondo e svagarti.»
«Mi sentirei la dea dei viaggiatori con lo zaino sulle spalle. In questo modo mi godrò il meglio di entrambi i mondi. Un lavoro fantastico. Una sede eccezionale. Spero solo di essere all’altezza delle ottime referenze che il preside ha fornito per me.»
L’anziano uomo cancellò i suoi dubbi agitando la mano in aria. «La lingua non sarà un problema?»
«È una scuola internazionale. Figli di diplomatici, funzionari in carica, stranieri che vivono a Roma» gli spiegò lei.
Ottocento miglia lontana da tutti quelli che sapevano che era appena rimasta single.
Erano sempre stati Tom e Sarah dal primo giorno in cui lei aveva iniziato a lavorare a Maybridge High quando, tremante per l’ansia, aveva versato una tazza di caffè su quel gigante biondo, responsabile del dipartimento sportivo dell’istituto. Invece di inveire, lui le aveva sorriso e il blu intenso di quegli occhi aveva reso immediatamente stabile il suo mondo.
Sarah si era offerta di smacchiare la sua divisa sportiva, ma Tom le aveva proposto di andare a bere qualcosa insieme e il suo mondo era rimasto sicuro finché una nuova supplente era arrivata quella cupa mattina di gennaio, quando metà del personale era a casa, a letto con l’influenza.
Era stato come assistere impotente a uno schianto. L’improvviso silenzio mentre quella nuova faccia era apparsa nella sala dei professori. Tom era stato il primo a esserle andato incontro per accoglierla, sempre così gentile con le persone nuove. Il contatto non era durato più di un secondo o due ma il tempo era sembrato essersi fermato quando i loro occhi si erano incontrati e Sarah aveva percepito il calore della scintilla che era scoccata tra Tom e Louise e il suo mondo si era spostato dal suo asse.
«Farò presto nuove conoscenze» continuò. «Insegnare non è un lavoro che si svolge in isolamento. E poi andrò a Roma» aggiunse. «Una delle città più belle del mondo.»
In un attimo, si era liberata dall’essere la donna più compatita nella sala dei professori per diventare la più invidiata.
Non sarebbe stata completamente una fuga. Sarah aveva fatto del suo meglio per resistere al suggerimento del preside a scrivere un blog sulle sue esperienze.
«Lo so che si tratterà solo di qualche mese, ma le cose sembreranno diverse dopo una pausa. Aspetto il tuo ritorno il prossimo anno» le aveva detto.
«Non avrà bisogno di me, preside, ma di Tom. Chiami lui.»
«E indurre a pensare tutti che ti ho allontanata per far tornare lui a lavorare qui? Come sembrerebbe?» le aveva chiesto.
Disonesto, ovviamente, aveva pensato mentre apriva finalmente gli occhi. Ecco perché il preside voleva che scrivesse il blog. Per dimostrare che faceva ancora parte della scuola.
Le ottime referenze, a quanto pareva, dovevano essere ripagate in qualche modo.
Nessuno avrebbe letto i suoi post.
I colleghi sarebbero stati troppo impegnati, e per quanto riguardava i ragazzi si sarebbero annoiati.
Sarah fece per alzarsi ma Lex le prese la mano.
«Non è lontano» lo rassicurò. «Tornerò a casa così spesso che ti stancherai di me.»
«Per che cosa? Per venire a trovare un vecchio rimbambito?» Le parole furono accompagnate da un gesto sprezzante. «Non perdere tempo e soldi. Goditi l’Italia, dal momento che ne hai l’opportunità.»
«Avrò abbastanza tempo di vedere tutto.» E avrebbe potuto viaggiare con i soldi che aveva messo da parte per il matrimonio, l’abito nuziale e la casa con giardino per i bambini che lei e Tom avrebbero avuto un giorno.
«Il tempo non è mai abbastanza» la mise in guardia il suo bisnonno. «La vita fugge via. Devi gustare ogni momento.»
«Certo» rispose meccanicamente.
«Dico davvero.» La fissò con quello sguardo attento che i suoi pazienti conoscevano bene quando svolgeva la professione di medico. «Ti prescrivo una storia d’amore» ordinò. «Ma niente sentimenti o cuori infranti. Nulla di serio» la mise in guardia. «Un’avventura, un piacevole passatempo con qualche bel moro italiano dagli occhi neri. Un ricordo che ti farà sorridere un giorno, non piangere. Che scalderà le notti della tua vecchiaia.»
«Lex! Sei oltraggioso.»
Sorrise. «Fidati di me. Sono un medico.»
Sarah rise. «Oltraggioso e meraviglioso e io ti adoro.» Lei era sempre stata molto legata all’anziano uomo. I suoi genitori l’avevano amata, i nonni l’avevano viziata. Ma era stato Lex a raccontarle le storie, seduto sulla sua poltrona reclinabile, gli occhi fissi su un orizzonte invisibile mentre Sarah ascoltava, sapendo esattamente quali sarebbero state le parole successive.
«Ti ho raccontato di quando ero in Italia durante la guerra?»
«Più di una volta.» Era la sua storia preferita quando era bambina.
L’aereo di Lex aveva subito un’avaria al motore e lui si era lanciato con il paracadute.
«Voglio sentirla di nuovo» lo supplicò. «Raccontami come sei stato salvato dalla bella ragazza italiana che ti ha trovato mezzo morto nella neve. Come si è presa cura di te e ti ha nascosto per mesi fino all’arrivo degli Alleati.»
«La sai a memoria.»
Forse sì, ma era quello il bello di una storia. Conoscerla a memoria.
«La nonna diceva sempre che l’avevi inventata tu e che la dolce Lucia era in realtà una vecchia decrepita che ti aveva nascosto in una stalla» dichiarò sollecitandolo a continuare.
«Tua nonna non sapeva niente.» Quell’uomo aveva quasi novant’anni ma un bagliore malizioso brillava ancora nei suoi occhi. «La casa era grande prima che i fascisti la riducessero in macerie. E Lucia era...» Si fermò. «Passami la scatola. Te la faccio vedere.»
C’era sempre qualche dettaglio in più nella storia: un nuovo pericolo, un rischio corso per un po’ di cibo o di calore. Ma questo fu del tutto inaspettato per Sarah.
«La scatola» ripeté impaziente.
Lei aveva visto il contenuto della vecchia latta tante volte. Non c’era mai stata una fotografia di Lucia e mentre la porgeva al suo bisnonno quasi si aspettò che fosse uno dei suoi soliti scherzi. Ma questa volta l’anziano uomo era serio e, sollevato il coperchio, inclinò la scatola per svuotarla.
La superficie del tavolo era piccola e biglietti, monete, medaglie finirono sul pavimento. Sarah si chinò per raccoglierli. Lisciò l’angolo di una piccola istantanea color seppia della