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Un enigma per il visconte
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Un enigma per il visconte

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About this ebook

Inghilterra, 1816
Chi è l'enigmatica passeggera della diligenza su cui si trova a viaggiare anche il Visconte di Malvers? È veramente chi dice di essere, ossia l'ingenua Fanny Draper, semplice dama di compagnia? O è invece possibile che si tratti di Miss Emma Lindsay, l'ereditiera scomparsa da Londra senza lasciare la minima traccia? Incuriosito, Alexander decide di risolvere il mistero e, allo stesso tempo, di vegliare sulla giovane, chiunque essa sia. Anche perché la spericolata Miss Draper, oltre a essere molto bella e volitiva, possiede un'altra dote innata: quella di finire sempre nei guai!
LanguageItaliano
Release dateOct 10, 2018
ISBN9788858988275
Un enigma per il visconte
Author

Mary Nichols

Nata a Singapore, si è trasferita in Inghilterra giovanissima e prima di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura ha lavorato in ospedale, nella scuola e nell'industria. La ragazza di cristallo è collegato a La contessina ribelle.

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    Un enigma per il visconte - Mary Nichols

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Runaway Miss

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2007 Mary Nichols

    Traduzione di Maddalena Milani

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5898-827-5

    Prologo

    Londra, 1816

    Era quasi l’alba e il cielo sopra i comignoli di St. James’s Street era tinto di rosa. Presto i raggi del sole avrebbero invaso le strade e le creature notturne che le popolavano, umane e animali, sarebbero scomparse per lasciare il posto a quelle diurne. Ma i gentiluomini seduti attorno a un tavolo della sala da gioco del club Brooks’s erano del tutto ignari dello scorrere del tempo. I pesanti tendaggi alle finestre erano chiusi e l’unica luce presente nella stanza era quella delle lampade a olio rimaste accese tutta la notte, tanto che l’aria era ormai stantia e maleodorante.

    La sera precedente la sala era stata affollata e tutti i tavoli da gioco erano stati occupati, ma dalla mezzanotte in poi gli avventori avevano incominciato ad andarsene finché, alle tre di mattina, non ne erano rimasti che quattro. Accanto a loro, con aria alquanto provata ed evidentemente desideroso di tornarsene a casa, c’era un domestico in livrea e parrucca, il cui compito era assicurarsi che i bicchieri fossero sempre pieni.

    Fatta eccezione per le poche frasi stringate necessarie a mandare avanti la partita, nessuno parlava da ore.

    I quattro uomini, Lord Cecil Bentwater, Sir George Tasker, Mr. Jeremy Maddox e il Visconte Alexander Malvers, erano talmente assorbiti dal gioco da aver dimenticato qualsiasi altro particolare delle proprie esistenze.

    Lord Bentwater, che aveva davanti a sé la pila più alta di monete e gettoni, aveva superato i cinquantacinque anni ed era vestito interamente di nero, con una cravatta bianca fermata da una vistosa spilla di diamanti. Aveva la carnagione pallida e occhi scuri e luccicanti.

    Sir George Tasker era più giovane di qualche anno e indossava una giacca verde, un panciotto color panna con ricami d’argento e una camicia bianca ornata ai polsi da smerli di pizzo. Portava numerosi anelli alle dita e un occhialino appeso al collo. Aveva il viso sudato e il modo in cui serrava la mascella denotava tutta la sua sofferenza.

    Mr. Jeremy Maddox aveva solo ventun anni, ma era già un damerino fatto e finito. Il colletto della sua camicia era talmente ampio che le punte rialzate gli coprivano in parte le guance e la cravatta, annodata in modo alquanto arzigogolato, gli spioveva sul panciotto in una cascata color azzurro cielo. Senza dubbio la sua cara, adorante mammina sarebbe rimasta inorridita nel vederlo in compagnia di quei giocatori inveterati.

    Il quarto uomo seduto al tavolo, il Visconte di Malvers, era molto diverso dai suoi compagni di gioco, nei modi tanto quanto nell’abbigliamento. Preferendo evitare le tenute vistose e stravaganti pur in voga tra i gentiluomini di rango, aveva optato per una giacca verde bosco, un panciotto bianco e una cravatta dal nodo assai semplice. A trent’anni era grato a Dio e alla vita per averlo fatto tornare vivo dalla guerra nella Penisola e dalla battaglia di Waterloo. Non era un giocatore abituale e di certo non era solito puntare più di quanto non potesse permettersi di perdere. Anzi, aveva acconsentito a sedersi a quel tavolo solo per rimpiazzare il Conte di Vallon, ritiratosi improvvisamente dal gioco.

    Aveva osservato con interesse lo svolgersi della partita già prima di entrare a farne parte, giungendo alla conclusione che Lord Bentwater fosse troppo astuto per Sir George. Se costui avesse avuto un solo briciolo di buonsenso in capo, infatti, avrebbe dovuto alzarsi e abbandonare il tavolo ore prima. Quando se ne era presentata l’occasione, Alex si era unito a loro proprio per la curiosità di verificare fino a dove si sarebbe spinto Sir George prima di arrendersi. Adesso però, proprio come il valletto lì accanto, non desiderava altro che andare a letto.

    «Ebbene, George?» Lord Bentwater ruppe il silenzio. «Volete continuare?»

    «Accetterete un mio pagherò

    «A casa ho un cassetto pieno dei vostri pagherò. Non sarebbe ora che iniziaste a onorarli?»

    «Un cassetto pieno?» Sir George assunse un’aria allarmata. «Non ricordo di avervene dati più di tre.»

    «Ho acquistato gli altri dai vostri creditori.»

    Sir George ne fu sbigottito. «E perché mai?»

    «Consideratelo un investimento, amico mio. Alcuni erano talmente vecchi che li ho pagati meno della metà del loro valore originario, dato che i loro sfortunati possessori avevano da tempo rinunciato a venir rimborsati.»

    «In tal caso, non vi aspetterete di riscuotere l’intera cifra?»

    «Certo che sì. Più gli interessi, ovviamente.»

    «Sapete che non sono in grado di pagarvi.»

    «Perché no? Pensavo che, sposando una ricca vedova, vi foste sistemato per sempre.»

    «Lo pensavo anch’io» sospirò Sir George con aria afflitta. «Ma mi sbagliavo.»

    «Volete dire che non è poi così ricca?» sghignazzò Bentwater. «Oh, che spasso!»

    «I soldi ci sono, ma lei non ha la libertà di spenderli. Quell’idiota di suo marito le ha assegnato soltanto una piccola rendita annuale e ha lasciato tutto il resto vincolato in un fondo per la figlia.»

    «Allora avreste dovuto sposare la figlia, George. Quanti anni ha?»

    «Adesso venti. Ne aveva diciotto quando ho sposato sua madre.»

    «Grande abbastanza da maritarsi» osservò Bentwater con aria pensierosa, urtando leggermente l’orlo del bicchiere con i denti gialli e marci.

    «L’avrei fatto, se avessi saputo che l’ereditiera era lei. Adesso andrà tutto al primo idiota che la sposerà.»

    «Allora vi conviene adoperarvi affinché contragga un matrimonio vantaggioso... per voi» gli consigliò Bentwater.

    «Non vedo come potrei!»

    «Ditemi, la ragazza è graziosa?»

    «Sì. Un bel viso. Bella dentatura e una figura gradevole. Alta...»

    «Quanto?»

    «Non saprei. Io sono alto poco meno di sei piedi, ma la supero di due o tre pollici appena. Perché vi interessa?»

    «Non sta bene che una moglie sia più alta del marito» gli spiegò Cecil Bentwater.

    «È vero» convenne Sir George.

    «E dispone di un ricco patrimonio, avete detto.»

    «Sì. Almeno trentamila sterline l’anno. Fino al suo matrimonio sarà tutto gestito dagli amministratori fiduciari del fondo, quindi non posso toccarlo.»

    «Vi siete risposto da solo, caro amico. La sposerò io, come pagamento della somma che mi dovete.»

    «Che cosa?»

    «Mi avete inteso benissimo.»

    «Il mio debito non può ammontare a tanto!» protestò il baronetto.

    «Almeno ventimila sterline, più quella spilla di diamanti che mi deste e che si rivelò essere un fondo di bottiglia.» Bentwater si interruppe brevemente per dare modo ai presenti di assimilare l’informazione. «Se si sapesse in giro che vi servite di gioielli falsi per pagare i vostri debiti, non ci fareste una bella figura.»

    Sir George deglutì rumorosamente, mentre Jeremy Maddox si lasciava sfuggire una risata e Alex desiderava sempre più di non essersi lasciato convincere a sedere a quel tavolo. Lo metteva a disagio l’idea di essere testimone, e in minima parte anche complice, dell’umiliazione di Sir George. La situazione si stava facendo sempre più sgradevole.

    «Volete che vi ceda la mia figliastra?»

    «Perché no? Ho giusto giusto bisogno di una moglie. Quelle che ho avuto finora sono state incapaci di darmi un erede, quindi ne voglio una giovane e forte. E, se proviene da un’ottima famiglia ed è provvista di una lauta dote, tanto meglio.»

    «Suvvia, signori» intervenne Alex in tono conciliante. «Non credete di esagerare?»

    «Non sono affari vostri!» sbottò Cecil Bentwater. «A meno che non vogliate acquistare i pagherò di Sir George e sposare voi stesso la ragazza» aggiunse.

    «Nient’affatto, milord. Non cadrei mai così in basso da comprare una moglie. Non ne ho bisogno, io.» Alex vide lo sguardo del suo interlocutore oscurarsi, tuttavia non seppe trattenersi dall’aggiungere: «E se lei non volesse sposarvi?».

    «Le figlie devono semplicemente obbedire» ribatté Bentwater, tornando quindi a rivolgersi a Sir George. «Sarò generoso. I vostri pagherò, più cinquemila sterline in contanti. Con un po’ di fortuna, potreste farle fruttare.»

    L’espressione di Sir George tradiva il fermento di calcoli e congetture in corso nella sua testa. Di colpo, la disperazione era stata sostituita dalla speranza, come se qualcuno gli avesse lanciato una fune per tirarlo fuori da un mare in tempesta. Sarebbe sopravvissuto. Con cinquemila sterline avrebbe potuto rimettersi in sesto.

    «Badate» precisò poi Bentwater, «non vi darò il denaro fino a matrimonio avvenuto.»

    «Sua madre non accetterà mai.»

    «Come le figlie, anche le mogli devono solo obbedire.»

    «Mi proponete un affare spietato, signore.»

    «Dunque l’affare è fatto?»

    Con riluttanza, Sir George gli tese la mano. «Affare fatto.»

    Lord Bentwater gliela strinse, raccolse le vincite e si alzò. «Signori, propongo di aggiornare la partita. Sir George ha un bel lavoro di persuasione da compiere.» Poi si rivolse al diretto interessato. «Voglio essere presentato alla ragazza e alla madre alla prima occasione. Diciamo... da Almack’s mercoledì sera?»

    «Mancano solo due giorni!»

    «Uno, considerando che è già martedì. Meglio accelerare i tempi, non trovate? Gli interessi aumentano ogni giorno che passa.»

    Detto ciò se ne andò, lasciando Sir George in uno stato di completa confusione, mentre Jeremy Maddox stentava sempre più a contenere le risate.

    Alzandosi dal tavolo e raccogliendo le proprie vincite, Alex gli rivolse uno sguardo di condanna. «Venite, Maddox, andiamo a prendere una boccata d’aria. L’odore di questa stanza è insopportabile.»

    Per strada era ormai pieno giorno. Durante la notte era piovuto e le vie erano invase dal fango. Subito si fece avanti uno spazzino, adoperandosi per aprire un varco ai due gentiluomini. Alex lo ricompensò con un sorriso e una moneta di valore ben superiore al penny richiesto dal ragazzo per effettuare quel servizio.

    «Che serata divertente» commentò Maddox, guardando bene dove metteva i piedi per evitare le pozzanghere. «Pensavo che Sir George stesse per avere un colpo.»

    «Lo conoscete bene?»

    «No, ma conosco la sua reputazione di giocatore incallito. Non sapevo che fosse in condizioni così disperate.»

    «Credete che Bentwater lo costringerà a onorare l’accordo?»

    «Oh, senza dubbio. Chissà quanto resisterà quella poveretta. Bentwater ha già avuto tre mogli, una più ricca dell’altra. La prima è morta di parto insieme al neonato. La seconda in un incidente in carrozza e la terza fu uccisa da un fantomatico aggressore che non venne mai catturato. A quei tempi, il fratello della sventurata sostenne che il responsabile fosse proprio Bentwater, ma non disponendo di prove venne facilmente messo a tacere. È dunque più che comprensibile che non sia riuscito a convincere nessuna donna a diventare la moglie numero quattro.»

    Alex non riusciva a immaginare che una giovane dotata anche solo di un briciolo di carattere potesse acconsentire a sposare Lord Bentwater. Era un individuo decisamente disgustoso. Né una madre che potesse davvero definirsi tale avrebbe mai permesso di usare la propria figlia come merce di scambio. «E se la ragazza respingesse quel vecchio debosciato? Non possono certo trascinarla all’altare» osservò.

    «Non ne ho idea. Immagino che Sir George dovrà trovare un altro modo per saldare il debito.»

    «Se io e voi non avessimo accettato di giocare, tutto ciò non sarebbe successo» si rimproverò Alex.

    «Se non avessimo giocato, avrebbero trovato qualcun altro. Sospetto che l’idea del matrimonio non sia balzata in testa a Bentwater così all’improvviso. Credo anzi che l’accarezzasse già da tempo. Se qualcuno provasse a mettersi in mezzo, non esiterebbe a schiacciarlo. Spero che non stiate pensando di intervenire, Malvers...»

    «No di certo. Non sono disposto a gettare ventimila sterline al vento.»

    «Non le gettereste al vento. Ci guadagnereste una moglie giovane e ricca. In fondo, non siete ancora sposato, vero?»

    «Non ne ho avuto il tempo. Per gran parte della mia vita adulta sono stato nell’esercito.» Suo padre, il defunto Visconte di Malvers, aveva sempre dimostrato scarso interesse per il figlio minore, considerandolo un debole troppo attaccato alla madre. Così, alla prima occasione lo aveva spedito nell’esercito, per farne un vero uomo. La vita sotto le armi aveva in effetti insegnato parecchio ad Alex, indurendolo un poco, ma sotto la corazza che si era costruito era rimasto quello di sempre: una persona comprensiva e generosa, soprattutto nei confronti degli indifesi. Aveva imparato a combattere valorosamente, ma dopo aver conquistato la vittoria era sempre stato pronto a concedere clemenza al nemico battuto. Quei due lati della sua natura, il soldato cinico e intransigente e l’uomo ragionevole e clemente, talvolta entravano in conflitto, conferendogli un’aura elusiva ed enigmatica che coloro che lo circondavano non mancavano mai di notare.

    «Quindi avete ereditato il titolo solo di recente?» si informò Jeremy.

    «L’anno scorso. Mio fratello maggiore è morto e mio padre lo ha seguito nel giro di una settimana. Deve essere stato il duro colpo, sapete.» Lawrence, più vecchio di Alex di sette anni, era stato la luce degli occhi dell’anziano visconte e di certo era stata la sua morte in un incidente di caccia a causare l’infarto che aveva stroncato il padre.

    «Vi porgo le mie condoglianze.»

    «Grazie.»

    «Vostro fratello non ha lasciato eredi?»

    «No.» Lawrence aveva contratto un matrimonio ideale, secondo i criteri e le convenzioni della società, ma non certo felice. Si era ritrovato con una moglie assolutamente incontentabile. L’unico interesse di Constance era stato dar fondo alle ricchezze del marito e trarre vantaggio dal titolo assunto sposandolo. Più Lawrence aveva cercato di assecondarla, più le pretese della donna si erano fatte smodate.

    La situazione in casa era divenuta sempre più tesa, tanto che alla fine l’esercito era parso ad Alex quasi una gradita via di fuga. Dopo aver assistito agli aspri litigi tra Lawrence e Constance aveva giurato a se stesso di non fare mai la stessa fine.

    Poi era tornato da Waterloo per trovare la famiglia distrutta: sua madre in lutto, sua cognata fuggita con l’ultimo di una lunga serie di amanti e la tenuta, a lungo trascurata, votata alla rovina. Ciononostante, Alex aveva sempre tenuto fede al proposito di non sposarsi per denaro, alternativa che l’avvocato di famiglia gli aveva invece prontamente suggerito. Mai e poi mai si sarebbe lasciato attirare nella stessa trappola che, indirettamente, aveva ucciso suo fratello, dato che l’incidente di caccia era stato causato dallo stato di ubriachezza quasi perpetua in cui il povero Lawrence aveva cercato rifugio. Se mai si fosse sposato, cosa che non aveva comunque alcuna fretta di fare, avrebbe dovuto sentirsi molto, ma molto sicuro dei sentimenti della fanciulla in questione.

    «Ebbene, che cosa ci fate a Londra?» La voce di Maddox lo riportò al presente.

    «Dovevo sbrigare alcuni affari.» Per salvare la tenuta dalla rovina, il primo passo, cui aveva già provveduto, era stato venire in città per assumere un valido amministratore. «E mia madre ha ovviamente suggerito di approfittarne per guardarmi intorno...» aggiunse con un mezzo sorriso.

    «Allora perché non venite da Almack’s con me, mercoledì? È il posto ideale da frequentare, se state cercando moglie. Potremmo anche dare un’occhiata alla figliastra di Sir George.»

    «Non sto cercando moglie. Anzi, preferirei non sposarmi affatto.»

    «Ma un uomo si deve pur sposare!» protestò Maddox. «Un uomo di rango, intendo. Ha il dovere di perpetuare la stirpe, trovando una moglie di buona famiglia e reputazione ineccepibile. Se poi la fanciulla in questione è anche graziosa, tanto meglio!»

    «Il dovere?» gli fece eco Alex stizzito. «Il mio dovere l’ho fatto quando ero soldato.»

    «Certo, ma vi sono diversi tipi di dovere. Che cosa succederebbe ai vostri possedimenti se, alla vostra morte, non ci fosse nessuno a ereditarli?»

    Alex si era già sentito rivolgere quella domanda innumerevoli volte, dopo il suo ritorno, da sua madre e dall’avvocato. «Ho visto abbastanza matrimoni infelici da restarne scoraggiato» replicò. «Non ho alcuna fretta di incatenarmi a vita a una donna.»

    «Dunque non verrete da Almack’s

    «L’unica volta in cui sono stato da Almack’s, quando ero ancora molto giovane, l’ho detestato profondamente. È un ambiente così rigido e formale! E poi ho già un altro impegno. Ho promesso a mia zia di accompagnarla a un ricevimento a casa di Lady Melbourne. Dovrò rinunciare al piacere di vedere la figliastra di Sir George» concluse Alex in tono sarcastico.

    «Io sono curioso di vederla. Quella poverina ha tutta la mia compassione.»

    «Questo è vero» convenne Alex. «E ora andatevene a letto, amico mio. Io non ne vedo l’ora.»

    Così si separarono all’angolo di Mount Street, che Alex iniziò poi a percorrere per raggiungere la dimora situata all’angolo con Park Lane dove risiedeva al momento, ospite di sua zia, Lady Augusta Banks. Era molto affezionato all’anziana parente, pur sapendola complice di sua madre nel complotto per trovargli al più presto una moglie ricca e titolata. Era stato proprio per sfuggire a un’altra tediosa serata in società che la sera precedente si era recato da Brooks’s, dopo essersi comunque fatto estorcere la promessa di accompagnare zia Augusta da Lady Melbourne la sera successiva. Vi erano però altri motivi che l’avevano spinto ad accettare quel particolare invito: il salotto della gentildonna era infatti frequentato da politici di spicco e lui sperava di cogliere l’occasione per

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