Una trasgressione col capo: Harmony Bianca
By Sue Mackay
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Una notte inaspettata...
La vita di Tamara Washington era perfetta finché il suo ex fidanzato ha deciso di distruggerla pubblica-mente. Da quel momento Tamara ha tenuto lontani gli uomini, concentrandosi soltanto sui propri pazienti. Ma una notte infuocata in compagnia del suo capo, il dottor Conor Maguire, ha capovolto il suo mondo. Ancora una volta.
... con delle conseguenze.
Ora Tamara è incinta e Conor è costretto a confrontarsi con l'idea di essere padre, un ruolo per cui non era assolutamente preparato. Ma se entrambi riusciranno ad affrontare le proprie paure, forse insieme potranno diventare una famiglia. Perché, con Tamara tra le sue braccia, a Conor niente sembra impossibile.
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Una trasgressione col capo - Sue Mackay
successivo.
1
L'infermiera Tamara Washington rimase a osservare la squadra della Terapia Intensiva Neonatale, intenta a spingere la barella con il piccolo paziente verso l'ascensore che portava al reparto.
«L'incubo di ogni genitore» commentò Conor, lasciandosi andare su una sedia del Pronto Soccorso. «C'è stato un momento in cui ho pensato che non ce l'avremmo fatta a salvarlo.» Il bimbo, arrivato con la febbre alta, aveva smesso di respirare mentre lo visitavano.
«Ma ce l'hai fatta. Ce l'abbiamo fatta.» Era difficile credere che fosse possibile rianimare un esserino così piccolo. Quel giorno Tamara aveva fatto fatica a contenere le proprie emozioni. Un sacco di domande le giravano in testa, mentre osservava il collega trascrivere alcune note sulla cartella clinica. Doveva assolutamente dirglielo.
«Perché mi guardi così?» domandò Conor con quell'accento irlandese, che la metteva sempre sottosopra.
«Puoi concedermi qualche minuto alla fine del turno?» gli domandò Tamara con una stretta al cuore. Avrebbe cambiato per sempre la vita tranquilla del dottor Maguire, indipendentemente dalla reazione che lui avrebbe avuto alla notizia che stava per dargli.
«Certamente» replicò Conor, con un'occhiata distratta. «È per l'iscrizione all'università?» Fino a quel momento era stato molto paziente a sopportare le mille domande che lei gli aveva rivolto.
Tamara diede uno sguardo al Pronto Soccorso del Central Hospital di Auckland, il posto dove si sentiva più a suo agio. Lì sapeva perfettamente come muoversi. «So che sono un po' pignola, ma ho bisogno di certezze.»
«Sì, ma stai esagerando» commentò Conor con uno di quei sorrisi che le facevano venire le farfalle nello stomaco.
«Da oggi cambierà tutto.» Era un anno che pensava alla possibilità di laurearsi in Medicina. Ma quel sogno, sul quale aveva investito così tanto, si era dissolto davanti a una linea blu su uno stick di plastica. Due test di marche diverse, stesso risultato. Non c'era da discutere. Tamara si premette leggermente il ventre, mordicchiandosi il labbro inferiore. La vita era piena d'insidie.
Conor interruppe il corso dei suoi pensieri. «Se il turno non si protrae troppo a lungo, possiamo andare a mangiare qualcosa insieme.»
«No» rispose Tamara, sentendosi sopraffare da un senso di nausea alla sola idea del cibo pesante del pub. Per non parlare dell'alcol. Era tutta sudata. Dopo la prima sensazione di nausea, che l'aveva assalita appena sveglia il venerdì mattina, si era sentita completamente distrutta. E i suoi progetti erano stati stravolti.
«Perché no?» domandò Conor, guardandola perplesso.
«Potremmo parlare nel tuo ufficio?» Almeno avrebbero affrontato il discorso in un luogo privato. «Non ci vorrà molto, te lo prometto.»
Gli occhi azzurri di Conor si dilatarono leggermente.
«Non ho più intenzione di disturbarti per l'università.» E su questo non c'erano dubbi.
«Bene, allora. Ci vediamo nel mio ufficio appena avremo finito.»
Il suo accento avvolse Tamara come in un sogno. Avevano passato una notte a letto insieme... con conseguenze devastanti. Lui era stato passionale e fantasioso, decisamente all'altezza. Tamara provò una vampata di calore al ricordo. Si era dovuta dare un pizzicotto, per convincersi che fosse successo davvero, ma ora ne aveva la prova concreta.
Il suono stridente di una sirena li interruppe e Conor balzò in piedi. «Vittima di un incidente. Auto contro camion. Possibile polmone perforato.»
Correndo dietro all'unico uomo con il quale negli ultimi tempi aveva condiviso momenti d'intimità, Tamara ne ammirò i capelli scuri, ripensando a quando li aveva accarezzati. Il presente, però, era un'altra storia. Venire a sapere che era incinta di suo figlio avrebbe messo a dura prova l'equilibrio di Conor.
Lei ascoltò la donna paramedico che riferiva le informazioni sul paziente, assunse un'espressione professionale, raddrizzò la schiena e cercò di mettere da parte ogni pensiero che non riguardasse il lavoro.
«Il volante l'ha colpito in mezzo al petto. Possibili fratture alle costole e probabile perforazione dei polmoni.»
Conor interruppe la donna. «Tamara, finisci di prendere nota. Io accompagno il paziente in Rianimazione. Gli farò fare una lastra.» Aveva pronunciato quelle frasi con calma e stava già sospingendo la barella verso il reparto, accompagnato dall'altro paramedico. Se le costole avevano perforato i polmoni, il paziente poteva rimanere senza ossigeno da un momento all'altro.
«Da quanto tempo è successo l'incidente?» domandò Tamara alla collega paramedico.
«Un quarto d'ora fa. È stato all'angolo con Grafton Road. Eravamo in zona per un altro incidente e siamo intervenuti velocemente.»
Una buona notizia. «Cos'altro?»
Mentre la donna elencava i traumi subiti dal paziente, Tamara non poté fare a meno di trarre un sospiro di sollievo. Sarebbe stata occupata e non avrebbe avuto modo di pensare ad altro.
«Abbiamo bisogno di ossigeno» l'avvisò Conor, quando lo raggiunse in Rianimazione. «Immediatamente.»
«Subito!» esclamò Tamara, lasciando i documenti a un'altra infermiera. «Kelli, ti dispiace riferire questi dati a Conor?» Afferrò la bombola dell'ossigeno e si augurò che non fosse troppo tardi.
Lei e Kelli lavorarono con Conor, per tamponare l'emorragia e ripristinare la respirazione. Poi procedettero ad applicare una flebo.
In quel momento furono raggiunti da Michael, lo specializzando. «È stato colpito dal volante?»
Conor fece un cenno di assenso. «Sì.»
Tamara ripulì la bocca impastata di sangue dell'uomo. «I polmoni potrebbero essere stati danneggiati.»
«Tutti indietro!» esclamò il tecnico di Radiologia, sopraggiungendo in quel momento e scattando una serie di lastre con la macchina portatile.
«Che cosa hai trovato?» domandò Conor, prima ancora che avesse finito.
«Dammi soltanto un minuto.»
«Non abbiamo un minuto.» La vita del paziente dipendeva dai risultati delle radiografie. Appena le immagini apparvero sullo schermo, Conor le studiò con attenzione. Non voleva perdere il paziente. «Ci sono fratture nella parte destra della gabbia toracica. Due costole appaiono staccate dallo sterno, ma non sembrano aver danneggiato i polmoni.»
Tamara osservava le immagini da dietro le spalle di Conor. «Quest'uomo è stato fortunato.»
«Forse. Ma da quello che ho visto, deve avere una frattura al cranio e una al gomito destro. A giudicare dalla quantità di sangue, si dev'essere lacerata un'arteria e potrebbero esserci danni agli organi interni.» Aveva già chiesto di trasportare i campioni di sangue in laboratorio e verificare la compatibilità del gruppo sanguigno. Poi si rivolse al tecnico radiologo. «Ho bisogno di una lastra del bacino e una delle braccia. Consegna tutto al radiologo per il referto.»
«Nessun problema.»
«La milza è stata lesionata» riferì Conor, dopo aver parlato con il radiologo. «Mi chiedo che cosa abbia determinato le ferite al di sotto della gabbia toracica» commentò, sollevando il telefono. «Bisogna allertare i chirurghi.»
«L'altro veicolo potrebbe avere spinto la fiancata verso l'interno» osservò seria Tamara.
«Come va l'ossigeno?» domandò Conor, tenendo premuto il telefono contro l'orecchio. «Qual è il livello di saturazione?»
Tutti lavorarono senza distrarsi. Quando alla fine il paziente venne trasportato in sala operatoria, Tamara si sentì improvvisamente esausta. «È stato pazzesco.» Erano abituati a quel tipo di emergenze, ma di solito non si sentiva tanto spossata. Provava di nuovo stanchezza e senso di nausea, tipici della gravidanza.
Conor continuava a sbadigliare. «Odio le ferite da trauma. Sono irregolari e difficili da trattare.» Anche lui era stanco? Forse si era dato da fare a letto nel weekend?
Tamara sentì un crampo allo stomaco. Solitamente non era gelosa, erano soltanto amici e colleghi e si sapeva che a Conor piacevano le donne. Non voleva lasciarsi coinvolgere troppo. Il suo cuore le aveva già mandato un avvertimento. Conor può mettere a dura prova la tua decisione di restare single.
Lo osservò, mentre si massaggiava la parte bassa della schiena e si alzava in punta di piedi, ruotando la testa da sinistra a destra. Lui colse il suo sguardo.
«Qualsiasi veicolo può diventare estremamente pericoloso.»
Lei ricambiò lo sguardo. Era stato uno sguardo come quello a metterla nei guai. Una serata tra colleghi. Nel ripensare a quella notte di passione, sentì venirle l'acquolina in bocca. Sarebbe stato così facile lasciarsi di nuovo andare. Ma erano sul lavoro e non sarebbe successo. E poi lei era sul punto di sconvolgere il suo mondo.
«Pronto, Tamara? C'è qualcuno in casa?» domandò Conor, agitandole una mano davanti agli occhi.
Di che cosa stavano parlando? Del pericolo legato a ogni veicolo. «Per questo ho smesso di guidare» dichiarò Tamara, distogliendo lo sguardo da quel corpo tonico e cercando di concentrarsi sul letto da cambiare. Stava parlando di smettere di guidare e non possedeva nemmeno una macchina. «Cadere dalla bici può creare conseguenze» provò a precisare, cercando di darsi un contegno.
«Pensi di riprendere ad andare in bici?» domandò Kelli, guardandola con aria divertita dall'altro lato del letto.
Tamara si toccò il ventre. La gente aveva occhi anche dietro la testa. «No, non credo. Non sono disinvolta. Almeno dal giorno in cui sono finita dentro un fosso ricoperto d'erba. Continuo a pensare che avrei potuto spiaccicarmi.» Fu percorsa da un brivido. Quel giorno i giornalisti la stavano inseguendo per un commento sull'ultimo crimine commesso dal suo ex. Se l'era cavata con tre punti sul braccio, per una bottiglia rotta nascosta nell'erba.
Conor era stato il primo uomo con il quale era andata dopo Peter. Ma si sentiva spaventata, perché sapeva che avrebbe potuto farsi molto male.
L'aveva considerata l'avventura di una notte. E infatti Conor si era mostrato sollevato, quando la mattina dopo lei era saltata giù dal letto e si era rivestita in fretta, dichiarando che doveva andare. Poi però lui ci aveva ripensato e l'aveva invitata a colazione in un caffè di lusso. Era come se, allontanandosi, fosse riuscita a stuzzicare il suo interesse.
Quando aveva cercato di declinare l'invito, lui aveva insistito per accompagnarla almeno alla fermata dell'autobus. Faceva tutto parte del fascino di Conor e per questo poteva essere ancor più pericoloso.
«Attacco d'asma» annunciò l'infermiera addetta a stabilire le priorità. «Tempo di arrivo previsto dieci minuti.»
«Non c'è mai un momento di riposo» commentò Conor con aria stanca.
«Non possiamo sicuramente dire di annoiarci» osservò Tamara. Ma la fine del turno si stava comunque avvicinando. Come avrebbe reagito Conor alla notizia? L'avrebbe accusata di volerlo incastrare o le avrebbe dato un buffetto, augurandole buona fortuna e voltandosi dall'altra parte?
«Che cos'hai oggi? Sembri distratta» osservò lui, guardandola dal suo metro e ottanta di statura. «E hai l'aria sciupata.»
«Sto bene» borbottò Tamara, raggiungendo una donna di mezza età con una sospetta frattura alla caviglia. Per forza era sciupata. Quella mattina aveva vomitato la colazione.
«Vieni con me dalla paziente» la chiamò Conor in quel momento.
«Nessun problema» mentì lei seria.
«Sembri più allegra adesso.»
Non lo aveva sentito arrivare. «Non venirmi vicino così piano» lo rimproverò, con il cuore che batteva forte.
«Comincio a pensare che tu abbia bisogno di una pausa caffè. Qualcosa ti preoccupa e non va bene, quando sei di turno in Pronto Soccorso.»
Aveva ragione. E