Il futuro comincia a primavera (eLit): eLit
By Kate Walker
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Kate Walker
Autrice inglese originaria della regione di Nottingham, ha anche diretto una libreria per bambini.
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Il futuro comincia a primavera (eLit) - Kate Walker
978-88-5898-178-8
1
Rhys Morgan abbandonò la strada principale e premette il piede sull'acceleratore per aggredire il ripido pendio.
«E questa sarebbe una strada che porta a un hotel?» borbottò con impazienza fra sé e sé mentre affrontava quelle curve insidiose, le mani che stringevano il volante con forza. «Sembrerebbe pensata per scoraggiare la gente.»
Ma niente avrebbe potuto fermare lui. Non in quel momento.
Non quando sembrava essere giunto alla fine delle sue ricerche. Quando si sarebbe trovato faccia a faccia con la donna che era riuscito a rintracciare. Quando avrebbe finalmente potuto ricevere spiegazioni su ciò che aveva monopolizzato i suoi pensieri in tutte quelle settimane.
Sua figlia.
Aveva trascurato il lavoro, gli affari, gli amici... la sua stessa vita, negli ultimi tre mesi. Aveva percorso chilometri, attraversando almeno tre stati e solo Dio sapeva quanti paesi.
E tutto per una persona della quale, fino a poco prima, aveva ignorato l'esistenza.
La bambina che era convinto non sarebbe mai nata, perché la sua ex moglie aveva sempre sostenuto che una gravidanza le avrebbe rovinato la linea e lo stile di vita.
Ma tre mesi prima aveva appreso che qualcosa di completamente diverso era accaduto.
In quel momento, la strada si aprì all'improvviso su un ampio parcheggio ghiaioso, alla cui estremità sorgeva il piccolo hotel che stava cercando.
Posizionato in cima alla vallata, si ergeva solido sotto la pioggia battente, circondato dalle montagne selvagge e impreziosito dalle profondità del lago Windermere che si dispiegava sotto di lui.
«Finalmente!» Rhys si diresse verso un posto macchina tracciato sommariamente sul terreno, frenò e si rilassò contro lo schienale con un profondo sospiro, guardandosi intorno con gli occhi color zaffiro.
Era arrivato.
Ora doveva decidere quale sarebbe stata la mossa successiva. Decidere esattamente come comportarsi quando si sarebbe trovato di fronte a Caitlin Richardson, la cugina di sua moglie. La donna alla quale era stata affidata la figlia che lui, fino a poco tempo prima, non sapeva nemmeno di avere.
Caitlin Richardson mise giù il telefono e con un sospiro di stanchezza si passò le mani fra i lunghi capelli scuri, le cui punte erano diventate secche e sfibrate. Ultimamente non aveva nemmeno avuto il tempo per farsi fare un taglio decente.
Prendersi cura di una neonata di sei mesi non lasciava molto spazio al divertimento, al relax, o alla cura di sé. Non quando, oltre a ciò, si cercava di svolgere un lavoro a tempo pieno per guadagnare denaro sufficiente a sfamare entrambe.
E lei era stanca. Stremata.
Nelle ultime due settimane Fleur aveva dormito male a causa dei dentini che cominciavano a spuntare, e di alcuni cambiamenti nelle sue abitudini.
Per quel che riguardava lei, nemmeno ricordava da quanto tempo non si concedeva un'intera notte di sonno. Sicuramente non da quando aveva appreso la notizia su Amelie e Josh.
«Non voglio ricordare» gemette, poi si stropicciò gli occhi con le mani, nel tentativo di scacciare quei ricordi che insistevano ad affacciarsi alla sua mente.
«Chiedo scusa...»
Una voce estranea irruppe nei suoi pensieri, sorprendendola e facendola sussultare.
«Stavo... stavo pensando ad alta voce» balbettò, mentre si ritrovava a fissare un sorprendente paio di brillanti occhi blu.
Per fortuna, la sua professionalità le venne subito in soccorso con le parole adatte alla circostanza. «Posso aiutarla?»
Sperò che il suo sorriso fosse convincente e che la sua espressione fosse di benvenuto per il nuovo cliente.
Ma era davvero un cliente? Al Linford, di solito, venivano gruppi familiari o coppie in pensione, che sceglievano quell'hotel modesto per trascorrere qualche giorno in tranquillità lontano da casa.
Quell'uomo appariva troppo benestante per essere uno di loro. Anche se era vestito sportivamente, in attillati jeans neri e un maglione color corda, i suoi abiti avevano un taglio e una qualità che parlavano di soldi. Molti soldi.
«Ho una prenotazione...»
Allora era veramente un cliente! Caitlin riuscì a soffocare l'esclamazione di stupore che le era salita alle labbra e si girò verso la tastiera del computer.
«A che nome?»
«Delaney. Matthew Delaney.»
Si era avvicinato. All'improvviso la sua vicinanza le parve eccessiva e la mise a disagio, senza che riuscisse a spiegarsene la ragione.
«Delaney...»
La vista le si appannò mentre cercava il nome sul video. Non era mai stata tanto conscia della presenza di un altro essere umano in vita sua.
Quegli occhi erano davvero spettacolari. Blu come il cielo al termine di una calda giornata estiva, quando è ormai prossima la notte. Anche lui aveva bisogno di un taglio di capelli, e il ciuffo scuro che gli ricadeva sulla fronte era una sensuale tentazione per le dita di Caitlin che, all'improvviso, smaniarono dal desiderio di spingerglielo indietro, di sentire il calore della sua pelle.
«Delaney...» ripeté lei con più forza, nel tentativo di concentrarsi.
Poi sobbalzò, quando un lungo dito affusolato le si parò davanti agli occhi.
«Cosa...?»
«Matthew Delaney.» Il serio tono di voce dell'uomo conteneva una nota divertita che, senza sapere perché, la fece innervosire. «Il mio nome. È proprio lì.»
«L'avevo visto.»
Il desiderio di non fare la figura della stupida rese la sua voce più acuta di quanto avesse voluto. E di quanto gradisse l'uomo, le cui scure sopracciglia si corrucciarono immediatamente.
«Sono spiacente, signore. Io volevo...»
«Quello che lei voleva era che me ne stessi al mio posto.»
Con sollievo Caitlin si rese conto che la voce dell'uomo suonava comprensiva, mentre un lieve sorriso addolciva la linea severa e controllata delle sue labbra.
«Be', non proprio in questi termini. E comunque avevo la situazione sotto controllo.»
«Ovviamente, signorina...» gli occhi blu si abbassarono a leggere il nome sulla targhetta appesa sulla sua elegante camicetta bianca. «... signorina Richardson.»
E all'improvviso il sorriso svanì. «Visto che ha la situazione sotto controllo, signorina Richardson, le spiacerebbe dirmi qual è la mia camera?»
Caitlin Richardson non era per niente come se l'era aspettata, pensò Rhys. Non l'aveva mai vista prima. Non era stata una degli invitati di Amelie in occasione del loro vorticoso matrimonio di due anni prima. Sapendo che era una parente della sua ex moglie, si era immaginato che in qualche modo le assomigliasse. E visto che si aspettava una bionda slanciata e dotata del sofisticato stile parigino caratteristico di Amelie Deslonge, quella creatura del tutto ordinaria rappresentava una specie di shock.
Altezza nella media, corporatura nella media, colori comuni. Niente di speciale, insomma...
Ma quando lei lo guardò direttamente per la prima volta, Rhys cambiò idea.
Non aveva mai visto occhi simili. Occhi da gatta. Grandi, brillanti occhi dorati, bordati da ciglia inverosimilmente lunghe.
Occhi spettacolari. Occhi da letto.
«Stanza trecentoquarantadue. Se per cortesia vuole firmare qui e registrare la sua macchina...»
«Certo.»
Maledizione! A causa della sua distrazione stava per firmare automaticamente, usando il suo vero nome...
Dovette fermarsi un secondo e afferrare la penna con un'inclinazione diversa, prima di scarabocchiare il nome falso con il quale aveva prenotato la camera.
Be', non era completamente falso, si corresse mentalmente. In effetti Matthew e Delaney erano i suoi secondi nomi.
Avrebbe forse avuto qualche problema al momento di pagare il conto, ma per allora sperava di poter svelare la propria identità. Per il momento, Rhys Matthew Delaney Morgan era di sicuro un nome fin troppo noto a Caitlin Richardson, o a chiunque altro conoscesse la sua reputazione come mercante d'arte internazionale, e avrebbe potuto metterla in allerta sul fatto che l'ex marito della cugina era diretto all'albergo, deciso ad appurare alcuni fatti e ottenere risposte a una serie di importanti domande.
Risposte che solo Caitlin Richardson poteva dare.
«La camera si trova all'ultimo piano. L'ascensore è laggiù, e le scale si trovano dietro l'angolo alla sua destra. Vuole aiuto per i bagagli?»
Lui indicò con un gesto la piccola borsa appoggiata sul lucido pavimento di legno. «Penso di farcela.»
L'ironia dell'intonazione la fece arrossire, mettendo in evidenza gli zigomi alti e la pelle morbida.
«Ne sono certa!» Di nuovo, la sua brusca risposta rivelò quanto si sentisse a disagio.
E si sarebbe sentita ancor più a disagio se avesse saputo chi era lui veramente, pensò Rhys. Se avesse solo sospettato la sua vera identità e la ragione per la quale era lì, non sarebbe stata tanto propensa a porgergli la chiave della camera; anzi, gliel'avrebbe strappata di mano, rifiutandosi perfino di fargliela toccare.
«La colazione viene servita dalle sette...»
L'elenco dei dettagli relativi al servizio dell'hotel gli sfiorò le orecchie mentre un improvviso, spiacevole pensiero lo colse. Gli venne in mente come, quando aveva percorso a piedi la distanza che separava la macchina dall'hotel, aveva notato il gregge che pascolava tranquillamente lungo il pendio della collina. Ora ebbe la sensazione di essere lui il grande lupo cattivo, che si aggirava attorno agli agnelli ignari, in attesa dell'occasione più propizia per balzare loro addosso.
Non era una posizione che lo faceva sentire a suo agio. O in cui avrebbe mai pensato di trovarsi.
«E se lo desidera, il servizio in camera è disponibile ventiquattr'ore al giorno. Credo che questo sia tutto.»
«Non tutto.»
«Come?» Ancora una volta sul suo volto comparve un'espressione confusa. «A cosa si riferisce?»
«Quando finisce il suo turno?»
Accidenti! Come aveva potuto sfuggirgli quella domanda? Okay, in ultima analisi anche quello poteva far parte del piano. Per conoscerla, per guadagnarsi la sua fiducia. Poi lui avrebbe rivelato la sua vera identità, e se necessario sarebbe ricorso alle maniere forti facendo entrare in scena i suoi legali.
Ma ora stava rischiando di rovinare tutto per la troppa fretta. A cosa stava pensando?
No, dovette ammettere con se stesso. La questione era con cosa stava pensando? Sicuramente non con il cervello.
Guardando in quei favolosi occhi, Rhys si accorse che l'espressione cortese e sorridente era scomparsa, e si rese conto di aver commesso un passo falso. Nella fretta di avvicinarsi alla verità, ora correva il rischio di ritrovarsi molti passi indietro, invece che in avanti.
«Quando finisce il mio turno?» gli fece eco Caitlin, rendendosi conto che da tanto tempo non usava quell'espressione riferendosi a se stessa.
«Mi domandavo se le farebbe piacere bere qualcosa, mangiare...»
Solo per un istante una piccola, giovane e irresponsabile parte del suo cuore, una parte che credeva scomparsa da quando aveva scoperto la verità su Josh, si animò. Quando era stata l'ultima volta fuori servizio? E quando era stata l'ultima volta che un attraente estraneo le aveva chiesto impulsivamente di uscire?
Ma nonostante ciò non poteva cedere. «Mi spiace, non è possibile. La direzione non approva che i dipendenti socializzino con gli ospiti. La politica...»
Al diavolo la politica! Se suo padre avesse saputo dell'invito sarebbe arrivato di corsa, esortandola ad accettare, a ricordarsi di avere solo ventiquattro anni.
Si sarebbe perfino offerto di fare da babysitter, ne era certa.
Ma suo padre non conosceva la verità a proposito di Amelie e Josh. Non sapeva niente del tradimento, dello shock e del senso di perdita che aveva provato dentro di sé quando aveva scoperto tutto.
Tutti credevano che fosse ancora in lutto per Josh e Amelie. Non sapevano che li aveva persi entrambi ancora prima dell'incidente. Ancora prima che Fleur nascesse.
Istintivamente premette il pulsante sotto il banco per chiamare il facchino, per non essere più sola con Matthew