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Una nuova vita (eLit): eLit
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Una nuova vita (eLit): eLit

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About this ebook

Rinucci Brothers 1

Evie Wharton è uno spirito libero, l'esatto opposto del ricchissimo imprenditore e padre single Justin Dane. Non è facile andare d'accordo col suo carattere tenebroso e autoritario ma Evie, professoressa del figlio dodicenne di lui, Mark, non si perde d'animo. Quel ragazzino ha bisogno del suo aiuto, il cuore di suo padre di qualcosa di più.

Justin è turbato. Quale magia possiede Evie, per renderlo di nuovo sensibile al calore di un sentimento, dopo che ha fatto di tutto per pietrificare il cuore? Solo respingendo ogni emozione si può evitare di soffrire, il difficile passato gliel'ha insegnato. Tuttavia Evie sembra incapace di arrendersi. Davvero potrà aiutarlo a ritrovare la famiglia che non ha mai conosciuto? E potrà insegnargli ad amare di nuovo?

ROMANZO INEDITO
LanguageItaliano
Release dateOct 26, 2018
ISBN9788858993774
Una nuova vita (eLit): eLit
Author

LUCY GORDON

Lucy Gordon cut her writing teeth on magazine journalism, interviewing many of the world's most interesting men, including Warren Beatty and Roger Moore. Several years ago, while staying Venice, she met a Venetian who proposed in two days. They have been married ever since. Naturally this has affected her writing, where romantic Italian men tend to feature strongly. Two of her books have won a Romance Writers of America RITA® Award. You can visit her website at www.lucy-gordon.com.

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    Una nuova vita (eLit) - LUCY GORDON

    successivo.

    Prologo

    Erano le sei e stavano per iniziare i festeggiamenti per il compleanno della signora Rinucci. Diverse limousine nere si inerpicavano lungo la collina per raggiungere Villa Rinucci, che dominava lo splendido golfo di Napoli.

    Il buffet era stato allestito nell'ampio giardino della villa e, come cornice alla selezione dei migliori piatti della zona, il cielo terso si rifletteva nell'intenso blu del mare, che scintillava sotto il sole del tardo pomeriggio.

    «Una giornata perfetta.» Toni Rinucci raggiunse la moglie in giardino e le cinse le spalle. «È tutto come dovrebbe essere.»

    Era un uomo robusto sulla sessantina, con i capelli grigi e un viso marcato che si allargava facilmente in un sorriso. Come al solito, i suoi occhi erano colmi di dolcezza mentre guardava la moglie.

    La donna aveva cinquantaquattro anni, ma ne dimostrava come minimo cinque di meno. Era ancora snella come quando era giovane. Tutto in lei parlava di grazia ed eleganza, qualità naturali anche prima del matrimonio con un uomo ricco che amava spendere il denaro per lei.

    Nonostante alcune rughe inevitabili, il viso seguitava a essere attraente. Non bello: aveva dei tratti troppo pronunciati per essere definito tale.

    Il naso largo e lievemente schiacciato dominava i lineamenti, denotando carattere e decisione. La bocca era ampia e generosa, e poteva aprirsi in un sorriso che molti uomini avevano trovato irresistibile. Ora stava offrendo quel sorriso al marito, mentre con le dita si accarezzava i diamanti intorno al collo.

    «E il tuo regalo è stato meraviglioso, come sempre.»

    «Ma non è il regalo che desideri, vero?» chiese lui. «Credi forse che non lo sappia?»

    La donna sembrò fare un leggero sforzo per riprendere la consueta compostezza.

    «È acqua passata, caro Toni. Non ci penso più.»

    Lui sapeva che non era vero. L'ombra che aleggiava tra loro ancora dopo trent'anni di matrimonio era vitale come sempre. Ma lei non l'avrebbe ferito dicendogli che la loro felicità non era completa. E, come sempre, lui avrebbe finto di crederle.

    Due uomini sopraggiunsero dalla casa e si fermarono alla vista della coppia che si abbracciava teneramente.

    Luke, il più robusto dei due, sorrise.

    «Ehi, voi due, non c'è tempo per queste cose» osservò con affetto. «I vostri ospiti arriveranno da un momento all'altro.»

    «Mandali via» replicò Toni, senza distogliere lo sguardo dalla moglie.

    Primo, alto, con occhi profondi e un'aria sempre sicura di sé, scosse la testa fingendo disperazione.

    «Sono incorreggibili» borbottò rivolgendosi al fratello. «Forse dovremmo lasciarli da soli e portare tutti in discoteca.»

    «Passi già abbastanza tempo nelle discoteche, figlio mio» commentò Hope, andando a baciare Primo sulla guancia.

    «Un uomo ha pur bisogno di qualche distrazione innocente» si giustificò lui, con un sorriso accattivante.

    Hope fece un passo indietro e lo fissò con tenerezza. «È meglio che non dica niente sulla tua innocenza

    «Non ce n'è bisogno» convenne il ragazzo. «Soprattutto perché l'hai già fatto parecchie volte. Arrenditi, sono un caso disperato.»

    «Non mi arrendo mai con i miei figli» dichiarò lei, aggiungendo piano: «Con nessuno di loro».

    Nel breve silenzio che seguì, Primo e Luke si scambiarono un'occhiata, comprendendo entrambi il significato nascosto di quelle parole.

    «Accadrà, mamma» garantì Primo con dolcezza.

    «Sì, accadrà. Un giorno lui sarà qui. Lo sento, anche se non so come o quando succederà. Ma non morirò finché non sarà tornato da me. Di questo sono sicura.»

    Toni si era avvicinato alla moglie in tempo per sentire le sue ultime parole.

    «Cara, lascia perdere i pensieri tristi, oggi.»

    «Ma io non sono triste. So che un giorno mio figlio mi troverà. E questo può solo rendermi felice. Ah, eccovi!»

    Con un sorriso radioso si diresse a ricevere i primi invitati, che erano stati accompagnati in giardino da tre giovanotti, chiaramente appartenenti alla famiglia.

    «Mamma!» urlò Francesco, il più alto dei tre, indicando gli ospiti. «Guarda chi è arrivato.»

    Gli altri due erano Ruggero e Carlo, i gemelli, che con i loro ventisette anni erano i più giovani. Sebbene non identici, si somigliavano molto, entrambi incredibilmente belli, con la stessa aria di essere pronti a tutto. Soprattutto se si trattava di una festa.

    E quella sarebbe stata una festa da ricordare. Mentre il sole ormai rosso si tuffava nel golfo, le luci di Villa Rinucci si accendevano e gli invitati giungevano numerosi portando regali per il cinquantaquattresimo compleanno di Hope Rinucci. Era presente chiunque contasse qualcosa a Napoli, e c'era anche qualche ospite proveniente da Roma o perfino da Milano, dal momento che la famiglia Rinucci era una delle più in vista della penisola.

    La donna al centro di una simile attenzione era inglese, anche dopo trent'anni trascorsi in Italia. Eppure nessuno l'avrebbe mai considerata un'estranea. Era il cuore della famiglia, non solo agli occhi del marito, ma anche a quelli dei cinque figli. Solo tre di loro erano effettivamente suoi, ma anche gli altri due la consideravano a tutti gli effetti la loro madre.

    Per tutta la sera Hope scivolò tra gli invitati, ricevendo doni e omaggi con immensa grazia, una regina indiscussa in mezzo ai suoi ammiratori.

    Non tutti gli ospiti erano però ammiratori, visto che anche i nemici avevano accettato l'invito.

    I nemici erano facili da individuare, come Luke fece notare a Primo. Portavano i regali più costosi, le rivolgevano le lodi più sperticate e si attardavano a commentare la riuscita perfetta della festa.

    Quando anche l'ultimo invitato se ne fu andato, la famiglia poté finalmente rilassarsi e bere qualcosa insieme prima di andare a letto.

    «Sono distrutto» commentò Primo, versandosi un goccio di whisky. «Vuoi qualcosa, mamma? Mamma?»

    Hope stava fissando il mare, e sebbene le dita giocherellassero con la collana di diamanti, era evidente che fosse completamente assorta nei suoi pensieri.

    «Almeno per oggi poteva scordarselo» sospirò Primo.

    «Impossibile» rispose Luke.

    «Perché cinque figli non le possono bastare?» domandò Carlo con una traccia di amarezza.

    «Perché lei non ha cinque figli» spiegò Toni con calma. «Ne ha sei, e non riesce a non soffrire per quello che ha perso. È convinta che un giorno lo ritroverà.»

    «Tu credi che la sua speranza verrà esaudita?» chiese Ruggero.

    Toni sospirò. Non aveva la risposta.

    1

    «D'accordo, ragazzi, per oggi è tutto.»

    La campanella della scuola suonò mentre Evie stava ancora parlando. Quindici ragazzini intorno ai dodici anni presero a sciamare verso la porta, e in pochi istanti l'aula rimase deserta.

    Evie si sfregò il collo per alleviare la tensione.

    «Una settimana difficile?» domandò una voce dalla porta. Era Debra, la vicepreside nonché l'amica che le aveva chiesto di darle una mano per quel semestre.

    «Già» rispose Evie. «Non che mi lamenti. Sono bravi ragazzi.»

    «Ti va di andare a bere un caffè?»

    «Non chiedo di meglio.»

    Più tardi, mentre sedevano a un bar lungo il fiume, Debra esordì con noncuranza: «Ti piacciono proprio quei ragazzini, vero?».

    «Sì, alcuni di loro sono molto svegli, soprattutto Mark Dane. È davvero portato per le lingue. A proposito, oggi non l'ho visto.»

    Debra sbuffò. «Questo significa che ha marinato di nuovo la scuola. Succede troppo spesso.»

    «Ne hai parlato con i genitori?»

    «Con suo padre, e la sua unica risposta è stata: Me ne occupo io

    Evie fece una smorfia. «Suona piuttosto minaccioso.»

    «Già. Quell'uomo non mi ha fatto una gran buona impressione. Troppo sicuro di sé. Credo che sia un pezzo grosso dell'industria, il tipo che vuole sempre avere il controllo su tutto e su tutti.»

    «Compreso suo figlio?» suggerì Evie.

    «Compresi tutti: tu, io, Mark... Ma ora basta parlare di lui.» Debra fece un respiro profondo prima di continuare. «Ascolta, Evie, c'è un motivo per cui ti ho chiesto di venire qui.»

    «Lo temevo...» mormorò l'amica. «Ma non rovinare questo momento. Rilassati, ti prego, goditi questo bel pomeriggio.»

    Si appoggiò allo schienale della sedia, una gamba elegantemente accavallata sull'altra. Chiuse gli occhi e reclinò la testa all'indietro, lasciando che i raggi del tardo pomeriggio le giocassero sul viso. Con jeans e stivali, la figura snella e i capelli sbarazzini, somigliava più a un ragazzo che a un'insegnante di scuola di ventinove anni.

    «Evie» riprovò Debra con il tono di speciale pazienza che riservava alla sua indomabile amica.

    «Lascia perdere, Deb. So che cosa stai per chiedermi, e ho paura che la risposta sia no. Ti ho promesso un semestre, perché è tutto quello che posso fare.»

    «Ma il preside è rimasto davvero colpito dal modo in cui sei riuscita a legare con i ragazzi. Vuole proprio che tu rimanga.»

    «No. Ho solo sostituito l'insegnante di lingue mentre era in maternità. Ora ha avuto il bambino, quindi sono libera come il vento.»

    «Ma lei non desidera ritornare, e a me è stato chiesto di convincerti a restare a tempo indeterminato.»

    Per tutta risposta, Evie si allontanò di scatto dall'amica, lanciando un breve urlo come se avesse appena visto un fantasma.

    «Che cosa ti succede?» chiese Debra.

    «Hai pronunciato le parole fatali» l'accusò Evie, sgranando gli occhi con aria drammatica.

    «Quali parole?»

    «A tempo indeterminato

    «Smettila di scherzare» replicò Debra, sforzandosi di non ridere.

    Evie tornò seria. «Io non faccio mai niente a tempo indeterminato, lo sai. Ho bisogno di cambiare spesso.»

    «Ma ti piace insegnare.»

    «Sì, a piccole dosi.»

    «È la storia della tua vita, non è così? Tutto a piccole dosi. Un lavoro qui, un lavoro là...»

    Evie le rivolse un sorriso malizioso. «Intendi dire che sono immatura, vero? Che alla mia età dovrei essere pronta per la stabilità, per il genere di vita adatto a una donna che si avvicina ai fatali trenta. Be', al diavolo. Io vivo come mi pare. Per quale ragione la gente non lo riesce ad accettare?»

    «Perché siamo tutti gelosi» ammise Debra con un sorriso. «Sei riuscita a mantenerti completamente libera. Niente mutui. Niente legami.»

    «Niente mariti.» Evie emise un sospiro di profonda gratitudine.

    «Non sono proprio sicura che sia qualcosa di cui dovresti rallegrarti.»

    «Invece sì, dal mio punto di vista» la rassicurò Evie. «Ma per quanto riguarda il fatto di non avere mutui, quello che pago per la mia moto ci si avvicina molto.»

    «Sì, però è stata una tua scelta. Nessuno ti ha costretta. Scommetto che nessuno è mai riuscito a costringerti a fare qualcosa.»

    Evie scoppiò a ridere. «Qualcuno ci ha provato. Senza molto successo, e mai per una seconda volta, però ci ha provato.»

    «Alec, David, Martin...» recitò Debra.

    «Chi sono?» chiese Evie con aria innocente.

    «Vergogna! Dimenticarsi così in fretta dei propri fidanzati!» esclamò l'amica.

    «Non erano fidanzati, erano aguzzini. Hanno cercato di trascinarmi fino all'altare, in tutti i modi possibili; qualcuno è arrivato perfino fissare una data e a parlarmene a cose fatte.»

    «Be', di sicuro si è pentito di averlo fatto. Il poveretto era solo disperato perché lo avevi tenuto così a lungo sulle spine.»

    «Non l'ho tenuto sulle spine. Stavo cercando di lasciarlo in maniera delicata. Solo che ci è voluto più tempo del previsto. Non ho mai desiderato che si innamorasse di me. Credevo che noi due ci stessimo semplicemente divertendo.»

    «Ed è quello che stai facendo con Andrew?» chiese Debra.

    «Voglio bene ad Andrew» rispose Evie. «È carino.»

    «Credevo che fossi innamorata di lui.»

    «Lo sono... credo... più o meno.»

    «Qualunque altra donna penserebbe che sia un ottimo partito: ha un buon lavoro, un carattere dolce, il senso dell'umorismo...»

    «Ma è un contabile.» Evie sospirò. «Numeri, fatture, bilanci...»

    «Non è un crimine.»

    «Lui crede nel fare le cose come si deve» spiegò Evie in tono profondamente malinconico.

    «Intendi dire... in ogni senso?»

    Evie le rivolse un'occhiata eloquente.

    «Un giorno» concluse Debra, esasperata, «mi auguro che ti innamorerai perdutamente di un uomo che non potrai avere.»

    «Perché?» domandò Evie, colta di sorpresa.

    «Sarà una nuova esperienza per te.»

    Evie scoppiò a ridere. Era la risata spensierata e sicura di chi

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