Il gusto del peccato: Harmony Collezione
By Anne Mather
5/5
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About this ebook
Da allora, Isobel Jameson ha custodito gelosamente il suo segreto: non avrebbe mai più rivisto Alejandro Cabral, quindi non c'era alcun motivo per agire diversamente.
Ora, però, Alejandro è di nuovo lì, di fronte a lei, nonostante fosse l'ultima persona che Isobel pensava di poter incontrare in quel viaggio di lavoro. E lui non solo conosce quel segreto, ma sembra deciso a far valere il suo incredibile fascino ancora una volta, non lasciandole scampo.
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Book preview
Il gusto del peccato - Anne Mather
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Brazilian Millionaire’s Love-Child
Harlequin Mills & Boon Modern Romance
© 2009 Anne Mather
Traduzione di Raffaella Cattaneo
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-030-8
1
«E quello chi è?» chiese Sonia Leyton sferrando una gomitata all’amica. «Andiamo, dolcezza, devi conoscerlo» insistette, curiosa. «Lo hai invitato tu alla festa!»
«Sbagliato» la corresse Isobel mentre impediva a un ospite non proprio sobrio di versare un’intera bottiglia di vodka nel punch, trasformando così il drink fruttato in una mistura esplosiva. «È stata Julia a invitarlo» precisò.
«Non sei divertente» si lamentò Lance Bliss, l’ospite in questione. «Rilassati, questa è una festa, lo sai vero?»
«Ma non deve diventare un raduno di alcolizzati» ribatté Isobel inorridendo all’idea delle conseguenze che quella quantità di alcol puro avrebbe potuto provocare. «Se l’avessi saputo...»
«Insomma, non mi hai ancora detto chi è» si spazientì Sonia. «Può anche darsi che non lo abbia invitato tu» le concesse. «Ma devi sapere chi sono gli ospiti di Julia!»
Isobel sospirò, rassegnata. Puntò lo sguardo nella direzione che l’amica le indicava anche se non era affatto necessario. Aveva notato quell’individuo appena era entrato nel suo appartamento.
I loro occhi si erano incontrati per un fugace ma significativo istante, tanto da suscitare in lei insolite sensazioni. Aveva cercato di convincersi che il suo interesse per lui dipendeva esclusivamente dal fatto che fosse straniero. La verità era, invece, che era l’uomo più attraente che avesse mai visto in vita sua.
Alto e tenebroso, i folti capelli lisci che si arricciavano sul colletto della camicia e in parte ricadevano, ribelli, sulla fronte... Isobel non aveva notato il colore dei suoi occhi, ma era certa che fossero altrettanto scuri, a completamento di un viso dai lineamenti marcati e fortemente virili. Appoggiato al davanzale della finestra in una posa indolente, una bottiglia di birra in mano, non sembrava interessarsi né alla festa né alla donna aggrappata a lui, un braccio che penzolava, languido, dalla sua spalla.
«Non conosco il suo nome» sbottò Isobel domandandosi perché mai Sonia non si fosse rivolta direttamente alla festeggiata. La risposta era ovvia: Julia non avrebbe gradito l’interesse dell’amica nei confronti del proprio partner.
«Accidenti! Sono sicura di averlo già visto da qualche parte.» Sonia si tamburellò le labbra con il lungo dito smaltato di rosso, pensierosa. «Forse a Hamdens, la scorsa settimana? Oh, ma tu non puoi saperlo!» Riservò a Isobel un’occhiata compassionevole. «Tu non ami le feste.»
«Non le feste come questa» rimarcò l’altra, piccata, pentendosi in cuor suo di aver accondisceso alla richiesta di Julia. Il suo appartamento era più spazioso di quello dell’amica e sarebbe stato molto sgarbato da parte sua rifiutarle un favore.
«Bene, vuol dire che lo scoprirò da sola.» Sonia afferrò un bicchiere per versarsi una generosa dose di punch. «Ma... c’è dell’alcol in questo intruglio? Non ha alcun sapore» si lamentò.
Isobel evitò di risponderle. Se l’amica riteneva che il punch fosse troppo leggero, evidentemente era abituata a drink molto più forti.
Si guardò attorno per il salotto. Molti presenti alla festa già mostravano i primi segni di cedimento. Era stata categorica con Julia; non avrebbe permesso alcun uso di stupefacenti!
Di fatto, ebbe il sospetto che qualcuno malfermo sulle gambe e con gli occhi più lucidi del dovuto non avesse abusato solo di alcol.
Anche la musica era assordante. Il rap di poco prima aveva ceduto il passo a un rock frastornante.
Isobel osservò la gente dimenarsi, roteare, scatenata e si sentì a un tratto fuori luogo e... fuori tempo per quel genere di cose. Come era triste tutto ciò!
A ogni modo, quella era la sua casa e sapeva che i suoi vicini non avrebbero in nessun modo tollerato che la festa degenerasse in un rave party.
La signora Lyton-Smythe, dell’appartamento adiacente al suo, aveva già espresso le proprie rimostranze per la fila di macchine parcheggiate che ostacolavano l’ingresso ai box sotterranei.
Isobel abbandonò la festa e si rifugiò in cucina dove la musica e il frastuono generale erano meno invadenti.
Mezzanotte passata! Quanto tempo ancora sarebbe durata?, si chiese gettando un’occhiata al cumulo di lattine vuote, bottiglie di vino e resti del buffet.
Era esausta. Quella mattina si era alzata di buon’ora per terminare un articolo riguardo a un artista del make-up. Aveva promesso alla propria redattrice di recapitarlo sulla sua scrivania la mattina successiva... anzi quella mattina stessa!
Si volse a un tratto e sussultò alla vista di un uomo in piedi, appoggiato alla porta di cucina. Alto, il fisico atletico, indubbiamente sexy nei jeans aderenti e la camicia nera, di seta, le maniche arrotolate sugli avambracci abbronzati... Era l’uomo che aveva catturato l’attenzione di Sonia.
«Oh, salve» disse, colta alla sprovvista. «Le occorre qualcosa?»
«Nao quero nada, obrigado. Non voglio nulla» rispose l’uomo, la voce bassa, sensuale. «Stavo cercando lei.»
«Me?» Isobel non avrebbe potuto essere più sorpresa. Solitamente aveva ben poco in comune con le persone che Julia frequentava.
Le due amiche si erano conosciute all’università, poi si erano perse di vista per più di cinque anni e solo da quando lei si era trasferita a Londra avevano riallacciato la loro amicizia.
«Sim, lei» confermò l’altro con un sorriso che conferì alle sue parole una sorta di intimità. «Credo che anche lei come me... como se diz, sia stanca di avere attorno tutta questa gente, nao?»
Isobel fremette. Julia non sarebbe stata molto entusiasta di quel suo commento. Pendeva letteralmente dalle sue labbra!
«Io... io volevo riordinare...» farfugliò, incapace di credere che quell’uomo fosse lì per lei. Per amor del cielo! Non sembrava il genere di persona che poteva interessarsi a una donna ordinaria come lei. D’accordo, era ancora attraente nonostante il matrimonio e la successiva separazione, ma non era certo il tipo bionda-tutta-gambe come Julia o Sonia.
«Que?» si accigliò lo straniero. «Io non credo che lei sia una domestica.»
«Oh, no» Isobel sorrise. «Questo è il mio appartamento e Julia... la sua ragazza...» Com’era difficile definire il loro rapporto in quei termini! E perché, poi? Si stupì di se stessa. «Julia è un’amica» gli spiegò.
Lo sconosciuto rimase a osservarla a lungo. I suoi occhi, scuri come aveva immaginato, possedevano una sfumatura ambrata. Isobel rabbrividì di fronte a quello sguardo intenso e scrutatore. Si riscosse, scioccata; era la prima volta che provava tali emozioni per l’altro sesso da quando David se ne era andato e l’aveva lasciata.
E quando quell’uomo avanzò verso di lei, spalancò gli occhi per un senso a metà tra apprensione e aspettativa. Riprenditi, Belle, devi aver esagerato con il punch, motivò il proprio turbamento.
«Lei deve essere Isobel» esordì l’uomo depositando la bottiglia di birra che ancora aveva in mano.
«Sì, Isobel Jameson» confermò quasi senza respiro. «E lei è...?»
«Il mio nome è Alejandro. Alejandro Cabral» si presentò chinando appena il capo. «Muito prazer.» Le tese la mano.
«Oh, molto piacere» ricambiò lei. Non era abituata a tali formalismi e, tuttavia, pensò che le antiche buone maniere ancora sopravvivessero nel paese da cui lui proveniva.
«Obrigado, signorina Jameson.» Prese la mano che lei gli offriva e la portò alle labbra. Volse il palmo e stampò su di esso un bacio caldo e passionale.
Isobel avrebbe voluto ritrarre la mano all’istante e cancellare quel bacio fingendo che non fosse mai successo ma... Alejandro non lasciò la presa.
«Signor Cabral...» disse, confusa dalla sua audacia e dalla propria involontaria reazione.
«Chiamami Alejandro» la interruppe lui. «E spero che anche tu mi permetta di chiamarti Isobel. È un nome bellissimo. Mia nonna si chiamava Isobella. Nel mio paese è un nome molto popolare.»
Isobel si inumidì le labbra a un tratto secche, lusingata. Quell’uomo era un maestro nell’arte della seduzione. Quanti anni poteva avere? Venticinque, forse ventisei? E lei ne aveva quasi trenta. Eppure lui aveva la capacità di farla sentire come un’adolescente inesperta.
«Puoi chiamarmi come vuoi, ehm, Alejandro» rispose. «Se mi restituisci la mano.» Abbozzò un sorriso imbarazzato liberando le dita. «A quanto vedo, non ti stai divertendo» disse poi, cambiando discorso.
L’uomo si strinse nelle spalle muscolose che si mossero, sinuose, sotto la sua camicia. «E tu?» la incalzò. «È per questo che ti nascondi qui?» Accennò alla cucina.
«Non mi sto nascondendo» ribatté, seccata. «E se anche fosse, non ci sono riuscita, non è così?»
«Potremmo nasconderci insieme» le propose, suadente. Tese la mano per accarezzarle il viso.
«No, non mi piacerebbe» rifiutò, sicura, furiosa con sé stessa per avergli permesso di accarezzarla. Qualsiasi impressione si fosse fatto di lei, Isobel non era interessata a un’avventura di una sola notte.
Indietreggiò di qualche passo, perse l’equilibrio e, nel tentativo di aggrapparsi al bancone di cucina, sfiorò il suo torace muscoloso. Un’ondata di calore la pervase, la stessa che la sua carezza di pochi attimi prima aveva suscitato in lei.
Ma quando Alejandro la raggiunse per sostenerla, Isobel interpose prontamente una certa distanza tra loro. «Farebbe meglio a ritornare dagli altri ospiti, signor Cabral» riprese in tono formale. «Julia si starà chiedendo dove sia finito e la starà cercando»
«È importante?» domandò lui.
«Probabilmente è molto importante per Julia» rimarcò. «Immagino che lei sia un habitué alle feste nel suo paese, in Portogallo» tirò a indovinare.
«Sono brasiliano» precisò Alejandro adagiandosi contro il piano di lavoro dietro di sé.
«Affascinante. Ho sempre desiderato visitare l’America del sud. E... risiede