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Schiavo del piacere (eLit): eLit
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Schiavo del piacere (eLit): eLit
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Schiavo del piacere (eLit): eLit

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Imperia 2



Bellissimo e terribilmente sexy, Tristan è stato imprigionato in uno scrigno da Zirra, potente maga e amante respinta, che lo ha trasformato in uno schiavo del piacere. Per secoli è passato da una padrona all'altra, costretto dalla maledizione a servirle con il suo splendido corpo. Tanto che il sesso è diventato per lui un dovere monotono e umiliante. Finché il portagioie non finisce nelle mani di Julia Anderson, antiquaria a caccia di tesori per il suo negozio... e tutto cambia. Perché ammettere i suoi veri sentimenti per lei spezzerebbe l'incantesimo, ma li separerebbe per sempre. E Tristan sarebbe disposto a fare qualunque cosa per rimanere con Julia. Anche a essere suo schiavo per l'eternità.
LanguageItaliano
Release dateMar 29, 2018
ISBN9788858982075
Schiavo del piacere (eLit): eLit
Author

Gena Showalter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Schiavo del piacere (eLit) - Gena Showalter

    fatale.

    1

    Ogni minimo desiderio della tua padrona

    costituisce la tua legge suprema

    Santa Fe, Nuovo Messico

    Risuonò di nuovo un colpo di clacson.

    Julia Anderson strinse il volante della sua berlina e lanciò un'occhiata al tachimetro: sei miglia all'ora al di sopra del limite di velocità. Il guidatore dietro di lei suonò di nuovo il clacson: voleva che accelerasse o si togliesse di mezzo, era chiaro.

    Il sole del mattino non era ancora comparso, ma le luci stradali rivelavano due percorsi alternativi facilmente accessibili. Non c'era motivo di assillarla in quel modo.

    Eppure l'altro continuò a strombazzare.

    Dopo un miglio Julia aveva i nervi a fior di pelle. Ruotò le spalle e fece un respiro profondo, ma non riuscì comunque a rilassarsi. Alzò il volume della Bohéme nell'autoradio, ma neanche quello l'aiutò.

    Sono una donna calma e razionale, si ripeté. Non perderò le staffe per qualche colpo di clacson.

    Strinse i denti: in genere non si infuriava, ma in quel momento aveva voglia di frenare di colpo e dare una lezione al guidatore alle sue spalle. Invece rallentò pian piano.

    L'altro non lo apprezzò: la piccola Mustang accelerò e presto si trovarono affiancati. A quel punto abbassò il finestrino e cominciò a gridare e agitare il pugno.

    Quando lo riconobbe Julia dimenticò l'abitudine a comportarsi in modo razionale e gli mostrò il dito medio. La piccola auto sportiva rossa si dileguò con un ruggito furioso.

    Quando arrivò a destinazione era ancora scioccata. Era sempre stata fiera del proprio comportamento calmo e razionale e ora aveva appena insultato con un gesto volgare il suo principale concorrente.

    E ne era felice.

    Parcheggiò ridacchiando, ma il divertimento svanì notando un'altra macchina posteggiata poco lontano: una Mustang rossa.

    Gemendo piano, prese la borsa e uscì nel freddo mattino di Santa Fe. Una folata di vento la fece rabbrividire; si strinse nel cappotto e corse verso l'unico edificio in vista.

    Il guidatore della Mustang stava aspettando davanti alle porte di metallo del grande capannone. Quando la vide le lanciò un'occhiata cupa e ostile.

    Julia si fermò a osservarlo cauta: non era molto più alto di lei e il ventre rotondo sporgeva dalla cintura elastica dei pantaloni spiegazzati.

    Provò di nuovo lo stesso, selvaggio impulso che l'aveva colta prima: una gran voglia di abbatterlo. L'uomo parve percepire la sua determinazione e piegò le ginocchia in una classica posizione da combattimento.

    Julia rafforzò la propria risoluzione: si rifiutava di rifugiarsi in macchina. Lo fissò a occhi socchiusi, senza distogliere lo sguardo o battere le palpebre: quelli erano segni di debolezza e all'improvviso il desiderio di vincere quella battaglia aveva assunto proporzioni inimmaginabili. Lui era più vicino alla porta, ma lei aveva vent'anni di meno ed era molto più leggera.

    Risuonò un rumore metallico: il Mercatino delle Pulci Kreager aveva aperto i battenti.

    Julia si fece largo a gomitate e varcò le doppie porte un attimo prima del suo concorrente. Afferrò un cestino con un sorriso di trionfo e cominciò la caccia al tesoro.

    Oggetti d'antiquariato. Quel termine riusciva a provocarle fremiti deliziati. Nel corso degli anni aveva accumulato così tanta roba da trovarsi costretta a scegliere: o apriva un negozio per venderla, o rischiava di finire sepolta viva dalla sua collezione.

    Aveva scelto la prima opzione, inaugurando I tesori di Julia nel giorno del suo ventitreesimo compleanno, due anni prima. Quel posto era il suo orgoglio e la sua gioia, l'unico dove aveva trovato successo e felicità. Il resto della sua vita, invece...

    Ehi, si rimproverò. Io sono felice. Certo, aveva capelli castani e occhi verdi alquanto comuni e un corpo piccolo e rotondo che non suscitava l'ammirazione maschile. Non sapeva vestirsi e non aveva idea di come attirare un uomo. «Sono felice» ripeté con fermezza.

    Iniziò a girare per il mercatino, facendo scricchiolare le scarpe da ginnastica e attirò l'attenzione di vari venditori. Lei sapeva cosa voleva comprare e cosa no e preferì ignorarli. Oltrepassò una bancarella che esponeva bambole di porcellana e un'altra carica di oggetti di vetro.

    Giunta in fondo, scorse una vecchia pipa posata su un tavolino da toilette di ciliegio un po' ammaccato. La studiò da ogni angolatura, poi la portò al naso e un lieve odore di tabacco le riempì le narici. Ridacchiò soddisfatta: una cliente abituale del suo negozio l'avrebbe apprezzata.

    Julia mise la pipa nel cestino ed esaminò una colorata giostra di vetro, poi decise di non comprare un oggetto così costoso, per il quale non aveva ancora un compratore. Esaminò senza troppa attenzione gli altri pezzi radunati sul tavolino, fino a quando uno in particolare attirò il suo sguardo: scostò dei fiori di plastica e fissò quello che sembrava un antico portagioie.

    I lati erano scheggiati e lo strato più esterno, che un tempo doveva essere di avorio lucente, aveva acquistato una tinta giallastra. Vari buchi mostravano i punti in cui il cofanetto era ornato da pezzetti di vetro colorato, o forse da pietre preziose ormai scomparse. Era decisamente brutto, eppure l'attirava. Si morse il labbro inferiore e passò le dita sulla superficie: un'inattesa ondata di calore le percorse il braccio e strani formicolii scesero lungo la schiena. Incuriosita cercò di sollevare il coperchio, ma quello oppose resistenza.

    Quella difficoltà non la scoraggiò, anzi. Voleva quel cofanetto.

    «Ha visto qualcosa che le piace?» chiese una voce dall'accento scozzese.

    Julia sollevò lo sguardo: un uomo sui sessant'anni, con il naso a becco e le sopracciglia cespugliose la fissava speranzoso. I suoi occhi azzurri e senza fondo, come l'oceano, parevano in grado di leggerle nell'anima. Scacciò un senso di disagio.

    Non voleva fargli capire tutto l'interesse per il cofanetto e mostrò solo una lieve curiosità. «Quanto costa?» chiese indicandolo.

    «Solo per oggi posso darglielo per cinquanta dollari» rispose lo scozzese con un sorriso.

    «Cinquanta dollari? Il coperchio è rotto e mancano varie pietre» protestò Julia. «Posso dargliene al massimo cinque.»

    L'altro emise un gridolino strozzato. Quando tornò a parlare, il suo accento era più pronunciato. «Oh, no! Non posso dar via un oggetto così prezioso per così poco. C'è una leggenda legata a questo scrigno... una leggenda affascinante.»

    Sicura che volesse solo alzare il prezzo, lei strinse le labbra e assunse un'aria indifferente. «Io non credo alle fiabe.»

    «Questa le piacerà. È davvero unica, glielo assicuro» insistette il venditore.

    «Be', sentiamo» concesse lei dopo una pausa che le parve sufficiente.

    «Si dice che possedendo questo cofanetto una donna troverà il piacere più grande della vita.»

    Julia attese che continuasse, ma lui rimase in silenzio. «Tutto qui?» chiese delusa. Per cinquanta dollari si aspettava una storia a base di ballerini nudi e orge scatenate. «E quale sarebbe il più grande piacere della vita?»

    «Non lo so.» L'uomo si grattò la barba e una brezza che sapeva di pioggia, come la calma dopo una tempesta, accompagnò il suo gesto. «Immagino che il piacere sia diverso per ognuno. Chi può dirlo?»

    «L'ultima donna che lo ha posseduto.»

    «Ha perso la sua anima molto tempo fa, quindi non posso chiederglielo.»

    «Ha perso... Oh, mi dispiace. Non volevo suscitare ricordi dolorosi.»

    «Non si preoccupi: sto parlando di una mia antenata. Secondo la leggenda di famiglia, si teneva sempre vicino il cofanetto, senza mai perderlo di vista. Alla sua morte è stato necessario strapparglielo dalle dita. Come si chiama?» aggiunse, cambiando argomento di colpo.

    «Julia Anderson.»

    «Be', Julia, ragazza mia, sarò sincero: credo che abbia davvero bisogno di questo piccolo scrigno. Un grande piacere potrebbe darle un po' di colorito alle guance e accenderle una scintilla negli occhi. Allora, è interessata a comprarlo o no?»

    Lei cercò di non offendersi. Non coltivava alcun passatempo al di fuori del lavoro e passava le sere a letto, a leggere romanzi d'amore e a guardare la TV, ma nella sua vita il piacere non mancava. Al momento però non riusciva a precisare dov'era.

    «Trenta dollari» offrì una voce nasale alle sue spalle. Julia si girò e il guidatore della Mustang rossa le rivolse un sorriso sfrontato.

    «Ebbene, ragazza?» la sollecitò il venditore.

    Guerreggiarono per mezz'ora e alla fine Julia pagò settantatré dollari per il cofanetto e quindici per la pipa. Era un vero furto, lo sapeva, così come sapeva che il suo avversario non era davvero interessato al cofanetto, ma voleva solo vendicarsi. Alla fine, non era riuscita a rinunciare alla possibilità di possedere quel grande piacere.

    Arrivata a casa si sentì invadere da una familiare trepidazione. Posò con cura i nuovi acquisti sul tavolo della cucina, prese uno straccio e vari prodotti per la pulizia. Il sole di mezzogiorno filtrava dalle tende color zaffiro che coprivano la grande finestra a bovindo sul muro più lontano.

    Si sedette e concentrò tutta l'attenzione sul cofanetto, ripulendolo con delicatezza. In effetti c'era qualcosa di... magico in quell'oggetto. Avrebbe giurato che facesse le fusa ogni volta che passava lo straccio sugli angoli.

    Cominciò a lucidare la superficie e notò un piccolo bottone nascosto sotto il bordo. Si immobilizzò, il cuore che batteva forte nel petto, e un'ondata di eccitazione la percorse tutta. Il bottoncino avrebbe aperto il coperchio? E, in quel caso, cos'avrebbe trovato all'interno? Gioielli? Lettere d'amore? O magari niente?

    Mise da parte lo straccio con dita tremanti e premette il bottone.

    A quel contatto le luci iniziarono ad accendersi e spegnersi in tutta la casa, la carta da parati rosa si riempì di ombre e poi di luce e una nebbiolina violacea e vibrante scaturì dalle sue mani, per invadere tutta la cucina.

    Julia balzò in piedi e lasciò cadere il cofanetto come se si trattasse di una scoria nucleare. Invece di andare in mille pezzi, questo atterrò sul tavolo di quercia con un tonfo, mentre lei distoglieva lo sguardo e si irrigidiva atterrita.

    Un uomo imponente era in piedi davanti a lei. Indossava soltanto un paio di pantaloni neri e aderenti e... Oh... una spada lunga e minacciosa pendeva dalla sua vita. Fece per gridare, ma un groppo in gola glielo impedì.

    Terrorizzata, esaminò la cucina in cerca di una via di fuga. La porta sul retro era sprangata e le finestre chiuse. Sentì la fronte imperlarsi di sudore.

    L'uomo era... stupendo e così seducente da farle girare la testa, ma quello non era il suo posto. Non poteva restare da sola con lui. Presa dal panico, adottò una posizione del karatè e pregò di apparire minacciosa e letale.

    Perché non aveva mai preso lezioni di autodifesa? Era stata una vera idiota.

    «Sono maestra di karatè» dichiarò. «Il mio corpo è un'arma letale.»

    L'uomo si limitò a inarcare le sopracciglia. Non le credeva, era chiaro. Almeno poteva memorizzare il suo aspetto, in modo da poterlo descrivere se fosse sopravvissuta. Doveva concentrarsi.

    Lo sconosciuto era altissimo, con capelli neri lunghi fino alle spalle, il naso dritto, gli zigomi pronunciati e incredibili occhi viola chiaro, quasi lavanda. No, color acquamarina. No, no, erano verde smeraldo. Julia batté le palpebre, scosse la testa e si rese conto che quegli occhi cambiavano colore di continuo e splendevano di una luce tutta loro, attirando la sua attenzione fino al punto di dimenticare quasi dov'era e perché se ne stava là.

    Guarda tutto il resto, Anderson.

    La pelle color bronzo era solcata da muscoli possenti. Deglutì: era come un selvaggio guerriero da romanzo apparso all'improvviso in casa sua. Trasudava sensualità, ma anche pericolo.

    L'uomo la fissò a lungo, poi fece un passo avanti.

    E lei uno indietro.

    La sedia bloccò la sua ritirata.

    Un sorriso lento, da predatore, incurvò gli angoli della bocca carnosa di lui, rivelando denti bianchi e regolari.

    Il cuore di Julia ormai batteva come un tamburo.

    «Mi hai chiamato?»

    Forse nelle sue più selvagge fantasie aveva evocato quello stupendo guerriero, non certo nella realtà. Non avrebbe mai immaginato che potesse esistere tanta bellezza. Inoltre la spada lucente e affilata pareva in grado di tagliarla in due in un batter d'occhio. Voleva ucciderla, se non peggio. No, lei non l'aveva chiamato.

    «Io?» Scosse la testa e sgranò gli occhi. «No di certo, te lo assicuro.»

    Lui ignorò quel diniego. «Cosa vuoi da me?»

    Julia doveva scappare: con la porta sul retro chiusa a chiave, le restava solo quella principale. Magari, se avesse fatto piano piano il giro della sedia... un passettino, poi un altro...

    «Vuoi che baci il tuo corpo nudo, o preferisci baciare il mio?» La voce dal lieve accento aveva un tono annoiato, eppure era più erotica che mai, calda e dolce, come un rifugio dopo la tempesta.

    Alla parola nudo lo stomaco di Julia si contrasse per il terrore. Fece un altro passo. Voleva forse violentarla? Doveva saperlo e prepararsi. «Cosa vuoi da me?» chiese a fatica. «Perché sei qui?»

    «Per darti piacere, naturalmente.»

    «Non voglio che tu mi dia piacere. Non ti voglio nel raggio di cento metri da me.» Un altro passo.

    Lui la studiò con la fronte aggrottata. «Ti ho spaventata?» indagò.

    Non mostrare mai la paura. L'ammonimento della sorella le risuonò martellante nella mente. Deglutì e si spostò ancora un po' a destra. «Sì... voglio dire, no! Non ho paura di te. Non ho paura di niente» proclamò.

    «Bene, visto che io non ti farei mai del male.»

    «Non ti conosco, non ti ho mai visto prima, eppure sei comparso in casa mia.» Scoppiò in una risata isterica e disperata nello stesso tempo. «Non ti ho invitato io, eppure sei qui. No, non ho paura. Non c'è niente di cui aver paura.»

    Un sorriso ironico gli incurvò gli angoli della bocca. «Allora perché, mio piccolo drago, continui ad aumentare la distanza tra di noi?»

    Julia si irrigidì, incapace di rispondere.

    «Ho dato la mia parola» proseguì l'uomo. «Non ti farò del male.» Poi le strizzò l'occhio e il suo stomaco ebbe un soprassalto. «A meno che non sia tu a chiedermelo, naturalmente.»

    «No, no.» Julia sollevò le braccia e gli piazzò davanti le sue armi di distruzione di massa, ossia i pugni. Lui non parve impressionato. «Non voglio che tu mi faccia male» dichiarò. «E non ti voglio qui. Voglio che te ne vada. Per favore.»

    L'uomo incrociò le braccia sul petto muscoloso con aria confusa. «Sono legato a te» obiettò. «Devo restare dove sei tu.»

    Legato. «Non corriamo troppo» replicò lei. Tentò una risatina spensierata e disinvolta, che suonò piuttosto come l'ansimare di un asmatico in un campo pieno di pollini. «Non c'è bisogno di legare nessuno.»

    «Ti ho già detto che non ti farò del male.»

    Julia non gli aveva creduto la prima volta e non lo fece neanche in quel momento. Quell'uomo aveva una spada enorme e affilata.

    «Su, piccolo drago, dimmi cosa desideri che faccia. Vuoi che ti accarezzi? Che ti sussurri parole erotiche?»

    Julia cercò qualcosa che gli impedisse di mettere in pratica quei propositi. «Senti, il mio ciclo è appena cominciato, ho i crampi e non mi depilo le gambe da tre settimane. Non ho neanche fatto il bagno. Credimi, accarezzarmi non ti piacerà.»

    «Allora ti intratterrò in altri modi.» Un sospiro rassegnato. «Non sono qui solo per darti piacere sessuale, ma anche per farti divertire, conversare con te e proteggerti.»

    «Oh, ecco...»

    «Vuoi che balli nudo sul tavolo?» continuò imperterrito. «Che ti imbocchi? Che posi per te, così potrai ritrarmi?»

    Quelle proposte non erano male, ma al momento non l'attiravano affatto. «Mio marito è in salotto. È un tipo grande e grosso e odia che altri uomini si avvicinino a me. Ha ucciso l'ultimo che ci ha provato. È stata una morte violenta, molto sanguinosa.»

    L'intruso scrollò le spalle indifferente. «Sono qui per il tuo piacere, non per il suo. Inoltre la forza di tuo marito non sarà mai pari alla mia.» Non si stava vantando, diceva solo la verità. «A meno che non sia questo il tuo desiderio» aggiunse. Gli occhi viola la fissarono con aria d'accusa e accettazione insieme. «Vuoi che uccida il tuo compagno?»

    Julia fu sul punto di svenire. «Preferisco che nessuno venga assassinato in casa mia» riuscì a rispondere con voce flebile.

    «Sarà come vuoi.»

    «Uh... grazie.»

    L'uomo passò impaziente il peso da un piede all'altro. «Decidi cosa vuoi che faccia. Non amo l'attesa. Farò tutto quello che vuoi. A te» precisò. «A nessun altro, neanche al tuo compagno.»

    Probabilmente voleva torturarla e poi ucciderla, eppure le parlava come se lei fosse la padrona e lui il suo schiavo.

    «Farò tutto quello che vuoi» ripeté.

    «Qualsiasi cosa?» chiese incredula.

    «Sì.» Strinse i denti, come se le parole seguenti fossero dolorose da pronunciare. «Sono pronto a soddisfare ogni tuo desiderio.»

    Be', Julia sapeva cosa voleva. «Vuoi compiacermi? Allora vattene da casa mia. Non desidero altro.»

    Lui sgranò gli occhi sorpreso, poi la fissò sospettoso. «Non hai ancora assaggiato le delizie del mio tocco, eppure mi scacci?»

    Resta e uccidimi, fu sul punto di gridare Julia. Poteva valere la pena di morire, pur di sperimentare le carezze di quell'uomo stupendo. «Prima te ne andrai, più contenta sarò» dichiarò con un tono pacato che sorprese lei per prima.

    «Dovrei andarmene senza toccarti?»

    Julia sollevò la mano destra. «Non voglio che mi tocchi. Lo giuro.»

    L'intruso si rilassò. La sua risatina sembrava più sincera. «Il tuo desiderio sarà esaudito, piccolo drago.» Poi scomparve, lasciandosi dietro una nube dal profumo virile.

    Lei si guardò intorno stupefatta. Com'era possibile che quel tipo stupendo fosse apparso e poi svanito?

    Si lasciò cadere sulla sedia, confusa. C'erano solo due spiegazioni per ciò che era appena accaduto: un uomo imponente, con riflessi rapidissimi e una spada minacciosa aveva davvero invaso la sua casa, o lei aveva urgente bisogno di una psicoterapia.

    Dopo una breve riflessione, scelse la seconda ipotesi. La leggenda legata al cofanetto aveva indotto la sua mente a tentare di dimostrarne la validità. Tutte quelle assurdità sul piacere e le carezze potevano spiegarsi così. E anche la nebbiolina violacea: quale fantasia era completa, infatti, senza la comparsa di una luce erotica?

    Si sentì invadere da un'ondata di sollievo, che però scomparve in fretta.

    Un assassino pervertito non aveva invaso la sua cucina. No, lei era semplicemente pazza.

    Magnifico.

    2

    Quali che siano i tuoi sentimenti personali,

    la tua padrona va trattata con rispetto.

    Il lunedì mattina Julia aprì il negozio con trenta minuti di ritardo, una cosa mai accaduta prima, dato che in genere arrivava con un'ora di anticipo. La ragione era semplice: aveva dormito troppo.

    Per tutta la notte aveva fatto sogni vividi e realistici in cui lo stupendo guerriero le dava più volte piacere. Al suono della sveglia, si era sentita troppo stanca per alzarsi. Quando infine si era decisa, almeno sorrideva.

    Adesso non sorrideva più.

    Troppo concentrata sul magnifico intruso, graffiò una sedia di legno dell'epoca vittoriana, riducendone il valore di almeno cento dollari. Poi lasciò cadere un prezioso vaso di cristallo, che finì per terra in mille pezzi. Altri trecento dollari persi. Infine uscì per l'intervallo di pranzo e pestò una cacca di cane. Nonostante l'accurata pulizia, le pareva che quell'odore continuasse a la seguirla ovunque.

    Sospirò, rientrando in negozio. Aveva bisogno di una distrazione per distogliere la mente da quella giornata orrenda.

    Come in risposta a quella preghiera, un sibilo sinistro risuonò nel retro.

    «Oh, no!» gemette. Poi si massaggiò le tempie con una smorfia, nel tentativo di scacciare un dolore improvviso. Le tubature del bagno creavano ancora problemi: non era quello il tipo di distrazione di cui aveva bisogno.

    Afferrò il telefono e compose il numero del vecchio signore che le aveva dato in affitto il locale.

    Una voce roca e burbera rispose al terzo squillo. «Pronto.»

    «Buongiorno, Mr. Schetfield, sono Julia Anderson. Volevo sapere se ha chiamato un idraulico per risolvere il problema delle tubature qui al negozio.»

    «Le tubature sono rotte? Quando è successo?»

    Julia fece vari respiri profondi per calmarsi. Cerca di dimenticare che nelle ultime tre settimane lo hai già chiamato tre volte per risolvere questo problema. Potrebbe andare peggio. Potresti passare il tempo a immaginarti l'ombelico del guerriero e la peluria scura che scende verso...

    Aaaargh.

    «Lo sciacquone del gabinetto funziona male» spiegò per l'ennesima volta. «I rubinetti del lavandino fanno quello che vogliono e le tubature emettono un rumore inquietante. Bisogna fare qualcosa, Mr. Schetfield. E in fretta.» Non voleva nemmeno immaginare di dover correre nel negozio vicino per un'altra settimana, ogni volta che doveva fare pipì.

    Quella era una zona costosa, piena di ristoranti e boutique, e l'affitto era alto, ma lei amava quell'edificio in stile messicano e sperava di espandersi presto, visto che lo spazio c'era. I ritardi e la tirchieria di Mr. Schetfield, però, la stavano davvero esasperando.

    «Non si preoccupi, me ne occupo io» le assicurò.

    Gliel'aveva già detto l'ultima volta che aveva chiamato, dunque lei non ci credeva troppo. «Perché non mi dice quanto è disposto a spendere? Posso chiamare io un idraulico e accertarmi che non le chieda di più.»

    «No, no. Voglio che se ne occupi mio figlio Morgan» gracchiò il vecchio.

    «E va bene.» Un sospiro. «Mi richiami e...» La campanella sulla porta tintinnò, segnalando l'arrivo di un cliente, e Julia si affrettò a mettere fine alla telefonata. «Mi faccia sapere a che ora può venire Morgan, d'accordo?» Mise giù la cornetta e notò l'uomo alto e attraente, in giacca e cravatta, che si guardava intorno con aria perplessa. «Posso aiutarla?» chiese.

    «Sì» rispose l'altro con un sorriso sollevato. «Forse le sembrerà strano, ma sto cercando un asinello di vetro. Mia madre li colleziona e il suo compleanno è domani.»

    «Ha qualche preferenza di colore o epoca?»

    Un lampo di sorpresa passò negli occhi castani. «No. Prenderò qualsiasi cosa abbia disponibile. Sono già stato da sei diversi antiquari. Lei è la mia ultima speranza.»

    «Ne ho due» rispose Julia fiera. «Sua madre preferisce il vetro liscio o inciso?»

    L'uomo si passò la lingua sui denti. «Non lo so» ammise. «Forse è meglio che li prenda tutti e due.»

    «Ottima scelta.» Salì su uno sgabello ed esaminò gli oggetti allineati su uno scaffale in cerca dei due asinelli. Pochi secondi dopo la campanella tornò a suonare. Lanciò uno sguardo al di sopra della spalla e rivolse un caldo sorriso alla nuova arrivata. «Buongiorno, Mrs. Danberry.»

    «Buongiorno, cara.» La signora era una cliente abituale de I tesori di Julia. «Sono venuta a vedere se aveva qualcosa di nuovo.»

    «In effetti ieri ho comprato una pipa che le piacerà di sicuro. La esporrò nei prossimi giorni.»

    «Oh, magnifico. Do comunque un'occhiata in giro. Ho l'impressione

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