Poi sei arrivato tu: Harmony Jolly
By Ami Weaver
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Book preview
Poi sei arrivato tu - Ami Weaver
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
An Accidental Family
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2013 Ami Weaver
Traduzione di Donella Buonaccorsi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-049-0
1
Lo stick era rosa.
Lainey Keeler chiuse gli occhi, alzò il test con mano tremante, poi lo sbirciò solo con l’occhio destro.
Non c’erano dubbi. Era proprio rosa. Forse avrebbe dovuto ricontrollare le istruzioni per essere sicura, ma...
Mio Dio! Com’era potuto accadere?
In realtà, il come lo conosceva. E a dire il vero conosceva anche il quando. E il chi!
Gli occhi le si riempirono di lacrime, mentre gettava il test nel cestino della pattumiera, che conteneva già altri quattro test, di quattro marche diverse, ma con lo stesso risultato.
E così, quello era il prezzo da pagare per una notte di sesso mescolato a una massiccia dose di stupidità.
Scivolò sul freddo pavimento piastrellato del bagno e picchiò la testa contro lo sportello del mobiletto dei trucchi. Cominciò a ridere istericamente e premette le dita contro le tempie. Incredibile! Quindici anni dopo il diploma era finalmente riuscita ad andare a letto con il quarterback più famoso della scuola. Lo stesso per cui aveva avuto una terribile cotta per tutti gli anni del liceo.
E a farsi mettere incinta!
«E io che pensavo di avere l’influenza» disse al suo gatto, che la osservava dalla soglia. La strizzatina d’occhi con cui Panda le rispose avrebbe potuto significare qualunque cosa. «Non capisco come non mi sia venuto in mente che potevo essere incinta!»
Single e incinta. Proprio adesso che aveva iniziato un nuovo lavoro e la sua vita non sarebbe potuta essere più instabile.
Rabbrividì al pensiero di quello che le avrebbero detto i suoi genitori. A trentatré anni, avrebbe dovuto essere una donna realizzata dal punto di vista professionale. Invece, non aveva ancora trovato un lavoro che facesse al caso suo.
Inutile farsi illusioni, pensò mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore. Cinque test di gravidanza non potevano sbagliarsi, anche se le sarebbe piaciuto moltissimo. Aveva bisogno di un piano.
«Un piano è proprio quello che mi ci vuole» ripeté ad alta voce al gatto sulla soglia, che le rispose con un miagolio. Il guaio è che non sapeva proprio che cosa fare. Sospirando si alzò in piedi, uscì dal bagno, attraversò il piccolo corridoio ed entrò nella sua minuscola camera da letto. Le serviva un appartamento più grande, decise in preda al panico. Il delizioso monolocale sopra il suo negozio, The Lily Pad, andava benissimo per una persona e un gatto sovrappeso. Ma con un bambino... I bambini hanno bisogno di così tante cose. Posò una mano sul ventre ancora piatto. Un bambino.
Mio Dio, stava per diventare madre!
Chiuse gli occhi e ricacciò indietro le lacrime, chiedendosi che tipo di madre sarebbe stata. Il suo ex marito e i suoi genitori le avevano ripetuto centinaia di volte che tendeva a essere volubile e irresponsabile. E un bambino significava responsabilità e stabilità.
Con sgomento si chiese che cosa sarebbe successo se fosse venuto fuori che avevano ragione loro. Di sicuro, non aveva dato prova di buon senso la notte della cena con i suoi compagni del liceo.
Ma non era il momento di piangersi addosso. Non quando mancavano pochi minuti all’apertura del negozio. Beth Gatica, la sua migliore amica nonché unica dipendente, era già al piano di sotto. Doveva pensare al da farsi, in fretta. Se solo avesse saputo da che parte cominciare...
Ma certo! Un medico. Aveva bisogno di un medico. E visto che il suo era un amico dei suoi genitori, doveva cercarne un altro. Sentendosi un po’ meglio, adesso che sapeva che cosa fare, prese l’elenco del telefono e cominciò a sfogliarlo.
«Lainey!»
La voce di Beth le giunse attraverso la porta chiusa che metteva in comunicazione il negozio con il monolocale.
«Arrivo!» replicò lei, richiudendo l’elenco del telefono e cominciando a scendere le scale.
«Bene, perché abbiamo un problema.»
«Che genere di problema?» le domandò lei arrivando in fondo alle scale e aprendo la porta.
«Non fa abbastanza freddo, Lainey» le fece notare Beth. «Ci sono almeno dodici gradi di più del necessario. Il più vecchio dei due refrigeratori non funziona come dovrebbe.»
«Oh, no!» esclamò lei sgomenta. Aveva bisogno che quel refrigeratore continuasse a funzionare per un altro anno almeno. Così come le serviva che la batteria del furgoncino reggesse ancora per sei mesi. Le tempie cominciarono a pulsarle al pensiero del suo conto in banca quasi vuoto. Usare uno solo dei due refrigeratori voleva dire ridurre la quantità di fiori che potevano tenere in negozio, il che, a sua volta, significava che sarebbe stata in grado di soddisfare meno clienti e che, quindi, avrebbe guadagnato di meno. E al punto in cui era non poteva permettersi di perdere nemmeno un centesimo.
Comunque, le bastò toccare il refrigeratore per capire che, purtroppo, Beth aveva ragione.
«Chiama Gary della General Repair» le disse con un sospiro. «E chiedigli se può fare un salto da noi oggi stesso.»
«Lo faccio subito» replicò lei precipitandosi al telefono.
Rimasta sola, Lainey chiuse gli occhi e inalò il profumo dei fiori freschi. Di solito, riusciva a calmarla. Ma quel giorno non le bastava. Ci sarebbe voluto ben altro per placare le sue preoccupazioni. Preoccupazioni che avevano a che fare con refrigeratori rotti e... soprattutto... con un bambino in arrivo. Maledizione! Se solo due mesi prima fosse rimasta a casa invece di andare a quella dannata riunione dei suoi ex compagni di liceo... I guai se li era proprio andata a cercare! O forse erano i guai che erano andati a cercare lei. Ma lei non aveva fatto nulla per tirarsi indietro.
«Sei pallidissima, Lainey» osservò Beth in tono preoccupato, interrompendo bruscamente il filo dei suoi pensieri. «C’è qualcosa che non va? A parte il refrigeratore guasto, intendo.»
Lei esitò, chiedendosi se avrebbe dovuto o no dire la verità a Beth. Un po’ si vergognava, ma era la sua migliore amica ed era anche sicura che non l’avrebbe mai presa in giro per lo sbaglio che aveva commesso con Jon. E poi sarebbe stato un tale sollievo confidarsi con qualcuno...
«Lainey!» insistette Beth. «Dimmi che cos’hai!»
«Sono incinta» sbottò lei e scoppiò a piangere.
Beth le corse accanto con tanta foga che per poco non rovesciò un vaso nel farlo.
«Oh, tesoro!» esclamò abbracciandola. «Ne sei sicura?»
«Ho fatto cinque test di gravidanza e tutti hanno dato lo stesso risultato» ribatté Lainey tirando su col naso. «Per avere una conferma dovrò andare dal medico, però.»
«Di quanti mesi sei?»
«Due, circa.»
«È pazzesco! Io non... non sapevo nemmeno che tu frequentassi qualcuno.»
«Be’, ecco... in realtà è proprio così.»
«Ma allora... Mio Dio, ho capito! La riunione con i tuoi ex compagni di liceo!»
«Già» ammise Lainey distogliendo imbarazzata lo sguardo da quello della sua amica. Povero il suo bambino. Proprio non sapeva come avrebbe fatto a spiegargli... o spiegarle... le circostanze del suo concepimento.
«Avanti! Dimmi chi è il padre!»
«Jon Meier» mormorò lei, che faceva fatica anche solo a pronunciare il suo nome. «Noi ci siamo... ecco... trovati piuttosto bene alla riunione.»
«Lo vedo» convenne Beth ridacchiando. «Scusa, non volevo» si affrettò a soggiungere. «È che è tutto talmente surreale.»
«È vero, ma io... Devo dirglielo, Beth, ma vive talmente lontano. E poi è stata solo l’avventura di una notte. L’avrà già dimenticata. Non ci pensavo più nemmeno io. Avevamo preso delle precauzioni, ma evidentemente...» Lainey ebbe un attimo di esitazione, prima di concludere in tono piatto: «... qualcosa è andato storto».
«Già. Chissà, però, forse la notizia gli farà piacere.»
«Non lo so, Beth. Erano anni che non ci vedevamo e quella sera... ecco... non abbiamo parlato molto. E poi, te l’ho detto, vive molto lontano. In California, a Los Angeles. Ha un ottimo lavoro nell’industria dello spettacolo e non ha alcuna intenzione di tornare nel Michigan.»
Lainey aveva voglia di picchiare la testa contro il muro. Era stata proprio una stupida a passare la notte con Jon e si chiese con sgomento se la sua autostima fosse stata tanto danneggiata dal suo divorzio da indurla ad andare a letto con il primo uomo che le aveva fatto gli occhi dolci.
Ma era una domanda a cui preferiva non rispondere.
«Comunque, sono convinta che tu sarai una madre meravigliosa» affermò Beth.
«Lo pensi davvero?»
«Certo. Sei meravigliosa con i miei bambini e lo sarai anche di più con il tuo.»
«Grazie della fiducia» replicò lei, commossa. Poi, però, pensò a come avrebbero reagito i suoi nel saperla single, incinta e quasi sul lastrico e un brivido le corse lungo la schiena.
«Posso provare a ripararlo, ma non le garantisco nulla» annunciò Gary a Lainey, mentre Beth era impegnata a servire un cliente, dopo avere esaminato il refrigeratore. «E anche se dovessi riuscirci, la riparazione non durerebbe più di due o tre mesi. Dovete mettervi nell’ordine di idee di comprarne uno nuovo.»
«Non era quello che speravo di sentirle dire, ma faccia il possibile, la prego» replicò lei con un sospiro, prima di raggiungere Beth in negozio.
«Mamma mia!» esclamò lei quando seppe come stavano le cose. «I refrigeratori costano moltissimo. I clienti non ci mancano, ma ci vorrebbero grosse ordinazioni, come quella che abbiamo ricevuto per il matrimonio degli Higgins. Forse...»
S’interruppe di colpo, ma Lainey sapeva che cos’aveva intenzione di dire.
«... se mia madre ci raccomandasse ai suoi amici non avremmo più problemi» concluse al suo posto. «Lo so. Sono d’accordo. E gliel’ho chiesto.» Ricevendo la prevedibile risposta che il fiorista da cui sua madre si serviva aveva molta più esperienza e non correva il rischio di chiudere i battenti da un momento all’altro. Il che significava che era convinta che Lainey avrebbe fallito... di nuovo.
«Lo so che gliel’hai chiesto. E so anche che cosa ti ha risposto. Scusami se ho sollevato l’argomento.»
«Non preoccuparti. Mia madre è fatta così. Non so proprio che cosa potrebbe farle cambiare idea. Non pensiamoci più e mettiamoci al lavoro.»
Ma, mentre insieme a Beth preparava le composizioni floreali da consegnare ai clienti, non poté fare a meno di domandarsi se avrebbe lasciato che il negozio andasse a picco pur di non chiedere un prestito ai suoi. Glielo avrebbero concesso, ne era sicura, ma solo se avesse strisciato ai loro piedi per ottenerlo. E lei aveva aperto The Lily Pad proprio per dimostrare che poteva combinare qualcosa di buono nella vita senza il denaro dei suoi o un