Un matrimonio inaspettato: Harmony Bianca
By Emily Forbes
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Emily Forbes
È lo pseudonimo letterario di due sorelle, che con questo romanzo debuttano ufficialmente in Harmony Bianca.
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Book preview
Un matrimonio inaspettato - Emily Forbes
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Georgie’s Big Greek Wedding?
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Emily Forbes
Traduzione di Daniela De Renzi
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-681-3
1
Josh emerse dall’acqua e si issò sul pontile attraccato in modo permanente alla barriera. Si sfilò le pinne e la maschera e si mise in piedi, aiutandosi con una mano. Le bombole lo appesantivano, rendendo difficile l’equilibrio, ma dopo duecento immersioni lui era ormai abituato a quel genere di sensazione.
Ripose le pinne, la maschera e il respiratore e diede un’occhiata all’orologio, prendendo nota della durata e della profondità dell’immersione appena conclusa. Non male, ma certamente non delle migliori. Non aveva avuto occasione di ammirare niente di spettacolare. Ne era rimasto un po’ deluso. Aveva sperato che la vicinanza di Cairns alla Barriera Corallina lo avrebbe ricompensato del suo trasferimento in quella città. Si slacciò la muta e la sfilò dalla testa.
Aveva trascorso gli ultimi due anni a Brisbane, una città di circa due milioni di abitanti, dove aveva cercato di fare carriera. Ma per poter raggiungere i suo obiettivi, gli era stato consigliato di andare in quel posto sperduto per sei mesi.
Voleva farsi un’ultima vacanza, prima di mettersi a lavorare duro. Sapeva che, una volta ritornato a Brisbane, il tempo libero a sua disposizione sarebbe stato molto ridotto. Avrebbe fatto meglio a divertirsi finché poteva.
Georgie uscì dall’acqua tiepida e si lasciò andare sul pontile. Si tolse la maschera e il boccaglio, lasciando oscillare le gambe nell’acqua dell’oceano e rimanendo a guardare la gente che si divertiva a tuffarsi e si godeva la bellezza del posto.
Si tolse le pinne, si alzò in piedi e mise l’attrezzatura noleggiata nell’apposito contenitore. In giro non c’era molta folla. La maggior parte delle persone era tornata in acqua dopo aver pranzato. Georgie andò a vedere se era rimasto qualcosa al buffet. Appoggiò il giubbotto di salvataggio e lasciò spaziare lo sguardo sulle poche persone rimaste. Cercò suo fratello Stephen e Anna, la sua ragazza, venuti in visita da Melbourne apposta per fare immersioni. Ma non vide volti familiari. Dovevano essere ancora sott’acqua.
Avevano cercato di convincerla a fare un’immersione di prova, e ci erano quasi riusciti, ma lei si era tirata indietro all’ultimo momento. Chi poteva sapere che cosa si nascondeva sotto la superficie dell’oceano? Aveva preferito fare snorkeling. Essere in grado di tirare fuori la testa dall’acqua quando voleva e vedere il pontile e i catamarani, che li avevano condotti fino alla barriera, le dava un senso di sicurezza.
Continuò a osservare il gruppo di sommozzatori e sorrise ai loro goffi tentativi di liberarsi dell’attrezzatura. Fu contenta di aver cambiato idea riguardo alle immersioni. Le bombole apparivano molto pesanti.
C’era solo un uomo che le faceva sembrare leggere come un sacco a pelo. Georgie rimase a guardarlo, mentre lui si slacciava la muta e la toglieva. Poi si sfilò la maglietta e rimase a torso nudo. Georgie notò la sua schiena liscia e leggermente abbronzata. E quando lui portò le braccia sopra la testa, lei notò i muscoli guizzare. L’uomo aveva capelli biondo scuro tagliati corti e, quando ci passava le dita, l’acqua salata li faceva rimanere in piedi. Le spalle erano larghe e il tronco si assottigliava verso i fianchi.
Al di sopra della cintura del costume Georgie vide due fossette, proprio ai lati della spina dorsale. Il costume a calzoncino disegnava la forma della natiche e aveva i colori della bandiera australiana. Se i sommozzatori erano tutti come quello, forse sarebbe valsa la pena di seguire un corso!
«Aiuto! Per favore, qualcuno ci aiuti.»
Georgie si voltò di scatto. La voce che aveva gridato veniva dall’acqua alla sua destra. Scrutò la superficie dell’oceano e riuscì a individuare la donna che stava urlando. Si trovava a una cinquantina di metri dietro al pontile, in una delle aree riservate allo snorkeling e segnalate da boe. La donna agitava un braccio e con l’altra mano teneva qualcuno. Con la coda dell’occhio Georgie notò un movimento fulmineo. L’uomo con il costume australiano si era gettato in acqua e stava nuotando a grandi bracciate verso la donna in difficoltà.
Alcuni membri dell’equipaggio erano accorsi sul retro del pontile. Uno stava prendendo un salvagente e l’altro aveva in mano la valigetta del pronto soccorso. Georgie si avvicinò per offrire il suo aiuto, mentre l’uomo con il salvagente saltava in acqua e si dirigeva a nuoto verso la donna.
Georgie lo seguì con lo sguardo e notò che il sommozzatore con il costume australiano era già arrivato vicino alla donna in pericolo. Quando la raggiunse, afferrò la persona che le era vicino e, tenendola per il mento, la trascinò a nuoto verso il pontile.
La donna si sforzò di stargli dietro, ma lui la distanziò rapidamente. L’uomo con il salvagente nuotò verso di lei e glielo fece indossare, trainandola verso il pontile.
«Lamenta dolori al petto» spiegò il sommozzatore, mentre tirava l’uomo fuori dall’acqua. «Penso abbia aspirato acqua salata.»
Georgie fu sorpresa dal sentirgli usare quel termine medico. L’uomo con il costume australiano si stava issando sopra il pontile. Aveva i muscoli contratti per lo sforzo e, appena si tirò in piedi, l’acqua del mare gli scivolò lungo il corpo. Aveva il petto abbronzato e non stava ansimando, nonostante la fatica.
Parecchia gente si era radunata per guardare e anche Georgie si avvicinò, lanciando una breve occhiata al viso del sommozzatore. Un viso ovale, dai lineamenti marcati. Le labbra piene e la mascella squadrata, ricoperta da una leggera peluria. Le sopracciglia ben disegnate, il naso dritto e sottile. E, quando lui parlò, i suoi denti apparvero regolari e bianchissimi. Davvero un gran bell’uomo. «Per favore scostatevi» affermò lui in tono deciso, rivolto alla folla. «Dobbiamo fargli assumere una posizione comoda.»
Il tipo affascinante, come Georgie aveva cominciato a chiamarlo tra sé, continuò a impartire ordini con sicurezza. Aveva l’accento australiano e sembrava avere una preparazione medica.
Improvvisamente lei ricordò il motivo per cui si era fatta avanti. C’erano cose ben più importanti da fare, che rimanere ad ammirare un sommozzatore attraente.
Si avvicinò all’uomo con la valigia del pronto soccorso. «Ha un asciugamano o qualcosa per asciugare e riscaldare il malato?» domandò con decisione.
L’uomo fece un cenno di assenso. Georgie gli prese dalle mani la valigetta e lasciò che andasse a cercare quello che lei gli aveva chiesto. «Sono un paramedico. Posso essere di aiuto?» affermò poi, rivolgendosi al tipo affascinante.
Lui annuì, senza distogliere lo sguardo dal paziente. «Sono un medico» spiegò poi, rivolgendosi all’altro membro dell’equipaggio.
Georgie pensò che volesse ignorarla, ma appena ebbe rassicurato il paziente, lui alzò gli occhi verso di lei. Erano di un’incredibile tonalità di grigio. Un grigio argenteo, quasi metallico. Ricordavano il colore delle navi da guerra. «Può guardare che cosa c’è nella borsa del pronto soccorso, per favore?» le domandò senza preamboli.
Lei aprì la valigetta, continuando ad ascoltare la conversazione tra il medico e il paziente. «Riesce a descrivere il dolore che prova?»
«È come se avessi ricevuto un pugno in pieno petto...» rispose il paziente, che aveva l’accento britannico e faceva fatica a respirare, come se pronunciare le parole gli costasse uno sforzo tremendo.
«Le è già successo di avere dolori del genere?» Il tipo affascinante teneva le dita sul polso del paziente, guardando l’orologio e contando i secondi. Aveva dita lunghe e sottili con unghie corte e ben curate. Il paziente annuì appena, ma la donna, che doveva essere sua moglie, provò a essere più precisa. «Il medico dice che si tratta di angina.»
«Prende dei farmaci?» domandò di nuovo il tipo affascinante.
Georgie dovette fare uno sforzo per concentrarsi sul contenuto della valigetta e non sulle lunghe dita del collega.
«Il medico ha dato a Nigel delle pastiglie.»
«Le ha con sé?»
La moglie scosse la testa. «Le abbiamo lasciate in albergo...»
Georgie sollevò lo sguardo dalla borsa del pronto soccorso e cercò gli occhi del tipo affascinante. «Niente di utile qui dentro» mormorò, ricominciando a rovistare nella valigetta. Il membro dell’equipaggio era tornato con un asciugamano, ma Georgie aveva un’altra richiesta per lui. «Avete un armadietto dei medicinali, che contenga qualcosa di più potente di un analgesico?»
L’uomo la guardò perplesso. «Abbiamo un’infermeria. Se viene con me, possiamo dare un’occhiata.»
Georgie lo seguì nella piccola stanza. Afferrò una bombola a ossigeno, che si trovava appesa al muro, mentre l’uomo apriva l’armadietto dei medicinali. Al suo interno trovò una mascherina per l’ossigeno e uno spray a base di nitroglicerina.
Tornarono dal paziente con quello che Georgie aveva trovato. «Sintomi?» domandò, per sapere se la situazione si fosse modificata nel frattempo.
«Il battito è irregolare e un po’ troppo veloce» affermò il tipo affascinante, mentre lei si inginocchiava al suo fianco. Il collega sapeva di sole e di mare. «Ha il respiro un po’ corto» riprese lui, senza distrarsi. «Ma potrebbe dipendere dall’esercizio fisico. Ha un dolore al lato sinistro del petto, ma è ben localizzato» continuò voltandosi verso di lei.
«Quando sono apparsi i primi sintomi?» domandò Georgie, sforzandosi di non guardare gli addominali del dottore.
Lui lanciò un’occhiata all’orologio. «Siamo usciti dall’acqua da quattro minuti e mezzo e il dolore non è peggiorato.»
«Pensi si tratti di angina?»
«Probabilmente sì.»
«Ho trovato questo» replicò Georgie, mostrando lo spray. Si aspettava che lui si facesse da parte, per permetterle di somministrare il farmaco, ma lui glielo prese di mano, cogliendola di sorpresa. Non aveva intenzione di sollevare questioni, ma si era sentita sottovalutata.
La moglie di Nigel era rimasta in un angolo, aspettando di vedere se il marito cominciava a migliorare. Era visibilmente preoccupata. Qualcuno avrebbe dovuto parlarle. «Chiamerò il Servizio di Soccorso del Queensland perché si tengano pronti» affermò Georgie rivolta al medico. «Intanto spiegherò alla moglie la situazione.»
Parlò contemporaneamente con la moglie di Nigel e uno dei membri dell’equipaggio. «I sintomi non sono peggiorati, quindi pensiamo si tratti di angina» spiegò seria. «Gli abbiamo somministrato un farmaco e lo stiamo tenendo in osservazione. Se è angina, nel giro di dieci minuti migliorerà.»
«E se non succede, che cosa possiamo fare?» domandò la moglie in ansia. «Siamo qui in mezzo all’oceano...»
«Chiamerò il Servizio di Soccorso via radio » replicò Georgie, sforzandosi di mantener calma la voce, per non agitare ulteriormente la donna. «Chiederò loro di tener pronto un elicottero, nel caso si rendesse necessario un trasferimento d’urgenza.» Evitò di dire che lavorava per quel Servizio, pensando non fosse importante. Chiese ulteriori dettagli alla moglie di Nigel e chiamò il Centro di Coordinamento Clinico di Brisbane, per avvisarli della situazione. Era loro compito trovare una squadra di soccorso disponibile tra quelle dislocate sul territorio del Queensland. Probabilmente sarebbe stata allertata la sede di Cairns, dove Georgie lavorava, o quella