Un equivoco scottante: Harmony Bianca
By Laura Iding
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About this ebook
Jake non si fida di lei. Hanna conosceva la sua identità, quando è andata a letto con lui? Cosa pensava di ottenere? L'esperienza lo ha sempre tenuto alla larga dalle relazioni sul posto di lavoro, ma la nuova tirocinante potrebbe rappresentare una distrazione difficile da ignorare.
Laura Iding
Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Un equivoco scottante - Laura Iding
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Dating Dr Delicious
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2011 Laura Iding
Traduzione di Katia Perosini
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-096-5
1
Hannah Stewart aprì gli occhi, disorientata per un istante dall’oscurità.
Poi ricordò.
Non c’erano le luci della città ad attraversare le sue finestre senza tende perché non era a casa sua.
Era nell’appartamento di Jake.
Uno strano miscuglio di piacere e vergogna la investì con prepotenza. Santo cielo, cosa diavolo le era preso? Accettare l’invito di Jake a salire da lui era stata una decisione del tutto fuori luogo.
Eppure non riusciva a provarne rimorso.
O meglio, non voleva provare rimorso per il piacere che gli istanti trascorsi tra le braccia di quell’uomo le avevano regalato.
Ma quello non era il momento di fantasticare.
Lentamente, sollevò la testa dal cuscino per vedere meglio la piccola sveglia sul comodino. Erano le tre e mezzo del mattino.
Tardi. O presto. A seconda dei punti di vista.
Comunque, doveva tornarsene a casa. E subito.
Il suo ultimo giorno di libertà si era concluso ormai e doveva cercare di rimettersi in sesto prima di recarsi in ospedale.
Con delicatezza, per non svegliare l’uomo disteso al suo fianco, scivolò fuori dalle lenzuola, ma nel sollevare il proprio peso dal materasso sentì Jake mugugnare e rimase immobile qualche istante, trattenendo il fiato.
Osò riprendere a respirare solo quando ebbe la certezza che non si fosse svegliato.
A tentoni, prese a cercare i propri vestiti sul pavimento, poi realizzò di averli lasciati in salotto.
Il ricordo del loro amplesso frenetico la fece avvampare. Mai si era lasciata andare con tanta spregiudicatezza come con quell’uomo così maledettamente attraente. Aveva perso il conto di quante volte avevano fatto l’amore. Il corpo le doleva ancora nei punti più insoliti.
Uscì furtiva dalla camera da letto e raggiunse il salotto. Così facendo, urtò con un piede il tavolino in vetro e acciaio cromato e dovette mordersi la lingua per non urlare dal dolore.
Presa dalla furia della passione, la sera prima aveva dato solo una rapida occhiata all’arredamento, ma ora che la vista si era adattata alla luce fioca proveniente dalla finestra si soffermò incuriosita a guardarsi attorno.
Arricciò il naso, leggermente delusa nel constatare che Jake aveva optato per uno stile moderno e di un certo pregio. Non che fosse importante, solo che l’abbinamento vetro e acciaio cromato le sembrava un po’ impersonale, e i decori alle pareti decisamente eccentrici.
Hmm. Forse non era in grado di coglierne il gusto artistico.
Il senso di vergogna aumentò. Non apparteneva al mondo degli yacht e degli appartamenti di lusso, lei. Ed era stata stupida a non averlo tenuto a mente. Anche se era un medico ormai, non riusciva a immaginare di poter vivere così. Aveva intrapreso quella carriera per aiutare la gente, non per diventare ricca e famosa.
Ma quello non era proprio il momento di fantasticare.
Scuotendo il capo, sollevò da terra i vestiti sparsi per la stanza e si rimise il bikini giallo saltellando per il dolore al piede. Dopodiché, indossò maglietta e pantaloncini, calzò le infradito e afferrò la borsa.
«Te ne stai andando?» udì domandare tutt’a un tratto.
Sentì il cuore salirle in gola e, trattenendo il fiato, si voltò. Jake la guardava dal vano della porta con indosso soltanto un indecifrabile cipiglio e un succinto paio di boxer.
Hannah s’impose di non lasciarsi distrarre dal suo torace nudo e muscoloso e si sforzò di sostenere lo sguardo per un’infinità di imbarazzanti secondi. «Sì. Io... ehm... devo andare.»
Jake continuava a fissarla. «Senza salutare?»
A disagio, lei distolse lo sguardo.
D’accordo, forse non sapeva bene come muoversi in circostanze del genere, ma cosa si aspettava quell’uomo da lei? Non sapeva nemmeno come si chiamava di cognome!
Cercò di allontanare il senso di colpa. Non era certo l’unica donna al mondo ad avere avuto un’avventura di una notte, no? «Ascolta, è stato fantastico. Spettacolare, davvero. E tu sei stato... davvero straordinario. Ma ho una riunione importante questa mattina, quindi devo proprio andare a casa.»
Non ci fu alcuna esitazione nello sguardo di lui. «D’accordo, allora. Vuol dire che ti accompagno.»
«No!» Il rifiuto le uscì più vigoroso di quanto avrebbe voluto, ma per una qualche ragione preferiva non fargli sapere dove abitava. «Voglio dire, non scomodarti. Prenderò un taxi.»
O la metropolitana.
«Hannah» provò a protestare lui avvicinandosi, ma lei si mise la borsa sulle spalle e aprì fulminea la porta senza lasciarsi pregare.
«Ciao, Jake. Non sai quanto avessi bisogno di vivere un’esperienza come quella della notte scorsa. Grazie di tutto.»
Scivolò fuori dall’appartamento e si diresse rapida verso l’ascensore, sperando, pregando che lui non la seguisse.
Quando l’ascensore arrivò al piano, non poté evitare di lanciare un’occhiata sopra la propria spalla per scoprire che, in effetti, l’aveva seguita.
Se ne stava appoggiato contro il muro del pianerottolo con la sua straordinaria avvenenza, le spalle ampie e muscolose, le braccia incrociate sul petto, i capelli scuri spettinati a incorniciargli il viso scolpito.
Hannah si sentì cogliere da una punta di rimpianto e incespicò, rischiando di finire a terra lunga distesa.
Santo cielo, quell’uomo era come un potente magnete capace di attirare a sé ogni singola cellula del suo corpo! Non voleva andarsene, ma doveva proprio.
Le ci volle tutta la forza di volontà di cui disponeva per recuperare il proprio equilibrio, rivolgergli un debole sorriso e un rapido cenno per poi scomparire all’interno dell’ascensore.
Durante la chiusura delle porte, lo sentì mormorare: «A presto Hannah».
Chiuse gli occhi e si accasciò contro la parete dell’abitacolo passandosi una mano nei capelli ormai impossibili da districare. Sottili lacrime di rimpianto le inumidirono le ciglia ma lei si affrettò a ricacciarle indietro.
Cosa diavolo le prendeva?
Quello era soltanto un uomo. Incredibilmente sexy e bello da mozzare il fiato, ma pur solo un uomo.
Meglio toglierselo dalla mente al più presto. Per quanto fosse stato piacevole stare con lui, non c’era spazio per un uomo nella sua vita.
O per una relazione.
Non che Jake le avesse lontanamente ventilato una prospettiva del genere, comunque, ricordò aspramente a se stessa.
La gente aveva avventure di una notte di continuo ed era certa che nessuno dei protagonisti stava ad analizzare ogni minimo dettaglio il giorno successivo. Dunque, perché doveva farlo lei?
Fare sesso era bello e salutare e loro avevano trascorso una piacevole serata insieme. Ecco tutto.
Fine della discussione.
Fermò un taxi e, attraverso le strade ancora buie, si fece portare dall’altra parte della città. L’appartamento che condivideva con Margie era arredato con pochi mobili di generi diversi, ma vantava grandi finestre lungo due delle pareti.
Come c’era d’aspettarsi, la sua coinquilina non era in casa. Doveva aver passato la notte dal suo ragazzo, Bryan.
Sollevata all’idea di non dover subire un terzo grado su quello che era successo la notte prima, Hannah si diresse nella sua stanza.
Di solito le piaceva sorseggiare una tazza di tè osservando il sole levarsi dalle acque del lago, ma quella mattina era troppo agitata per cercare di rilassarsi, quindi fece una doccia e si vestì.
Il tragitto in metropolitana fu rapido: arrivò al Chicago Care con quindici minuti di anticipo. Grazie al cielo non aveva fatto ritardo proprio il suo primo giorno di lavoro!
A dirla tutta, si sentiva stranamente piena di energie. Una notte di sesso sfrenato poteva darti anche questo!, pensò cercando di cancellare il sorrisetto ambiguo che le era sorto sul viso.
Nella sala conferenze del reparto di chirurgia generale al quinto piano c’erano già una trentina di persone, specializzandi come lei in attesa di cominciare il loro primo giorno di lavoro come medici.
Un fremito di anticipazione misto a una buona dose di ansia le colmò il cuore. Eccolo, il momento che aveva tanto atteso. Ora era ufficialmente un medico.
La dottoressa Hannah Stuart.
Il giorno prima, aveva festeggiato la fine della sua vecchia vita e degli ultimi faticosi otto anni, in cui si era destreggiata tra studio e lavoro. Gestire due lavori per mantenere sé e la propria famiglia e al tempo stesso cercare di ottenere dei voti decenti alla facoltà di medicina, non era stato facile. Ed era stata per lo più da sola.
Non si era quindi meritata una notte di sconsiderata follia, in cui lasciarsi andare incurante di tutto e di tutti?
Forse aveva esagerato un po’ con i festeggiamenti, accettando di passare la notte a casa di Jake, ma poco importava in fondo. Non aveva senso rimuginare sul passato. Si stava affacciando a una nuova fase della propria vita professionale ora.
Era un secolo che aspettava questo momento.
Sin da quando era bambina, la famiglia aveva vissuto in attesa dello stipendio di fine mese e la situazione non era granché migliorata durante il liceo e l’università. Anche con un sostanzioso prestito per pagarle gli studi, avevano sempre fatto fatica a sbarcare il lunario.
Ma, malgrado la sua strada fosse stata irta di difficoltà, alla fine ce l’aveva fatta. Aveva preso la laurea in medicina ed era stata accettata nel programma di tirocinio medico in ospedale.
Sollevò il mento, caparbia.
Fin lì era arrivata ed era più che determinata a superare con successo anche gli estenuanti cinque anni che l’aspettavano.
Non avrebbe permesso a niente e a nessuno di ostacolarla.
Avvertì una fitta di delusione quando scoprì che i primi due giorni del suo tirocinio li avrebbe passati chiusa in una sala riunioni per un corso di orientamento. Certo, era importante ricevere informazioni e apprendere le regole dell’ospedale, ma