Solo per una notte: Harmony Bianca
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È possibile che un playboy incallito si trasformi nel giro di una notte nell'uomo dei sogni?
Carol Marinelli
Nata e cresciuta in Inghilterra, ha conosciuto il marito durante una vacanza in Australia.
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Book preview
Solo per una notte - Carol Marinelli
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Hers For One Night Only?
Harlequin Mills & Boon Medical Romance
© 2012 Carol Marinelli
Traduzione di Claudia Cavallaro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
HHarlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-170-1
1
«Sei sempre troppo disponibile.» Quando la sua amica Jasmine ebbe esaurito le parole di solidarietà, Bridgette non seppe proprio che cosa rispondere. Anche perché sapeva che aveva ragione. «Vince e io festeggiamo la nostra partenza e tu verrai soltanto se tua sorella non avrà bisogno di una babysitter.»
«Lo sai che non è così semplice» disse Bridgette.
«Ma è semplice» disse Jasmine, determinata questa volta a non cedere. Il suo ragazzo, Vince, era un pediatra interno dell’ospedale di Melbourne dove anche Bridgette aveva lavorato fino a poco tempo prima e sarebbe partito per un anno di volontariato all’estero. E praticamente all’ultimo minuto, una Jasmine piuttosto frastornata aveva deciso di raggiungerlo per tre mesi. Dopo aver compilato una moltitudine di moduli e domande a ritmo convulso, finalmente quella sera ci sarebbe stata una riunione per i saluti. «Hai rinviato tutto per Courtney, hai rinunciato a un lavoro che ami per avere un orario più flessibile con l’agenzia... hai fatto il possibile per poterla aiutare e guarda come sei finita.»
Jasmine sapeva di essere molto dura con Bridgette, ma, dannazione, voleva vederla piangere, voleva farle ammettere la verità... che quel modo di vivere la faceva soffrire, che su qualcosa doveva cedere. Ma Bridgette si rifiutò di piangere, insistendo a dire che andava tutto bene... che non le dispiaceva lavorare per l’agenzia, che amava occuparsi di Harry, il figlio di Courtney.
«Esci, allora» la provocò Jasmine. «Se va tutto bene come dici, ti meriti una serata fuori... sono secoli che non lo fai. Voglio che tu sia presente... abbiamo tutti voglia di vederti. Ci saranno tutti.»
«E se...?» Bridgette si trattenne dal dirlo. Non ne poteva più di considerare i se
.
«Smettila di usare Harry come scusa» disse Jasmine.
«Non è vero.»
«Sì, invece. So che hai sofferto, ma devi buttarti tutto alle spalle.»
Quelle parole la irritarono, d’altronde la verità spesso faceva male e lei dovette ammettere che forse era vero, usava un po’ Harry come scusa per non uscire. «D’accordo!» Fece un profondo respiro e annuì. «Hai vinto.»
«Allora, verrai?» Jasmine sorrise.
«Così pare.»
E invece di stare seduta a casa, Bridgette se ne andò dal parrucchiere per ravvivare i capelli castano chiaro con qualche contrasto. Le sembrò che sottolineassero il suo pallore e facessero apparire gli occhi grigio fango un po’ più scuri. Poi, sempre incoraggiata da Jasmine, si sottopose anche alla manicure e alla ceretta e alla fine, per andare sul sicuro, si concesse un giro di shopping.
La camera di Bridgette era nel caos – non che a Jasmine importasse – così si contesero lo spazio davanti allo specchio per rinfrescare il mascara. Era una serata calda e afosa e Bridgette stava già sudando. Continuando così sarebbe uscita con la faccia lucida, perciò salì sul cesto della biancheria e aprì la finestra della camera. Poi tentò di trovare le scarpe. «Dovrò decidermi a mettere un po’ d’ordine qui dentro.» Cercò i sandali dai tacchi alti.
Un tempo la sua camera era sempre in ordine, però dopo la nascita di Harry e l’arrivo di Courtney il suo bilocale non si era più ripreso dall’occupazione di tre persone... quattro, per la verità, contando anche Paul. Né si era più ripresa la sua vita sentimentale!
Trovò i sandali e per infilarli dovette appoggiarsi alla parete. Esaminò gli scatoloni che contenevano le mensole comperate online, augurandosi che l’avrebbero aiutata a tenere ordinata la stanza. «Voglio montare le mensole. Papà ha detto che sarebbe venuto a fissarle con le viti prigioniere, qualunque cosa siano...»
Jasmine si morse la lingua... erano mesi che Maurice lo diceva. L’ultima cosa di cui Bridgette aveva bisogno quella sera era di sentire critiche sui suoi genitori ma, a essere sinceri, era difficile trovare due persone più rigide e totalmente inette.
Maurice and Betty Joyce chiudevano un occhio sul caos creato dalla figlia minore e lasciavano che fosse Bridgette a mettere tutto a posto.
«Come ti senti?» chiese Jasmine. Indossava un vestito appariscente e tacchi alti, e il trucco era perfetto.
Bridgette si esaminò allo specchio. «Ventisei anni.» Sorrise alla propria immagine, una volta tanto soddisfatta da ciò che vedeva. La donna esausta di poco prima era sparita... ora brillava, letteralmente, e non per il sudore. No, grazie al semplice vestito di lamé appena comperato che sottolineava le sue belle curve, e al nuovo fard celestiale che aveva cancellato le ultime tracce di stanchezza con solo un paio di pennellate color pesca.
«E single» le ricordò Jasmine.
«E felice di esserlo» ribatté lei. «L’ultima cosa che voglio al mondo è una relazione.»
«Non deve essere necessariamente una relazione» obiettò Jasmine, ma si arrese con una risatina. «Per te, sì, però.» Guardò l’amica. «Paul si è comportato da vero bastardo con te, lo sai.»
«Lo so.» Lei non aveva voglia di parlarne. «Comunque, meglio scoprirlo prima che dopo.»
«So anche questo» ribatté Bridgette. Non solo non aveva voglia di parlarne, ma quella sera non voleva nemmeno pensarci. Per fortuna, Jasmine aveva altro per la mente.
«Chissà se verrà anche Dominic. Quel tipo è sesso allo stato puro...» Anche se era beatamente felice con Vince, Jasmine andava in estasi per il sostituto pediatra interinale, Dominic Mansfield.
«Stai per volartene in Africa con il tuo ragazzo.» Bridgette sorrise. «Forse non dovresti notare queste cose, non credi?»
«Ma guardare è sempre permesso» disse Jasmine con un sospiro. «Davvero, è impossibile non guardare Dominic quando è nei paraggi... è uno schianto. Il nostro ospedale non è il posto giusto per lui. Dovrebbe recitare in qualche bella soap di successo... A ogni modo ne ho parlato solo pensando a te.»
«Bugiarda. Da quello che mi hai detto di Dominic non si direbbe un tipo da relazioni.»
«Be’, a un certo punto deve esserlo stato... prima di venire a Melbourne era fidanzato. Intendiamoci, non che sia esattamente il tuo tipo. Non parla quasi mai. In realtà, è piuttosto arrogante.» Jasmine rifletté. «Comunque, basta parlare di lui. Guardati.» Sorrise all’amica allo specchio. «Bella, single, senza legami... Hai tutti i diritti di divertirti, lo sai.»
Solo che Bridgette i legami li aveva, anche se nessuno riusciva a capirli veramente. Furono quei legami a indurla a controllare due volte di avere il cellulare in borsa. Non si sentiva del tutto single... si sentiva piuttosto una mamma nubile con il figlio momentaneamente lontano. Courtney e Harry avevano convissuto con lei per un anno ed era finita male, e anche se ora parlava poco con la sorella, si prestava regolarmente a farle da babysitter.
Quella sera Harry le mancava.
Ma ricordò a se stessa che non era suo figlio e che perciò non avrebbe dovuto sentirne la mancanza. Comunque, era bello uscire una volta tanto e farsi aggiornare sugli ultimi avvenimenti. Tutti contribuirono a pagare le bevande, ma purtroppo fu Jasmine a scegliere il vino e in quel caso fu indubbiamente privilegiata la quantità piuttosto che la qualità. Bridgette bevve un sorso... non era certo una snob, ma quel vino era davvero orribile e per tutta la sera si limitò a un solo bicchiere.
«Quando tornerai fra noi?» fu l’appello unanime degli ex colleghi.
«Non ne sono sicura» rispose lei. «Presto, spero.»
Sì, era una bella serata; solo che non era più come un tempo.
Non era più una di loro.
Quando si lamentarono di una certa Rita, che aveva la voce stridula e voleva sempre mettere becco su tutto, lei non aveva idea di chi stessero parlando. Sembrava che la settimana prima ci fosse stata una brutta emergenza di cui ora discutevano e di cui lei non sapeva nulla.
Prendendo il cellulare dalla borsa, scoprì con sollievo che non c’erano messaggi, ma anche se non era richiesto il suo aiuto e in quel momento non aveva nessun altro posto dove andare, considerò la serata finita.
Non era più un’ostetrica, nel migliore dei casi lo era solo occasionalmente... andava dove la mandava l’agenzia. Sul punto di salutare Jasmine, cercando di sgattaiolare via senza farsi notare, dovette fermarsi, perché la sua amica andò ad accogliere gli ultimi arrivati, e insistette per farglieli conoscere.
«Lei è Rita, la nuova direttrice del reparto.» Jasmine fece le presentazioni. «E lei è Bridgette Joyce. Fino a qualche tempo fa lavorava con noi. Stiamo cercando di convincerla a tornare. E lui è...» Lui non aveva certo bisogno di presentazioni, perché Bridgette lo guardò e si perse in quegli occhi nerissimi. L’uomo stava in disparte dagli altri e sembrava un po’ fuori posto in quel bar piuttosto squallido, ma corrispondeva decisamente alla descrizione di Jasmine: era un vero schianto.
I capelli neri, leggermente troppo lunghi e pettinati all’indietro, rivelavano un viso davvero notevole.
Era alto, magro, e portava pantaloni neri e una camicia bianca aderente. Era semplicemente divino. «Ti presento Dominic» disse Jasmine, «il nostro pediatra interinale.»
Non aveva l’aspetto di un pediatra... oh, lei sapeva che non bisognava etichettare le persone, ma guardandolo annuire e salutare i presenti decise che non assomigliava minimamente a un uomo abituato a trattare con i bambini. Jasmine aveva ragione... avrebbe dovuto fare l’attore in una soap, magari recitando la parte di un medico o...
Lo immaginò meglio come chirurgo, un chirurgo plastico forse, in qualche clinica privata esclusiva.
«Posso offrirvi da bere?» Era molto mellifluo e educato, e non aveva il minimo accento, ma visto il suo colorito scuro si chiese se fosse di origine italiana, o forse greca. Doveva essersi accorto che lei lo stava fissando e, vedendola senza un bicchiere in mano, le si rivolse direttamente. «Bridgette, posso offrirti qualcosa da bere?»
«Niente per me, grazie, sto...» Fu sul punto di dire che se ne stava andando, ma fu interrotta da Jasmine.
«Non è necessario che tu offra, Dominic. Abbiamo già bevuto anche troppo.» Jasmine camminò con passi incerti verso il loro tavolo rumoroso e versò un bicchiere di vino acetoso per lui e uno anche per Bridgette, poi glielo passò. «Forza» insistette, determinata a far rilassare l’amica. «Bevi, Bridgette.»
Lui fu molto educato, perché accettò il bicchiere con affabilità, bevve un sorso e riuscì a non trasalire. Ma bevendone una quantità minima, Bridgette si accorse che lui la guardava accennando un sorriso d’intesa, sempre che lo si potesse definire così.
«Sono contenta che tu ce l’abbia fatta a venire, Dominic» disse Vince raggiungendoli. Aveva appena finito il suo giro del reparto e, prima di lasciare l’ospedale, per un breve periodo Bridgette aveva lavorato con lui nel reparto maternità. «Non è certo stata una delle migliori giornate della mia vita.»
Lei vide Dominic fare un cenno del capo, ma cambiò subito argomento. «Allora, quando hai il volo?»
«Lunedì notte» rispose Vince, e parlò un po’ del progetto a cui avrebbe preso parte.
«Be’» disse Dominic, «ti faccio i miei migliori auguri.»
Di certo non sprecava le parole, pensò Bridgette, mentre Jasmine lucidava il suo arco di Cupido e si allontanava mano nella mano con Vince. Così si ritrovò sola