Gli affari privati del duca: Harmony Destiny
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About this ebook
Anche il freddo sangue blu può incendiarsi quando incontra il vero amore
Il suo primo compito è resistergli!
Come può Victoria Houghton pensare di lavorare alle dipendenze del duca Charles? Per prima cosa lui si vanta di aver sempre sedotto le donne che ha incontrato, inoltre lei lo disprezza, insieme a tutta la famiglia reale di Morgan Isle, per aver assorbito l'attività degli Houghton e aver degradato lei al ruolo di assistente personale. Victoria tuttavia non è nelle condizioni di rifiutare il posto, ma è determinata a mantenere le distanze da Charles e dal suo innato magnetismo. Mischiare dovere e piacere, in tali circostanze, sarebbe fatale.
Michelle Celmer
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Gli affari privati del duca - Michelle Celmer
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Duke’s Boardroom Affair
Silhouette Desire
© 2009 Michelle Celmer
Traduzione di Rita Pierangeli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-563-2
1
Victoria Houghton non aveva mai subito una simile umiliazione.
Non poter fare niente mentre il padre, Reginald, perdeva l’albergo che apparteneva alla famiglia da generazioni era stato un dolore insopportabile, e adesso le si chiedeva di diventare l’assistente personale dell’uomo che era il responsabile di quell’ingiustizia?
Il duca di Morgan Isle, l’avvocato Charles Frederick Mead, se ne stava seduto con aria indolente alla sua scrivania, compiaciuto e arrogante dietro la facciata di un sorriso affascinante. Alle sue spalle, dalla vetrata che occupava tutta la parete, si godeva lo spettacolo del mare irlandese. In un completo confezionato su misura, il suo atteggiamento noncurante era in contrasto con l’innegabile piglio autoritario che trasudava da ogni poro.
«Mi avevano detto che avrei occupato un posto a livello manageriale» esordì Victoria. Accompagnato da uno stipendio generoso e da compartecipazione agli utili. Che avessero cambiato idea anche su quel punto?
Lui si appoggiò allo schienale e accavallò le gambe. «Fino all’inizio della seconda fase dell’albergo, per te non c’è niente da dirigere. E poiché la mia assistente personale se n’è andata, in via temporanea prenderai il suo posto.»
Doveva ritenerla stupida se pensava che avrebbe creduto a quella fragile scusa. Non aveva problemi a cambiare lenzuola e a spazzare e spolverare, se in compenso evitava di vedere quell’uomo tutti i giorni. Poteva sembrare simpatico e tollerante, ma sotto quella superficie era freddo e spietato.
«Allora, mi assegni alla parte dell’albergo che è stata completata. Farò qualsiasi cosa.»
«Per il momento, non se ne prevede l’apertura.»
Improbabile. D’altronde, per uomini come lui mentire era naturale quanto respirare. E a proposito del loro accordo finanziario? Di sicuro non intendeva pagare a un’assistente l’esorbitante stipendio che le aveva assegnato nel contratto. «Che cosa ne sarà del mio stipendio e della partecipazione agli utili?»
«Le clausole del tuo contratto non subiranno variazioni.»
Victoria aggrottò la fronte, sorpresa. Che cosa stava cercando di ottenere?
«Se glielo chiedi, il tuo avvocato ti confermerà che rispetteremo gli accordi presi.»
Stando a suo padre, il loro avvocato li aveva venduti per entrare nelle grazie della famiglia reale, perciò non le sarebbe stato di molto aiuto.
«E se invece rifiuto?» domandò, pur conoscendo già la risposta.
«Infrangeresti le clausole del contratto.»
Lui non sapeva fino a che punto era tentata di farlo. Non aveva mai aspirato a quel posto di lavoro, ma rifiutarlo avrebbe significato distruggere suo padre. Aveva venduto l’albergo – la sua eredità – alla famiglia reale alla condizione che lei fosse assunta come direttrice permanente, con uno stipendio doppio di quello che percepiva in precedenza. Aveva voluto così assicurarle un futuro sicuro, un fatto sul quale lei non poteva sollevare obiezioni.
La perdita dell’albergo aveva sottoposto a ulteriori tensioni il cuore già malato di suo padre. Anche se l’albergo sorgeva in una delle più belle località dell’isola, la loro clientela aveva iniziato a calare da quando era stato inaugurato il Royal Inn, appena ristrutturato. Dal modo in cui gli intermediari della famiglia reale avevano cominciato ad acquistare terreni lungo la costa, avevano intuito che era solo una questione di tempo prima di doversi arrendere.
Non si erano sbagliati.
Nelle sue precarie condizioni di salute, ulteriori brutte notizie sarebbero potute risultare fatali per suo padre. Da quando, a cinque anni, aveva perso la madre e il fratello in un incidente d’auto, il padre aveva rappresentato tutto per Victoria. Dopo i sacrifici che aveva fatto per lei, non poteva deluderlo.
Con rinnovata fermezza, raddrizzò le spalle e chiese: «Quando prevede di inaugurare la seconda fase dell’albergo?».
«Gli ampliamenti dovrebbero essere completati per l’inizio della prossima stagione turistica.»
La prossima stagione turistica? Mancavano ancora sei mesi! Per lei sarebbe stato troppo lavorare perfino sei giorni soltanto per quell’uomo. Ma poteva scegliere?
Negli occhi color cioccolata di lui passò quello che assomigliava a un lampo divertito. Che cosa ci trovava da ridere?
«È un problema?»
Victoria si rese conto che il duca la stava provocando. Lui voleva che infrangesse le clausole del contratto, così da potersi sbarazzare di lei.
Bene, non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla arrendersi. Forse era riuscito a spezzare Reginald Houghton, ma con lei era un altro paio di maniche.
Sollevò il mento e lo fissò negli occhi, per fargli capire che non si lasciava intimidire. «Nessun problema.»
«Ottimo.» Un sorriso soddisfatto e, per quanto detestasse ammetterlo, sexy, gli incurvò le labbra. Lui aprì un cassetto della scrivania e ne estrasse un foglio. «Dovrai firmare questo.»
«Che cos’è?» chiese Victoria, sospettosa.
«Un accordo standard di segretezza. Tutti i dipendenti della famiglia reale sono obbligati a firmarlo.»
Un altro trucco? Ma dopo una rapida scorsa del documento, si rese conto che non c’era niente di misterioso. Pertanto, accettò la penna che lui le porgeva e firmò, anche se non riuscì a sottrarsi alla sensazione di aver appena venduto l’anima al diavolo.
Gli restituì il foglio e lui lo rimise nel cassetto prima di alzarsi. Non troppo alta di statura, lei era abituata a dover alzare la testa per guardare le persone negli occhi, ma il duca la sovrastava, alla lettera. Era di almeno trenta centimetri più alto del suo metro e cinquantacinque. E aveva un aspetto così... perfetto. Completo impeccabile, unghie curate, non uno solo dei capelli castani fuori posto.
Ma gli uomini come lui non erano mai così perfetti come sembravano. Malgrado il bell’aspetto, il denaro e il potere, aveva le sue pecche come chiunque altro.
«Benvenuta nella società, Victoria.» Il duca le tese la mano e lei, decisa a mostrarsi professionale, l’accettò.
Quando la mano di lui, grande e calda, avviluppò la sua, inghiottendola, Victoria avverti uno strano rimescolio alla bocca dello stomaco.
Sempre stringendole la mano, il duca disse: «Perché non discutiamo dei tuoi compiti a pranzo?». I suoi occhi, tuttavia, dicevano che aveva in mente qualcosa di più del pranzo. Le stava facendo delle avance?
Mi sta prendendo in giro.
Victoria dovette trattenersi per non alzare gli occhi al cielo. I tabloid lo dipingevano da sempre come un donnaiolo spudorato, ma lei aveva preferito credere che fossero soltanto pettegolezzi. Nessun uomo poteva essere così superficiale.
Se pensava di aggiungerla all’elenco delle sue conquiste femminili... be’, allora lo aspettava una grossa delusione.
Ritrasse la mano con tutto il garbo possibile. «No. Grazie.»
Lui la guardò, incuriosito. Forse era insolito che una donna gli dicesse di no. «Offro io.»
La riteneva davvero così a corto di denaro?
«In un certo senso, lavoreremo a stretto contatto» aggiunse lui, e a Victoria parve che sottolineasse la parola contatto. «Dovremmo imparare a conoscerci.»
«Preferisco non mescolare il lavoro con il piacere» rispose lei, chiedendosi se avrebbe insistito, con il pretesto che rientrava nel loro contratto.
Il duca, però, si limitò a stringersi nelle spalle. «Bene, in questo caso ti mostrerò il tuo ufficio.»
Invece di passare dall’ufficio della sua segretaria, una donna di mezza età dall’aria arcigna, la condusse a una porta che dava in un locale più piccolo, arredato in modo spartano e senza finestre. Oltre a una libreria vuota, c’erano una poltrona di pelle e una scrivania, dove erano sistemati un telefono, un computer e una grande busta.
«Troverai nel computer tutto quello che ti occorre. Un elenco dei tuoi compiti insieme con numeri di telefono e una copia della mia agenda personale. Se non sai come usare un programma, puoi chiedere a Penelope, la mia segretaria.»
«Sono sicura che non avrò difficoltà.»
Lui prese la busta e gliela consegnò. «Qui dentro c’è un badge per questo edificio e un altro per gli uffici che si trovano a palazzo...»
«A palazzo?»
«Ho un ufficio anche là, e spesso mi incontro con re Phillip. Ci sei mai stata?»
Lei scosse la testa.
«In questo caso, dovrò farti fare un giro.»
D’accordo, forse quel lavoro avrebbe comportato qualche privilegio extra. L’idea di mettere piede a palazzo, e di incontrare i membri della famiglia reale, la colmava di eccitazione e nervosismo. Ma frenò subito quei sentimenti, ricordando a se stessa che non sarebbe stato un lavoro piacevole e che, potendo scegliere, avrebbe preferito essere da qualunque altra parte tranne lì.
«Troverai anche le tessere magnetiche per accedere al tuo ufficio e al mio. In una busta a parte, c’è il tuo codice personale per la mia casa.»
Per quale assurdo motivo avrebbe dovuto darle accesso alla sua casa?
«Il mio autista sarà a tua disposizione ventiquattr’ore su ventiquattro. A meno che, naturalmente, non occorra a me, nel qual caso ti sarà rimborsata la benzina.»
Un autista? Victoria non riusciva a immaginare per cosa ne avrebbe avuto bisogno. Quel lavoro prendeva una piega sempre più strana.
Il duca indicò una porta, adiacente a quella di comunicazione tra i loro uffici.
«Quella conduce all’ufficio di Penelope e te ne servirai per entrare. Lei ti farà fare un giro dell’edificio. Se hai bisogno di parlarmi, prima