Sposa a sorpresa: Harmony Jolly
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Rebecca Winters
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Book preview
Sposa a sorpresa - Rebecca Winters
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
A Marriage Made in Italy
Mills & Boon Romance
© 2013 Rebecca Winters
Traduzione di Daniela Alidori
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5898-814-5
1
Belle Paterson uscì dal negozio di cellulari in cui lavorava e prese un autobus diretta verso lo studio legale Earl Harmon, in centro a Newburgh, New York. La segretaria la introdusse nella sala riunioni. E lì scoprì che suo fratello, Cliff, trentenne appena divorziato, l’aveva preceduta ed era seduto intorno al tavolo ovale con un’espressione ostile sul volto. Non lo vedeva dal funerale dei loro genitori, sei mesi prima.
Esteticamente, era piuttosto belloccio, ma la facciata nascondeva un’anima tormentata. Era arrabbiato da quando sua moglie l’aveva lasciato. E adesso, dopo la morte dei genitori in un incidente d’auto, era ancora più solo. Quel giorno Belle sentiva che il rancore di Cliff nei suoi confronti era più forte del solito, ecco perché in silenzio prese posto dalla parte opposta del tavolo.
A ventiquattro anni era single ed era stata adottata quattordici anni prima, dall’orfanatrofio di Newburgh, gestito dalle suore. Ma Belle non si sentiva a proprio agio tra la gente e si impegnava sodo sul lavoro per guadagnarsi il rispetto dei suoi pari. Il suo più grande dispiacere era di non avere mai conosciuto la madre che l’aveva partorita. Non avere un’identità era una sofferenza con cui avrebbe dovuto convivere per il resto della vita.
Era stata adottata dalla signora Paterson, che aveva voluto dare una sorella all’unico figlio, e solo dopo lunghe discussioni era riuscita a spuntarla col marito, contrario all’idea di accollarsi un’intrusa senza cognome. Purtroppo, non si era mai stabilito un vero legame con loro. Anzi, dal giorno in cui era entrata in quella casa, Cliff era stato talmente crudele da renderle l’esistenza insopportabile.
«Buongiorno.»
Belle era così assorta nei ricordi che non si era accorta che fosse entrato il notaio Harmon. Gli strinse la mano.
«Sono contento che vi siate messi d’accordo per venire qui insieme. Ho una notizia buona e un’altra meno. Cominciamo da quella meno.»
Il cipiglio sul viso di Cliff aumentò.
«Come sapete, i vostri genitori non avevano un’assicurazione contro gli infortuni, perciò la casa in cui siete cresciuti è stata venduta per pagare i debiti. Quella buona è che a tutti e due spettano quindicimila dollari per la vendita all’asta dei mobili. Ho gli assegni pronti per voi.»
Cliff si alzò di scatto. «Tutto qui?» Belle captò il panico, oltre la collera. Sapeva che lui era in attesa di entrare in possesso dei soldi per pagare gli alimenti alla ex moglie. Lei, invece, non si era aspettata nulla e si rallegrò di ricevere quell’assegno.
«Mi spiace, signor Paterson, ma il resto è stato usato per saldare i debiti di suo padre e coprire i costi del funerale. La prego di accettare le mie sincere condoglianze per la tragica scomparsa dei suoi. Auguro il meglio a entrambi.»
«Grazie, signor Harmon» disse Belle mentre Cliff continuava a rimanere in silenzio.
«Se mai avrete ancora bisogno del mio aiuto, non esitate a chiamarmi.» Il notaio le sorrise e si avviò verso la porta. Nell’attimo stesso in cui sparì, Cliff le lanciò un’occhiata furibonda e dalla sua bocca uscì di tutto.
«È colpa tua. Se la mamma non avesse tormentato papà per avere una figlia, adesso non saremmo in questo pasticcio. Perché non te ne torni in Italia, al tuo paese?»
Il cuore di Belle cominciò a martellare con preoccupante intensità. «Cos’hai detto?»
«Mi hai sentito. Papà non ti ha mai voluta.»
«Pensi che non lo sapessi?» Si avvicinò a lui trattenendo il respiro. «Stai dicendo che i miei genitori sono italiani?» Credeva che le suore dell’orfanatrofio le avessero dato quel nome per via della protagonista della favola. Era tornata spesso all’orfanatrofio in cerca di informazioni, ma tutte le volte le suore rispondevano che non potevano aiutarla. Nadine, la sua madre adottiva, non le aveva mai rivelato la verità, ma adesso a Cliff era sfuggito quell’indizio e lei voleva sapere.
Lui evitò il suo sguardo e si girò per andare, ma Belle lo rincorse e gli bloccò l’uscita. «Cos’altro sai di me?»
Cliff le rivolse un sorriso beffardo. «Adesso che papà è morto, quanti soldi sei disposta a darmi per quell’informazione?»
A fatica riuscì a deglutire prima di aprire la borsetta ed estrarre l’assegno. Con voce tremula disse: «Ti darò questo purché mi riveli qualcosa, qualunque cosa, sul mio passato». Mentre parlava, prese una penna e gli girò l’assegno.
Per la prima volta da quando lo conosceva, parve perplesso, più che arrabbiato. «Rinunceresti a tanto denaro pur di sapere di qualcuno che non ti ha voluta?»
«Sì» bisbigliò lei lottando contro le lacrime. «Non è importante se non mi hanno voluta. Ho solo bisogno di sapere chi sono e da dove vengo. Se tu sai qualcosa, ti prego, dimmelo.» E gli tese l’assegno, sperando nella sua onestà.
Lui lo prese e lo studiò per un momento. «Sei sempre stata patetica» mormorò.
«Allora, non sai niente e ti stavi solo divertendo alle mie spalle? La cosa non mi sorprende. Tienilo pure. Comunque, non avrei mai immaginato di ricavare tanto denaro dall’asta. Tu non ti rendi conto di quanto sei stato fortunato a crescere sapendo chi sono i tuoi genitori.»
Belle aprì la porta e si stava accingendo a uscire quando udì: «Il vecchio ha detto che il tuo cognome era uguale a quello della rossa petulante che detestava al liceo».
Il cuore accelerò i battiti. Si voltò. «Come si chiamava?»
«Frankie Donatello.»
«Donatello?»
«Sì. Un giorno ho sentito mamma e papà che discutevano per colpa tua. Lui ha detto che rimpiangeva di avere adottato la marmocchia di quella ragazza italiana. Poi è uscito per recarsi al lavoro. Allora sono intervenuto con la mamma suggerendole di rimandarti da dove eri venuta, perché non eri desiderata. Lei ha risposto che sarebbe stato impossibile, perché era in Italia.»
Cosa? «In Italia dove?» domandò Belle.
«Non lo so. Suonava qualcosa come Remenee.»
«Come l’ha scoperto? Le suore mi hanno sempre detto che la mia era un’adozione vincolata dal segreto.»
«Non ne ho la più pallida idea.»
In realtà, non aveva importanza. Belle era raggiante di gioia. Senza riflettere, si sporse e lo abbracciò così forte che quasi rischiò di farlo cadere. «Grazie! Lo so che mi detesti, ma io ti voglio bene per questo e ti perdono tutte le cattiverie che mi hai fatto. Addio, Cliff.»
Uscì di corsa dallo studio notarile e si precipitò verso la fermata dell’autobus per rientrare al lavoro. Una volta lì, si chiuse nell’ufficio del retro e cercò sul computer una mappa dell’Italia. Stava tremando con tale violenza che riusciva a stento a battere sulla tastiera.
Mentre faceva scorrere sul video la lista delle città, all’improvviso apparve un nome, Rimini
, che si avvicinava tanto a Remenee
, e il sangue le pulsò nelle orecchie. Era una cittadina di poco più di centoquarantamila abitanti lungo la costa adriatica.
In fretta, controllò la tabella delle ferie degli impiegati. Tutti avevano diritto a una settimana di vacanza in estate e una in inverno. Belle frequentava l’università serale e le spettava la terza settimana di giugno, che cominciava tra una decina di giorni.
Senza esitare, prenotò un volo da New York a Rimini, in Italia, e prese accordi per noleggiare una macchina. Scelse il volo più economico con due scali e fissò una camera in una pensione, senza telefono, né TV, e il bagno fuori. Quasi come l’orfanatrofio. Ma andava bene così.
Poiché divideva l’appartamento con due ragazze, in tutti quegli anni era riuscita a mettere da parte una piccola somma che aveva conservato per qualcosa di importante, ma non aveva mai osato sperare che quei soldi le sarebbero serviti per trovare sua madre.
«Belle?»
Sollevò la testa e sorrise educatamente al collega. «Sì, Mac?»
«Cosa ne dici di una pizza stasera, dopo la chiusura?»
«Mi spiace, ma ho un altro impegno.»
«Rispondi sempre così. Dai. Com’è possibile?»
Quel tizio, appena trasferito da un altro negozio, era attraente e molto bravo nelle vendite, ma continuava a tormentarla perché uscisse con lui.
«Mac? Ti ho già detto che non mi interessa.»
«Qualcuno dei ragazzi ti chiama La Regina di Ghiaccio.» Non si arrendeva mai.
«Davvero? Ci vediamo domani.»
Udì un’imprecazione sibilata tra i denti prima che la porta si chiudesse con un colpo. Bene. Forse era una regina di ghiaccio. D’altronde, non aveva avuto grandi esempi d’amore nella sua vita privata.
I suoi genitori biologici l’avevano rifiutata. Quelli adottivi avevano avuto un matrimonio tutt’altro che perfetto. Il fratello era già divorziato e l’aveva usata in modo spietato, come un sacco da boxe contro cui scaricare tutte le proprie frustrazioni.
Pensò alle sue compagne di appartamento che erano ancora single e angosciate di rimanere zitelle.
Lei, invece, non era preoccupata di essere sola. Era la sua condizione da quando era venuta alla luce. I pochi appuntamenti che aveva accettato di tanto in tanto erano stati un disastro. Probabilmente era colpa sua, perché non aveva fiducia in se stessa. Perciò, non aveva in programma di sposarsi e comunque, non aveva ancora incontrato un uomo che le interessasse abbastanza da andarci a letto. Rifiutava di correre il rischio di rimanere incinta senza altra alternativa che rivolgersi a un orfanotrofio, com’era successo a sua madre, e di segnare per sempre il futuro di una creatura innocente.
L’unica cosa che contava nella sua vita era la carriera, che le dava la stabilità di cui aveva bisogno, dopo essere stata dipendente prima dall’orfanotrofio e poi dai genitori adottivi. Era brava sul lavoro e sperava presto in una promozione a dirigente.
Prima, però, avrebbe approfittato delle vacanze per cercare sua madre. Se Cliff avesse capito male o si fosse sbagliato, il viaggio si sarebbe rivelato inutile. Ma Belle voleva pensare positivo.
La romantica Italia, la patria di Michelangelo, delle gondole e del famoso tenore Pavarotti le era sempre apparsa come un posto meraviglioso, distante come la luna. Incredibile pensare che presto