Il desiderio dello sceicco: Harmony Collezione
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Il desiderio dello sceicco - Caitlin Crews
1
Jessa sollevò automaticamente la testa dalla scrivania, quando la porta dell’agenzia immobiliare si aprì, e rimase paralizzata.
Era come un sogno... un sogno che aveva fatto tantissime volte. Lui entrò accompagnato dal freddo e dall’umidità dello Yorkshire.
Poi si ritrovò in piedi senza neppure accorgersene e allungò le mani davanti, quasi che, con quel gesto, volesse impedirgli di penetrare ulteriormente in quel minuscolo ufficio. O nella sua vita, dove però non c’era più posto per lui.
«Eccoti» disse l’uomo con un tono imperioso e soddisfatto, dando l’impressione che la stesse cercando da tempo.
Jessa sentiva il cuore batterle forte. La testa le girava. Si trattava di un’apparizione? Dopo cinque anni? Stava sognando?
«Tariq...» disse sbalordita, come se, nominandolo, il sogno potesse svanire.
Ma Tariq bin Khalid Al-Nur non era affatto un sogno; non era per nulla inconsistente o facilmente dimenticabile alla luce del sole.
Quando lo aveva conosciuto, lui aveva dichiarato di non essere altro che un ricco rappresentante dell’élite del suo paese. Adesso, invece, ne era a capo.
Jessa non riusciva a distogliere lo sguardo dall’uomo che aveva davanti e si rese conto che, malgrado fosse passato molto tempo, ricordava alla perfezione ogni suo singolo dettaglio. Anzi, era ancora meglio. I tratti si erano fatti più duri e impenetrabili. In un certo senso era più uomo. Sembrava impossibile, eppure la sua memoria lo aveva sminuito.
Tariq, invece, era potente, vitale... abbagliante.
E pericoloso.
Jessa cercò di concentrarsi sul pericolo e non sul fatto che il suo cuore sobbalzava ancora alla sua vista. Ciò che importava era mantenere il segreto. Ormai aveva stupidamente iniziato a credere che il giorno della resa dei conti non sarebbe più arrivato.
Lo guardò: il fisico era asciutto e allo stesso tempo muscoloso e si percepiva con chiarezza la potenza sotto quella pelle del colore della noce moscata. Alzò lo sguardo sul suo volto mentre il tempo sembrava essersi fermato. I tratti erano più pronunciati di quanto rammentava; i capelli folti e neri, le ciglia scure, il naso virile e gli zigomi alti che denotavano il suo sangue reale, così come il portamento sicuro e deciso.
Come aveva potuto credergli, cinque anni prima, quando le aveva detto di essere una persona di nessuna particolare importanza?
I suoi occhi verdi misteriosi la fissarono duri connettendosi con una parte di lei che credeva di avere sepolto da tempo; quella parte che si era bevuta tutte le bugie che lui le aveva raccontato e che si era fatta manipolare. Quella parte che lo aveva amato incondizionatamente e che temeva potesse amarlo ancora malgrado tutto.
Quando Tariq era vicino, lei dimenticava se stessa.
Lui si richiuse la porta alle spalle. Il rumore rimbombò simile a una fucilata, facendola sobbalzare. Jessa non poteva mostrarsi debole. Non quando c’era così tanto in gioco. Perché lui doveva sapere cosa era successo. Non c’era altra spiegazione per la sua apparizione in quella strada dimenticata di York, in un ufficio così poco degno di nota per un uomo della sua importanza.
Doveva sapere.
I rumori serali dei pedoni sul marciapiede rimasero all’esterno dell’agenzia, lasciandoli entrambi avvolti in un silenzio teso e inquieto.
L’ufficio era troppo piccolo. Il cuore di Jessa non cessava di battere forte. Si sentì afferrare dal panico. Tariq incombeva su di lei.
Lui non si mosse e non parlò; continuò a fissarla, sfidandola. Malgrado il silenzio, la sua presenza era autoritaria, arrogante, dominante.
Tariq non era più il playboy bonaccione che ricordava. Era sparito, insieme al sorriso e al fascino irresistibile. Non era nemmeno più una persona con cui scherzare. Quell’uomo era il re. Un brivido le corse lungo la spina dorsale, bloccandole il respiro.
Doveva sapere.
Il battito le riecheggiava forte nelle orecchie. Poteva percepire la loro storia e i suoi segreti attorno a sé, a ricordarle l’oscurità contro cui aveva lottato allora. Ma adesso doveva proteggere qualcosa di molto più importante di se stessa.
Doveva pensare a Jeremy e a ciò che era meglio per lui. In fondo non era quello che aveva sempre fatto indipendentemente dal prezzo che aveva dovuto pagare?
Lasciò scorrere lo sguardo su Tariq, rammentando a se stessa che era soltanto un uomo. Malgrado il suo status regale, non doveva dimenticare che cinque anni prima era sparito senza dirle una parola e senza lasciare un indirizzo dove rintracciarlo. Era infido e temibile come il deserto su cui regnava. L’abito di sartoria che indossava, e che gli modellava il fisico perfetto, non riusciva a mascherare la sua vera natura. Era un guerriero indomito e selvaggio. Ed era un predatore.
Dentro di lei, Jessa lo aveva sempre saputo anche se lui aveva fatto di tutto per nasconderlo dietro ai suoi sorrisi e ai suoi modi scherzosi.
Non avrebbe mai pensato di rivederlo ancora. E adesso che lo aveva davanti non sapeva come reagire.
«No» disse, stupita che la sua voce fosse così calma, cosa che le diede il coraggio di proseguire. Poco importava che Tariq fosse irresistibile. Del resto, era stato proprio quello il problema fin dall’inizio. Raddrizzò le spalle. «No, non puoi essere qui!»
Lui inarcò un sopracciglio. I capelli neri e folti, un po’ troppo lunghi in realtà, sembravano scintillare al riflesso della pioggia autunnale che cadeva all’esterno. Non smise un attimo di fissarla.
Oh, come aveva amato quegli occhi che un tempo le erano parsi così tristi e guardinghi. Quella sera, invece, aveva l’impressione che riuscissero a penetrarla fin dentro l’anima.
«E invece sono qui» replicò Tariq con voce roca e profonda, con un leggero accento della terra da cui proveniva.
Jessa sentì una morsa afferrarle lo stomaco. «Senza essere invitato» puntualizzò, asciutta. Voleva dare l’impressione di essere forte e dura. Avrebbe fatto qualunque cosa per proteggere Jeremy.
«C’è per caso bisogno di un invito per entrare in un’agenzia immobiliare?» le chiese lui, imperturbabile. «Devi scusarmi se ho dimenticato le usanze inglesi, tuttavia avevo l’impressione che posti del genere di solito incoraggiassero l’ingresso di potenziali clienti.»
«Hai un appuntamento?» gli domandò Jessa, cercando di controllare il tremito della mascella. Era la domanda che avrebbe posto a qualsiasi persona fosse entrata, e Tariq bin Khalid Al-Nur non era diverso da qualsiasi altro cliente.
«In un certo senso» rispose lui. Il suo tono lasciava sottintendere qualcosa che lei non riuscì a cogliere. «Sì.» I suoi occhi la fissarono con una certa insistenza.
Sicuramente stava facendo paragoni con il passato. Jessa arrossì e allo stesso tempo provò rabbia e frustrazione: all’improvviso si sentì inadeguata. Ma perché si preoccupava di queste cose? In fondo, niente avrebbe cambiato il fatto che lei era una ordinaria ragazza dello Yorkshire e Tariq il re di Nur.
«È bello rivederti, Jessa» le disse lui con una gentilezza pericolosa che non riuscì a celare del tutto una certa spietatezza di base.
Lei avrebbe preferito che non pronunciasse il suo nome. Era come ricevere una carezza alla base del collo...
«Temo di non poter dire lo stesso» ribatté, fredda. Perché aveva una spina dorsale e aveva bisogno di sbarazzarsi di lui in modo che non tornasse mai più. Il loro passato era troppo complicato per poter essere richiamato al presente. «Tu sei l’ultima persona che avrei voluto rivedere. Se te ne vai rapidamente, faremo finta che non sia mai successo.»
Gli occhi di lui si indurirono. Infilò le mani eleganti nelle tasche dei pantaloni. Il Tariq che lei aveva conosciuto era una persona a suo agio, indifferente, però quell’uomo non era mai esistito. Quello che aveva di fronte, invece, non aveva nulla a che vedere con l’altro. Era troppo duro, troppo spietato.
«Noto che in questi anni la tua lingua si è fatta tagliente» commentò lui. «Cos’altro è cambiato?»
Qualcosa di estremamente importante e che non poteva condividere con lui.
«Io sono cambiata» dichiarò Jessa, fissandolo, convinta che la miglior difesa fosse l’attacco, soprattutto contro quell’uomo che sembrava più un pezzo di acciaio che l’amante appassionato che ricordava. «Si chiama maturità.» Alzò il mento in segno di sfida e strinse i pugni lungo i fianchi. «Non ho più alcun desiderio di implorare l’attenzione di qualcuno.»
Lei non lo vide muoversi, eppure ebbe la sensazione che si fosse irrigidito, come se si stesse preparando a battagliare.
«Non ricordo una sola occasione in cui hai implorato... tranne nel mio letto» replicò Tariq con voce profonda. Lei lo fissò, muta. «Comunque, se desideri rivivere alcuni di quei momenti, fai pure.»
«Non credo proprio» borbottò Jessa a denti stretti. Non voleva pensare al suo letto o a quello che vi aveva fatto. «I giorni in cui mi avvinghiavo a dei patetici playboy internazionali sono finiti da un bel po’.»
L’atmosfera tra loro si fece tesa. Tariq socchiuse gli occhi e, ancora una volta, lei dovette riconoscere che non era una persona normale. Non era nemmeno l’uomo che aveva conosciuto un tempo. Era troppo selvaggio, troppo ingestibile, e lei era una sciocca a sottostimarlo, o a sovrastimare se stessa. La sua debolezza, per quanto lo riguardava, era leggendaria... e umiliante e sarebbe dovuta svanire una volta che lui se ne fosse andato.
Eppure poteva sentirlo attraverso il suo corpo, come se non fosse cambiato nulla, come se la controllasse e la possedesse ancora. I seni le si indurirono contro la camicetta, arrossì e sperimentò un dolce e piacevole dolore al basso ventre. Si morse il labbro inferiore per bloccare quel calore che minacciava di rivelare ciò che invece voleva tenere nascosto.
Non poteva permettere che accadesse. Non voleva avere niente a che fare con Tariq. C’erano segreti che avrebbe protetto a qualunque costo. Si trattava solo di una reazione fisica e chimica. Non significava nulla.
Però non abbassò lo sguardo.
Jessa lo aveva ossessionato e Tariq bin Khalid Al-Nur non era un uomo che credeva nei fantasmi.
Fissò la donna che lo aveva tormentato per anni indipendentemente con chi fosse e dove si trovasse e adesso aveva l’audacia di sfidarlo incurante del pericolo che correva.
Tariq si considerava uno sceicco moderno, tuttavia, se in quel momento avesse avuto a disposizione uno dei suoi cavalli, non si sarebbe fatto scrupoli a caricare Jessa Heath sulla sella e a portarla in una tenda in mezzo al deserto della penisola arabica.
Gli sarebbe piaciuto, eccome!
Aveva fatto la cosa giusta ad andare lì e affrontarla. Anche se continuava a sfidarlo... proprio come aveva fatto tanto tempo prima. Piegò le labbra in un sorriso duro.
Sapeva che doveva essere furioso per quel suo tentativo di tenerlo distante e trattarlo come se fosse un insipido essere. In realtà, avrebbe dovuto provare vergogna dal momento che lui, lo sceicco Tariq bin Khalid Al-Nur,