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Una canoa per due: Harmony Destiny
Una canoa per due: Harmony Destiny
Una canoa per due: Harmony Destiny
Ebook148 pages1 hour

Una canoa per due: Harmony Destiny

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About this ebook

Casey doveva soltanto scrivere un articolo su una singolare impresa in canoa tentata da due amici. Invece, alla vigilia della partenza, si ritrova protagonista: uno dei due uomini ha dovuto rinunciare e l'altro le chiede di accompagnarlo. Dylan ha assolutamente bisogno di lei per seguire l'itinerario prestabilito. Casey ha molta paura, però alla fine accetta la sfida e si lancia in quella spericolata spedizione. E pagaiata dopo pagaiata raggiungono la meta, il viaggio è terminato, ma l'avventura continua.
LanguageItaliano
Release dateMay 10, 2017
ISBN9788858965474
Una canoa per due: Harmony Destiny

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    Una canoa per due - Lisa ann Verge

    successivo.

    1

    «Avanti, Bessie, fallo per me!» implorò Casey Michaels assestando un colpetto al cruscotto della monovolume che arrancava lungo il sentiero fangoso. «Quella capanna non può essere lontana, oramai. Farò un bel discorsetto sui vantaggi del telefono a questo tipo... sempre che riesca a trovarlo.»

    Casey premette il freno in vista di una biforcazione. Il riflesso del sole sul parabrezza la accecava. Aprì una cartina spiegazzata appoggiandola sul volante e seguì con il dito la linea sottilissima lungo la quale stava procedendo da mezz'ora, paragonandola mentalmente con il guazzabuglio di sentieri e sentierini che aveva superato.

    Morse il labbro inferiore, tentando di tenere a bada il panico. Poi, il suo sguardo si posò sull'orologio del cruscotto: stava guidando da nove ore. La schiena era indolenzita, come pure le gambe. Ma aveva troppo bisogno di quell'incarico e non poteva permettersi di tornare indietro solo perché si era perduta nella zona selvaggia degli Adirondack, in balia di una vecchia automobile che stava tirando gli ultimi.

    «Ma guarda un po' che fortuna avere il compito di trovare Davy Crockett» borbottò massaggiando la coscia destra tormentata da un crampo. Questa è l'epoca dei fax portatili, dei cellulari e di Internet, pensò. Ma quel tizio si era seppellito così profondamente nei boschi che Casey dubitava che avrebbe potuto scorgere segnali di fumo.

    Tuttavia proprio questo rendeva possibile il fatto che le concedesse l'esclusiva sulla sua storia, ricordò a se stessa per consolarsi.

    Tornò a concentrarsi sulla cartina. Sì... ricordava quella curva. E anche quel sentierino che attraversava la strada. Mise da parte la carta. D'accordo, si disse serrando le dita attorno al volante. Non c'è la minima ragione di essere preoccupata. Che importanza aveva se Bessie vibrava come una vecchia lavatrice? Controllò il contachilometri: Bessie aveva macinato ottantamila miglia. Non c'era motivo per cui non potesse percorrerne ancora qualche decina.

    Svoltò a sinistra e mentre la monovolume traballava sul terreno diseguale, ricordò a se stessa di essersi trovata in situazioni peggiori di quella. Come per esempio quando Bessie era andata in ebollizione nel deserto Mojave. Certo, allora Casey possedeva un solido conto in banca e non aveva battuto ciglio davanti al conto astronomico del carro attrezzi e dei pezzi di ricambio. Poi, il suo conto in banca aveva cominciato ad assottigliarsi a una velocità sempre crescente e ormai si trovava a livello di guardia.

    Casey non si sarebbe accorta della piccola costruzione mezzo miglio più avanti se la sua attenzione non fosse stata attirata dal riflesso del sole sul parabrezza della jeep posteggiata davanti. Frenò e sbirciò attraverso gli alberi. Sì, era quel la. Doveva essere quella. La capanna era pratica mente invisibile dalla strada: i vecchi tronchi con i quali era costruita la mimetizzavano nell'ambiente circostante.

    Sembrava proprio il posto dove quel tizio aveva scelto di vivere, pensò mentre si immetteva sul vialetto di ghiaia. Una volta ferma, affondò una mano nella cartella posata sul sedile accanto cercando le annotazioni scritte il giorno prima, durante la conversazione con il suo editore. Scorrendole, si disse che quel tizio era il tipo di uomo capace di trascorrere un anno costruendo una canoa in corteccia di betulla e un'estate pagaiando alla cieca nei luoghi più selvaggi.

    Si voltò e recuperò dal sedile posteriore la giacca di lino, poi scese dal veicolo. Udì distintamente il rumore di qualcuno che stava spaccando legna dietro la capanna. Davy Crockett, senza dubbio. Stava facendo scorta di combustibile per il lungo e rigido inverno...

    Assestando sul naso gli occhiali da sole, Casey si diresse verso il rumore, dicendosi che sicuramente avrebbe trovato il più spiacevole energumeno puzzolente che avesse mai incontrato, con la barba lunga e una orrenda camicia a scacchi, con il quale tuttavia sarebbe rimasta volentieri se le avesse concesso quella dannata intervista.

    Arrivata a destinazione si fermò di scatto: in mezzo a ciocchi di legna già spaccata, c'era un uomo alto, con le spalle più larghe che lei avesse mai visto. L'uomo le voltava la schiena. Dal momento che stava per assestare un altro colpo d'ascia, Casey ritenne opportuno aspettare che avesse calato il fendente prima di rivelare la propria presenza.

    «Mi scusi... il signor MacCabe?» chiese poi.

    L'uomo si raddrizzò e lanciò uno sguardo da sopra la spalla. Aveva occhi chiari e intensi. Occhi da vichingo che si accompagnavano alla perfezione ai capelli biondi, schiariti dal sole.

    «Sì» rispose l'uomo, raggiungendola con pochi passi elastici. «Sono MacCabe. Si è perduta?»

    «No, no... a quanto pare ho trovato quello che stavo cercando. Spero di non disturbarla: non volevo arrivare così, all'improvviso. Ma lei non ha un telefono...»

    «Preferisco le sorprese.»

    Lei lo guardò negli occhi e, imbarazzata da quello sguardo intenso, serrò la cinghia della borsa a tracolla. Casey scriveva per un certo numero di riviste sportive, quindi conosceva il tipo. MacCabe era abbronzato, muscoloso e asciutto grazie all'esercizio all'aria aperta e non provava alcun imbarazzo nell'indossare calzoncini da ciclista e canottiera che mettevano in risalto le sue doti fisiche. Da tre anni Casey era una libera professionista che non aveva alcun problema nell'intervistare maschi muscolosi, sudati e seminudi.

    Ma la maggior parte degli uomini che intervistava arrivava al massimo a venticinque anni. E quasi tutti, dopo avere lanciato uno sguardo al suo viso da trentaduenne, la chiamavano con crudele rispetto signora.

    Difficilmente avrebbe ottenuto un atteggiamento del genere da Dylan MacCabe. Nonostante l'aspetto muscoloso, quell'uomo, che la guardava con uno strano luccichio negli occhi, non era un giovane avventuriero. Aveva rughe leggere attorno agli occhi e i capelli biondi e folti rivelavano tracce d'argento vicino alle tempie.

    E poi Dylan MacCabe aveva un aspetto ancora più... virile, alla soglia dei quaranta.

    Alla fine Casey si rese conto che lo stava fissando e che lui ricambiava quell'esame con un sorrisetto sulle labbra. Gli rivolse a sua volta un sorriso di scusa, sperando di non arrossire, e gli tese la mano. «Mi chiamo Casey Michaels» si presentò.

    Lui le strinse la mano vigorosamente e la trattenne per un attimo nella sua provocandole una strana sensazione: il cuore le balzò nel petto, tra lo spavento e l'eccitazione.

    Di colpo si rese conto di essere sola con quel gigante in un luogo dove solo gli scoiattoli avrebbero sentito le sue urla. Poi si rimproverò di leggere troppi libri dell'orrore.

    «Piacere, Casey Michaels» le disse lui. «Qualsiasi cosa lei venda, è l'avvenimento più piacevole che mi sia capitato oggi.»

    «Oh?» esclamò lei ritirando in fretta la mano. «Mi auguro che non abbia problemi con il viaggio...»

    Lui la guardò perplesso. «Lei sa del viaggio?»

    «È il motivo per cui sono qui. Sono una scrittrice, signor MacCabe.»

    Frugò nella borsa alla ricerca di un biglietto da visita. I capelli le scivolarono sul volto e lei approfittò di quel momento per recuperare il controllo. Dylan non corrispondeva alle persone alle quali abitualmente porgeva domande. Eppure aveva intervistato alcuni tra gli scapoli più appetibili del paese, suscitando l'invidia delle sorelle nubili. Ogni volta che lasciava cadere il nome di qualche bel fusto, suscitava sospiri e luccichio di occhi nelle sorelle, le quali erano concordi nel dichiara re che lei avesse ghiaccio nelle vene. Ma adesso davanti a quell'uomo era in totale confusione...

    Una sensazione familiare le serrò il petto: Casey respirò a fondo nel tentativo di liberarsene. Non era il momento di pensare al passato. Doveva pensare a Bessie e al suo incerto futuro.

    «Ecco qui» disse infine tendendogli il biglietto da visita. «Sono stata inviata dall'American Backroads

    «Conosco quella rivista» rispose lui prendendo il biglietto. Lei osservò il modo in cui i capelli gli ricadevano sul volto mentre leggeva. «C'è sempre qualche tizio fasciato in una tuta elastica sulla copertina.»

    «Esatto. È un mensile che si occupa di tutti gli sport, dal parapendio al salto con l'elastico. E ultimamente della riedizione dell'Oregon Trail.» Stava farfugliando? Le sembrava molto probabile. «Il mio editore ha rintracciato il suo nome nella locale associazione geografica: adora quello che lei sta facendo. È sicuro che il suo viaggio sia il genere di storia che gli abbonati vorrebbero leggere.»

    «E lei è stata incaricata di scrivere il pezzo.»

    «Sì, un articolo completo per l'edizione di ottobre» rispose Casey battendo la penna sul taccuino. «Ammesso che qualcuno non mi abbia battuto sul tempo, naturalmente. Noi insistiamo per l'esclusiva.»

    Fece scattare più di una volta il pulsante della penna, un nodo che le stringeva la gola in attesa di una risposta. Doveva ottenere quell'incarico per trovare il denaro necessario per le riparazioni di Bessie. Per essere in grado di mantenere il suo stile di vita ancora per una settimana, un giorno o anche solo un'ora. Qualsiasi cosa pur di dimenticare la sua precaria situazione finanziaria. Se non si fosse assicurata un introito sicuro al più presto, avrebbe dovuto trovare un impiego in un ufficio, stabilirsi altrove e mettere radici in un altro posto. Ancora una volta.

    Magari avrebbe dovuto persino tornare a casa...

    Dylan MacCabe rimase in silenzio, fissando pensieroso il biglietto da visita. Poi lanciò uno sguardo in tralice alla catena d'oro che lei portava al collo e all'elegante completo di lino. Infine si attardò sulla linea svelta delle lunghe gambe.

    Casey rimase immobile sotto il torrido sole d'agosto, una sensazione di calore, che non aveva nulla a che vedere con la stagione, alla base della nuca.

    Osservò il volto di lui da sotto le lenti degli occhiali da sole, chiedendosi se per caso avesse una smagliatura nelle calze. E sentendosi tutto di un tratto molto piccola, vulnerabile e... femminile.

    Femminile. Intensamente consapevole della scollatura, dei capelli che le solleticavano il collo, della camicetta di seta aderente.

    Lui infilò il biglietto sotto l'elastico dei calzoncini. «Lei non è del posto, vero, Casey?»

    «Del posto? Oh, no!» rispose lei fissando come ipnotizzata il suo collo abbronzato. Le sembrava il punto meno compromettente da guardare. «Mi occupo di storie come la sua, spostandomi per tutto il paese. Per esempio, ho appena finito di scrivere un articolo su un tizio che ha attraversato a piedi il paese, dalla Baia di Hudson al lago San Lorenzo.»

    Ecco, credenziali professionali presentate, pensò. Forse per questo la stava sottoponendo a quella attesa. Casey non riusciva a

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