Il piacere della conquista: Harmony Destiny
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Yvonne Lindsay
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Il piacere della conquista - Yvonne Lindsay
1
Era un tipo fantastico, da lasciare senza fiato, proprio come la prima volta che aveva posato gli occhi su di lui. E quelle labbra...
Margaret Cole entrò nell'ufficio di William Tanner e non riuscì a staccare lo sguardo dalla bocca del suo nuovo capo mentre lui si presentava come il direttore finanziario delle Cameron Enterprises, la società che aveva scalato le Worth Industries. Lei aveva saputo che era originario della Nuova Zelanda e per un attimo si chiese se si dovesse al passato di colonia inglese del suo paese quel suo modo di parlare come se avesse un po' di puzza sotto il naso. Oh, accidenti, si era fissata di nuovo sulle sue labbra. E non c'era di che stupirsi. Proprio quella bocca aveva reclamato la sua in un bacio che le aveva marchiato a fuoco i sensi soltanto sei settimane prima.
Conservava ancora il ricordo della pressione della sua bocca sulla propria, del modo in cui il sangue le aveva preso fuoco all'improvviso. Una sensazione più stimolante e inebriante di qualunque sua esperienza precedente. Già allora aveva desiderato di più, e continuava a desiderarlo, ma gli uomini come William Tanner erano decisamente off-limits per una ragazza come lei. Sopratutto un uomo che probabilmente pagava per un solo taglio di capelli più di quanto lei spendeva dal parrucchiere in un anno. Non che sembrasse un tipo vanesio. Tutt'altro. Con la sua eleganza casual, era probabile che non pensasse mai due volte al prezzo. Non doveva preoccuparsene. Neppure del costo del suo completo su misura che esaltava l'ampiezza delle spalle: La giacca, ora aperta, rivelava lo stomaco piatto e i fianchi stretti. Anche con i tacchi di cinque centimetri che alzavano la statura di Margaret a un metro e settantatré, lui la superava di una decina di centimetri abbondanti.
Margaret si scoprì ad annuire e a mormorare qualche parola in risposta all'invito del signor Tanner di sedersi. Aveva proprio bisogno di recuperare la presenza di spirito, ma era un'impresa impossibile. Ogni cellula del suo corpo vibrava sul chi vive. L'aveva riconosciuta dietro la maschera che aveva indossato? Da parte sua l'aveva riconosciuto, eccome... anche se, quella sera, non aveva avuto la minima idea di chi lui fosse fin dopo il bacio che aveva superato ogni sua fantasia.
Nell'attimo in cui era arrivato al ballo del giorno di san Valentino, aveva avvertito la sua presenza come una cosa tangibile. Era entrato nella sala da solo e si era fermato per un momento sulla soglia, nell'aderente costume nero, avvolto in un mantello svolazzante. Gli occhi di Margaret erano stati subito attratti da lui. Vestito da Zorro, era la controparte perfetta per il suo costume da dama spagnola, e lui non aveva impiegato molto a individuarla e a prenderla tra le braccia per trascinarla sulla pista da ballo. Avevano danzato insieme fino a mezzanotte, e lui l'aveva baciata nell'attimo in cui iniziava il conto alla rovescia, quando avrebbero dovuto togliersi la maschera. Ma in quel momento qualcuno l'aveva chiamato per nome e, mentre lui staccava le labbra dalle sue, Margaret aveva capito chi era.
Quella sera si era comportata in un modo che non le era consono. Mai, neanche in un milione di anni, avrebbe creduto di poter provare un'attrazione così forte e così istantanea verso un uomo che vedeva per la prima volta. A quel ricordo, un'ondata di calore le pervase il corpo. Un'ondata che si infranse di colpo quando si rese conto che lui stava aspettando una risposta a qualcosa che aveva detto.
Si schiarì la gola nervosamente e fissò un punto poco oltre il suo orecchio.
«Chiedo scusa, può ripetere, per favore?»
Lui sorrise, incurvando appena le labbra, e la temperatura interna di Margaret salì di un altro grado. Era una follia. Come poteva lavorare per quell'uomo se, in sua presenza, non riusciva a mantenersi lucida? Sarebbe stata fuori di lì in meno di due secondi se non si fosse dimostrata all'altezza. Lui godeva fama di essere intransigente, una qualità che Margaret sentiva di poter affrontare. Era sicura che Tanner non sarebbe arrivato così in alto all'età di trentuno anni senza quella particolare dote. Le persone determinate non la spaventavano – le ammirava – ma in quel caso doveva ammettere che ammirava un po' troppo l'uomo.
«È nervosa?» le chiese Tanner. «No, non proprio. Forse un po' sorpresa per avere avuto il posto... non che me ne lamenti.»
«Stavo semplicemente commentando il suo stato di servizio presso le Worth Industries. Lei ha, quanti, ventotto anni e lavora per loro da otto?»
Anche la sua voce rappresentava una distrazione. Sonora e profonda, le fece correre un brivido lungo la schiena. E il suo accento. Un po' Upper East Side e un po' kiwi, aveva un effetto assurdo sulle sue viscere.
«Sì. Tutta la mia famiglia ha lavorato, o sta lavorando, per Worth.»
«Ah, sì, suo fratello... Jason, giusto?»
Lei annuì. «E anche i miei genitori, quando erano vivi.»
«Un'autentica dimostrazione di lealtà.»
Margaret fece spallucce. «Non proprio. Soprattutto se si considera che le Worth Industries – voglio dire, le Cameron Enterprises – sono l'industria più importante di Vista del Mar.»
La promozione ad assistente del signor Tanner, anche se a termine, dal momento che lui era stato distaccato a Vista del Mar solo il tempo necessario per completare studi di fattibilità finanziaria, era non soltanto imprevista, ma l'aumento di stipendio arrivava molto a proposito. Estinguere i debiti per le tasse scolastiche di suo fratello era un obiettivo che sia lei sia Jason non vedevano l'ora di raggiungere. Anche se Jason lavorava ormai da due anni e contribuiva alle spese mensili, comprese le rate dell'ipoteca sulla piccola casa dove abitavano dalla loro infanzia, i prestiti per il college erano rimasti come un giogo intorno al collo. Forse adesso, grazie alla sua promozione, potevano programmare qualche lusso extra... entro limiti ragionevoli, naturalmente.
«Non ha mai desiderato di estendere la sua attività? Ampliare i suoi orizzonti?» chiese Tanner, appoggiandosi al bordo della scrivania.
Ampliare i propri orizzonti? Margaret temeva che, se gli avesse detto la verità, avrebbe riso di lei. Fin da quando era bambina aveva una carta del mondo appesa alla parete della sua camera da letto, con puntine da disegno rosse conficcate in ogni città o paese che avrebbe voluto visitare. Ed erano tantissimi. Per il momento, si accontentava di libri di viaggi e di DVD, ma un giorno avrebbe realizzato i suoi sogni.
William Tanner era in attesa di una sua risposta. Wow, bel modo di continuare a far colpo sul nuovo capo, pensò. Fino a quel momento aveva lasciato vagare la mente... quante volte?
«Attualmente i viaggi non sono la mia priorità» dichiarò in tono fermo.
Lui le rivolse un altro dei suoi sorrisi e Margaret ne avvertì l'effetto fino alla bocca dello stomaco. Con lui era disposta ad andare fino in capo al mondo, pensò, concedendosi di ricambiare il suo sorriso.
«Lavorando per me, potrà capitarle di viaggiare. È un problema?»
«No, per niente. Sono libera da legami.»
Anche se era tecnicamente vero, e lei e Jason dividevano la casa di famiglia, era difficile liberarsi delle abitudini di dieci anni. Inoltre, si sentiva ancora responsabile nei confronti del fratello più giovane. Jason aveva attraversato un periodo brutto dopo la morte dei loro genitori. Guidarlo nelle decisioni da prendere era diventata una seconda natura, anche se si rendeva conto che a volte lo infastidiva che lei insistesse per sapere dove andava e chi erano i suoi amici.
«Mi fa piacere sentirglielo dire.» Tanner infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e si scostò dalla scrivania per andare a mettersi davanti alle vetrate a tutta parete, che si affacciavano sul campus delle Cameron Enterprises. «Ha accennato che è rimasta sorpresa quando le hanno dato questo posto. Come mai?»
Maggie batté le palpebre più volte dietro gli occhiali. Sorpresa? Certo che era sorpresa. Per otto anni era stata invisibile ai suoi colleghi, e lo era stata sicuramente in occasione delle sue precedenti domande per una promozione.
«Be'...» Si mordicchiò il labbro, scegliendo le parole con cura. «Come ha detto, lavoro qui da diverso tempo. Immagino di aver pensato che nessuno mi abbia mai ritenuta in grado di occupare un posto simile. Con questo non voglio dire di non esserne capace... niente di più lontano dalla verità. Ho lavorato in diversi settori e credo che la mia esperienza faccia di me un elemento prezioso per qualsiasi dirigente.»
Tanner scoppiò a ridere. «Non deve convincermi, Margaret. Ha già ottenuto il posto.»
Lei sentì che un'ondata di rossore le saliva dal petto alla gola prima di invaderle le guance. Adesso doveva avere il volto a chiazze. Si costrinse a restare calma e si concentrò invece sul fatto che lui l'aveva chiamata per nome. Da quando era piccola, tutti l'avevano sempre chiamata Maggie, e la cosa le era alquanto indifferente. Ma il proprio nome pronunciato per intero dalle sue labbra acquistava un suono particolare. Sì, come assistente del direttore finanziario delle Cameron Enterprises, l'avrebbero chiamata Margaret. Ripeté mentalmente le sillabe e si concesse un lieve sorriso.
«Grazie, lo so. Voglio soltanto che sappia che non si pentirà di avermi scelta.»
«Oh, no. Sono sicuro che non me ne pentirò» replicò lui.
Attraverso il suo ufficio provvisorio, Will guardò la donna che, su sua richiesta, gli avevano portato. Era quasi impossibile credere che dietro quegli occhiali antiquati dalla montatura scura e sotto quel vestito privo di linea si celasse la sirena che invadeva i suoi sogni tutte le notti dalla sera del ballo in maschera. Anche con i lunghi capelli neri raccolti in un nodo così stretto da far venire il mal di testa a lui, era impossibile negare che la linea delicata della mascella e il naso sottile e dritto fossero quelli della sua dama spagnola.
Gli si contrassero i muscoli del bassoventre. Aveva aspettato anche troppo a lungo di poter ripetere quel bacio. Rintracciarla non era stata un'impresa facile, ma non per niente era famoso per la sua tenacia. Quella qualità gli era tornata molto utile nel corso degli anni, permettendogli di riuscire dove altri fallivano. E avrebbe avuto successo con l'incantevole signorina Cole... non ne aveva il minimo dubbio.
La sera del ballo l'aveva piantato in asso, ma non prima di averlo sedotto come nessun'altra donna era mai riuscita a fare. Non era il tipo di uomo che si lasciasse respingere, soprattutto non quando la sua reazione a quella donna aveva trovato una perfetta corrispondenza nell'oggetto delle sue attenzioni.
E ora eccola lì. Era difficile credere che fosse la stessa donna. Era agitata, perciò spettava a lui fare qualcosa per rompere il silenzio che era calato tra loro due.
«Mi parli del suo lavoro qui. Vedo dalla sua cartella che per un po' ha lavorato come operaia allo stabilimento prima di essere trasferita in un ufficio.»
«Sì» rispose Maggie, increspando le labbra mentre sceglieva con cura le parole. «Ho iniziato come operaia, ma a causa dei turni non riuscivo a occuparmi di mio fratello prima e dopo la scuola. Ho fatto domanda di essere trasferita in amministrazione, dove ho imparato tutto quello che so ora.»
«Per occuparsi di suo fratello?»
Un lampo scuro le incupì lo sguardo mentre prendeva tempo prima di rispondere.
«Sì, esatto. Avevo diciotto anni quando i nostri genitori morirono e, per un paio di