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Il rischio di innamorarsi: Harmony Jolly
Il rischio di innamorarsi: Harmony Jolly
Il rischio di innamorarsi: Harmony Jolly
Ebook152 pages2 hours

Il rischio di innamorarsi: Harmony Jolly

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About this ebook

Sono passati dodici anni da quando Lex Gibson e Romy Morrison hanno trascorso insieme una folle settimana a Parigi. Lui le ha anche chiesto di sposarlo e lei ha rifiutato, per nulla al mondo avrebbe rinunciato alla sua libertà e indipendenza. Adesso il destino li ha fatti incontrare di nuovo. Romy ha una figlia piccola che intende crescere caparbiamente da sola e Lex è diventato un uomo d'affari di successo ben felice della sua libertà. L'attrazione tra loro, però, non sembra sopita, ma il rischio di innamorarsi è troppo concreto e nessuno dei due sembra disposto a correrlo o forse sì.
LanguageItaliano
Release dateDec 11, 2017
ISBN9788858975558
Il rischio di innamorarsi: Harmony Jolly
Author

Jessica Hart

Ha girato il mondo facendo i lavori più disparati, prima di stabilirsi in Inghilterra e di dedicarsi alla scrittura.

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    Il rischio di innamorarsi - Jessica Hart

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Juggling Briefcase & Baby

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2010 Jessica Hart

    Traduzione di Donella Buonaccorsi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-555-8

    1

    Lex tamburellò le dita sul tavolo e cercò di convincersi che le contrazioni del suo stomaco erano dovute ai troppi caffè che aveva bevuto quella mattina. Era Alexander Gibson, Direttore Generale della Gibson & Grieve, una delle più popolari e delle più prestigiose catene di supermercati del paese, e un uomo noto per la sua freddezza.

    Un uomo del suo stampo non si innervosiva mai.

    Infatti, non era nervoso, si ripeté. Ma era seduto su quel maledetto aereo da più di un’ora, ormai, e se proprio doveva essere obbligato a volare a trentamila piedi d’altezza in una scatola di sardine, tanto valeva togliersi subito il pensiero!

    Ecco, il suo non era nervosismo, ma impazienza.

    Guardò accigliatissimo la pioggia che rigava il finestrino e si irrigidì nel vedere una limousine che procedeva a velocità sostenuta lungo la pista, in direzione dell’aereo. Smise di tamburellare le dita sul tavolo e le contrazioni che non erano sintomo di nervosismo gli annodarono a tal punto le budella che all’improvviso gli riuscì difficoltoso respirare.

    Lei era arrivata.

    Con cautela, Lex fletté le dita e le appiattì sul tavolino davanti a lui, riempiendosi d’aria i polmoni.

    Non era nervoso.

    Lex Gibson non si innervosiva mai.

    Era solo che la morsa che gli attanagliava il petto da dodici anni era diventata ancora più stretta da quando aveva saputo che Romy era tornata in Inghilterra. Tutto qui.

    Era accaduto non appena Phin gli aveva annunciato con disinvoltura di averle offerto un posto al Reparto Acquisti.

    E la situazione era enormemente peggiorata quando Tim Banks, il direttore del Reparto Acquisti, gli aveva telefonato spiegandogli che un’improvvisa crisi familiare gli avrebbe impedito di accompagnarlo nel più importante viaggio d’affari della sua vita.

    «Ma non devi preoccuparti» aveva soggiunto. «Ho chiesto a Romy Morrison di accompagnarti al posto mio. Lavora con me alla stipula dei contratti e ha costruito un ottimo rapporto con Willie Grant. So quanto è importante questo incontro, Lex, e non avrei mai proposto Romy come mia sostituta se non fossi stato convinto che è la migliore. Ho mandato un’auto della ditta a prenderla e sarà da te appena possibile.»

    Be’, adesso c’era, da lui, e la morsa era più stretta che mai. Lex cercò di concentrarsi di nuovo sulla e-mail che stava leggendo, ma non riuscì a metterla a fuoco. Il che era una sciocchezza, naturalmente. Sapeva che sarebbe andato tutto bene. Romy era solo una delle sue tante dipendenti, nulla di più.

    Voleva concludere l’affare con Grant più di quanto avesse mai voluto qualunque altra cosa in vita sua e se Romy avesse potuto aiutarlo a convincerlo a firmare, nient’altro importava. E prima lei fosse salita a bordo dell’aereo, prima sarebbero riusciti a ottenere quello che lui voleva.

    Era impaziente. Tutto qui.

    Non appena furono arrivati davanti alla scaletta del jet riservato ai pezzi grossi della ditta, Phil, l’autista, balzò a terra e si precipitò ad aprire lo sportello a Romy.

    «Al signor Gibson non piace aspettare» le aveva ripetuto un’infinità di volte, osservandola con ansia mentre si aggirava per l’appartamentino in cui abitava, spuntando ad alta voce oggetti da una lista virtuale.

    «Pannolini... copertina da viaggio... seggiolone... Oh, mio Dio! Mi stavo dimenticando il seggiolino per l’auto!... Senta, lo so che sta aspettando da più di un’ora, ma adesso arrivo... arrivo!»

    Viaggiare con Rena era snervante, a dir poco, e Romy era talmente agitata alla prospettiva di trovarsi di nuovo faccia a faccia con Lex che si era dimenticata prima il passeggino e poi il tappetino per cambiare la bambina, riducendo il povero Phil, che l’aveva dovuta riportare all’appartamento per ben due volte, a uno straccio.

    Era evidente che aveva una paura matta di Lex. Ma del resto quasi tutti i dipendenti della Gibson & Grieve nutrivano un timore reverenziale nei confronti del loro Direttore Generale.

    Romy no. Lex non le faceva paura né le incuteva alcun timore reverenziale. Ma era ugualmente molto, molto nervosa al pensiero di trovarselo di nuovo davanti. Seduta sul sedile posteriore della limousine che avanzava a passo d’uomo nel traffico dell’ora di punta, aveva oscillato fra l’ansia di aver dimenticato qualcos’altro e il domandarsi che cos’avrebbe detto quando, di lì a poco, avrebbe rivisto Lex.

    Che cosa avrebbe provato.

    L’ideale sarebbe stato non provare niente, aveva deciso infine. Era chiaro come il sole che Lex non voleva avere nulla a che fare con lei. Non le aveva nemmeno rivolto la parola al matrimonio di Phin e aveva accuratamente evitato di incontrarla negli ultimi sei mesi, da quando aveva iniziato a lavorare per la Gibson & Grieve.

    Forse avrebbe potuto trovare lei una scusa per parlargli, ma non sapeva che cosa diamine avrebbe potuto dirgli.

    Non ti ho mai dimenticato.

    A volte penso alla tua bocca e mi sembra che tu mi abbia appena posato una mano calda sulla schiena facendomi fremere tutta.

    E tu hai mai pensato a me?

    No, decisamente non avrebbe mai potuto fargli una simile domanda.

    Era passato così tanto tempo. Dodici anni. Romy guardò fuori dal finestrino e sospirò. Aveva trent’anni adesso, una splendida bambina e Lex era il suo datore di lavoro, non il suo amante. E una dipendente non prova sentimenti per il proprio datore di lavoro. Fa quello che deve fare e basta.

    Proprio come avrebbe fatto lei.

    Non appena ebbe formulato quel pensiero, Romy lanciò un’occhiata perplessa a sua figlia. Non le sarebbe stato facile comportarsi in modo professionale con Rena al seguito, ma ci sarebbe riuscita.

    In qualche modo.

    Intanto, Phil aveva già aperto il portabagagli e stava cominciando a scaricare tutta la roba di Rena, mentre il pilota del jet, che li aveva visti arrivare, faceva rombare i motori. Il messaggio era chiaro: Alexander Gibson era impaziente di decollare.

    Romy avrebbe voluto rimanere in macchina, ma poi rammentò la disperazione che aveva sentito nella voce di Tim.

    «Ti prego!» l’aveva supplicata. «Sam ha bisogno di me, ma anche Lex ha bisogno di qualcuno che lo accompagni all’incontro con Grant. Se lo deluderemo, non so che cosa farà, ma di sicuro non sarà nulla di piacevole.»

    Nessun altro oltre lei avrebbe potuto sostituirlo, aveva insistito, e alla fine Romy aveva ceduto. Gli doveva troppo per voltargli le spalle nel momento del bisogno. Perciò scese goffamente dalla macchina, tenendo Rena con un braccio e il suo computer portatile con l’altra. E levando il viso contro la pioggia battente, salì la scaletta dell’aereo.

    Una hostess che portava appuntato sul bavero della giacca un badge con scritto Nicoletta l’aspettava sorridendo sulla soglia dell’abitacolo e, di fronte alla sua immagine immacolata, Romy esitò. Il preavviso di Tim era stato tanto breve che non era riuscita a lavarsi i capelli, truccarsi e vestirsi con cura. Il che significava che adesso avrebbe dovuto affrontare Lex con un aspetto orribile.

    Ma non le importava, decise d’impulso, sollevando il mento con aria di sfida. Il fatto che avesse accettato di sostituire Tim e fosse lì bastava e avanzava!

    Tirando un profondo sospiro, rispose al benvenuto di Nicoletta con un sorriso, si strinse Rena al petto ed entrò nell’abitacolo.

    L’aereo era piccolo, ma arredato in modo lussuoso. Sedili di pelle morbidissimi, tappeti sul pavimento, rifiniture di legno lucidato alla perfezione ovunque. Ma lei non notò nulla di tutto questo.

    A metà circa dell’abitacolo c’era Lex, intento a battere sui tasti di un computer portatile, posato su un tavolino davanti a lui. Ma quando alzò gli occhi e i loro sguardi si incrociarono, Romy ebbe l’impressione che tutto intorno a loro si fosse fermato.

    «Ciao, Lex» riuscì a dire, dopo un lungo momento di silenzio, sperando che lui attribuisse la sua voce ansimante alla corsa che aveva fatto dalla macchina all’aereo.

    «Romy» replicò Lex, chinando la testa di un paio di centimetri.

    Lì per lì non notò la bambina che teneva in braccio. Era sopraffatto dal sollievo, perché lei non era bella come la ricordava. Oh, sul fatto che si trattasse di Romy non c’erano dubbi. Avrebbe riconosciuto fra mille quei riccioli ribelli e quegli enormi occhi scuri, ma la ragazza di cui si era perdutamente innamorato era svanita. Davanti a lui c’era solo una giovane donna stanca, trasandata e con una bambina in braccio.

    Grazie al cielo, pensò, mentre la morsa che gli stringeva lo stomaco si allentava di qualche millimetro.

    Poi, il suo cervello registrò quello che i suoi occhi vedevano facendolo trasalire.

    Romy aveva una bambina in braccio! La sua bambina, senza dubbio. Sua e di un altro uomo. La morsa si strinse di nuovo, minacciando di soffocarlo.

    «Dimmi immediatamente che cosa ci fa qui quella bambina!» le ordinò inarcando le sopracciglia in un feroce cipiglio.

    «È Rena» ribatté lei per tutta risposta, fulminandolo con lo sguardo. Dodici anni che non si vedevano ed era tutto lì quello che aveva da dirle! Incredibile!

    Era furibonda. Con Lex, perché aveva il coraggio di trattarla come se non l’avesse mai baciata, non l’avesse mai fatta fremere con il semplice tocco della sua mano. Come se non fosse mai stato innamorato di lei.

    E con se stessa, perché era tanto delusa dalla sua reazione.

    Perché una parte di lei si aspettava che non appena l’avesse vista l’avrebbe stretta fra le braccia e tutto sarebbe stato come dodici anni prima.

    Che idiota.

    «Ho spiegato a Tim che avrei dovuto portarla con me» dichiarò in tono glaciale. «Credevo che te lo avesse detto.»

    «Non so di che cosa tu stia parlando!» sbottò Lex.

    «Mi ha assicurato che avrebbe pensato lui ad avvertire Willie Grant e...» cominciò Romy, ma non finì la frase, perché si accorse che Lex aveva smesso di ascoltarla e fissava sbalordito un punto alle sue spalle.

    Accigliandosi, si voltò e vide l’autista che era appena entrato nell’abitacolo carico come un mulo e stava posando sul pavimento il seggiolone di Rena.

    «Tu!» gli intimò Lex in tono minaccioso, non appena ebbe ritrovato la voce. «Porta subito via di qui quella roba!»

    «Sissignore!» replicò Phil tremando come una foglia, ma Romy lo fermò dicendo: «No, aspetti un minuto!». Poi si rivolse a Lex e soggiunse: «Non può portarla via, Lex. Rena ne ha bisogno».

    «Per l’amor del cielo, Romy!» sbuffò lui in tono sprezzante. «Non starai sul serio pensando di portarti dietro una bambina in un viaggio d’affari!»

    «Mi dispiace, ma non ho altra scelta, Lex. L’ho spiegato a Tim e lui mi ha assicurato che non ci sarebbero stati problemi.»

    «Non ci sarebbero stati problemi!» ripeté Lex, allibito. «Questa poi! Siamo sul punto di concludere un contratto di importanza vitale con un osso duro come Willie Grant e tu e Tim pensate che non ci sia alcun problema se ci presentiamo da lui insieme a una bambina! Non

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