Il tempo dell'amore: Harmony Bianca
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Luke: Terri sembra possedere il tocco magico che riesce a guarire le mie ferite e ridare serenità alla mia bambina. E poi è così bella... Ma c'è qualcosa del suo passato che mi sta nascondendo, qualcosa che devo assolutamente scoprire per poter ricominciare la mia vita insieme a lei.
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Il tempo dell'amore - Sharon Archer
1
Luke Daniels gettò uno sguardo distratto alla scintillante moto argentata che lo aveva affiancato al semaforo. Il rombo del potente motore attraversò il finestrino chiuso. Magnifica motocicletta, pensò. Un guizzo di interesse, subito respinto da un profondo disagio.
Strano, che una moto di quel tipo gli desse una certa emozione. Non accadeva da anni. Forse perché stava ritornando a Port Cavill, e per restarvi un anno, come stabiliva il suo contratto con l’ospedale.
Port Cavill. Il luogo della sua prima sconfitta professionale, da giovane medico.
«Quando arriviamo?» Il tono scontroso della figlia spezzò il filo dei suoi pensieri cupi.
«Tra poco, Allie.» Muscoli tesi, doloranti sul collo.
«Alexis» replicò lei, con tutto lo sdegno possibile in una bambina di dieci anni.
Non mi sopporta, sospirò Luke. E non c’era niente da fare, per questo, se non riprendere un aereo e tornare subito in Inghilterra.
Perfino il cattivo tempo sembrava congiurare, per rendere le cose più difficili. Caldo, umidità pesante, a stento contrastati dall’aria condizionata dell’auto. Nuvole basse, scure, minacciavano altra pioggia.
Luke sbirciò il profilo imbronciato di Allie. Meglio ricordarle, ancora una volta, che dovevano restare in Australia, nello stato di Victoria, non più di un anno.
Giusto il tempo per aiutare il nonno, colpito da infarto, a rimettersi in piedi. Ma dodici mesi, per una bambina dell’età di sua figlia, erano un’eternità.
In momenti come quello, il saggio consiglio di Sue-Ellen gli mancava moltissimo. Purtroppo sua moglie, la madre di Allie, serena, disponibile, li aveva lasciati da due anni. Un dramma, morire così giovani.
«Papà, la persona sul sellino posteriore della moto agita un braccio per salutarti. Chi è?»
Un’occhiata fuori del finestrino. «Non lo so. Difficile capirlo, se ha il casco, no?»
Intanto il passeggero sulla moto segnalava qualcosa al conducente, battendogli su una spalla.
Allo scatto del verde, la moto ripartì, precedendo l’auto guidata da Luke, che avanzava prudente sulla strada bagnata. Il passeggero si girò sul sellino, per guardare dietro, sbilanciando la moto.
Incosciente, pensò Luke. Quel gesto mette nei guai chi guida. In quel momento, a un incrocio, una macchina sopraggiunse veloce. Luke serrò le mani al volante, augurandosi che la moto l’avesse vista, evitando un probabile impatto.
La moto frenò, le luci rosse lampeggianti.
«Tardi... Sterza, ora!» mormorò tra sé.
Il conducente sembrò obbedire. Ma le ruote slittarono pericolosamente sull’asfalto viscido.
In pochi secondi, mentre la moto riprendeva il controllo, Luke rivisse lo schianto di un’altra motocicletta meno fortunata. Metallo contorto, carburante versato, l’odore del sangue. I lamenti di suo cugino, ferito a morte. Lo stomaco contratto, ricordò la propria incapacità di intervenire, scoprendo la gravità delle condizioni di Kevin.
Tredici anni dopo, forse le nuove tecnologie riuscivano a prevenire incidenti gravi come quello. Ma anche se da allora Luke aveva cercato di dimenticare, bastava poco perché l’angoscia di quei momenti lo dominasse di nuovo in pieno.
Se almeno quel tizio cambiasse strada, pensava, smetterei di stare in ansia. Niente da fare. La moto procedeva esattamente nella sua stessa direzione.
Luke rallentò ancora, lasciando che altre auto lo superassero. Sollevato, frenò sul vialetto di ghiaia della casa dei suoi genitori. E quella moto era ferma là.
Il conducente, ancora in sella, e senza togliersi il casco, stava rivolgendo un serio rimprovero al passeggero appena sceso dal sellino posteriore.
«Ma è zia Megan!» disse Allie.
Luke trasalì. Megan, sua sorella, in giro per Port Cavill, a bordo di una di quelle maledette moto?
«Non muoverti» ordinò alla figlia. Via la cintura, scese dall’auto, e raggiunse i due con aria minacciosa.
«Luke!» La sorella lo abbracciò, entusiasta. «Già qui, vi aspettavamo per domani.»
«Siamo arrivati direttamente dall’aeroporto» spiegò lui, fissandola severo. «Purtroppo per te e il tuo amico, vi ho visto sulla strada, a bordo di quel bolide. Mi avete spaventato, poteva esserci un incidente.»
Megan cercò di difendersi. «Non cominciare anche tu, per favore. Terri me ne stava già dicendo quattro.»
«Davvero?» Luke lanciò un’occhiata malevola al conducente. «Forse adesso ci penserà due volte, prima di portarti ancora sulla sua moto.»
«Ma Terri è...»
«No, Megan, ascolta» disse, decisamente seccato. Tornato da neanche mezz’ora, e già a discutere con la sorella. Rabbia, sicuro. E anche paura. Voleva solo fare il possibile per evitare che un’altra persona della famiglia perdesse la vita in un incidente di moto. «Andare sulle moto ti è proibito, intesi?»
«Luke, francamente...» cominciò Megan.
«Mamma lo sa?»
«Ho quasi diciotto anni» reagì lei, con aria di sfida.
«Allora, lo sa o no?»
«Non si preoccupa, se vado con Terri.»
«Ma lo farà, quando le avrò parlato.»
«Guarda che Terri guida molto bene.»
Luke guardò il conducente stringendo gli occhi. «Non importa. Non voglio più vederti su quella moto, né su altre.»
Sotto la visiera alzata, profondi occhi castani lo fissavano, ironici. Luke evitò commenti pungenti.
Intanto il motociclista si toglieva i guanti imbottiti, e armeggiava intorno alla chiusura del casco.
Non vorrà partecipare alla discussione, pensò Luke.
«Amico, si tratta di una questione di famiglia, e dunque non ti riguarda. Ti basti sapere che da oggi Megan non salirà su una moto fino a nuovo ordine, quindi è inutile farsi vedere da queste parti.»
«Credo che sarà un po’ difficile, Luke» dichiarò Megan, compiaciuta. «Visto che tu e Terri lavorerete insieme.»
«Vuoi dire che esci con qualcuno dell’ospedale?»
«Con un dottore» replicò lei, maliziosa. «Terri mi ha insegnato un mucchio di cose.»
Non posso più tacere, pensò Luke, furioso. Ma si bloccò, alla quieta voce femminile accanto a lui.
«Niente raccomandazioni, per favore.»
Il casco, tolto e posato sul manubrio, rivelò lunghi capelli castano scuro, che ricaddero sulle spalle e la schiena della donna. Indossava una giacca di pelle. Scese dalla moto e si girò a guardarlo.
«Ciao, Luke. È tanto, che non ci vediamo.»
«Terri?» Stupito, Luke cercò di ricordare un altro nome, quello vero. «Theresa O’Connor...»
«Più o meno. Come stai?» Gli tese la mano, aspettando.
«Accidenti...Theresa!» Luke l’attirò a sé, in un abbraccio rapido, un semplice saluto. Niente a che vedere con l’improvvisa tempesta di sentimenti scatenata in lui nel rivederla.
Così calma, composta. Quel leggero sorriso agli angoli delle labbra. Lo aveva sconvolto.
Di colpo, ripensò al loro ultimo incontro. Spiaggia vicino all’ospedale, chiaro di luna. Dodici anni prima. Possibile? Quella sera, Theresa non era così tranquilla. Neanche lui lo era. L’aveva appena baciata.
Quelle bellissime labbra, morbide e piene, all’inizio timide, esitanti, poi impazienti, perfino esigenti, sulle sue. E lui l’aveva respinta.
Theresa arretrò, senza scomporsi, a parte una certa diffidenza nello sguardo. «Terri Mitchell, adesso.»
«Già» annuì lui. Quante domande voleva farle, ma non gliene veniva in mente neanche una. Ritrovarla era stato un balzo all’indietro nel tempo, una momentanea perdita di equilibrio.
Notizie su Terri ne aveva ricevute, negli anni, dalla propria famiglia, e da Ryan, fratello di Terri e suo amico. Era vedova, il marito morto in un’esplosione. Entrambi medici, lavoravano per un’organizzazione di aiuti in Africa. Anche lei era rimasta ferita.
«Theresa, ho saputo, mi dispiace...» cominciò Luke, dopo qualche secondo di silenzio.
«Per fortuna, nessun danno» tagliò corto lei, con un sorriso tirato, alludendo di proposito alle proprie condizioni fisiche. Solo lo sguardo castano intenso, apparve per un attimo più cupo.
Non ha voluto le mie condoglianze, pensò Luke, deluso.
«E tu devi essere Alexis, vero?» disse Terri, sorridendo alla bambina che, scesa dall’auto, aveva raggiunto il padre. «Tua nonna mi ha detto tutto di te.»
Luke passò un braccio intorno alle spalle della figlia. «Alexis, la signora è un’amica di famiglia.» Presentazione formale, contento che la bambina non si sottraesse all’abbraccio del padre.
Entusiasta dell’accoglienza di Terri, Allie sorrise. Non sembrava più la stessa, imbronciata e sgarbata fino a pochi minuti prima.
Theresa sorrideva serena. Forse mi sono sbagliato, pensò Luke, non è triste. E invece qualcosa le velava ancora il sorriso e lo sguardo, anche mentre dedicava la sua attenzione a Alexis.
Poco dopo, Terri si congedò da Megan e Luke. «Vi lascio, adesso, così farete la pace come si deve.»
«Stasera sei a cena da noi, vero?» disse Megan.
«Ringrazia tua madre da parte mia, Megan, ma ho del lavoro d’ufficio da sbrigare, per domani. Ciao, Alexis, a presto.» Sorrise, salutando la bambina. «Luke» aggiunse, guardandolo senza sorridere.
Lui rispose con un cenno, chiedendosi se il lavoro d’ufficio non fosse una scusa per rifiutare l’invito a cena, a causa della sua presenza.
Terri montò sulla moto, il casco sui magnifici capelli. Le dita lunghe, leggere, lo allacciarono sotto il mento. Avviò il motore, imboccando decisa la strada accanto alla casa dei genitori di Luke.
«Allora, immagino che potrò andare ancora in moto con Terri, no?» disse subito Megan.
«Vedremo...» Risposta vaga.
«Ma insomma, Luke!»
Lui sorrise, alla vivace protesta della sorella. «Senti» chiese poi, quasi casualmente. «Per caso Theresa abita il cottage sulla spiaggia?»
«Preferisce essere chiamata Terri.»
«Va bene. Allora?»
«Sì, lo ha preso in affitto da quando è tornata.»
Chissà perché mia madre non me lo ha detto, pensò Luke, che di solito era ampiamente aggiornato sugli ultimi pettegolezzi di Port Cavill.
«Sei mesi fa, immagino.»
«Più o meno.»
«Ma quel cottage è una specie di baracca!»
«Lo era, quando vi abitavi tu. Terri lo ha rimesso a posto.»
«Davvero?» Forse valeva la pena di fare una passeggiata laggiù, per vedere come era cambiata la sua vecchia casa da scapolo. E magari saperne di più sulla nuova inquilina. O forse no.
In fondo, doveva restare a Port Cavill solo un anno. Mesi di impegno pieno, tra l’ospedale, la convalescenza del padre, e Allie. In realtà, rivedere Terri lo aveva messo a terra. Forse era stanco, la mente confusa, stordito dal lungo viaggio in aereo, dal salto di fuso orario.
Perché complicarsi la vita, pensò, specialmente con una persona valutabile solo dal grande interesse per le moto fiammanti, e dal lavoro che svolgeva prima di tornare nella città di origine.
Ripensò a quel bacio sulla spiaggia. Sembrava impossibile che da allora fossero passati dodici anni. Quella sera, non era stato molto corretto, con Terri.
Dolore e senso di colpa per la morte del cugino avevano dettato le sue parole amare, respingendo la solidarietà, la dolce consolazione che lei gli offriva.
Ma Theresa era forte, determinata. Aveva studiato medicina, come aveva deciso, era andata