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Oltre quella porta: Harmony Collezione
Oltre quella porta: Harmony Collezione
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Oltre quella porta: Harmony Collezione

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About this ebook

Ci mancava solo "l'avvoltoio"! Rachel Shaw ha appena scoperto una drammatica realtà: per colpa di alcuni investimenti sbagliati, sua zia le ha lasciato una proprietà sull'orlo del fallimento. Non le resta che aspettare il solito speculatore senza scrupoli. Appena bussano alla porta...
LanguageItaliano
Release dateJun 9, 2017
ISBN9788858967492
Oltre quella porta: Harmony Collezione
Author

Laura Martin

Tra le autrici piuù amate e lette dal pubblico italiano.

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    Oltre quella porta - Laura Martin

    successivo.

    1

    Non era affatto certo di non commettere una sciocchezza, pensò Jean Luc Manoire accigliandosi.

    Tuttavia, gli sembrava ormai troppo tardi per ripensarci. Erano arrivati.

    L'autista rallentò davanti all'imponente cancello di ferro, lui trasse un profondo respiro e cercò di mettere ordine nel caos di emozioni che sentiva agitarsi dentro di sé.

    «D'accord, Emile. Continuez!»

    La lussuosa berlina color grigio metallizzato imboccò il viale fiancheggiato da magnifici cedri in fiore. In fondo al viale comparve la sagoma di un grande edificio settecentesco, che nonostante l'evidente stato d'abbandono conservava inalterato tutto il proprio fascino.

    Un suono stridulo ruppe il silenzio. Jean Luc attivò il cellulare. Parlò brevemente con l'assistente personale che lo chiamava da Parigi, ed ebbe la conferma che aspettava. Un altro affare andato in porto, non che fosse una novità.

    Anche la grande casa settecentesca era un affare, si ripeté. Doveva attingere a tutto il proprio autocontrollo per non lasciar trapelare altro. Benché da giorni, ormai, non pensasse che a quel prossimo incontro.

    Era bastata una breve notizia sui giornali, listata a lutto, e il passato gli si era ripresentato alla mente, vivido come non mai. Jean Luc aveva perso il sonno e l'appetito, e persino l'interesse per gli affari.

    Poi gli era balenata nella mente una soluzione: impossibile che lei non accettasse. Chiunque l'avrebbe consigliata di non perdere un'occasione d'oro come quella.

    Eppure l'idea di rivederla, dopo sei anni, gli faceva andare il cuore in fibrillazione. Invece doveva controllarsi, si ripeté. Era lì per affari, e nient'altro.

    «Ma dove ti eri cacciata? Non ti trovavo più!»

    Rachel si girò di scatto. Guardò Naomi che si stava avvicinando e si sforzò di sorridere. «Mi hai vista dalla finestra!» indovinò.

    L'altra si fece strada ansimando tra la siepe di tasso e i rami del roseto.

    «Lo dicevo sempre a tua zia Clara, che questo angolo di giardino è troppo selvaggio!» sbuffò.

    Rachel si alzò dalla panchina ricoperta di muschio. «Forse è proprio per questo che mi piace» ammise, divertita. «Non volevo preoccuparti, ma avevo bisogno di stare un po' sola.»

    L'anziana governante annuì, comprensiva. «Lo so, tesoro. Lo so. Ma c'è un tale che vuole vederti.»

    «Non un altro creditore, spero!»

    Da quando la povera zia Clara aveva chiuso gli occhi per sempre, i creditori erano spuntati a decine, ingigantendo lo sconforto di Rachel.

    «Non lo so. Mi ha dato questo.» Naomi le porse un biglietto da visita, rigoroso ed essenziale. «A giudicare dall'aspetto, e dalla macchina, è uno che naviga nell'oro.»

    Quindi sottolineò l'affermazione con un convinto cenno del capo.

    «J.S.J. Corporation» lesse Rachel. «Non mi dice niente.» Per la verità, non le avevano detto niente neanche tutti gli altri nomi che il notaio aveva sottoposto alla sua attenzione. Sospirò. «Verrò a sentire che cosa vuole. In ogni caso, mi aspetto il peggio. Domani ho un appuntamento con i funzionari della banca, per scoprire a quanto ammontano esattamente tutti i nostri debiti.» E poi...

    Poi avrebbe dovuto decidere che cosa fare.

    «Non riesco a perdonarmi di essere stata così cieca» osservò Naomi, scrollando amaramente la testa. «Avrei dovuto accorgermi di quel che stava succedendo. Se te ne avessi parlato, forse adesso non saremmo arrivate a questo punto.»

    «Non è stata colpa tua» le assicurò lei, con dolcezza. «La zia Clara era una donna molto testarda.» Un educato eufemismo, per dire che faceva sempre come voleva, e che non accettava mai consigli da nessuno.

    «Sì, lo so» ammise Naomi, con un sospiro. Rimase per un attimo in silenzio, poi guardò Rachel e sorrise. «Ti ho riferito che Shaun ha telefonato di nuovo?»

    «Sì, me l'hai detto. Almeno altre tre volte.» Rachel si sforzò di essere gentile. «Mi dispiace, Naomi, ma ti ho già spiegato che tra me e Shaun è tutto finito. Lo so che è tuo nipote e che gli vuoi bene, ma...»

    «Ma voi due siete fatti l'uno per l'altra! Anche Shaun ne è convinto!»

    «E io, invece, sono convinta che non funzionerebbe mai.»

    Non era il caso di discuterne ancora. In certi momenti, sospirò Rachel, Naomi sembrava la copia esatta della zia Clara: non accettava nessun punto di vista diverso dal proprio.

    Tornarono in silenzio verso la Grange, ciascuna immersa nei propri pensieri, ed entrarono direttamente in cucina, dalla porta sul retro.

    «L'ho fatto accomodare in salotto» spiegò Naomi richiudendosi la porta alle spalle. «Perché non vai a rimetterti un po' in ordine, prima?»

    «Perché?» domandò Rachel, sorpresa. Indossava un paio di jeans e una semplice T-shirt rosa, ma lo specchio in fondo alla stanza le rimandava un'immagine tutt'altro che sgradevole.

    «Faresti un'impressione migliore, se fossi un po' più elegante» ribatté l'anziana governante, con l'abituale franchezza.

    Lei sospirò. «Se si tratta di nuovi debiti, dubito che un abbigliamento o l'altro possa fare qualche differenza.»

    Naomi disapprovò, scrollando la testa.

    «E poi, non posso ancora cambiarmi. Prima devo finire l'inventario di quel che c'è in casa» continuò Rachel. «Non ho smesso di sperare che prima o poi m'imbatterò in un tesoro inaspettato, che risolverà tutti i nostri problemi.»

    Era lo stesso che sperare di vincere alla lotteria, pensò Naomi, e la guardò andare stancamente verso l'arco d'ingresso del grande salone delle feste.

    Rachel esitò per un attimo, prima di entrare. Si sentiva esausta e svuotata. Il peso di quegli ultimi giorni era stato insostenibile: al dolore per la morte improvvisa della donna che l'aveva cresciuta si era aggiunta la preoccupazione per una situazione finanziaria a dir poco disastrosa, che ormai gravava interamente sulle sue spalle.

    Di certo, era ben decisa a uscire da quella palude, e a fare qualunque cosa fosse in suo potere per proteggere la grande casa che apparteneva alla sua fami glia da generazioni e che ora languiva, gravata di ipoteche.

    Già. Ma come?

    Entrò con passo deciso nel salone. «Mi dispiace di averla fatta attendere, signor...»

    C'era un uomo, in piedi vicino all'imponente camino in pietra. Si girò e lei si sentì di colpo fermare il cuore.

    Non era possibile! Rachel dimenticò di respirare e spalancò i grandi occhi azzurri. Poi scrollò la testa, come se non credesse a ciò che vedeva.

    Jean Luc!

    Forse il dolore e la tensione le giocavano brutti scherzi. E invece no, era proprio lui! Jean Luc Mano ire, con i folti capelli neri domati da un taglio quasi severo, l'abito impeccabile e il viso incredibilmente serio.

    «Ciao, Rachel. Come stai?» La sua voce, profonda e controllata, sembrava aver perso ogni inflessione straniera.

    Lui esitò per un attimo, poi le andò incontro con la mano tesa. Si era aspettato di tutto, ma non che Rachel fosse esattamente la stessa di sei anni prima: giovane e fresca, più incantevole che mai.

    «Sto bene» mormorò lei, in modo meccanico. «Bene, grazie.» Ritirò la mano e distolse lo sguardo, cercando di riprendersi dalla sorpresa.

    «Sono tornato in un momento difficile.»

    «Già.»

    Lui sì che era cambiato. Sembrava più maturo e raffinato, straordinariamente elegante. Ben diverso dal ragazzo un po' ribelle che lei aveva amato.

    «Ho saputo di tua zia. Mi dispiace.»

    «Davvero?» Ora che la sorpresa iniziale era passata, Rachel incominciò a vedere le cose con più chiarezza. «Stento a crederci, visto che l'hai sempre detestata.»

    «Può darsi, ma non al punto di augurarle la morte» ribatté lui. Non doveva lasciarsi prendere dal nervosismo, pensò.

    Lei fissò il pavimento e si pentì di averlo provocato. «No, certo. Scusa.»

    Jean Luc la guardava. «Hai l'aria molto stanca» commentò. «Sei...»

    «Dillo pure. Sono un disastro.» La voce di Rachel vibrò di collera. Di solito, aveva un aspetto impeccabile. Come direttrice di uno dei più prestigiosi alberghi del Cotswold non poteva permettersi cadute di stile. Peccato che, come al solito, lui la sorprendesse sempre nei momenti peggiori.

    «Perché non lasciamo perdere le formalità e non mi spieghi subito che cosa sei venuto a fare qui?» continuò, in tono tutt'altro che accomodante.

    Il bel viso spigoloso di Jean Luc non tradì la minima emozione. Si guardò intorno. «La casa non è cambiata» commentò. Fissò i penetranti occhi neri sul bel viso pallido di Rachel. «E neanche tu.»

    «Sono invecchiata» replicò seccamente lei. Tuttavia la saggezza non era andata di pari passo con l'età, considerato come le batteva forte il cuore.

    «E hai qualche problema economico, mi sembra di capire.» L'espressione di Jean Luc era fredda e controllata. Quasi crudele.

    Per quanto tempo ancora potrò reggere questa farsa?, si chiese. Era ridicolo fingere che rivederla non gli causasse alcuna emozione, che quella fosse solo una delle tante sfide cui il lavoro di manager l'aveva abituato.

    Rachel sostenne il suo sguardo, e fu la prima a meravigliarsene. «Se proprio ci tieni a saperlo, io so no quasi rovinata» ribatté in tono gelido.

    Non sarebbe servito negare l'evidenza. Tantomeno di fronte a lui.

    «Immagino che scoprirlo sarà stato un colpo duro» continuò Jean Luc. «Tua zia sembrava una donna molto ricca.»

    «Era molto ricca» confermò Rachel. «Ha solo fatto una serie di investimenti sbagliati.» Le mancò la voce, ma si sforzò di riprendersi. «Se sei qui per le condoglianze arrivi tardi. I funerali sono stati all'inizio della settimana e, come vedi, sono ancora alle prese con l'inventario. Quindi, se adesso vuoi scusarmi...»

    «Mi hai frainteso, Rachel» la interruppe lui, con decisione. «Questa non è una visita di condoglianze.» Lei, che se ne stava andando, si fermò.

    «Ah, no?»

    «Naomi non ti ha dato il mio biglietto da visita?»

    Se n'era del tutto dimenticata. Rachel mise una mano nella tasca posteriore dei jeans. «Sì, certo» rispose. Tirò fuori il biglietto e lo rilesse. «J.S.J. Corporation. Non mi dice niente. È la compagnia per la quale lavori?»

    «Diciamo di sì» ribatté lui, dopo una breve esitazione. Le elencò una serie di grosse operazioni finanziarie che la sua compagnia aveva messo a segno negli ultimissimi anni, e alla fine lei dovette ammettere che ne aveva sentito parlare.

    «D'accordo. Ho capito che è una compagnia prestigiosa.» Rachel si avvicinò alla finestra e guardò di sotto, verso la lussuosa berlina metallizzata ferma nel piazzale, con tanto di autista in divisa.

    Si accordava perfettamente con la nuova immagine di Jean Luc, si disse. Un uomo ricco e affascinante, di certo abituato ad attirare molti sguardi femminili.

    Era chiaro che aveva fatto strada. Anche più di lei, che da semplice receptionist d'albergo era arrivata in pochi anni addirittura alla direzione.

    Rachel si girò per fronteggiarlo. «Perdonami» disse in tono deciso, «ma non riesco proprio a capire quali siano gli interessi di questa J.S.J. Corporation qui alla. Il tuo capo è impazzito?»

    Lui sospirò. «Le iniziali J.S.J. non ti dicono proprio niente?»

    «No, perché?»

    «Jean Luc, Saul, Jérôme» enumerò lui. «Ho sempre pensato che i miei genitori avessero

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