Una rivalità che conquista: Harmony Destiny
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Rafe Cameron è tornato, e a Vista del Mar nulla sarà più come prima. Arrogante e spregiudicato, per lui la sola cosa che conta è la conquista, e intende piegare ogni persona e situazione al suo volere. Peccato, però, che Sarah Richards, ex fidanzata e donna dalle mille risorse, non sia per nulla d'accordo. Tra i due inizia una lunga e infuocata battaglia costellata di ripicche e baci mozzafiato, che ben presto si trasformerà in una contesa molto personale. Entrambi sanno che potrà esserci un solo vincitore, ma chi sarà il primo a cedere al piacere?
Catherine Mann
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Una rivalità che conquista - Catherine Mann
1
Cameriera di lungo corso al Beach & Tennis Club di Vista del Mar, Sarah Richards sapeva quale era la regola numero uno per chi serviva ai tavoli: mai versare il caffè sui cojones di un uomo.
Per la prima volta in quattordici anni era tentata di rischiare il licenziamento.
Sarah infilò una ricevuta firmata nella cassa mentre con lo sguardo percorreva la folla dell’ora di pranzo, fino a un tavolo accanto alla finestra. Dove era seduto lui. Il suo ragazzo ai tempi del liceo.
Rafe Cameron.
Aveva di fronte il suo fratellastro, Chase Larson, e, in apparenza, ignorava chiunque mormorasse su di lui, come se il suo ritorno a casa, avvenuto ormai cinque mesi fa, fosse del tutto ovvio e naturale. Perché non si era trasformato in un troll? Anzi, gli anni erano stati benevoli con lui. Al liceo era un ragazzo molto bello, ma ora era una vera goduria per gli occhi.
I capelli biondi di Rafe avevano preso una tonalità più scura, e i suoi occhi erano di un azzurro ghiaccio. I muscoli, che durante gli anni dell’adolescenza erano solo vagamente accennati, quando lei lo teneva abbracciato sul retro del suo El Camino, avevano raggiunto il loro pieno sviluppo. Come allora, il corpo traditore di Sarah fu assalito da vampe di calore.
A quanto pareva, si era trattata di una reazione a senso unico. Da quando era tornato, Rafe Cameron non le aveva rivolto la parola neanche una volta. Quantomeno, avrebbe potuto tenderle la mano con un: Salve, è fantastico rivederti. Non avrebbe mai pensato che si sarebbe spinto al punto di evitarla ma il suo atteggiamento freddo e distaccato le fece capire che lei era diventata un episodio insignificante del suo passato.
Quello stupido egocentrico meritava un’intera caraffa di caffè.
C’era di peggio; oltre a ignorare lei, aveva calpestato i sogni di tutti gli abitanti di Vista del Mar. Quando il povero ragazzo di provincia era tornato da magnate dell’industria, tutti avevano sperato che avrebbe salvato la fabbrica di microchip che era la linfa vitale della piccola comunità californiana. Invece no. Il mese scorso, la Seaside Gazette aveva pubblicato un articolo annunciando il progetto di Rafe di chiuderla.
Al solo pensiero di quanto rivelato dal giornale... L’ira divampò violenta alla prospettiva che i suoi genitori, accaniti lavoratori, perdessero il posto di lavoro. Chiuse il cassetto del registratore di cassa con superflua energia. E tra pochi secondi avrebbe parlato a Rafe Giuda
Cameron perché la sfortuna l’aveva collocato a uno dei suoi tavoli.
Tieni gli occhi lontano dal caffè, sorella.
Non poteva fare a meno di quel lavoro. A differenza dei clienti che pranzavano lì, non aveva alle spalle un fondo fiduciario.
Le sue riflessioni furono interrotte da un leggero colpo di tosse emesso con discrezione. Ci mancava solo che qualcuno la sorprendesse a fissare Rafe con aria da beota e scambiasse la sua curiosità per interesse. Aspettandosi di vedere il suo capo o un’altra cameriera, Sarah si girò, e si trovò di fronte sua nonna, a braccia conserte e con le sopracciglia inarcate.
Colta in flagrante. Nessuno la faceva in barba a Kathleen Richards. Meglio mantenere la calma.
Sarah incontrò un paio di occhi della stessa sfumatura di verde dei suoi. Guardare nonna Kat era come sbirciare in uno specchio un’immagine di se stessa tra qualche decina di anni, con un piccolo aiuto di tintura color castano ramato. Avevano in comune anche un temperamento focoso, impulsivo al massimo. Sarah adorava quella donna, che aveva capito i desideri segreti di una bambina che preferiva i pattini a rotelle alle bambole.
«Ciao, nonna Kat. Sei qui per pranzare?» Kathleen aveva frequentato spesso quel club esclusivo in quanto assistente personale di Ronald Worth senior, il precedente proprietario della fabbrica di microchip.
«Penso di no. È un po’ al di sopra delle mie possibilità finanziarie adesso che sono in pensione. Sono venuta per vedere te, cara, dal momento che ignori le mie telefonate. Nilda e io abbiamo appuntamento al Bistro. Saremmo felici se ci facessi compagnia.»
«Così che tu possa dirmi tutto dell’ultimo buon partito in cui ti sei imbattuta, e che io devo conoscere a tutti i costi?», scherzò Sarah, che temeva che nonna Kat l’avesse sorpresa a mangiarsi Rafe con gli occhi. «Seriamente, non hai mai pensato di aprire un’agenzia per anime solitarie?»
«Tu potresti essere la mia prima cliente.» Quella impudente di sua nonna le strizzò l’occhio.
Ormai erano passati tre anni dalla morte del marito della nipote, avvenuta durante un incidente d’auto, e Kathleen aveva deciso di raddoppiare gli sforzi per trovarle un nuovo compagno. A Sarah mancava Quentin, le sarebbe mancato sempre, ma avrebbe affrontato da sola quella perdita, senza interferenze, per quanto fatte a fin di bene.
«Grazie, ma non posso.» Sarah diede un abbraccio veloce alla nonna, sospingendola verso l’ingresso. «Ti voglio tanto bene. Non ho bisogno di aiuto. Adesso, fila. Devo lavorare.»
Si disse che era meglio sbrigarsi a prendere l’ordinazione di Rafe. Via il dente, via il dolore. Un senso di panico l’assalì al pensiero di avvicinarsi al suo tavolo. Non solo a causa del proprio caratteraccio, ma anche per colpa del calore proditorio che quell’uomo le ispirava con ricordi che, chiaramente, per lui non significavano niente, ma che invece avevano ancora il potere di farle battere più forte il cuore.
Nonna Kat si rifiutò di muoversi. «Che cosa c’è di sbagliato se voglio invitare la mia nipote preferita a bere un caffè durante la sua pausa?»
«Io sono la tua unica nipote e alla mia pausa manca ancora un’ora. Piantala di preoccuparti. Sto bene.» Bene e impegnata a non pensare a tutti i ricordi sensuali legati a quell’uomo esasperante dall’altra parte della sala. «Sono solo preoccupata che la fabbrica chiuda, come tutti gli altri.»
Il desiderio di Rafe di vendicarsi di un’unica persona sarebbe costato molto alla città... troppo. Durante gli anni dell’adolescenza, lei l’aveva ascoltato mentre le illustrava i suoi piani per mandare in rovina le Worth Industries insieme con Ronald Worth. Quando Rafe era partito la sera dei diplomi, Sarah non si sarebbe mai aspettata che sarebbe tornato per portare a termine quei piani, soprattutto non a danno di tanti altri.
Kathleen diede una tirata scherzosa alla coda di cavallo di Sarah. «Allora, d’accordo. Ti lascerò in pace... per ora. Ma ho proprio bisogno di parlarti. Ceniamo insieme domani. Cucinerò io, e so già che è il tuo giorno libero, perciò non cercare di imbrogliarmi» le ordinò sua nonna, uscendo prima che Sarah potesse protestare.
Avrebbe parlato a Rafe senza ulteriori indugi. Controllando il suo tavolo, notò che lui non aveva fatto un enorme piacere a tutti loro svaporando. E aveva ancora quell’aria di rude ragazzaccio biondo.
Sarah strinse nella mano a pugno la penna e il taccuino che teneva nella tasca del grembiule, armandosi di coraggio per quella prova di forza. Attraversò la sala da pranzo, diretta alla finestra panoramica con la sua fantastica veduta sul Pacifico. Situato a circa cinque metri sopra il livello del mare, il club era dotato di gradini scavati nel promontorio che conducevano a una spiaggia sabbiosa. Un’insenatura naturale, isolata e romantica... che lei conosceva bene dai tempi in cui usciva con Rafe.
Mentre annullava la distanza che li separava, alle orecchie le arrivavano frammenti di conversazione, come se qualcuno stesse saltando da una stazione radio a un’altra. Un affare veniva concluso consumando un piatto d’insalata. A un altro tavolo, due mogli di pezzi grossi, magre come stecchini, discutevano di gite alle Hawaii.
Occhi sul bersaglio, rammentò a se stessa.
Che lui se ne fosse andato dopo il liceo e non l’avesse mai contattata, era stato doloroso. Il modo in cui si comportava adesso la mandava su tutte le furie. Tirò fuori la penna e il taccuino con la velocità degna di un pistolero del selvaggio west.
Da troppo tempo si chiedeva come sarebbe stato imbattersi di nuovo in Rafe Cameron. Ma ora che poteva essere lei a prendere l’iniziativa lo avrebbe messo all’angolo, in un incontro-scontro che lui non avrebbe più dimenticato.
Rafe Cameron aveva cercato di dimenticare Sarah Richards negli ultimi quattordici anni, con scarso successo. Quella donna gli era rimasta stampata nella memoria, nonostante lei avesse sposato un altro una manciata di secondi dopo che lui aveva lasciato la città.
Non che nutrisse rancore.
Ascoltando distrattamente il suo fratellastro, Rafe osservava Sarah che si stava dirigendo verso di loro. Portava i rossi capelli raccolti in una coda di cavallo e il suo corpo dalle curve favolose era inguainato in una semplice camicetta bianca e pantaloni neri, la tipica uniforme del personale. Ma Sarah era stata sempre tutt’altro che tipica.
Mentre si avvicinava a passo di carica, il suo carattere irascibile le faceva scintillare gli occhi color giada. Rafe era abituato a gestire le ostilità da quando aveva annunciato che intendeva chiudere la fabbrica. Anzi, era sorpreso che Sarah non l’avesse ancora affrontato. In passato non era mai stata tipo da trattenersi, e adesso era chiaro che era pronta alla lotta. A quanto pareva, certe cose non cambiavano mai.
Per esempio, la reazione del suo corpo per aver avuto una visione fugace del suo volto a forma di cuore e dei suoi seni generosi. Il desiderio gli pompava nel sangue, sgradito e non richiesto. Era tornato a Vista del Mar per regolare un conto, per distruggere le Worth Industries. Dopotutto, Ronald Worth non aveva mostrato pietà alcuna quando aveva licenziato i suoi genitori senza giusta causa. Rafe si rifiutava di sentirsi colpevole per voler fare giustizia nel nome della madre defunta.
Nessuno, nemmeno Sarah Richards, l’avrebbe distolto dal suo obiettivo.
Lei si fermò al suo tavolo impugnando penna e taccuino. «Posso prendere la sua ordinazione, signor Cameron?»
«Certo, signorina Richards.» Rafe fece girare tra le dita il gambo del suo bicchiere di cristallo. «Oppure dovrei dire signora Dobbs.»
«È di nuovo Richards.»
Un muscolo gli guizzò all’angolo di un occhio. Interessante, quindi aveva ripreso il nome da ragazza dopo la morte di Quentin Dobbs. «Allora, Sarah Richards.»
«Ehm» intervenne il suo fratellastro, Chase Larson, spostando lo sguardo dall’uno all’altra, «è un piacere rivederti, Sarah, ma se voi due volete scusarmi, devo fare una telefonata. Prendi nota, per me pasta primavera e tè freddo.» Con un mezzo sorriso, Chase si allontanò.
Lasciando Rafe da solo con lei.
Lui spinse da parte il bicchiere. «È bello rivederti, Sarah.»
«Oh, dunque, ti ricordi di me.» Le sue parole grondavano acredine. «Non che tu ti sia degnato di dirmi una sola sillaba da quando sei arrivato in città, cinque mesi fa. Il che mi spinge a farmi una domanda. Sei diventato troppo importante per rivolgere la parola ai tuoi vecchi amici?»
Lui trasalì per la sorpresa. Che strano che fosse furiosa per essere stata snobbata e non per la fabbrica. O, quantomeno, che giudicasse la sua indifferenza abbastanza importante da tirarla in ballo.
Provò un moto d’orgoglio nel constatare di essere ancora ben presente sul suo radar dopo tutto quel tempo. «Non sei un po’ troppo arrabbiata per essere una fidanzatina del liceo?»
«Non si tratta del passato» ribatté lei, battendo con la penna sul tavolo, «bensì del presente, del tuo comportamento attuale. Mi sorprende che tu abbia il fegato di venire qui e buttare giù qualche cocktail dopo quello che hai fatto.»
«È ora di pranzo. Tutti devono mangiare, gattina.»
Sarah serrò i denti udendolo usare il nomignolo che lui le aveva dato a causa del suo caratteraccio, e perché gli aveva lasciato i segni di graffi sulla schiena durante una pomiciata. Per non parlare del suo modo delizioso di fare le fusa quando...
Rafe si aggiustò la cravatta. Anche se non erano mai andati fino in fondo, avevano sperimentato molti altri modi per placare la loro frustrazione sessuale. Strofinò distrattamente il pollice contro due dita e avrebbe potuto giurare di avvertire ancora la sensazione rugiadosa per aver portato Sarah all’appagamento.
Con le narici che fremevano, batté un dito sul blocchetto. «Qual è il piatto del giorno?»
«Intendi davvero fingere che vada tutto bene? Immagino che non dovrei essere sorpresa. Da quello che sento dire, sei diventato così spietato che a colazione mangi cuccioli e neonati.» La voce di Sarah salì a ogni parola, tanto che due signore in tenuta da tennis la sbirciarono al di sopra dei loro menu. «Considerando le tue intenzioni verso la fabbrica, sei fortunato