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La ricetta del conte: Harmony Collezione
La ricetta del conte: Harmony Collezione
La ricetta del conte: Harmony Collezione
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La ricetta del conte: Harmony Collezione

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About this ebook

Belli, ricchi e impossibili. Un loro semplice sguardo è sufficiente a sbaragliare le difese di qualsiasi donna: sono gli uomini che chiunque vorrebbe avere al proprio fianco.



GwenWilliams è scappata in Francia inseguendo il proprio sogno, diventare un famoso chef, e pur di non dover tornare indietro sui propri passi è disposta a lavorare fino allo sfinimento. Ma nemmeno la sua ferrea determinazione può resistere allo sguardo fiero e intenso di Etienne Moreau.



Dopo quella notte esplosiva, Etienne non ha dubbi: è lei la donna che vuole nel suo letto, l'antidoto perfetto per l'aridità della sua vita. Quello che non ha considerato è l'orgoglio di Gwen: i soldi di Etienne potranno anche comprare qualunque cosa, lei però non è in vendita.
LanguageItaliano
Release dateFeb 9, 2018
ISBN9788858977705
La ricetta del conte: Harmony Collezione
Author

Christina Hollis

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    La ricetta del conte - Christina Hollis

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The French Aristocrat’s Baby

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2010 Christina Hollis

    Traduzione di Cecilia Bianchetti

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A..

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-770-5

    1

    Gwen balzò fuori dal letto ancora mezzo addormentata. Che cos’era quel rumore assordante? Nella penombra del pomeriggio estivo cercò a tentoni la sveglia, correndo il rischio di inciampare. Ma la sveglia era muta, il suono proveniva da un’altra parte. Doveva essere il cellulare! Con orrore Gwen si rese conto di essersi addormentata senza aver puntato la sveglia e adesso era in ritardo di almeno un’ora.

    Temendo che uno dei pochi collaboratori rimasti la stesse chiamando per darle buca, cercò il telefono terrorizzata e lo trovò nella tasca del grembiule finito in fondo al cesto dei panni sporchi.

    «Tesoro, quanto ci hai messo a rispondere!»

    Una volta tanto Gwen era felice che sua madre la chiamasse tutti i giorni. «Mamma! Sono contenta di sentirti, ma oggi non posso proprio restare al telefono con te! Ho un sacco di cose da fare, devo prepararmi per il ricevimento di stasera. Avevo paura che mi avesse chiamata un aiuto cuoco per darsi malato!» Gwen riprese fiato e fece una smorfia. Confessare la verità a sua madre era un grosso errore: a casa dovevano pensare che la sua nuova vita fosse costellata di successi. «Cioè, io... Insomma, ho un sacco di gente alle mie dipendenze, ma ciascuno ha la sua specialità, quindi non posso permettermi di perdere nessuno!» spiegò in fretta, incrociando le dita.

    In realtà non sapeva più come fare per tagliare le spese. Così, invece di assumere nuovo personale, svolgeva il lavoro di almeno tre persone. Ma anche questa scelta aveva un prezzo: era sempre così sfinita da rischiare di addormentarsi in piedi. Ecco perché quel giorno era corsa a casa, per concedersi un sonnellino di venti minuti nel bel mezzo della giornata.

    Guardando l’ora, però, scoprì con orrore di aver dormito quasi un’ora e mezza. «Dovrei essere già al ristorante, altrimenti non apriremo mai in orario! E ho ancora un sacco di cose da fare!»

    Raccolse in tutta fretta gli indumenti sparsi per la stanza, continuando a parlare.

    «Ma hai un sacco di dipendenti, no? Che si guadagnino lo stipendio!»

    «Un sacco di dipendenti? Ah, certo! Ne ho davvero un sacco, ma preferisco fare da me tutto quello che posso. Ho il difetto di amare troppo il mio lavoro. Non sono ancora abituata a essere la proprietaria del ristorante e a volte mi faccio travolgere» spiegò Gwen con il fiato corto, in tono palesemente falso e con la terribile sensazione che nella voce di sua madre ci fosse l’ombra del sospetto.

    «Gwen, non ti abbiamo prestato tutti quei soldi perché ti ammazzassi di lavoro, ma perché diventassi chef patron di Le Rossignol» replicò la signora Williams, pronunciando con cura le parole straniere. «Visto? Ci stiamo allenando con il francese per quando verremo a trovarti!»

    Gwen si sentì morire, ma riuscì a fare una risatina. «Magari! Ho una gran voglia di rivedervi tutti!»

    «Ormai sei proprietaria del ristorante da quattro mesi, tre settimane e cinque giorni» replicò sua madre, orgogliosa quasi quanto Gwen. «E noi che ci preoccupavamo perché avevi lasciato un futuro sicuro al negozio per rincorrere uno stupido sogno!»

    Gwen avrebbe voluto mettersi a piangere, ma l’idea che la famiglia scoprisse la verità sulla sua presunta vita di successo a Malotte era un colpo mortale per il suo orgoglio. Era certa che sarebbe diventata qualcuno, ma erano tempi duri. Ogni incarico andava gestito con estrema cura, compreso il ricevimento che, suo malgrado, avrebbe dovuto organizzare quella sera per un’odiosa contessa. Era una donna davvero orribile che voleva fare colpo sul ricco figliastro e tenere alta la sua reputazione. L’abilità di Gwen o la qualità del suo ristorante per lei erano fattori secondari.

    Ma magari il figliastro in questione si sarebbe mostrato più riconoscente.

    La giornata di Etienne era stata altrettanto intensa, ma almeno lui aveva rispettato l’agenda e ne era soddisfatto. Anche se la sua vita sociale seguiva ritmi serrati e lui la trovava sempre più sgradevole.

    La gente considerava un grande privilegio avere il suo nome sulla lista degli invitati a eventi benefici, così a volte Etienne si sentiva in obbligo di intervenire. Peccato che sia sempre circondato da leccapiedi, pensò irritato, passandosi le lunghe dita tra i capelli folti. Una conversazione decente non era una pretesa eccessiva, no? E invece era costretto a respingere in continuazione proposte d’affari tutt’altro che vincenti e cacciatrici di dote.

    Gli uomini più danarosi del paese l’avevano invitato a entrare nei loro consigli di amministrazione unicamente per fare colpo sugli investitori, ma si erano presto resi conto di aver commesso un grave errore. Etienne era un privilegiato, ma non era il tipo da accontentarsi. Il suo defunto padre aveva considerato il lavoro poco dignitoso, mentre lui non voleva limitarsi a essere un nome su una carta da lettera intestata.

    Sospirò. Tra novanta minuti esatti un domestico gli sarebbe andato incontro mentre scendeva la scalinata principale del castello e gli avrebbe infilato all’occhiello un garofano rosa appena colto, prima di aprirgli la porta. Come ai tempi di suo padre e dei suoi avi prima di lui. Benché riluttante, Etienne accontentava sempre il suo fedele domestico. Qualche anno prima, in un istante carico di emozione, aveva addirittura immaginato il suo primogenito ed erede sottoporsi allo stesso rito.

    Ma era successo prima che Etienne imparasse un paio di cose sulla natura umana. Adesso si concentrava sul lavoro e, grazie al suo stile spietato e deciso, aveva collezionato una serie infinita di successi. Non aveva nulla da dimostrare, ma non intendeva fermarsi. Peccato che anche gli affari stessero iniziando ad annoiarlo.

    Devo trovare una nuova sfida, pensò. Era stato educato per diventare il Conte di Malotte e, adesso che lo era, quel titolo in gran parte onorifico gli dava troppo tempo per rimuginare. Voleva distrarsi. Forse l’impegno di quella sera gli avrebbe offerto un’alternativa interessante.

    Gwen fece la doccia e si vestì in un lampo. Non aveva la forza di aprire la pila di buste sul tavolino, quindi le cacciò in un cassetto. Ultimamente la posta portava solo brutte notizie e, sebbene la sua nuova vita le riservasse momenti molto duri, lei era decisa a non mollare.

    Tolse dall’armadio il vestito che avrebbe indossato prima dell’arrivo degli ospiti a Le Rossignol, perché gli invitati non si aspettavano solo un’esperienza gastronomica completa, ma anche di fare quattro chiacchiere con una chef patron tranquilla e sicura di sé. Era l’unica parte del lavoro che a Gwen non piaceva e che tuttavia si era rivelata un ottimo mezzo per trovare nuovi contatti. Quindi, benché le risultasse difficile interpretare quel ruolo, avrebbe stretto i denti e si sarebbe fatta avanti.

    Aveva sempre sognato di fare lo chef in un ristorante di lusso e ci era riuscita a tempo di record, entrando in società con la sua migliore amica, nonché compagna di classe alla scuola alberghiera. Carys aveva grande fascino e senso degli affari, mentre lei si occupava della cucina e lavorava giorno e notte.

    Il loro sodalizio aveva funzionato perfettamente finché la sua socia era sparita con il fidanzato di turno e l’aveva lasciata nel caos più totale. Non riuscendo a trovare un altro socio, Gwen si era trovata davanti a una scelta difficile: vendere tutto e tornare a casa, dando ragione ai suoi genitori che consideravano la faccenda del ristorante un errore madornale, oppure ipotecarsi fino al collo e crearsi una nuova carriera indipendente? La prima alternativa l’avrebbe riportata nel mondo sicuro del negozio nella sua città natale, la seconda l’avrebbe catapultata in un futuro incerto, nel quale tuttavia sarebbe stata autonoma e non avrebbe dovuto contare su nessun altro.

    Gwen aveva saputo fin da subito cosa avrebbe scelto, ma aveva passato notti insonni nel tentativo di convincersi a rinunciare a quella folle idea. Alla fine, però, il sogno aveva vinto. I suoi genitori erano convinti che stesse sprecando denaro per rimediare a un pessimo affare, e lei aveva la terribile sensazione che avessero ragione, ma non l’avrebbe ammesso per tutto l’oro del mondo. Inoltre, se avesse avuto successo, si sarebbe tolta la soddisfazione di dire: ho fatto tutto da sola.

    Sarebbe stata dura, lo aveva sempre saputo, ma a volte, sola in un paese straniero, avrebbe tanto desiderato una spalla su cui piangere. I giorni volavano, uno più impegnativo dell’altro, pensò con un sospiro. Cucinare era la sua passione, ma in quel periodo passava più tempo a ingraziarsi le persone che gustavano le sue creazioni che non ai fornelli.

    Scese in garage e sistemò delicatamente il vestito sul sedile posteriore dell’auto. Senza perdere di vista l’orologio accese il motore ed ebbe un’altra brutta sorpresa: il serbatoio era quasi vuoto. Oh, no! Proprio oggi? Non aveva tempo di fermarsi a fare benzina. Guardò il cielo limpido e la tortuosa strada di campagna che portava in città. Fino al ristorante era tutta in discesa e, forse, lasciando il motore in folle sarebbe riuscita ad arrivare a destinazione.

    Cinque ore più tardi Gwen infilò il suo unico abito elegante, un vestito di velluto blu che sottolineava le sue curve generose. Si guardò allo specchio che aveva appeso in ufficio proprio per controllare il suo aspetto in occasioni come quelle: i morbidi capelli biondi le scendevano sulle spalle come una cascata d’oro. L’effetto era notevole, ma in realtà Gwen vedeva solo una ragazza di campagna del Galles con il vestito della festa, assolutamente poco pratico, per giunta di una stoffa che avrebbe messo in evidenza anche la più piccola macchia. Era proprio quello che l’altezzosa Contessa di Malotte si aspettava.

    Con un sorriso paziente Gwen si preparò a dare al suo pubblico ciò che voleva.

    Il bar e l’ingresso del ristorante si riempirono rapidamente. Le cameriere ingaggiate per la serata si muovevano fra gli ospiti eleganti con vassoi carichi di leccornie. Gwen ispezionò la sala in cerca della sua cliente, la contessa, ma la sua attenzione fu attirata da un personaggio molto più interessante, un uomo che era appena entrato. Il suo sguardo altero si posò sui presenti, simile a quello di un generale che passava in rassegna la fanteria. Alto e prestante, sovrastava la folla e la sua bellezza austera colpì tutti i presenti, nessuno escluso, che si voltarono a guardarlo.

    Con grande stupore di Gwen, lo sconosciuto si diresse dritto verso di lei, mentre gli invitati si scostavano per lasciarlo passare. «Bonsoir. Lei dev’esser Gwyneth Williams» la salutò, con un formale cenno del capo.

    Che strano, sapeva il suo nome! La guardava con occhi penetranti, come se avesse riconosciuto il suo travestimento. Gwen nascose l’agitazione dietro un sorriso professionale e gli porse la mano. «Bonsoir, monsieur. Sì, sono la chef patron. In genere sono rinchiusa in cucina, ma stasera è un’occasione speciale.»

    Gli occhi neri dell’uomo erano lucenti come ebano. «Lo è davvero, ma non mi ero reso conto di quanto fosse speciale fino a un attimo fa.» Trasudando fascino, le prese la mano e la sfiorò con le labbra. «Sono Etienne Moreau, un affezionato cliente del suo ristorante. Mi dispiace non averla mai conosciuta.»

    Gwen era incantata. Nonostante fossero circondati da decine di persone, Etienne la faceva sentire come se fossero soli. Finalmente un po’ di soddisfazione dopo settimane di intenso lavoro. «Grazie. Posso offrirle un drink, monsieur Moreau?»

    Una cameriera fece per avvicinarsi e chiedere le ordinazioni, ma Gwen le fece cenno di lasciar perdere. Per la prima volta era contenta di socializzare con gli ospiti. Passò dietro al bancone, tanto per tenersi occupata.

    La Contessa Sophie, madrina dell’evento, aveva fatto pesanti allusioni al fatto che il suo figliastro non amasse le banalità, intimando a Gwen di stargli alla larga. Se il conto della festa fosse già stato saldato, lei avrebbe allegramente ignorato le istruzioni. Ma adesso lui era lì, a separarli solo il bancone di marmo nero, eppure

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