Tentata dal milionario: Harmony Destiny
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Catherine Mann
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Tentata dal milionario - Catherine Mann
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Billionaire’s Jet Set Babies
Harlequin Desire
© 2011 Catherine Mann
Traduzione di Lara Zandanel
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5897-983-9
1
Alexa Randall aveva accumulato una discreta quantità di oggetti smarriti da quando aveva avviato la sua impresa di pulizie per jet privati. C’erano telefoni cellulari, valigette, computer portatili, perfino un orologio Patek Philippe. Aveva sempre restituito tutto ai legittimi proprietari.
Poi c’erano mutandine e boxer da uomo, perfino alcuni giochini erotici dei membri del Mile High Club. Aveva raccolto quegli oggetti con i guanti di lattice e gettato ogni cosa nell’immondizia.
Ma quello di oggi era certamente il più strano rinvenimento dell’impresa di pulizie A-1 Aircraft. Non aveva mai trovato un bambino a bordo – due bambini, per la verità.
Il secchio con i detersivi cadde con un pesante tonfo che fece sussultare i due piccoli addormentati. Già, due bambini, gemelli a quanto pareva, con riccioli biondi e guance da cherubini. Dovevano avere circa un anno. Un maschio e una femmina, a giudicare dalle tutine rosa e azzurra e dai seggiolini abbinati.
Incaricata di pulire l’aereo da sola, Alexa non aveva nessuno con cui condividere lo shock.
I bambini erano sistemati nei loro seggiolini, appoggiati sul divano in pelle dell’aereo, che era il jet privato di Seth Jansen. Il milionario che aveva guadagnato una fortuna inventando alcuni dispositivi indispensabili per la sicurezza negli aeroporti, che aiutavano a combattere possibili attacchi terroristici al momento del decollo e dell’atterraggio. Ammirava il suo spirito imprenditoriale.
Averlo come cliente sarebbe stato un bel colpo. Quel primo servizio di pulizia a un suo aereo doveva assolutamente procedere senza intoppi.
I piccoli si agitarono per qualche secondo, poi entrambi tornarono ad addormentarsi. Il braccino della bimba era posato su un biglietto, pinzato al suo vestitino.
Strizzando gli occhi, Alexa si abbassò e lesse.
Seth,
dici sempre di voler passare più tempo con i gemelli, questa è la tua occasione. Scusa per il breve preavviso, ma un amico mi ha fatto una sorpresa, regalandomi un soggiorno di due settimane alla beauty farm. Divertiti con Olivia e Owen!
Baci e abbracci
Pippa
Pippa?
Alexa si raddrizzò, inorridita. Non poteva essere vero!
Pippa Jansen o, per meglio dire, la ex signora Jansen, aveva scaricato i bambini sul jet del loro padre. Incredibile. Strinse i pugni nelle tasche dei pantaloni blu scuro della divisa, abbinati a una polo con il logo dell’impresa di pulizie.
E chi poteva mai pensare di firmare un biglietto del genere con baci e abbracci? Si lasciò cadere sulla poltrona accanto al baby equipaggio. Ma la domanda del giorno era: chi poteva avere il coraggio di lasciare dei bambini incustoditi su un aeroplano?
Genitori orribili, ecco chi.
Dei vigliacchi ricchi e viziati che giocavano secondo le loro regole, una triste realtà che conosceva fin troppo bene perché era cresciuta in quel mondo. Troppo spesso le avevano ripetuto quanto era stata fortunata da bambina – fortunata ad avere una tata che passava con lei più tempo dei suoi genitori.
La cosa migliore che le era accaduta? Suo padre aveva mandato in bancarotta la catena di negozi sportivi di famiglia, che una volta valeva una fortuna e ora più niente. Ad Alexa era rimasto il fondo fiduciario lasciatole dalla nonna, pari a circa duemila dollari.
Aveva utilizzato i soldi per rilevare un’impresa di pulizie che stava per fallire, perché l’anziana proprietaria non era più in grado di gestire da sola il carico di lavoro. Bethany – la sua nuova socia – apprezzava l’energia di Alexa ed era felice perché l’A-1 Aircraft aveva una nuova opportunità di restare in affari. Usando i contatti della sua famiglia, Alexa aveva dato linfa vitale al business in difficoltà. Il suo ex marito, Travis, era rimasto sconvolto dalla sua nuova occupazione e si era offerto di contribuire economicamente perché non dovesse lavorare.
Ma lei avrebbe preferito pulire i bagni di un autogrill.
E il bagno di quel jet, il Gulfstream III, era particolarmente importante per lei. Doveva accaparrarsi il contratto con la Jansen Jet e forse il lavoro di quel giorno avrebbe impressionato abbastanza Seth da concludere l’affare. Le serviva quel contratto, soprattutto data la situazione economica del momento. Se fosse fallita, avrebbe potuto perdere tutto. Quasi non era riuscita a credere alla sua fortuna quando un’altra impresa di pulizie le aveva chiesto aiuto per occuparsi di uno dei jet Jansen.
Ora che aveva trovato quei due bambini, era rovinata. Raccolse in una mano dei granelli di sabbia dal sedile, osservò le impronte di dita sui finestrini. Ma non poteva semplicemente ripulire, rifornire il frigobar e fingere che i bambini non ci fossero. Doveva contattare la sicurezza dell’aeroporto, il che avrebbe messo nei guai l’ex moglie di Jansen, e forse anche lui. L’aereo non sarebbe stato riordinato. E lei non sarebbe mai stata presa in considerazione per il contratto.
La frustrazione e una forte dose di rabbia la assalirono. Al diavolo le pulizie, al diavolo il contratto che avrebbe definitivamente tolto dai guai la sua società. Doveva contattare il padre dei gemelli il più in fretta possibile.
Alexa afferrò il cellulare e scorse la rubrica alla ricerca del numero della Jansen Jet. Da un mese cercava di parlare con quell’uomo ma non era mai riuscita a superare la sua segretaria, che aveva acconsentito a consegnargli il piano di lavoro formulato da Alexa.
Lanciò un’occhiata ai bambini addormentati. Forse, dopo tutto, da quel caos poteva uscirne qualcosa di buono. Avrebbe avuto finalmente la possibilità di parlare con il grande capo, anche se non come aveva programmato.
Il telefono smise di squillare e qualcuno rispose.
«Jansen Jet, attenda prego» Appena la voce femminile con accento del sud rispose, la linea fu invasa da una musichetta impersonale.
Un lamento da uno dei seggiolini attirò l’attenzione di Alexa. Alzò gli occhi in fretta e vide Olivia agitarsi, scalciando via la copertina di Winnie the Pooh. La bambina sputò il ciuccio e piagnucolò, sempre più forte, fino a svegliare il fratello, che non gradì affatto.
Due occhi blu pervinca la fissavano e quelli di Owen si stavano riempiendo di lacrime.
Reggendo il telefono con il mento, Alexa sollevò la borsa di Burberry dal pavimento.
«Ciao, piccolini» disse, con un tono che sperava suonasse conciliante. Aveva passato così poco tempo con dei bambini che poteva solo sperare di comportarsi nel modo giusto. «Lo so, lo so, tesorini. Sono un’estranea. Ma sono tutto quello che avete, al momento.»
Che situazione assurda. Provò un nuovo moto di rabbia per quella Pippa che aveva lasciato lì i suoi figli come se fossero dei bagagli. Quando pensava che li avrebbe trovati il padre?
«Tu devi essere Olivia» disse, facendo il solletico al piedino nudo della bimba.
Olivia rise e Alexa le tolse dalla bocca il calzino di pizzo. Olivia sporse il labbro inferiore, pronta a scoppiare a piangere, ma Alexa estrasse dalla borsa un anello in gomma e lo diede alla bambina da morsicare.
«E tu devi essere Owen.» Pizzicò la sua scarpina blu. «Nessuna idea di dove sia il tuo papà? O quando arriverà?»
Le era stato detto che aveva mezz’ora di tempo per sistemare l’interno del jet e doveva essere fuori prima dell’arrivo del signor Jansen. Per quanto desiderasse incontrarlo, era considerato poco professionale per gli addetti alle pulizie farsi trovare ancora sul posto. Si era aspettata che il suo operato e un biglietto da visita lasciato sul carrello delle bevande parlassero per lei.
Quello almeno era il suo piano.
Raccolse una coperta dal pavimento, la piegò con cura e l’appoggiò sul sedile. Accarezzò i riccioli di Owen. Calmandosi, lui ricambiò il suo sguardo, proprio mentre dal telefono risuonavano le note di Sweet Caroline, la quarta canzone di fila. A quanto pareva era stata relegata nel limbo dell’attenda in linea.
E quando i bambini avrebbero iniziato ad avere fame? Cercò delle provviste nella borsa. Forse sarebbe stata fortunata e avrebbe trovato anche qualche numero di telefono per le emergenze.
Un rumore di passi sulla scaletta esterna attirò la sua attenzione. Lasciò cadere la borsa e si girò rapidamente, proprio mentre un uomo varcava la soglia. Un uomo alto e dalle spalle larghe.
Era in controluce, il viso oscurato da ombre misteriose.
Alexa si posizionò istintivamente davanti ai bambini, con un gesto protettivo. «Buon pomeriggio. Cosa posso fare per lei?»
In silenzio lui continuò ad avanzare, finché la luce gli illuminò il viso e lei lo riconobbe dalle ricerche fatte in internet. Seth Jansen, fondatore e amministratore delegato della Jansen Jet.
Il sollievo le fece tremare le ginocchia. Il suo arrivo le risparmiava una decisone difficile. E, wow, quell’uomo sì che sapeva come fare un’entrata a effetto.
Dalle foto sui giornali sapeva che era un tipo attraente, con un fascino che ricordava i fusti da spiaggia di Abercrombie&Fitch. Ma nessuna delle immagini su Google riusciva a riprodurre l’incredibile charme che emanava di persona.
Alto circa un metro e novanta, riempiva l’abitacolo con la sua presenza muscolosa. Non era il classico impiegatuccio pallido. Il suo fisico ricordava più un taglialegna, in abito elegante. Costoso e di alta sartoria.
La cabina, prima spaziosa, ora sembrava stretta. Intima.
I capelli color sabbia, folti ma non arruffati, avevano delle striature bionde, ciocche schiarite naturalmente, tipiche di chi passa più tempo all’aria aperta che dal parrucchiere. Il corpo tonico e abbronzato contribuiva a darne testimonianza. Era avvolto da un profumo di aria fresca, così diverso dal noioso dopobarba di suo padre e del suo ex. Storse il naso al solo ricordo dell’odore nauseante di colonia e sigari.
Perfino gli occhi le ricordavano la natura. Erano del verde brillante che una volta aveva visto nelle acque attorno all’isola caraibica di Saint Maarten, un colore che ti fa venire voglia di tuffarti immediatamente in quelle profondità.
Doveva davvero riprendersi. Era quantomeno poco professionale comportarsi da divorziata affamata di sesso – cosa che tra l’altro era.
«Buon pomeriggio, signor Jansen. Sono Alexa Randall dell’impresa di pulizie A-1.»
Lui si sfilò la giacca di un grigio gessato, quasi certamente un Ermenegildo Zegna, un marchio famoso per il suo look asciutto. Molto costoso. Non c’era da stupirsi.
Invece il colletto della camicia aperto e il nodo della cravatta allentato la sorpresero. Gli conferivano l’aspetto di un nuotatore olimpico costretto in un abito sartoriale.
«Giusto.» Controllò l’orologio. «Sono in anticipo, lo so, ma devo partire subito, quindi se fosse possibile velocizzare le operazioni, lo apprezzerei molto.»
Jansen proseguì senza esitare nemmeno un attimo, mentre superava i due bambini senza notarli. I suoi bambini.
Lei si schiarì la voce. «Ha un equipaggio, che la sta aspettando, pronto a darle il benvenuto.»
«Penso che si sbagli.» Sistemò la valigetta. «Oggi volo da solo.»
Alexa gli passò la lettera di Pippa. «A quanto pare, signor Jansen, il piano di volo è cambiato.»
Seth Jansen si fermò di colpo. Si voltò a guardare Alexa Randall, la proprietaria della nuova piccola impresa di pulizie che stava cercando di attirare la sua attenzione da circa un mese. Sapeva chi era quella bionda mozzafiato. Ma non aveva tempo di ascoltarla mentre gli esponeva un progetto che sarebbe comunque stato respinto.
Anche se, come professionista, apprezzava la perseveranza, non gli piacevano gli espedienti per attirare l’attenzione. «Andiamo dritti al punto, per favore.»
Aveva meno di venti minuti per decollare da Charleston, nel