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Sapori d'oriente: Harmony Bianca
Sapori d'oriente: Harmony Bianca
Sapori d'oriente: Harmony Bianca
Ebook154 pages2 hours

Sapori d'oriente: Harmony Bianca

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About this ebook

La dottoressa Alexandra Conroy ha sempre dato il massimo per i propri pazienti. Ma quando per curare la madre dello sceicco si ritrova nel bel mezzo del deserto, ospite della famiglia reale, si chiede se non si sia lasciata prendere la mano... Anche perché lo sceicco in questione, Azzam Ghalid bin Sadiq, è un uomo che difficilmente passa inosservato.



L'attrazione che subito scorre tra loro esplode in una romantica notte stellata, quando Azzam propone ad Alex un matrimonio temporaneo, finalizzato a salvare le apparenze. Ma Alexandra è decisa a non accontentarsi delle briciole, e sa che l'unico modo per non soffrire è lasciare l'unico uomo che abbia mai amato.
LanguageItaliano
Release dateSep 8, 2017
ISBN9788858972557
Sapori d'oriente: Harmony Bianca
Author

Meredith Webber

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Sapori d'oriente - Meredith Webber

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Sheikh, Children’s Doctor...Husband

    Harlequin Mills & Boon Medical Romance

    © 2011 Meredith Webber

    Traduzione di Monica D’Alessandro

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-255-7

    1

    L’avrebbe fatta chiamare.

    No, sarebbe andato lui di persona.

    Forse avrebbe dovuto occuparsi qualcun altro di faccende del genere? Non era fra i compiti dei sovrani del suo paese controllare le donne che si introducevano all’interno della famiglia reale.

    Suo padre, di certo, non aveva cercato di indagare su Clarice.

    Forse, se lo avesse fatto, le cose sarebbero andate diversamente...

    Sua Altezza Reale lo sceicco Azzam Ghalid bin Sadiq, di recente divenuto sovrano di Al Janeen, sospirò e si prese la testa tra le mani, mentre un turbine di pensieri gli affollava la mente.

    Come se suo padre avesse potuto fare qualcosa per impedire il matrimonio del fratello gemello. Bahir si era innamorato di Clarice nel momento in cui i suoi occhi si erano posati su di lei, e non si era accorto che Azzam aveva già perso la testa e il cuore per quella bellissima donna. Ma era stata la velocità con cui Clarice aveva trasferito le sue attenzioni da lui a Bahir a sconvolgere tanto Azzam. Inoltre, il comportamento della cognata da allora in poi e la sofferenza che aveva causato a suo fratello avevano fatto in modo che Azzam nutrisse una profonda sfiducia nei confronti delle donne.

    Questo è un terribile pregiudizio, gli suggeriva la parte razionale del suo cervello. Giudichi tutte le donne sulla base di una sola, assolutamente inaccettabile!

    Tuttavia, nel profondo, sapeva che la ferita infertagli da Clarice non si era mai rimarginata, il suo tradimento lo aveva fatto soffrire molto, portandolo a evitare il più delle volte la compagnia delle donne negli ultimi anni e a trovare conforto nel lavoro.

    A ogni modo, ciò non risolveva il problema della forestiera sconosciuta.

    L’avrebbe incontrata e se ne sarebbe occupato di persona.

    Uscì dall’ufficio, con la mente affollata di pensieri mentre entrava nel grande colonnato che circondava i giardini del cortile, dirigendosi a grandi passi verso il luogo preferito dalla madre per sedersi e rilassarsi.

    A grandi passi... ma riluttante.

    Aveva incontrato la madre quando era scesa dall’aereo al suo ritorno ad Al Janeen, ma in mezzo al gran numero di donne che erano sbarcate insieme a lei non aveva notato allora una straniera.

    Si era forse nascosta di proposito in mezzo alle altre?

    Azzam cercò di ignorare i campanelli d’allarme nella sua mente, ma le similitudini con l’arrivo di Clarice nel suo paese erano troppo evidenti per poterle ignorare. Se ripensava a quel periodo, era stato lui, e non la madre, che Clarice aveva accompagnato, lui cui la straniera aveva riservato tante attenzioni sull’aereo, convincendolo che avrebbe avuto bisogno di una massoterapista appena tolto il gesso alla gamba, che si era rotto durante un incidente sciistico.

    Non che avesse avuto molto bisogno di essere convinto. Azzam si era sentito subito attratto da quella bellezza dorata, dal primo momento in cui l’aveva vista. Si era innamorato di lei nell’arco di pochi giorni, fino a quando, non appena Clarice aveva incontrato Bahir e saputo che era lui l’erede al trono, Azzam non era stato scaricato come se niente fosse.

    Azzam non poteva essere sicuro che la cognata fosse responsabile della morte del fratello, benché sapesse che le sue continue e stravaganti richieste avevano oppresso Bahir. C’erano poi voci di liti e discussioni che circolavano tra il personale, in particolare la storia di un alterco molto acceso tra i due prima che Bahir si allontanasse in auto quel tragico giorno...

    Poteva essere tutto frutto di dicerie, ma Azzam doveva ammettere che di recente il fratello era stato evidentemente molto triste. E lui, Azzam, era stato troppo occupato con i suoi impegni, ovvero la realizzazione del nuovo ospedale pediatrico, per indagare a fondo sulla questione.

    Il dolore provocato da quella consapevolezza, l’aver trascurato suo fratello, il suo gemello, aveva fatto passare in secondo piano tutto il resto. Ma in ogni caso, avrebbe forse potuto fare qualcosa? Avrebbe potuto interferire nel matrimonio del fratello?

    Azzam sapeva che avrebbe dovuto smettere di rimuginare, che in questo modo non avrebbe risolto nulla. Era un comportamento da persona debole e senza spina dorsale, non aveva alcun senso andare avanti così!

    Doveva riprendere il controllo di sé e comportarsi in una maniera degna di un sovrano.

    Tanto per cominciare, doveva capire cosa voleva quella donna. Sua madre era molto vulnerabile in quel momento, e non voleva che qualcuno si approfittasse di lei per poi deluderla e causarle un dolore. Ciò era successo anche in passato.

    Azzam raddrizzò le spalle e procedette, a grandi passi, verso la zona un po’ in disparte in cui sua madre, ogni pomeriggio, si sedeva con le amiche e le conoscenti.

    Cosa stava facendo lì?

    Come aveva fatto a lasciarsi convincere a partire quasi senza preavviso per un paese straniero?

    Cosa ne sarebbe stato dei suoi impieghi?

    L’ospedale le aveva assicurato, quando Alex li aveva chiamati, che l’avrebbero ripresa a lavorare. I dottori disposti a fare i turni di notte al Pronto Soccorso erano sempre bene accetti. Ma per quanto tempo la clinica avrebbe conservato per lei il suo secondo lavoro? Aveva pensato che forse l’avrebbero pagata mentre era via, dato che tecnicamente Samarah era una loro paziente, ma aveva accantonato quell’idea quando il direttore l’aveva informata che, se si fosse assentata dal lavoro per riaccompagnare Samarah a casa, l’avrebbe fatto senza percepire stipendio.

    Stipendio di cui aveva un disperato bisogno. Ma quando Samarah aveva richiesto il suo aiuto, lei non aveva avuto il coraggio di dirle di no.

    Alex stava valutando la situazione per la centesima volta, mentre era sdraiata sul letto ricoperto dalle lenzuola di seta. Ma dato che non arrivavano risposte, diede un’occhiata in giro nella sontuosa stanza, cercando di imprimersi nella mente ogni dettaglio in modo da ricordare in futuro quella parte del sogno in cui si era ritrovata.

    Era in una stanza con pareti rosso scuro, ricoperte di tappeti di ottima fattura, forse arazzi, dai disegni raffinati e i colori degli smeraldi, dei rubini e degli zaffiri. Le ombre sul copriletto di seta sul quale era sdraiata provenivano dagli intarsi delle finestre, che sembravano scolpite nel marmo secondo disegni complicati come quelli degli arazzi sul muro. Altri tappeti si trovavano sul pavimento, così quando mise i piedi fuori dal letto sprofondarono in qualcosa di estremamente morbido. Sopra di lei, lenzuola di seta, come quelle su cui era sdraiata, erano appese in un punto centrale del soffitto, tanto che lei aveva l’impressione di trovarsi in una tenda di lusso.

    Il suo viaggio aveva assunto l’aspetto di un giro su un tappeto volante alla volta di un mondo incantato, dato che qua e là nella stanza c’erano grandi giare di ottone come quelle della storia di Alì Babà, e lampade come quelle di Aladino.

    È un’avventura, si disse.

    Divertiti, il lavoro può aspettare.

    Oh, quanto le sarebbe piaciuto crederci, rilassarsi e godersi l’emozione delle novità, vedere un po’ del mondo al di fuori di quella stanza, il deserto sconfinato, le grandi dune rosse, i colori e i profumi dei mercati e le rumorose vendite all’asta dei cammelli di cui Samarah le aveva parlato con tanto trasporto.

    Era impossibile, certo, Alex lo sapeva bene! Non avrebbe potuto mettere da parte la ragione per cui faceva due lavori, almeno, non per molto. Era già abbastanza grave che suo fratello avesse imbrogliato i suoi capi, ma come aveva fatto a essere così stupido da rivolgersi a degli strozzini? A delle persone che non avrebbero avuto nessuno scrupolo a minacciare sua moglie e la sua vulnerabile figlia?

    Alex sospirò, poi rivolse la sua attenzione a questioni pratiche, come andarsene da quel paese che ancora non aveva visto.

    A quanto pareva, Samarah aveva una nipote che faceva il dottore. Non appena fosse tornata da oltreoceano, Alex sarebbe stata libera di partire. Anche il figlio di Samarah, il re, era un medico, ma la donna si era mostrata irremovibile sul fatto che non spettasse a Sua Altezza prendersi cura di lei.

    E nel frattempo?

    Tanto per cominciare, si sarebbe alzata dal letto, avrebbe trovato il modo per uscire, magari lasciandosi alle spalle delle briciole di pane in modo da poter ritrovare in seguito la strada per ritornare indietro, e dare un’occhiata in giro. Dato che era arrivata quando era ancora buio, di mattina presto, l’unica cosa che era riuscita a vedere era l’enorme palazzo, che dava più l’idea di una città cinta da mura piuttosto che di una casa. Era stata condotta lungo corridoi illuminati da una fioca luce, aveva superato stanze in penombra, poi aveva aiutato Samarah a sistemarsi a letto, si era seduta accanto a lei finché non si era addormentata, quindi era andata dormire. Ora il giorno stava volgendo quasi al termine e Alex non aveva visto niente...

    «Prego, vieni.»

    La giovane donna che si era presa cura di Alex, sin da quando si era svegliata a metà pomeriggio, aspettava sulla soglia. «Samarah? Si sente di nuovo male?»

    Alex si precipitò giù dal letto mentre formulava quelle domande, si guardò in giro in cerca delle scarpe e poi si ricordò di averle lasciate davanti alla porta la notte precedente. Si sistemò all’indietro i capelli che erano sfuggiti dalla treccia e seguì la sua guida.

    «Samarah si trova lì, ma adesso è il principe che desidera vederti.»

    «Il principe

    «Sua Altezza Reale.»

    Era tutto molto confuso, così Alex continuò a camminare, fiduciosa del fatto che una conversazione con quell’illustre personaggio avrebbe chiarito tanti suoi dubbi, non ultimo quando sarebbe potuta tornare a casa.

    La cameriera la condusse fuori dal palazzo, all’interno di un colonnato coperto che metteva in comunicazione tutte le case che si trovavano attorno a un bellissimo cortile centrale, con sontuosi alberi, cespugli di rose fiorite e fontane con splendidi giochi d’acqua.

    Che posto meraviglioso e magico!

    «Vieni, vieni» la esortò la donna, mettendosi in fretta le scarpe e invitando Alex a fare lo stesso.

    Camminarono lungo il colonnato, oltrepassarono un’altra abitazione, e raggiunsero la fine del cortile rettangolare. Davanti a lei, Alex poté ammirare un gran numero di tappeti sul pavimento, con sopra grandi cuscini e divani bassi. Samarah si trovava lì, insieme ad alcune donne che erano state in Australia con lei, e il sentirle parlare a bassa voce attenuò l’ansia per l’incontro con Sua Altezza.

    Ma al suo arrivo, le donne si allontanarono, dirigendosi verso il cortile, e con loro Samarah, cosicché solo un uomo con una lunga veste bianca rimase sul divano di velluto rosso.

    Azzam guardò la donna pallida e stanca che gli si presentò davanti. I colori della sua bellezza non erano quelli vividi delle sfumature dell’oro, ma diafani ed eterei come l’argento. Era esile e magra, e sul suo viso spiccavano due grandi occhi grigi.

    Fu la tensione che lesse sul volto di lei, la stessa che sapeva essere visibile anche sul proprio, che lo indusse a fare una pausa prima di parlare? Oppure aveva un debole, una predilezione per le bionde, che offuscava la sua capacità di giudizio?

    «Mi chiamo Azzam» esordì lui, alzandosi e porgendole la mano. «Mia madre mi ha detto che sei stata molto premurosa con lei e volevo

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