Desiderio in posa: Harmony Destiny
By Emilie Rose
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About this ebook
Ognuno nasconde un piccolo segreto, ma quello di Phoebe Lancaster potrebbe rovinarle l'esistenza. Se le fotografie di lei con il suo ex fidanzato del college, Carter Jones, venissero alla luce, potrebbe essere la fine della carriera politica di suo nonno. Ecco perché lei è disposta a tutto pur di sistemare la situazione, anche a rivedere di nuovo Carter.
... una fredda rivincita.
Lui non ha mai dimenticato Phoebe né il fatto che, su pressione della sua famiglia, abbia deciso di troncare la loro "inadatta" relazione. Ora Carter ha la possibilità di riscattarsi utilizzando un sistema poco ortodosso. Se lei vuole gli scatti scandalosi deve accettare le sue condizioni!
Emilie Rose
Confessa che il suo amore per i romanzi rosa risale a quando aveva dodici anni e sorprendeva sua madre a nasconderli ogni volta che lei entrava nella stanza.
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Book preview
Desiderio in posa - Emilie Rose
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Scandalous Passion
Silhouette Desire
© 2005 Emilie Rose Cunningham
Traduzione di Maria Latorre
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-250-4
1
Sbarazzati degli scheletri nell’armadio prima che tuo nonno si candidi alle presidenziali o prima che li scopra la stampa.
Phoebe Lancaster Drew si passò le mani sul tailleur blu, il migliore che possedeva, e si avviò lungo il marciapiede. Le parole del responsabile della campagna elettorale del nonno le risuonavano ancora nelle orecchie.
Era patetico che i soli scheletri nel suo armadio fossero alcune fotografie piccanti scattate dodici anni prima. Fatta eccezione per quei nove mesi esaltanti, si era comportata per tutta la vita come una perfetta gentildonna del Sud, dedicando tutto il suo tempo alla famiglia, alle cause degne e, negli ultimi anni, alla carriera. Eppure quei mesi...
Il cuore le fece un balzo nel petto alla vista dell’elegante villa di mattoni. Era certa che l’associazione di ex studenti universitari le avesse fornito l’indirizzo esatto? Non c’era motivo affinché un uomo solo scegliesse una casa con un giardino tanto immenso in un quartiere così tranquillo. A meno che, naturalmente, l’uomo in questione non si fosse sposato e non avesse avuto dei figli.
Trasse un sospiro per darsi forza, quindi suonò il campanello.
Dei figli. Una volta lei e Carter Jones avevano progettato di costruirsi una famiglia, di avere dei figli insieme.
Raddrizzò le spalle. Se Carter aveva trovato la donna capace di dargli la famiglia che aveva sempre desiderato, avrebbe gioito per lui. Eppure il tremito che le passò tra le spalle smentiva quei pensieri.
Dopo un minuto di attesa, suonò di nuovo il campanello e sbuffò spazientita. Aveva poco tempo per portare a termine il suo compito, ma anche se sapeva che presentarsi in visita in un tardo pomeriggio di maggio era rischioso, non si era azzardata a fare la sua strana richiesta al telefono né a farsi spedire le foto per posta nel timore che andassero perdute.
Il nonno aveva deciso di candidarsi alle presidenziali in quelle ultime settimane e la decisione avrebbe presto scatenato i segugi della stampa sulle tracce di chiunque fosse collegato al vecchio senatore della Carolina del Nord. Lei sarebbe diventata un bersaglio privilegiato, visto che dopo la morte della nonna era sempre stata la padrona di casa del nonno, e tutti si aspettavano che continuasse a gestire quel ruolo se lui fosse arrivato alla Casa Bianca.
Un tonfo in acqua attirò la sua attenzione. Che ci fosse una piscina alle spalle della casa?
Si avviò in quella direzione, passando oltre la porta spalancata di un garage, in cui scorse una Mustang decappottabile nera. Inarcò un sopracciglio, confusa. Quella macchina sportiva non si addiceva all’idea che aveva di Carter, l’appassionato di computer alto e allampanato, del quale era stata follemente innamorata al primo anno di università.
Il rampollo di una dinastia militare e la nipote di un senatore: non erano mai stati una coppia bene assortita, proprio come i suoi genitori. E come i suoi genitori, neppure il loro amore aveva avuto un lieto fine. I genitori avevano rinunciato a tutto per amore, lei inclusa, ed erano morti l’uno nelle braccia dell’altro mentre inseguivano i loro sogni.
Una piscina enorme copriva soltanto una piccola parte del giardino immenso. Un solo uomo nuotava nell’acqua. Phoebe ebbe un sussulto. Che fosse Carter?
Per un attimo si soffermò ad ammirare le braccia robuste e la schiena muscolosa del nuotatore, poi si accorse del tatuaggio che copriva un braccio all’altezza del bicipite possente. Si rilassò. No, quell’uomo non poteva essere Carter, ma forse avrebbe saputo dirle dove trovarlo.
Si avvicinò al bordo della piscina e si inginocchiò per attrarre l’attenzione del nuotatore, ma prima che potesse emettere un suono per chiamarlo, lui emerse dall’acqua e le afferrò una caviglia con le dita affusolate.
Sbigottita, lei emise un urlo e cadde a sedere per terra. Avrebbe voluto allontanarsi, ma lui la teneva serrata in una morsa ferrea.
Gli occhi azzurri come due zaffiri che la guardavano penetranti erano dolorosamente familiari, così come lo erano le labbra carnose e gli zigomi spigolosi. Ma quelle spalle larghe, quei bicipiti gonfi... quel tatuaggio!
Phoebe spalancò la bocca. Non poteva essere Carter Jones! Oppure sì?
«Carter?» Le parve di soffocare.
«Phoebe?» Lui sembrava altrettanto sorpreso.
Santo cielo, ma cosa gli era successo? Si era trasformato in un fusto! Phoebe scosse la testa. Aveva ormai i vestiti zuppi, essendo caduta in una pozzanghera. Oh, no, la gonna di seta ne avrebbe sofferto.
Cercò di alzarsi con quanta più grazia possibile, anche se risultò un’impresa titanica, visto che aveva le gambe cedevoli e lo stomaco alle caviglie. Sospirò di sollievo quando lui le lasciò andare la gamba, eppure continuò a sentirsi sulla pelle la traccia della sua presa robusta.
«Perché mi hai afferrata in quel modo?»
«Pensavo che fossi uno dei miei vicini. Sono famosi per gli scherzi di pessimo gusto.» Carter si issò fuori dall’acqua in un movimento sconvolgente di muscoli, tanto che lei dovette arretrare suo malgrado di qualche passo per non sentirsene intimidita.
Era stupefatta dai cambiamenti occorsi in lui negli ultimi anni. Era sempre stato alto, ma adesso era anche molto più largo di un tempo.
L’acqua gli scorreva a rivoletti sul collo e sul petto, scomparendo oltre l’elastico dei boxer da bagno, che gli scendevano pericolosamente sui fianchi. Anche le gambe, come tutto il resto, erano ben proporzionate. E, fatta eccezione per la serie di piccole cicatrici sul ginocchio sinistro, quell’uomo era un esemplare di perfezione.
Un’improvvisa ondata di calore le riempì le viscere e le salì alle guance. Phoebe chiuse la bocca e sostenne lo sguardo divertito di Carter.
«Io... io...» Oh, per l’amor del cielo. Lei giocava con le parole per lavoro, scriveva i discorsi del nonno, non poteva lasciarsi prendere dal panico proprio in quel momento!
«Finirai col farmi venire il complesso per quanto ero brutto, se continui a fissarmi in quel modo.»
Vergognandosi come una ladra, lei incominciò a balbettare. «Be’, ecco, sì, sen... senza dubbio hai... hai messo su un bel po’ di muscoli.»
Un’espressione seria gli fece serrare le labbra. «Succede spesso, nei Marine.»
«Nei Marine? Sei nei Marine?» Un tempo Carter non faceva che lamentarsi della vita da girovago che aveva condotto per seguire il padre in giro per il mondo nelle diverse basi militari. Aveva sempre sostenuto di non desiderare altro che mettere radici. Con lei.
«No, adesso non più» rispose lui. «Cosa posso fare per lei, signora Drew?»
«Lancaster Drew» lo corresse lei automaticamente. Carter parlava ancora con quel tono dolce che ricordava, ma adesso nella sua voce c’era un’inconfondibile nota di autorità e sicurezza.
«Già. Non dimentichiamo i tuoi legami con il venerato senatore Lancaster.» L’amarezza della sua voce era evidente.
«Io... io...» Phoebe non riusciva a pensare, con tutta quella massa di muscoli in mostra. E doveva smettere di fissarlo.
Individuò un asciugamano su una sedia lì accanto, lo prese e lo porse a Carter, che però non colse il silenzioso invito a coprirsi e lo adoperò soltanto per asciugarsi il viso. Una ciocca di capelli neri gli cadde sulla fronte e lei dovette trattenersi dal sistemargliela indietro con una carezza.
Sforzandosi di conservare almeno una briciola di compostezza, distolse lo sguardo e si soffermò a osservare il porticato della villa a due piani, ornato da innumerevoli vasi di fiori. Non c’erano dubbi, Carter doveva avere una moglie. Una morsa le afferrò lo stomaco.
Non portava la fede al dito, ma non significava niente. Molti uomini si toglievano la fede subito dopo le nozze. E poi la cosa non aveva nessun interesse, per lei. Non era per riallacciare i rapporti con lui, che era arrivata fin là.
Risoluta a portare a termine quell’incontro il più in fretta possibile, cercò di concentrarsi sul compito che l’aspettava. «Volevo parlarti del passato. Del nostro passato, in verità. E delle nostre... delle nostre fotografie.»
Lui strinse gli occhi. «Quali?»
Phoebe arrossì. «Sai bene di quali fotografie parlo. Quelle intime» si arrischiò ad aggiungere con un filo di voce.
Un sorriso lampeggiò negli occhi di Carter mentre si concedeva il lusso di esaminarla dalla testa ai piedi.
Phoebe si agitò. Lei non era migliorata affatto con l’età e buona parte dei cinque chili che aveva messo su si era fermata al di sotto della cintura.
«Ah! Quelle fotografie.»
Perché diavolo si sentiva come una bottiglia di champagne piena di bollicine? «Le conservi ancora?»
«Perché?»
Lei continuò a guardarlo, quindi fu travolta dai ricordi e si sentì morire. Quell’uomo aveva un corpo da urlo, eppure era il tatuaggio attorno al braccio ad attrarre la sua attenzione. «Deve averti fatto male» mormorò. Subito dopo provò il desiderio di tapparsi la bocca con una mano, ma ormai era troppo tardi. Insomma! Che fine aveva fatto il suo sangue freddo, il suo comportamento professionale politicamente corretto?
«Se mi ha fatto male, ero troppo sbronzo per accorgermene» obiettò lui. Altra amarezza.
Carter non era mai stato un assiduo bevitore, quando stavano insieme, ma a quell’epoca lei non era ancora autorizzata a bere legalmente. Aveva appena diciotto anni, quando si erano conosciuti. Lui ventuno.
«Hai ancora quelle fotografie?»
«Può darsi. Perché?»
Phoebe lo guardò esterrefatta. Che n’era stato del ragazzo di un tempo? Dell’amico, dell’amante, dell’unica persona con cui poteva parlare per ore? Tutto in lui si era fatto più rigido. Non soltanto il suo corpo, ma anche la sua voce, i suoi occhi.
«Vorrei riaverle.»
«Senti la mia mancanza?» Ricomparve il sorriso malizioso, insieme alla fossetta sulla guancia.
«E anche i negativi» continuò lei come se niente fosse. Le sarebbe venuto un infarto, se Carter non avesse smesso al più presto di sorridere in quella maniera. Quel lampo che gli brillava negli occhi un tempo significava che molto presto uno di loro, se non entrambi, sarebbe stato nudo. E una volta nudo...
Phoebe si lisciò la camicetta, cercando d’ignorare il desiderio improvviso che l’aveva assalita. Si comportava in modo vergognoso. Non riusciva neppure a riprendere fiato.
Di colpo ogni traccia di umorismo scomparve dagli occhi di Carter. «Conti di mostrare quelle foto in giro e di raccontare a tutti dell’epoca in cui andavi in giro per i bassifondi?»
L’imbarazzo la travolse. «Non andavo in giro per bassifondi, Carter. Comunque, mio nonno sta per annunciare la sua candidatura alle presidenziali e quelle foto potrebbero danneggiare la sua campagna elettorale, se finissero nelle mani sbagliate.»
«Dunque si tratta di nuovo della carriera di tuo nonno?» Il suo tono era gelido. Carter sembrava adirato.
Non aveva mai capito quanto lei dovesse ai nonni per averla accolta in casa dopo l’abbandono dei genitori, pur avendolo sperimentato sulla propria pelle quando le aveva chiesto di scegliere tra lui e loro, dodici anni prima.
«Si tratta anche della mia. Sono io che scrivo i discorsi di mio nonno. Vorrei distruggere quelle foto. Eravamo giovani, avventati e...»
«No.» Lui le passò accanto e si