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Una coppia da prima pagina: Harmony Destiny
Una coppia da prima pagina: Harmony Destiny
Una coppia da prima pagina: Harmony Destiny
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Una coppia da prima pagina: Harmony Destiny

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About this ebook

Benvenuti al 721 di Park Avenue, l'indirizzo più esclusivo della città. Ricchezza, potere, segreti e passioni abitano qui.



Appartamento: 12C

Inquilino: Trent Tanford, ha tutto tranne una fede al dito.

Scandalo: All'altare per interesse?



Trent Tanford, magnate dei media, ha una settimana di tempo per trovare moglie o perderà il suo impero. Di certo non può puntare su uno degli innumerevoli flirt che si concede, con ragazze appariscenti e superficiali. Forse però la salvezza abita accanto a lui e risponde al nome di Carrie Gray: seria, femminile, intelligente. Ma come farà Trent a chiederle di sposarlo se non le ha mai nemmeno rivolto la parola? Dovrà usare tutto il suo proverbiale fascino virile.
LanguageItaliano
Release dateJan 10, 2019
ISBN9788858992470
Una coppia da prima pagina: Harmony Destiny
Author

Laura Wright

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Una coppia da prima pagina - Laura Wright

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Front Page Engagement

    Silhouette Desire

    © 2008 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-247-0

    1

    ... Accredita un milione di dollari entro una settimana su un conto delle isole Cayman... altrimenti i passi falsi che hai commesso in passato diverranno di dominio pubblico.

    Seduto alla scrivania, Trent Tanford accartocciò la lettera e la lanciò nel cestino della carta straccia. Non era né in collera né preoccupato; voleva soltanto rimettersi al lavoro. Era abituato alle minacce. Ne aveva ricevute dal padre, da dipendenti dell’impero mediatico della famiglia, l’AMS, licenziati da poco e pertanto pieni di livore, da donne, ex amanti che non accettavano la fine di una relazione.

    Le minacce erano motivo di irritazione, sì. Ma lasciavano il segno?

    No.

    Il trentunenne magnate dei media sapeva chi era e che cosa voleva – negli affari e nella vita – e nessun fattore esterno poteva cambiare quel dato di fatto.

    Trent firmò una serie di contratti mentre, fuori dalle grandi vetrate alla sua sinistra, il sole spuntava all’orizzonte annunciando un’altra calda giornata di agosto e l’inizio dell’attività quotidiana nel palazzo adibito a uffici.

    «Buongiorno, signor Tanford.»

    Alle sette di mattina, la porta di Trent era aperta, come al solito. Lui salutò con un cenno del capo una delle sue nuove e giovani dirigenti, una rossa bella e brillante che si era laureata l’anno prima all’università di New York. Diede un’occhiata all’orologio sul suo monitor. «Sei e mezza. Niente male.»

    «Grazie, signore» replicò la rossa, con un sorriso professionale.

    Trent si rimise al lavoro. Era bella, ma lui non aveva mai intrecciato relazioni con le dipendenti della società, per non parlare del fatto che quella in particolare era troppo giovane. Anche se gli piacevano le rosse. In realtà, quella sera stessa aveva appuntamento con una rossa, altrettanto bella anche se non così brillante. Il che era perfetto. Trent arricciò il naso ricordando l’appuntamento della sera precedente. La donna aveva passato venti minuti a sostenere che Truman Capote non era uno scrittore, bensì un famoso giocatore di baseball.

    Trent sorrise. Amava le donne. Amava il modo in cui ridevano, come si muovevano, il loro profumo... ognuna così diversa dalle altre, eppure tutte così uguali nella loro convinzione di essere quella che l’avrebbe preso al laccio, quella che l’avrebbe reso così felice da fargli dimenticare la rigida regola alla quale si era attenuto negli ultimi dieci anni: quattro settimane al massimo, poi un taglio netto.

    Perché non riuscivano a capire che non si sarebbe mai fatto mettere in trappola? Aveva imparato a sue spese che, in quattro settimane, una donna poteva diventare più di un intermezzo casuale e, a quel punto della sua vita, era inaccettabile ricascarci.

    Non era un verme insensibile. Le avvertiva in anticipo del limite delle quattro settimane, e che non ci si doveva aspettare altro da lui. Non c’era niente di personale. Era soltanto una regola... e, forse, se l’avessero costretto ad ammetterlo, un modo per non rinunciare al suo dessert senza dover essere afflitto in seguito da un infernale mal di testa, che l’avrebbe distratto dal suo principale desiderio: diventare presidente dell’AMS quando suo padre fosse andato in pensione.

    Purtroppo, per sua sfortuna, il padre aveva un concetto diametralmente opposto delle relazioni. Secondo James Tanford, una moglie e dei figli contribuivano ad accrescere la rispettabilità di un uomo. E ne era così convinto che, dopo diversi tentativi falliti di persuadere il figlio a farsi una famiglia, aveva adottato un’altra tattica: gli inviava comunicazioni sull’argomento. Come quella che Trent teneva in mano, infilata – senza dubbio da uno dei fedeli tirapiedi del padre – sotto il suo computer, e con la quale lo avvertiva che stava riconsiderando la propria decisione di andare in pensione, almeno fino a quando il figlio non avesse accettato di mettersi una fede al dito.

    O un cappio al collo, rimuginò Trent con aria tetra, mandando la comunicazione del padre a raggiungere nel cestino un altro foglio accartocciato, quello in cui gli si chiedeva di accreditare un milione di dollari su un conto bancario alle isole Cayman se non voleva che particolari poco edificanti del suo passato diventassero di dominio pubblico.

    Una cosa che aveva tante probabilità di verificarsi quante ne aveva Trent Tanford, scapolo incallito, di sposarsi in un immediato futuro.

    Era l’ora del brunch domenicale nella Grande Mela. Un evento sacro per la maggior parte degli abitanti di Manhattan, che lavoravano sessanta ore alla settimana e lo sfruttavano per scaricare la tensione e iniziare tutto da capo il lunedì.

    Di solito, Carrie Gray festeggiava il brunch a base di paste, uova, tartine e, se era il caso, bevande alcoliche. Purtroppo, quella mattina la stanchezza le aveva impedito di organizzare un simile banchetto per le sue amiche. Diamine, aveva avuto appena il tempo di raccogliere in una coda di cavallo i lunghi capelli castani. Naturalmente, niente lenti a contatto ma un normale paio di occhiali.

    Dopo aver lavorato fino a tardi agli schizzi di un logo, nella speranza di ottenere un lavoro come disegnatrice grafica, era stata svegliata da un altro membro del Codazzo di Trent.

    Trent era Trent Tanford, l’inquilino alto, dai capelli neri e le fossette ai lati della bocca che occupava l’appartamento accanto: un uomo che riceveva donne di ogni genere e tipo a ogni ora della notte. Erano il suo Codazzo, termine inventato da Carrie e dalle sue due amiche, Amanda Crawford e Julia Prentice, così pazienti da ascoltarla quando si lamentava di quel seccatore del suo vicino.

    Il problema era che alcune delle amichette di Trent non avevano ancora imparato a leggere e confondevano l’appartamento di Carrie, il 12B – di proprietà dell’uomo d’affari e principe europeo Sebastian Stone, che lo affidava alle cure di Carrie durante le sue assenze – con il 12C, quello di Trent. E la notte prima, verso l’una, un’altra delle sventole del Codazzo, completa di capigliatura rossa e labbra carnose, aveva bussato alla sua porta.

    «Mi scuso di nuovo per le cibarie» disse Carrie alle sue due bionde amiche mentre si sedevano intorno al tavolo nel lussuoso appartamento di Sebastian Stone.

    Accavallando le lunghe gambe, Amanda la guardò con un lampo malizioso negli occhi. «Nessun problema. Caffè e ciambelle sono un classico.»

    Julia si toccò l’addome e aggiunse: «Queste con lo zucchero sono le preferite del mio bambino». Incinta di quattro mesi, Julia aveva occupato l’appartamento 9B di quello stesso stabile fino a quando, il mese prima, era andata ad abitare con il suo fidanzato, Max Rolland. Amanda, con la quale l’aveva diviso fino ad allora, adesso se lo godeva in solitudine.

    Rassicurata dalle parole delle amiche, Carrie le osservò mentre facevano sparire la prima ciambella in dieci secondi esatti, quindi attaccavano la seconda. Era buffo. Julia e Amanda non avrebbero potuto essere più diverse da lei. Tutte e due di famiglie aristocratiche, tutte e due laureate all’esclusiva università di Vassar, tutte e due sempre elegantissime e alla moda.

    Dall’altra parte c’era l’anonima e sciapa Carrie, con i suoi occhi verdi, una massa di capelli scuri, un seno generoso, fianchi rotondi dissimulati da un vestito hippie, di quelli tinti con il metodo batik. Carrie era soddisfatta del proprio aspetto e si piaceva così com’era. Julia e Amanda erano d’accordo con lei. A loro due non importava se non era un tipo chic, non aveva avuto un’educazione raffinata o era sempre al verde. Da lei volevano soltanto la sua amicizia.

    «Oltre a una quiche di pollo e insalata di crauti, avrei voluto preparare anche un rollè alla cannella» le informò Carrie mentre sorseggiavano il caffè. «Ma oggi il tempo di lievitazione dell’impasto e il mio non hanno coinciso.»

    «Non ti preoccupare, Carrie» la rassicurò Amanda. «Hai fatto le ore piccole? Avevi forse un appuntamento?»

    «No» rispose Carrie ridendo, come se fosse la più stupida delle domande. Poi s’interruppe e si chiese perché dovesse essere stupida, e da quanto tempo non usciva con qualcuno. Da un anno forse, da quando a sua madre avevano diagnosticato...

    Julia interruppe le sue riflessioni. «Fammi indovinare. Un’altra visita a notte fonda.»

    «Oh, no!» esclamò Amanda, rischiando di strozzarsi con la sua ciambella. «Un’altra delle donne di Trent?»

    «Sì» confermò Carrie.

    «Di nuovo la bionda?»

    «Una rossa.»

    Amanda si strinse nelle spalle. «Quanto meno, l’amico ama la varietà.»

    Julia, invece, non prendeva la questione sottogamba. Pur essendo di corporatura minuta, aveva il temperamento di una tigre che difende i propri cuccioli. «Carrie, questa è una follia. Devi affrontarlo.»

    «Lo so» rispose Carrie. Ne era convinta, soltanto che...

    «Avevi giurato che se un’altra

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