Gli Stanislaski: Natasha (eLit): eLit
By Nora Roberts
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About this ebook
Chiamarsi Stanislaski e appartenere a quella prestigiosa famiglia di origine russa è motivo di orgoglio ma comporta regole precise da rispettare.
Natasha, ex ballerina, ha deciso di non soffrire mai più per amore. Il suo temperamento focoso ha fatto fuggire più di un uomo e il suo cuore è ormai rinchiuso all'interno di una torre inespugnabile. Eppure dentro di sé nasconde un animo dolce e generoso che nessuno, finora, è riuscito a capire o svelare. L'orgoglio degli Stanislaski, infatti, permea ogni sua parola e comportamento, nella sua vita non c'è spazio per il desiderio. Finché non incontra Spence Kimball..
Nora Roberts
Nora si dedica alla professione con metodo e costanza. Tutte le mattine si siede alla scrivania intorno alle otto e prosegue senza distrazioni fino alle sedici e trenta. "Se interrompo il lavoro, ho sempre paura di perdere l'ispirazione" spiega. Con oltre cento milioni di copie dei suoi romanzi pubblicati in tutto il mondo, Nora Roberts può essere definita, senza esagerazioni, un vero fenomeno editoriale.
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Book preview
Gli Stanislaski - Nora Roberts
Immagine di copertina:
Elitsa Deykova / E+ / Getty Images
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Taming Natasha
Silhouette Special Edition
© 1990 Nora Roberts
Traduzione di Elisabetta Elefante
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 1994 HarperCollins Italia S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3051-479-9
1
«Ma perché gli uomini migliori sono tutti sposati?»
Natasha sistemò la bambolina di porcellana sulla minuscola sedia a dondolo della vetrina prima di girarsi verso la sua commessa. «Ti riferisci a qualcuno in particolare?»
«Al tipo fermo davanti alla porta, con quella moglie antipatica e quella bimbetta.» Annie sospirò. «Sembrano una di quelle famigliole perfette della pubblicità.»
«Allora magari entreranno a comprare il giocattolo perfetto.»
Natasha fece un passo indietro e osservò compiaciuta la serie di bambole in costumi vittoriani. Eleganti e di effetto, proprio come voleva che apparissero.
Quel negozio di giocattoli non era solo la sua attività: era la sua grande passione. Tutto quello che c’era lì dentro era stato scelto personalmente da lei, tra gli articoli migliori e più ricercati disponibili sul mercato. Solo il meglio, per la sua clientela. E la scelta era vastissima, dalla costosa bambola in pelliccia alla micromacchinina da due dollari, i suoi giovani clienti sapevano di poter entrare nella Fun House e di poterne uscire stringendo tra le manine il giocattolo che li avrebbe resi felici.
Nei tre anni da quando aveva aperto il negozio, Natasha si era fatta conoscere e benvolere nella piccola città universitaria del West Virginia per il suo amore per i bambini, e per la sua innata capacità di comprendere i loro desideri.
«Credo che vogliano entrare» osservò ancora Annie, che continuava a guardare in direzione dell’ingresso. «Che faccio, apro?»
«Mancano ancora cinque minuti all’orario di apertura.»
«Quali cinque minuti? Non possiamo lasciarci scappare quel fusto» insistette la commessa. «Sarà alto due metri e vedessi che spalle...» Finse di aiutarla a sistemare la vetrina, per poterlo sbirciare di sottecchi. «Ehi, ha appena sorriso alla bambina. Oddio, credo di essermi innamorata! Se solo riuscissi a vedere di che colore ha gli occhi...»
Natasha le rivolse uno sguardo divertito. «Va bene, ho capito» si arrese. «Va’ ad aprire.»
«Solo una bambola, d’accordo?» disse Spence, in direzione della bambina.
«Se dipendesse da te, le compreresti il negozio intero.»
Lui scoccò un’occhiata seccata alla donna. «Nina, non cominciare...»
«Sto solo dicendo che papà ti vizia un pochino, ma perché ti vuole troppo bene» riprese la ragazza, stavolta rivolta alla piccina. «Comunque ti meriti un regalo. Sei stata così brava durante il trasloco...»
«Mi piace la casa nuova» dichiarò Federica Kimball, e infilò la manina in quella di suo padre. «Ora ho un giardino e un’altalena tutta per me.»
«In altre parole, sono l’unica a non vedere nessun vantaggio in questo spostamento.» Nina carezzò i capelli della bambina. «Ma è che mi preoccupo per te, patatina. Per te e per tuo padre. Voglio che siate felici... Oh, stanno aprendo...»
«Buongiorno» li salutò allegramente Annie, dando una rapida controllatina agli occhi di Spence. Grigi. Di uno splendido grigio ardesia. «Serve qualcosa?»
«Mia figlia vorrebbe una bambola.»
«Allora siete venuti nel posto giusto.» Annie rivolse doverosamente la sua attenzione alla bambina. «Che tipo di bambola?»
«Una con i capelli rossi e gli occhi azzurri» rispose la bambina.
«Sono sicura che abbiamo quello che fa al caso tuo.» Le offrì una mano. «Vuoi venire con me?»
Mentre sua figlia si addentrava nel negozio con la commessa, Spence scosse il capo con impazienza.
Nina gli prese la mano e gliela strinse. «Spence...»
«Sono un illuso a pensare che non ricordi niente.»
«Solo perché vuole una bambola con i capelli rossi...»
«Con i capelli rossi e gli occhi azzurri. Come quelli di Angela. Si ricorda tutto, tutto quanto» asserì con forza.
Tre anni, pensò. Tanti ne erano passati. Freddie portava ancora i pannolini, allora, ma non aveva dimenticato sua madre. Sebbene Angela non fosse stata degna di essere definita una madre, per lei.
Lo sguardo gli scivolò su una piccola bambola di porcellana, dal vaporoso vestitino di tulle azzurro e gli enormi occhi chiari. Angela era così. Bella, di una bellezza eterea, e fredda come il giaccio.
L’aveva amata come si può amare un’opera d’arte, ammirando a distanza la perfezione della forma, e andando costantemente alla ricerca di qualcos’altro, oltre alle apparenze. Insieme avevano dato la vita a una creatura meravigliosa che, in qualche modo, aveva vissuto i primissimi anni della sua esistenza senza l’amore e il calore dei suoi genitori.
Ma ora Spence era deciso a rimediare. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di dare a Freddie tutto il suo affetto, la sicurezza, e qualsiasi cosa potesse renderla felice.
La sentì ridere, all’interno del negozio, e si sentì inondare da un senso di tenerezza. Non c’era musica più dolce della risata di sua figlia. Avrebbe potuto scriverci sopra un’intera sinfonia.
La lasciò scegliere la sua bambola in tutta libertà, e intanto si diede un’occhiata intorno.
Il negozio non era grande, ma gli scaffali che correvano da muro a muro erano stipati di tutto quanto un bambino potesse desiderare: una giraffa di peluche, un cagnolino dagli occhi dolci, trenini di legno, macchine, aeroplanini, una variopinta scatola a sorpresa. E bambole, dozzine e dozzine di bambole, di ogni dimensione e tipo.
L’effetto era straordinario: sembrava la grotta di Aladino, piena di tesori capaci di illuminare gli occhi di qualsiasi bambino.
Sollevò tra le mani un carillon di porcellana. Su una base rotante, c’era una splendida zingara con un vestito rosso, tintinnanti cerchi dorati alle orecchie e un tamburello in mano. Un pezzo davvero singolare, pensò. Non avrebbe trovato niente di simile nemmeno sulla Fifth Avenue, a New York.
Tirò la corda, e osservò la figurina che roteava. Chaikowsky. Il suo orecchio allenato riconobbe subito la musichetta del meccanismo interno. Poi sollevò lo sguardo e vide Natasha.
Sgranò gli occhi e la fissò. Non poté farne a meno. Aveva gli stessi capelli scuri della figurina di porcellana, lunghi fino alle spalle, e naturalmente mossi. La carnagione scura, quasi olivastra, era messa in risalto dal semplice abitino rosso che indossava.
Le osservò il viso, le labbra carnose, prive di rossetto, gli zigomi alti, e gli occhi scurissimi, frangiati di lunghe ciglia. La carica di sensualità che sprigionava era irresistibile. Spence la sentiva anche a diversi metri di distanza. Per la prima volta da anni, provò una violenta ondata di puro desiderio.
Natasha la percepì al volo e socchiuse gli occhi, risentita. Che razza di uomo era uno che entrava in un negozio con sua moglie e sua figlia e guardava con tanta sfrontatezza una perfetta estranea?
Lo raggiunse, ignorando il suo sguardo insistente. «Ha bisogno di aiuto?»
Di aiuto? Di ossigeno, piuttosto. Quella donna gli aveva letteralmente mozzato il respiro. «Chi... chi è lei?» chiese, balbettando.
«Natasha Stanislaski.» Gli rivolse il suo sorriso più glaciale. «Sono la proprietaria del negozio.»
La sua voce era molto musicale, notò Spence, e aveva un leggero accento slavo che la rendeva ancora più dolce, ed erotica.
Vedendo che lui non diceva nulla, Natasha continuò. «Sua figlia è indecisa fra tre bambole. Magari può aiutarla a scegliere...»
«Il suo accento... è russo, non è vero?»
«Sì.»
«Da quanto tempo vive negli Stati Uniti?»
«Da quando avevo sei anni, cioè press’a poco l’età di sua figlia.» Non si era accorto che sua moglie era ancora ferma all’ingresso, e sembrava seccata? «Se vuole scusarmi...»
Spence la trattenne per un braccio. «Mi scusi. Volevo chiederle di questo carillon.»
«È uno dei nostri pezzi migliori. Vuole comprarlo?»
«Non so. Ma pensavo che forse non dovrebbe tenerlo su quello scaffale, alla portata di tutti. Mi sembra un pezzo molto fragile, e potrebbe rompersi.»
Natasha glielo tolse di mano e lo ripose esattamente dov’era. «I bambini devono toccare quello che gli pare, e devono poter godere il piacere della musica.»
«Sono d’accordo.» Per la prima volta, un breve sorriso apparve sul viso di Spence. Un sorriso ammiccante, dal quale Natasha, suo malgrado, si sentì attratta. «Anzi, sono d’accordissimo. Vogliamo discuterne a cena?»
Natasha si irrigidì, sentendosi quasi insultata da quell’invito sfacciato. «No» disse decisa, e si girò.
«Signorina...»
«Papà, non è carina?» Freddie gli corse incontro e gli sventolò sotto il naso una bambola di pezza. Aveva i capelli rossi, ma non era affatto bella. E. soprattutto. non somigliava in niente ad Angela.
Spence finse di studiarla. «È la bambola più bella che abbia mai visto.»
«Posso averla?»
«Siamo qui per questo, no?»
Anche Nina volle dare un suo parere. «A me non sembra granché.»
«A papà piace...» disse mogia la