Il disprezzo del greco: Harmony Collezione
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About this ebook
Helen Bianchin
Helen è nata e cresciuta in Nuova Zelanda. Amante della lettura e dotata di grande fantasia, ha iniziato a scrivere storie sin dall'adolescenza. I passatempi di Helen spaziano fra il tennis, il ping-pong, lo judo e la lettura. Inoltre adora il cinema e conduce un'intensa vita sociale.
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Il disprezzo del greco - Helen Bianchin
successivo.
1
«Mi dia qualche minuto, poi la faccia entrare.»
Alexei terminò la sua telefonata, poi infilò il cellulare in tasca e rimase in silenzio a osservare il panorama dalla grande vetrata.
Dall'alto di quel grattacielo, sembrava una cartolina con il blu del mare che si stagliava contro la roccia scura, intervallata da edifici lussuosi.
Sydney.
Una città cosmopolita, dalla quale lui era scappato.
Una città dove si era ripromesso di tornare in circostanze ben diverse.
Ed era ciò che lui aveva fatto, grazie al suo piano.
Un piano accurato che teneva conto di ogni singolo dettaglio.
Cinque anni prima, in quello stesso ufficio, era stato denunciato e screditato da Roman Montgomery, il proprietario della Montgomery Electronics, che l'aveva accusato di avere una relazione segreta con Natalya, sua figlia.
Una ragazza cresciuta in mezzo ai privilegi, che aveva sempre condotto una vita lussuosa.
Intelligente, si era laureata con il massimo dei voti ed era entrata a lavorare alle dipendenze del padre.
Un trentenne americano di origini greche, un signor nessuno dalle umili origini, non poteva sognare di guadagnarsi un posto in quella vita.
Roman Montgomery gli aveva riso in faccia, quando Alexei aveva dichiarato di avere intenzioni serie, poi aveva compilato un assegno e aveva aggiunto che Natalya si era semplicemente concessa uno sfizio.
Il seguito era stato altrettanto drammatico. Le telefonate, le mail e i messaggi a Natalya non avevano ottenuto risposta e nel giro di poche ore tutti i suoi contatti erano stati cancellati.
Le guardie nel palazzo della ragazza avevano fatto sì che Alexei non potesse vederla e quando aveva tentato di forzare quel varco si era ritrovato oggetto di un ordine restrittivo, che lui aveva ovviamente ignorato.
Il risultato era stato la visita di due poliziotti a casa sua, che l'avevano arrestato.
La detenzione era stata fortunatamente breve.
Il desiderio di vendicarsi si era manifestato in una lunga seduta di allenamento in palestra durante la quale aveva preso a pugni il sacco, finché un allenatore lo aveva fermato.
«Hai intenzione di farlo a pezzi o di rovinarti una spalla?»
Aveva abbandonato i guantoni da pugile ed era uscito dalla palestra. «Meglio il sacco in palestra che la faccia di Roman Montgomery...» si era detto sottovoce mentre faceva la doccia.
Nel giro di pochi giorni Alexei aveva prenotato un volo per New York, aveva ricontattato sua madre vedova da anni, i suoi due fratelli a Washington e aveva cominciato a lavorare come un ossesso, deciso a fare qualunque cosa purché legale per gettare le fondamenta di un impero nel mondo dell'elettronica che gli permettesse di fronteggiare il suo rivale.
Lui ci era riuscito, aveva perfino superato le sue stesse attese e una nuova invenzione l'aveva fatto entrare nel cerchio ristretto dei multimilionari.
I cinque anni passati avevano permesso ad Alexei di concedersi molte cose. Proprietà in diversi stati del mondo, compreso un appartamento a Parigi, un vigneto in Italia, un appartamento a Washington e una villa a Santorini ereditata dal nonno paterno.
Le donne?
Ne aveva avute molte, per alcune provava ancora una sorta di affetto, seppure nessuna di loro avesse realmente conquistato il suo cuore.
L'assenza di scrupoli aveva concesso ad Alexei di ottenere infine il controllo della Montgomery Electronics.
Per cinque anni, mentre pianificava, negoziava, trattava, aveva avuto quell'unico obiettivo in mente.
Appropriarsi della Montgomery Electronics attraverso il braccio armato della sua ADE Conglomerate che operava in Australia.
Aveva investito parecchi soldi nell'impianto che aveva fatto costruire a Sydney e aveva anche rimodernato gli uffici in centro che un tempo erano stati della Montgomery Electronics.
I giornali non avevano parlato di altro per mesi, cercando di capire chi ci fosse dietro quell'operazione e la caduta rovinosa di Roman Montgomery.
Erano stati esaminati i profili dei dipendenti, erano state prese decisioni, decise nuove assunzioni, il tutto supervisionato da Marc Adamson, il legale di Alexei.
Fra i candidati all'assunzione c'era anche la figlia di Roman Montgomery, Natalya, e per Alexei si trattava di una decisione personale.
Molto personale, a dire il vero.
2
L'incontro con l'amministratore delegato della nuova compagnia sarebbe stato poco più di una formalità, si disse Natalya.
Aveva lasciato l'ufficio di Marc Adamson e aveva imboccato un ampio corridoio, dotato di alcove dove erano stati sistemati magnifici decori floreali.
Era evidente l'intervento di arredatori di alto livello, si notava dalle comode sedute in pelle ai quadri di artisti contemporanei che decoravano le pareti.
Un passo avanti rispetto allo stile vecchia scuola di suo padre.
Natalya sorrise involontariamente.
Nuovo proprietario, nuovo stile.
Provava un senso di soddisfazione all'idea che il proprietario della nuova compagnia le volesse offrire la posizione di assistente personale che avrebbe comportato uno stipendio decisamente ragguardevole.
Sarebbe stato interessante scoprire quanti dei dipendenti di suo padre erano stati assorbiti dalla nuova proprietà.
Nessuno aveva ancora scoperto il nome del proprietario, si parlava di un multimilionario americano.
Natalya se lo raffigurava come un sessantenne, discendente di una famiglia agiata. Di altezza media, magari sovrappeso e con i capelli diradati.
Fermamente convinta che la prima impressione fosse quella che contava, bussò alla porta di vetro pesante e opaco poi entrò.
Contro la parete a vetri sul fondo dello spazioso ufficio si stagliava la figura di un uomo sulla trentina, che indossava un paio di pantaloni grigi, una camicia bianca e una giacca di morbida lana.
Nulla a che vedere con l'immagine che si era fatta lei del nuovo amministratore delegato.
Un brivido improvviso la scosse e lei non si seppe spiegare quella reazione.
Alexei era in vantaggio e intendeva approfittarne, infatti si girò lentamente a guardare in volto la donna che per un certo periodo aveva fatto parte della sua vita.
Lui la fissò, in attesa di un cenno di riconoscimento.
Furono necessari solo pochi secondi e Alexei poté godere dello stupore nello sguardo di lei, che dischiuse la bocca incredula.
Alexei?
Lì?
Rimase per un attimo senza parole e cercò di lottare contro la sensazione di un pugno alla bocca dello stomaco.
Respira, si disse mentre era sovrastata da emozioni violente alle quali non riusciva a dare un nome.
Quante volte aveva tentato inutilmente di cancellare i ricordi del loro passato?
Troppe.
E le notti erano il momento peggiore.
Era allora che i ricordi la assalivano.
Il modo in cui lui le sorrideva, in cui le sfiorava il viso con un dito.
Le sue labbra morbide e carnose, il suo sguardo caldo e carico di promesse.
Erano trascorsi cinque anni e in lui non c'era più traccia di tutto ciò, al contrario, Alexei emanava un senso di freddezza e durezza che la fece rabbrividire.
Cosa si era aspettata... un incontro romantico?
Dopo cinque anni?
Era per caso impazzita?
Le domande le rimbalzavano in mente.
Prima fra tutte... Il motivo per il quale lui aveva comprato quella che un tempo era stata l'azienda di suo padre.
E poi... com'era possibile che Alexei Delandros avesse accumulato una simile ricchezza in soli cinque anni?
Lui aveva un accenno di barba, com'era di moda e i suoi lineamenti lasciavano trasparire una durezza che non ricordava nell'uomo di un tempo... quello che lei aveva amato.
Natalya lo fissava negli occhi, decisa a non abbassare lo sguardo.
Un atto di sfida o un misto di orgoglio e d'istinto di protezione? A dire il vero lei non sapeva darsi una risposta.
Alexei si concesse di esaminare attentamente il fisico di Natalya, la sua vita stretta, i fianchi eleganti avvolti in un abito di sartoria, completato da tacchi vertiginosi che enfatizzavano le sue belle gambe.
Un trucco attento metteva in risalto il suo bel viso, gli occhi scuri così espressivi e la bocca carnosa.
I capelli erano raccolti in un elegante chignon e lui sentiva il desiderio irrefrenabile di infilarvi le dita per scioglierlo.
Fredda, professionale, Alexei era quasi stregato dall'immagine di Natalya.
Non c'era più traccia della ragazza vivace che adorava divertirsi e che voleva godere della vita e di tutto quello che aveva da offrirle.
Quella bocca che un tempo si curvava così rapidamente in un sorriso... gli occhi brillanti...
Alexei aggrottò un sopracciglio con espressione cinica.
«Niente da dire, Natalya?»
Da dove voleva cominciare?, si chiese lei.
Decise di andare dritta al punto.
«Se questo è un gioco perverso, mi rifiuto di prendervi parte» rispose calma e controllata.
Lui si era aspettato quella reazione, visto che aveva volutamente tenuto nascosto il fatto di essere il nuovo proprietario dell'azienda.
«Preferisco parlare di strategia.»
La rabbia prese il posto della calma e del controllo e Natalya dovette lottare contro il desiderio di prenderlo a schiaffi.
«Cos'altro aspettarsi da un uomo come te?»
«Non hai idea di chi io sia ora.»
Era così diverso dall'Alexei che lei aveva conosciuto... e i ricordi che riaffiorarono di colpo le procurarono una forte reazione fisica, un brivido che la percorse da capo a piedi.
Cosa le stava succedendo?
Quasi avesse intuito i suoi pensieri, lui le indicò una poltrona di fronte alla sua scrivania.
«Prego, accomodati.»
Natalya lo fissò poi scosse la testa.
«Preferisco stare in piedi.»
Lui chinò la testa... e attese.
Un gesto che irritò ulteriormente Natalya.
«Il contratto che il tuo passacarte mi ha presentato non riporta la tua firma.»
«Passacarte?» ripeté lui ostentando stupore. «Marc Adamson è il consulente legale della ADE» disse, poi si appoggiò alla scrivania sporgendosi in avanti e scandì: «Alexei Delandros Electronics».
«Molto abile» lo accusò lei mentre prendeva il documento dalla borsa, lo strappava in due e gettava i pezzi sul pavimento. Voleva ferirlo, farlo soffrire come aveva sofferto lei quando lui era scomparso.
Aveva trascorsi dei giorni da incubo, notti senza fine a piangere e chiedersi come poter andare avanti.
Per diverse settimane Natalya si era chiesta disperata quale motivo l'avesse spinto a sparire senza una parola.
Una mattina si era svegliata in preda alla nausea ed era corsa in bagno.
Aveva dato la colpa alla cena mangiata controvoglia la sera precedente.
Il disturbo si era presentato nuovamente la mattina seguente e quella dopo ancora e alla fine lei aveva dovuto affrontare la realtà.
Era incinta.
Avevano sempre usato delle precauzioni, solo una sera si erano abbandonati alla passione.
Un rapido calcolo e tre test di gravidanza avevano fugato ogni dubbio.
Le immagini delle notti d'amore che avevano trascorso insieme a parlare dei piani per il futuro