Il milionario ha scelto me: Harmony Jolly
By Nikki Logan
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About this ebook
Ecco l'affare che aspettavo da sempre. Elliott Garvey ne è più che convinto; l'azienda dei Morgan è in continua crescita e lui ha intenzione di far loro un'offerta che non potranno rifiutare. Ora devo solo convincerli.
No, no e ancora no! Helena Morgan proprio non ci sta. Come si permette quell'uomo di venire alla loro tenuta e chiedere di vedere ogni parte della produzione? La sua famiglia sta bene così com'è, non ha bisogno di espandersi in altri paesi. Deve convincere suo padre a non accettare la proposta. L'unico ostacolo? Elliott Garvey è tutto ciò che una donna può desiderare e sembra avere le carte in regola per ottenere ciò che vuole.
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Book preview
Il milionario ha scelto me - Nikki Logan
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Awakened By His Touch
Harlequin Mills & Boon Romance
© 2014 Nikki Logan
Traduzione di Leonora Sioli
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3050-142-3
1
Elliott Garvey si accucciò sulle assi di legno scolorite della terrazza panoramica che si affacciava sul mare, come fosse stato uno stalker esperto, e guardò la donna che giocava con il suo cane nell’acqua cristallina dell’oceano.
Nonostante il belvedere e il lungo sentiero sabbioso che conduceva a esso fossero pubblici, il resto del terreno lì intorno faceva parte della proprietà dei Morgan, compresa la piccola spiaggia incastonata tra gli scogli, dove si trovava la signorina.
Mentre la osservava con attenzione Elliott si domandò se non si fosse accorta della sua presenza, o se lo stesse volutamente ignorando. Magari era una turista che sapeva che non avrebbe dovuto entrare in una proprietà privata, e per questo stava fingendo di non averlo visto. In effetti, a differenza della gente del posto che girava in costume da bagno, lei indossava un abito di cotone, arrotolato sulle gambe per potersi muovere liberamente, mentre danzava in acqua insieme al suo golden retriver.
Anzi, più che danzare, fluttuava, seguendo il ritmo lento e armonioso delle onde, quasi fosse stata guidata da una musica che nessun altro riusciva a sentire.
Guardandola, Elliott ebbe una specie di visione, di lui e sua madre in macchina, che andavano a fare una gita fuori città. Era stata l’unica gita che avevano fatto insieme. Lui aveva otto anni e sporgendosi dal finestrino aveva sognato di poter volare lontano, trasportato dal vento.
Come forse stava facendo quella donna. Anche se in realtà non c’era un alito di vento. Ma non importava perché sembrava che lei stesse vivendo in un mondo parallelo, in cui esistevano solo lei e il suo cane.
Fingendo di scattare una fotografia al paesaggio, Elliott usò lo zoom della macchina fotografica per vedere meglio quell’affascinante creatura.
I lunghi capelli biondi erano tutti bagnati, così come il vestito di cotone che disegnava le sue forme in maniera sensuale, più di quanto non avrebbe fatto un bikini.
Aveva la carnagione pallida, con tante lentiggini sulle guance, e uno splendido sorriso sulle labbra mentre teneva la testa inclinata all’indietro e lo sguardo rivolto verso il sole.
Come se all’improvviso si fosse reso conto che la stava spiando, Elliott abbassò la macchina fotografica e indietreggiò. Nel movimento, però, fece scricchiolare una tavola di legno, attirando lo sguardo vigile del cane della donna. Di colpo, infatti, l’animale smise di saltare nell’acqua e si avvicinò alla padrona con fare protettivo. Lei allora si chinò per accarezzarlo in maniera rassicurante, ma – fortunatamente per Elliott – non si voltò. A quel punto, non volendo essere colto in flagrante Elliott tornò verso la propria auto.
Strano, non c’erano altre macchine nel parcheggio.
Probabilmente quella signorina, oltre ad avere violato una proprietà privata, aveva parcheggiato in divieto di sosta.
Non era comunque una questione che lo riguardava, no? Era lì per convincere i Morgan a espandere la loro attività, non per vigilare sulla loro proprietà.
Era la sua grande occasione. Finalmente aveva la possibilità di dimostrare di essere un passo avanti rispetto a Tony Newton, e di aggiudicarsi il posto vacante nel consiglio d’amministrazione. Essere bravo nel proprio lavoro non sarebbe bastato questa volta. Doveva essere straordinario per poter ottenere quella posizione. Newton era troppo impegnato a vantarsi dei suoi successi per accorgersi di ciò che avevano sotto il naso: vale a dire che i Morgan erano molto di più di semplici apicoltori. Quella famiglia possedeva una miniera d’oro, che lo avrebbe portato dritto nel consiglio d’amministrazione della Ashmore Coolidge.
«Qual è precisamente il suo lavoro, signor Garvey?» gli domandò un’ora più tardi Ellen Morgan, studiando il suo biglietto da visita.
«Mi occupo di identificare i clienti con un certo potenziale e di aiutarli a realizzare questo potenziale» le spiegò Elliott con fare professionale.
«È uno strano tipo di lavoro» osservò Robert Morgan entrando in salotto con due tazze di caffè, per poi passarne una a Elliott.
«È un lavoro particolare» precisò Elliott. «Diciamo che io valuto le situazioni da un punto di vista diverso rispetto a quello dei miei colleghi.»
«E secondo lei noi abbiamo un potenziale irrealizzato, signor Garvey?» si incuriosì Ellen, con tono sospettoso. «Riteniamo di essere abbastanza innovativi nel nostro campo.»
«Mi chiami Elliott» reagì lui, sapendo che sarebbe stato inutile, visto che evidentemente non era entrato in sintonia con loro. «Voi siete decisamente innovativi. Controllate il mercato locale e siete al terzo posto a livello nazionale, ma potete fare molto di più.»
«Siamo apicoltori, signor Garvey. E di aziende come la nostra ne esistono una moltitudine. Non credo che ci sia spazio per noi all’estero.»
Era ovvio che i Morgan non si rendevano conto del valore della loro attività e della loro proprietà, che si trovava in una delle zone più belle dell’Australia.
«Il mio compito è di aiutarvi a trovare il vostro spazio» fece notare loro Elliott.
«Rubando il posto a qualcun altro?» domandò Ellen, corrugando la fronte.
«Essendo competitivi, in maniera onesta. E facendovi conoscere. Attirando l’attenzione.»
«Crede che l’enorme sole stampato sulle etichette dei nostri prodotti non attiri l’attenzione?» domandò una voce delicata, ma ironica, che proveniva dall’ingresso.
Come fosse stato ammaliato da quel suono dolce, Elliott si voltò nel momento stesso in cui Helena Morgan entrò nella stanza.
Figlia di Ellen e Robert, a detta di tutti Helena era la mente che aveva dato un grande impulso all’attività dei genitori negli ultimi dieci anni.
Elliott guardò il cane che era al suo fianco, e poi lei.
La donna della spiaggia...
Ovviamente.
In un millesimo di secondo Elliott si domandò che cosa sarebbe successo se Helena si fosse resa conto che lui poco prima l’aveva spiata, sulla spiaggia. Sarebbe stato spacciato.
Lei, però, non fece alcun commento al riguardo e non lo guardò nemmeno mentre attraversava il salotto per andare in cucina dove, facendo scorrere le dita affusolate lungo il bancone, prese la tazza di caffè che suo padre aveva lasciato lì.
«Non mi riferivo a quel tipo di attenzione» ribatté Elliott. «Bisogna trovare il modo di imporsi sul mercato.»
«Wilburn!» Ellen sgridò il cane, che le aveva avvicinato il muso tutto bagnato in cerca di una carezza. «Laney, per favore...»
La ragazza emise una specie di fischio e il cane allora lasciò in pace Ellen, e raggiunse Helena in cucina.
Laney.
Era un soprannome che le si addiceva, pensò Elliott. Femminile, delicato.
«I nostri clienti sanno perfettamente dove trovarci» gli fece notare Laney dalla cucina.
«E quelli nuovi?»
Lei si voltò verso di lui. «Non crede che ce la stiamo cavando molto bene con i clienti che già abbiamo?»
Il signor Morgan guardò la figlia, mentre la signora guardò lui, ed Elliott si rese conto che da quella conversazione dipendeva il suo futuro.
«I mercati cambiano di continuo» fece notare.
«E noi ci adegueremo. Ma non siamo mai stati avidi, signor Garvey, e non trovo ragione per cominciare a esserlo adesso.»
Il tono quasi sprezzante con cui lei pronunciò il suo nome gli diede la possibilità di cambiare argomento, per un attimo. «A proposito, non ci siamo ancora presentati» le fece notare quando lei tornò in salotto.
Aveva un’aria così regale. Quel portamento altero. Quello sguardo distante che non si posava mai su di lui. C’era qualcosa in lei che lo ipnotizzava.
«Ci scusi, signor Garvey» intervenne Robert, «lei è nostra figlia, Helena, nonché capo apicoltore. Laney, lui è Elliott Garvey, della Ashmore Coolidge.»
Lei allungò una mano verso di lui, ma non abbastanza perché Elliott la potesse stringere, costringendolo così ad avvicinarsi. Non c’erano dubbi, la signorina Morgan era una principessa in tutto e per tutto.
D’altro canto quella era la proprietà dei Morgan. Erano loro che comandavano. Per ora.
Non avendo alternative, Elliott fece due passi per colmare la distanza che li divideva, quasi fosse stato attirato come una calamita da quella ragazza che si atteggiava a regina e che sembrava una creatura divina tanto era perfetta. Ma forse era solo apparenza. Forse la sua pelle non era così vellutata come sembrava.
Invece lo era, scoprì Elliott stringendole la mano. La sua pelle era di velluto e quella mano così piccola avrebbe potuto tenere in pugno chiunque.
«Un promotore finanziario?» gli domandò lei.
«Non propriamente» precisò lui, con tono difensivo.
Solo allora, finalmente, Helena lo guardò, come se lui avesse appena pronunciato una specie di formula magica. E quando lei alzò il viso, Elliott pensò che non aveva mai visto degli occhi di un grigio così intenso. Erano di una bellezza ammaliante, e avevano la freschezza tipica di una persona che era cresciuta in mezzo alla natura.
Eppure...
Eppure avevano un’espressione vagamente assente, come se sua altezza non lo avesse giudicato abbastanza interessante da meritare tutta la sua attenzione.
Ma forse era solo una tattica per metterlo alla prova, immaginò Elliott. Una tattica molto efficace.
«Ho studiato la proposta che mi ha mandato via e-mail» affermò Laney, facendo un passo all’indietro e accarezzando il cane.
«E?»
«Ed \era molto... interessante.»
«Lei però non sembra molto interessata, giusto?»
Quando Laney sorrise, il volto le si illuminò e all’improvviso tornò a essere la ragazza della spiaggia, che ballava allegra sotto il sole. Il suo sorriso era generoso, intrigante. Sincero. Tuttavia era come se nascondesse qualcosa.
«Sembra terribile detto così» affermò lei.
«C’è un modo meno terribile per dire di no?»
«Sì. Ce ne sono molti.» Laney rise di gusto. «Ma evidentemente lei non è abituato a sentirsi dire di no.»
I Morgan si scambiarono uno sguardo stranito, ma lei non se ne rese conto.
«Vorrei capire qualcosa di più riguardo ai vostri nuovi processi produttivi» azzardò Elliott, sperando di farla ammorbidire un po’, visto che questi nuovi processi erano stati ideati proprio da lei. «E poi mi piacerebbe spiegarle meglio che cosa ho in mente.»
«Non abbiamo l’abitudine di far visitare la nostra proprietà agli estranei» reagì Laney.
«Non si accorgerà nemmeno della mia presenza. Sarò molto discreto.»
Lei corrugò la fronte.
«Inoltre tra non molto ci dovrà essere la verifica