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Lady di ghiaccio: Harmony History
Lady di ghiaccio: Harmony History
Lady di ghiaccio: Harmony History
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Lady di ghiaccio: Harmony History

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About this ebook

Inghilterra, 1813
Bellissima, intelligente e fiera, Cassandra Greenwood ha fama di essere algida e imperturbabile, tanto da meritarsi il soprannome di Lady di ghiaccio. Apparentemente irraggiungibile e per questo ancor più ricca di fascino, la giovane desta l'interesse di un famoso libertino, il capitano William Lampard, appena tornato dalla Spagna per prendere possesso dell'ingente eredità di famiglia. Certo del proprio successo, l'uomo è pronto a scommettere due dei suoi migliori cavalli che Miss Greenwood gli cadrà tra le braccia prima della fine della Stagione. Ma non ha fatto i conti con Cassandra, che conoscendo la sua reputazione di seduttore incallito non ha la minima intenzione di fidarsi di lui.
LanguageItaliano
Release dateJul 10, 2019
ISBN9788830501539
Lady di ghiaccio: Harmony History

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    Book preview

    Lady di ghiaccio - Helen Dickson

    Immagine di copertina:

    Bruno Faganello

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    A Scoundrel of Consequence

    Harlequin Mills & Boon Historical Romance

    © 2007 Helen Dickson

    Traduzione di Silvia Zucca

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-153-9

    1

    Galoppare a perdifiato lungo il sentiero deserto di Green Park, mentre il giorno nasceva all’orizzonte, era esaltante per William Lampard. Una brezza leggera spazzava via l’umidità del mattino e il parco rivelava i suoi colori vividi, mentre lame di luce bucavano le nuvole dai profili dorati. Per alcuni minuti William pensò di essere l’unica persona al mondo. C’erano solo lui e il suo cavallo, non esisteva più alcun dovere, alcun obbligo.

    Riducendo l’animale al trotto, lasciò il sentiero per immergersi tra gli alberi, pensando a quanto fosse bello essere tornato a Londra dopo tre anni di guerra in Spagna.

    All’improvviso, la serenità di quel mattino d’estate andò in frantumi.

    Ci fu uno sparo. Qualcosa lo colpì alla spalla con forza spaventosa e il mondo parve ondeggiargli davanti agli occhi, mentre cadeva dalla sella e si trovava disteso sul prato umido di brina.

    Cassandra si stava recando al lavoro prima del solito e stava attraversando il parco, quando udì lo sparo. Avendo visto cavallo e cavaliere immergersi di gran carriera nel bosco, ordinò subito a Clem di condurvi la carrozza per controllare. E, non appena vide l’uomo a terra, pensò subito che fosse stato ferito in un duello, visto che Green Park era conosciuto come scenario per tali appuntamenti. Gli fu accanto in un attimo, mentre il cocchiere la raggiungeva.

    Dopo aver controllato, Clem la rassicurò: «Non è morto, grazie a Dio».

    Quando William si riscosse dal torpore, trovò di fianco a sé una giovane avvolta in un mantello grigio, mentre un uomo tozzo e nerboruto cercava di calmare il suo cavallo. Sentiva la testa e la spalla pulsare all’impazzata.

    Cassandra si specchiò in un paio di occhi blu scuro e brillante, vibranti d’intensità come il mare in tempesta. «Vi hanno sparato» gli disse. «Ma la ferita non è grave.»

    William ricambiò a fatica il suo sorriso e cercò di alleviare i timori della giovane sollevandosi e trascinandosi verso il tronco di un albero. Si morse le labbra cercando di dissimulare il dolore, quindi chiuse gli occhi e appoggiò la testa all’indietro.

    Senza perdere tempo, lei gli tolse la giacca intrisa di sangue, gli slacciò la cravatta e gli aprì la camicia, con l’espressione impassibile di chi è abituato a esaminare ferite.

    «L’avete già fatto, a quanto pare» sussurrò William.

    «È vero, ma di solito i miei pazienti non sono feriti da proiettili e sono molto più giovani di voi.»

    Mentre lavorava, Cassandra notò gli eleganti abiti dell’uomo, che doveva essere un membro dell’alta società. Scivolando, aveva perso il cappello e i suoi capelli, lisci e scuri, gli ricadevano scompigliati sulla bella fronte e sul collo. Doveva avere all’incirca trent’anni, era piuttosto bello... e aveva un’aria malandrina. Il naso era dritto e la mascella squadrata. Aveva un paio di sopracciglia scure, leggermente arcuate, e una bocca sensuale.

    Tutto in lui era elegante e aristocratico ed esprimeva forza e potere.

    «Credo che sopravvivrete» gli annunciò Cassandra finendo di bendargli la spalla. «Non avete subito gravi danni, se non al vostro orgoglio, oserei dire. Quando imparerete a sistemare le vostre faccende in una maniera più civile, voi gentiluomini? Duellare non risolve niente.» Senza dargli la possibilità di ribattere, si alzò in piedi. «Vi porterò da un dottore che si occuperà di voi.»

    «Non ce n’è bisogno, grazie.»

    «Il proiettile è ancora dentro. Deve essere estratto affinché la ferita possa guarire bene.»

    William cercò di protestare, ma dalla bocca non gli uscì più che un lamento.

    «Non siete nella posizione di obiettare, Mr...»

    «Capitano. Capitano William Lampard» ringhiò lui con una certa difficoltà: il dolore lo lacerava.

    «Oh!»

    William si accorse dell’espressione stupita e vagamente disgustata con cui la giovane lo fissava. «Avete sentito parlare di me?»

    «Sì, il vostro nome mi è familiare, anche se vi conosco come Lord Lampard, Conte di Carlow.»

    E, sì, Cassandra aveva sentito proprio tutto a proposito del capitano Lampard, un arrogante gentiluomo che pensava di poter fare sempre ciò che voleva. Per anni, i pettegolezzi lo avevano legato a questa o quell’altra bellezza di Londra e i suoi scandali erano noti a tutti. Ogni qualvolta si trovava in licenza dai suoi obblighi militari, il suo nome arrivava sulla bocca di tutti, insieme a quello di giovani sconsiderate che gettavano al vento la loro reputazione per lui.

    Lo stesso si poteva dire del giovane cugino, Edward Lampard, che Cassandra aveva già deciso possedesse gli stessi tratti, visto che aveva tentato di compromettere la sua sorellina... e che questa lo avrebbe lasciato fare, se lei non fosse intervenuta!

    «Siete ritornato di recente dall’estero, mi pare.» Qualcosa nello sguardo di Cassandra s’indurì.

    «Dalla Spagna, sì.»

    «Ne avete avuto abbastanza di fare la guerra?»

    William trattenne un sorriso di fronte a quella ramanzina. «Più che abbastanza. Dalla vostra reazione, sospetto che la mia reputazione mi abbia preceduto. Lasciate che vi dica che sono tutti pettegolezzi.»

    «Se lo dite voi, capitano. Non sono affari miei.»

    «Mi trovereste molto inopportuno se vi chiedessi il vostro nome?»

    «Affatto. Sono Cassandra Greenwood.»

    «Miss Greenwood, inutile dirvi che mi fa molto piacere conoscervi.»

    Cassandra sollevò un sopracciglio, scettica, e gratificò l’uomo con un sorriso blando. «Ma certo. Ora venite con me. Vi porto dal dottor Brookes, che si occuperà di voi.»

    «Il dottor Brookes?»

    «È il medico del St. Bartholomew. Viene sempre ad aiutarmi, quando ne ho bisogno all’istituto. È proprio per incontrare lui che sono uscita così presto stamattina. Non temete, ho molta fiducia in lui. Vi sistemerà a dovere.»

    Osservando il tratto risoluto del mento della giovane e il luccichio di determinazione che le illuminava gli occhi, William non poté fare a meno di sorridere con aria divertita. «Non avete intenzione di desistere, vero?»

    «Infatti, capitano. Quando il dottor Brookes avrà finito con voi, Clem vi accompagnerà fino a Grosvenor Square.»

    William le scoccò un’occhiata interrogativa. «Sapete dove vivo?»

    «Oh, sì, capitano Lampard, so questo... e molto altro di voi» aggiunse lei sottovoce. «Ma non approfondiamo, per ora. Sarebbe sconsiderato da parte vostra rimettervi a cavallo. Potreste perdere conoscenza e cadere di nuovo.»

    «Non sia mai» ribatté lui.

    «Esatto. Dopo avervi aspettato tanto a lungo, non vorrete deludere l’intera popolazione femminile di Londra rompendovi l’osso del collo, vero? Andiamo. Fatemi vedere se riuscite a reggervi in piedi.» Avrebbe preferito rimetterlo a cavallo e rispedirlo da dove era venuto, ma non sarebbe stato giusto.

    Colpito dalla naturale efficienza della giovane donna e dal suo tono autoritario, William cercò di alzarsi, ma ricadde per il dolore.

    Senza dire una parola, Clem si caricò il ferito sulle spalle larghe e lo sistemò nell’abitacolo. Quindi, dopo aver assicurato il cavallo del capitano alla carrozza, si diresse verso Soho, dove si fermò davanti a un edificio dall’aria cupa, al crocevia di strade dove l’indigenza e la malattia sembravano andare a braccetto. Una successione di bimbetti malnutriti e cenciosi, dagli occhi enormi nei visetti scarni, gironzolava nei pressi dell’edificio. Di nuovo, Clem aiutò William a scendere. Cassandra fece loro strada e il ferito venne deposto su un lettino stretto, che era ovvio non fosse fatto per ospitare qualcuno alto come il capitano.

    William si sforzò di rimanere cosciente, ma vedeva solo vaghe forme muoversi attorno a sé.

    Voltando la testa da un lato, poi, riuscì a distinguere i lineamenti di un bambino, steso nel lettuccio accanto al suo. Non doveva avere più di sei, sette anni, ed emetteva gemiti sommessi, mentre le sue gambe smilze sbucavano da sotto il lenzuolo: entrambi i piedi erano fasciati. Il visetto era pallido, ingrigito, la pelle incrostata dalla fuliggine e le ginocchia graffiate.

    Distogliendo lo sguardo dalla vista pietosa del bimbo, William pensò che la stanza in cui si trovava doveva essere una specie di infermeria. Era piuttosto grande, con cinque cuccette e uno scarno mobilio. Era pulita e c’era un bacile di pietra accanto al quale una giovane con un grembiule bianco lavava degli strumenti. Un bel fuoco scoppiettava nel camino. Intorno a lui aleggiava l’aroma per niente disgustoso di stufato.

    Un bicchiere gli venne premuto contro le labbra. «Bevete» gli ordinò Miss Greenwood.

    Ancora, William obbedì, poi lasciò andare il capo sul cuscino. «Dove diavolo mi trovo?»

    «Vi prego di moderare il linguaggio» lo rimbrottò Cassandra. «Non ammetto parole oscene, qui dentro. Vi trovate nell’infermeria di un istituto per bambini indigenti.»

    William si morse le labbra per non sorridere. «Mi dispiace. Non intendevo mancarvi di rispetto.»

    «Va bene, ma tenete a freno la lingua, capitano Lampard, almeno quando ci sono dei bambini vicino a voi. Ah, ecco il dottor Brookes.» Cassandra lasciò spazio a un bell’uomo oltre la quarantina.

    «Buongiorno, capitano Lampard.» Il dottore procedette con la visita senza troppe cerimonie. «Non capita tutti i giorni di avere un ospite così illustre... e con una ferita da arma da fuoco.»

    Cassandra avvicinò un vassoio con dei balsami e lo depose sul tavolino accanto al lettino.

    Il dottor Brookes arricciò il naso di fronte alla ferita. «Mmh... Sarà meglio farla smettere di sanguinare. Non credo che la pallottola sia andata in profondità, ma dovrò comunque farvi un po’ male per estrarla. Siete pronto?»

    «Il capitano è appena tornato dalla guerra in Spagna» gli spiegò Cassandra. «Sono certa che ha dovuto sopportare di peggio.»

    «Miss Greenwood ha ragione, ho visto e sopportato molte cose terribili durante la guerra, ma questa è la prima volta che vengo ferito. Procedete pure, dottor Brookes.» William scoccò un’occhiata alla giovane accanto a lui. «Rimarrete a tenermi la mano, Miss Greenwood?» le chiese con un sorriso malizioso.

    «No» fu la risposta risoluta di Cassandra. «Rimarrò solo per assistere il dottor Brookes.»

    «Peccato. Dovrò fare appello a tutta la dignità che mi rimane, allora.»

    Cassandra non rispose, ma prese posto al fianco del dottore, mentre questi iniziava a lavorare.

    William strinse i denti quando il dolore gli si irradiò per la spalla.

    Grazie al cielo, fu questione di pochi minuti.

    «Ecco fatto» disse il dottor Brookes mostrando la pallottola al paziente. «La ferita è pulita, perciò dovrebbe guarire del tutto, sempre che osserviate uno stretto riposo per un po’ di tempo.»

    «Grazie del vostro aiuto. Sarete ricompensato.»

    Il dottore annuì e scoccò un’occhiata d’intesa alla giovane. «Una piccola donazione sarebbe molto apprezzata, vero, Cassandra? Prendete un po’ di laudano contro il dolore, capitano. Ora, se volete scusarmi, vi lascio nelle mani capaci di Miss Greenwood. Devo vedere altri pazienti.» Si piegò sul bambino del letto a fianco e gli posò una mano sulla fronte. Poi scosse la testa e si avviò alla porta. Si fermò sulla soglia. «Vostra madre è qui?»

    Cassandra abbassò un poco il capo per nascondere un sorriso. Da un po’ di tempo sospettava che il dottor Brookes si recasse all’istituto con tanta sollecitudine non solo per il suo buon cuore. «Arriverà verso mezzogiorno, credo.»

    Tornò dal capitano Lampard, per bendargli la ferita, e lo ammirò per aver sopportato con coraggio la proceduta dell’estrazione del proiettile.

    «Che cos’è successo al ragazzino?» le domandò lui. «Com’è che si trova in questo stato?»

    «Si chiama Archie. Sua madre lo ha venduto a uno spazzacamino per pochi scellini, poverino.»

    «E quanti anni ha?»

    «Sei. È difficile che bambini di quest’età sopravvivano facendo certi lavori. Molti muoiono per consunzione. Nessuno può capire le crudeltà cui sono sottoposti. Vengono tiranneggiati e picchiati dai loro padroni, si consumano i gomiti e le ginocchia arrampicandosi nei camini neri di fumo.»

    «E cos’è successo ai piedi di Archie?»

    «Sono bruciati, anche se non completamente, per fortuna.»

    La voce di Miss Greenwood non tradiva alcuna emozione, ma i suoi occhi brillarono di lacrime per qualche istante.

    «Non si lamenta mai, ma so che il dolore è costante. Voglio trovargli un posto dove andare, ma ci vorranno settimane prima che si riprenda del tutto. Una cosa è certa, non ritornerà dagli spazzacamini. Oh... temo che la vostra giacca sia rovinata, mi dispiace» disse poi, sistemandogli l’indumento sulla sponda del letto.

    «Non importa. Ne prenderò un’altra.»

    «Sì, suppongo che sarà così» ribatté lei, sforzandosi di distogliere lo sguardo dal petto muscoloso e abbronzato del suo paziente. Da quella distanza ravvicinata, sentiva il suo profumo di sapone al sandalo. Per fortuna, le storie scandalose che aveva sentito su di lui la fecero rinsavire all’istante. Sorrise tra sé e sé, pensando che prima fosse guarito prima avrebbe potuto rispedirlo per la sua strada.

    Quel sorriso ebbe l’effetto di togliere il fiato a William, il quale non aveva potuto fare a meno di sentirsi deliziato dal tocco esperto e delicato di quelle mani candide. Era davvero una creatura affascinante, anche con quell’abito severo addosso. La sua pelle profumata era morbida come seta e aveva le labbra rosate come corallo. I capelli erano color del miele e dell’oro, trattenuti in uno chignon dal quale sfuggiva qualche ciocca ribelle. Gli occhi erano verdazzurri, brillavano e sorridevano.

    «Siete sempre qui a lavorare, Miss Greenwood?» le domandò d’un tratto.

    «No, non sempre. Ho anche una vita al di fuori di queste mura.»

    «Mi fa piacere sentirlo. Sarebbe un crimine se passaste tutto il tempo in un posto grigio come questo. Pensavo che le giovani come voi avessero altri interessi e passatempi.»

    Le scoccò un’occhiata maliziosa, sollevando un poco le labbra in un sorriso che ammorbidiva il tratto della sua mascella e lo faceva diventare l’uomo più bello che Cassandra avesse mai visto.

    All’improvviso, la sua sicurezza virile la disorientò. Quella prossimità le fece scorrere più veloce il sangue nelle vene.

    E subito si sentì in collera con lui. Temeva che potesse leggerle in faccia ciò che pensava. «Avete ragione, capitano Lampard, ma qualsiasi altro posto non mi darebbe la medesima soddisfazione. Quello che faccio qui è più di un passatempo e mi piace. L’istituto è stato fondato da mio padre, con l’intento di aiutare i bambini bisognosi. Lui è morto tre anni fa. Come il dottor Brookes, era chirurgo al St. Bartholomew. Mia madre si dà da fare per continuare l’opera di mio padre e dedica molte ore all’istituto. Abbiamo anche dei volontari che aiutano per quanto possono. Non potremmo farcela senza di loro o i nostri benefattori. Sfamiamo i bambini, diamo loro di che vestirsi e provvediamo a loro se sono malati o feriti.»

    «Anche se alcuni di loro sono criminali, incivili e possono avere malattie infettive?» le domandò William, sollevandosi un poco dal materasso in modo da agevolarla mentre gli passava la benda intorno alla spalla.

    «Sì, e in effetti quello che avete descritto è proprio il tipo di bambino che viene da noi. Abbiamo il dovere di cercare di migliorare le loro vite. Il posto forse non è bello, ma sono tempi difficili. Comunque abbiamo dei progetti per migliorarlo. Vogliamo aprire anche un orfanotrofio.»

    «Riuscite a raccogliere molto denaro?»

    «Dipende. Cerco di conoscere gente che conta, così da poterla avvicinare per perorare la mia causa.» Cassandra sorrise notando la sua sorpresa. «Mi crederete una mercenaria, visto che vado in giro a chiedere soldi? Lo faccio per i bambini. Il denaro non significa niente per me, ma dovete ammettere che è una gran comodità, e pochi penny in più o in meno possono significare la vita o la morte di un bambino affamato.»

    «Forse, ma non sta bene che una giovane vada in giro a chiedere soldi. E può essere un gioco molto pericoloso.»

    «Niente è solo un gioco, capitano.» Ora lo sguardo di Miss Greenwood era serio e freddo. «La reazione di molta gente è quella di mettersi a ridere, non appena accenno alla faccenda; poi mi guarda con disgusto, quando capisce che sono assolutamente seria.»

    «Non credete che dovreste approfittare dei doni che il buon Dio vi ha dato ed

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