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Il desiderio di Miss Annie: Harmony History
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Il desiderio di Miss Annie: Harmony History

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About this ebook

Londra, 1815
Figlio di un crudele visconte, Barrett ha conosciuto sin da bambino il lato più duro della vita e per questo ha deciso di dedicarsi solo al potere e alle ricchezze. Quando il fratello Gavin scommette con lui che troverà almeno una donna in grado di fargli cambiare idea sull'amore, Barrett è sicuro di vincere. Ma nel momento in cui incontra Annie Carson, la giovane figlia di un commerciante, non riesce più a dimenticarla. Da quando è nata, Annie vive al riparo dal mondo e dalle tentazioni che offre, ma il bruciante desiderio di libertà che la tormenta le suggerisce che Barrett è l'uomo che può aiutarla a spezzare le catene che la tengono prigioniera. Chi meglio di lui, infatti, può assisterla nell'impresa di ritrovare la sorella fuggita in Scozia, preparandola ad affrontare quel lungo viaggio?
LanguageItaliano
Release dateJul 19, 2019
ISBN9788830500907
Il desiderio di Miss Annie: Harmony History

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    Il desiderio di Miss Annie - Liz Tyner

    successivo.

    1

    Era possibile innamorarsi di un'ombra? Di un sussurro roco, di una risata più morbida della seta?

    Quando Barrett colse un movimento nel corridoio, vide il braccialetto scivolare sul polso e udì il suono dell'innocenza, dimenticò di non aver creduto all'amore fino a quel momento.

    Rimase immobile, consapevole solo dei movimenti e dei suoni al di fuori del suo campo visivo.

    Un attimo dopo era sparita, lasciando solo un rumore di passi che si allontanavano.

    Barrett respirò a fondo, cercando di trattenere il momento e non lasciare che la voce monotona del padre di lei coprisse il ricordo della sua risata.

    Poi allontanò quei pensieri. L'amore era per chi non sapeva fare soldi e aveva bisogno di qualcosa a cui aggrapparsi. Ma Gavin continuava a dire che Annie gli avrebbe fatto cambiare idea sul matrimonio e sull'amore.

    Barrett aveva accettato la scommessa per liberare il fratello dall'obbligo che sentiva nei suoi confronti per aver sostenuto le spese dell'università, così Gavin aveva cominciato a prendersi cura del loro padre un giorno alla settimana e aveva insistito che Barrett trascorresse diversi giorni nella casa dei Carson prima di potersi dichiarare vincitore.

    «Allora ditemi, Carson...» Barrett forzò le labbra in una parvenza di sorriso e si avvicinò all'uomo più anziano. Conosceva il potere del suo sguardo e sapeva che la sua voce poteva avere più forza di un pugno. «Parlatemi di quest'impresa che avete avviato con i palloni volanti.»

    «Sarà il metodo di trasporto del futuro.» Carson esitò, spostandosi sulla poltrona e armeggiando con dita tremanti intorno al polsino di una manica, lo sguardo rivolto in basso. «Ma credo di avervi già detto tutto quello che so al riguardo.»

    «Sciocchezze.» Barrett si alzò. «Mi piacerebbe tornare domani e trascorrere qualche giorno con voi. Per parlare di affari, naturalmente. Le vostre parole mi aiutano a elaborare le mie decisioni. Avete una grande esperienza, Carson.» E tante idee campate in aria. Carson non capiva che doveva concentrarsi a modernizzare il suo negozio di candelabri, prima di buttarsi in una nuova avventura, tanto più una così avventata come quella dei palloni volanti.

    Carson si toccò la manica nel maldestro tentativo di lisciare una piega del tessuto. «Credete... credete davvero che sia necessario?»

    Oh, era più che necessario, da quando aveva sentito quella risata. Non era ancora sicuro che suo fratello dicesse la verità, ma apparentemente era così. Carson aveva una figlia che compariva poco in società e Gavin diceva che era più bella delle sorelle, cosa praticamente impossibile. Se suo fratello non avesse avuto uno strano barlume negli occhi, Barrett non avrebbe dedicato un secondo pensiero alle sue parole, ma la curiosità l'aveva stuzzicato e la scommessa aveva solo rinforzato la decisione.

    Quella risata risuonava ancora nella sua mente. In quell'istante si era reso conto di voler vedere la donna, Annie, e ascoltare di nuovo la sua voce.

    Fece un inchino. «Vi ringrazio di cuore per l'invito. Arriverò domani e spero che sette giorni non siano un tempo troppo breve per conoscerci meglio.»

    «Sette...» ripeté Carson con voce stridula.

    «Sono profondamente onorato.» Barrett si allontanò a un passo che comunicava forza e potere. «A domani, allora...» Si voltò. «A proposito... sono un po' in imbarazzo a chiedervelo, ma...» Si batté una mano sulla coscia. «Ho qualche difficoltà a salire le scale. Se aveste una stanza al primo piano, andrebbe benissimo. Magari esposta a est, per rallegrarmi lo spirito.»

    La stanza di Annie era al primo piano. Avrebbe visto il suo volto.

    Lasciando Carson ansimante, uscì in corridoio. Suo fratello non era lontano dalla porta e al suo occhiolino compiaciuto Barrett rispose solo con un rapido sguardo, prima di avviarsi verso le scale.

    «Mr. Barrett, avete un momento...?» La voce del fratello.

    Barrett non si fermò e Gavin lo seguì, adeguandosi al suo passo. All'ingresso, Barrett continuò a camminare, sperando che il fratello capisse l'antifona e, quando non lo fece, si fermò fuori per lasciare che lo raggiungesse.

    «Vai via.» Consapevole delle finestre che li circondavano, abbassò la voce. «Preferirei che nessuno sapesse che ci conosciamo.»

    «Sapevo che non avresti resistito alla sfida di vederla.» Quell'aria spavalda, così simile a quella del padre, irritò Barrett.

    «Ancora non ho visto il suo viso. Sono curioso. Procurami un incontro con lei. Voglio solo vedere com'è. Tutto qui.»

    «Le ultime parole di uno scapolo incallito.»

    «Le mie ultime parole sono: Vai via

    Gavin girò sui tacchi. «Buona giornata, Mr. Barrett. Vi raccomando di fare attenzione con quegli impiastri che vi ho consigliato.» Alzando la voce, aggiunse: «Vi faranno sicuramente bene, ma limitatevi a una sola applicazione. Altrimenti, prima che ve ne rendiate conto, vi troverete legato come un'oca pronta per essere cucinata».

    Gavin rientrò in casa. Barrett rilassò la mano che aveva stretto a pugno, chiedendosi perché mai avesse pensato che fosse bello avere un fratello.

    Vedendo la carrozza in attesa, fece cenno al conducente di rimanere seduto e aprì da solo la portiera per infilarsi all'interno.

    La prima volta che Gavin gli aveva parlato delle sorelle Carson era stato il timore reverenziale della sua voce a catturare l'attenzione di Barrett. Se non fosse stato per il braccialetto che le scivolava al polso, l'avrebbe dimenticata presto e avrebbe superato senza difficoltà i sette giorni della scommessa. Ma ora non poteva fare a meno di chiedersi che tipo di volto si abbinasse a quella risata argentina. Un suono purissimo, incontaminato.

    Di solito poteva deviare il corso dei suoi pensieri da qualsiasi direzione non voluta, ma non riusciva a togliersi dalla mente l'idea fissa di vedere di persona Annabelle Carson.

    Se solo fosse entrata nella stanza, avrebbe potuto vederla. Appoggiò il gomito alla parete della carrozza, sentendosi rattrappito in quell'angusto abitacolo, e ancora non riusciva ad allontanarla dalla mente.

    Agli eventi sociali ai quali partecipava, non si soffermava mai a guardare le giovani debuttanti accompagnate dagli chaperon. Il lavoro non si fermava solo perché il sole tramontava e attaccava la musica. Si stampava sul volto un mezzo sorriso con la stessa noncuranza con cui indossava la cravatta. Preferiva dedicare il suo tempo a costruire un impero che avere una bella donna al braccio. Le belle donne erano una debolezza degli uomini che avevano bisogno di sentirsi guardati con occhi adoranti per costruire un'immagine di se stessi.

    Barrett cercò di allontanare la donna dalla mente, concentrandosi sui rinnovamenti da fare al negozio di Carson per portarlo fuori dal secolo precedente.

    Quando la carrozza rallentò davanti a casa, aprì la portiera prima ancora che il veicolo si fosse fermato del tutto, per saltare giù e lasciare sbattere la portiera, sapendo che ci avrebbe pensato il conducente a chiuderla.

    Salì a due a due gli scalini fino alla sua stanza, dove gettò cappotto e cappello sulla sedia che usava per infilare gli stivali. Mentre finiva di spogliarsi, la risata della donna gli tornò alla mente. Si stiracchiò, con gli occhi chiusi e il capo all'indietro, stringendo le mani a pugno mentre riviveva ogni istante di quella breve visione.

    Un tonfo al piano di sopra lo rimise in azione. Afferrando la vestaglia, la indossò alla rinfusa e si precipitò a salire le scale fino alla stanza del padre.

    Anche al buio, non fu sorpreso di vedere una sagoma distesa sul pavimento. Chinandosi, afferrò con una mano la camicia del padre e con l'altra i pantaloni, sollevandolo quasi senza sforzo. Avviandosi verso il letto, inciampò quando posò il piede nudo su una bottiglia. Poi gettò il vecchio sul materasso.

    Senza voltarsi, riconobbe i passi alle sue spalle. «Summers... fate in modo di fargli fare il bagno, domani. E arieggiate questa stanza, se possibile.»

    «Sì, signore.» Summers si portò al suo fianco ed entrambi rimasero immobili qualche istante.

    Ripensando all'incidente del mattino, Barrett inclinò il capo in modo da guardare il servitore negli occhi. «La cameriera si è ripresa?»

    «Sì, sta bene. Ha preso solo uno spavento.»

    Summers, che conosceva solo due velocità – lento o veloce come un fulmine – era l'unico uomo che era quasi riuscito ad avere la meglio su Barrett in una zuffa tanto che questi aveva stentato a riprendersi.

    «Non possiamo più lasciarlo solo nemmeno un istante. Finirà per dare fuoco alla casa o aggredire uno dei domestici.» Barrett strinse distrattamente il pugno destro, seguendo la traccia delle cicatrici.

    «Dormiva quando l'ho lasciato con la cameriera» disse Summers con voce priva di emozione.

    «Oppure stava fingendo... In futuro, se dovete proprio lasciarlo solo, assicuratevi che ci siano almeno due persone con lui. Voi e io siamo gli unici due che possono restare soli in questa stanza. È più forte di quanto sembri. Lo è sempre stato.»

    «Ha cominciato a fare chiasso. Grida fuori dalla finestra. I vicini...»

    «Fate del vostro meglio. E non voltategli mai le spalle.» Barrett sentiva tutto il peso della sua decisione. La cosa più sensata da fare sarebbe stata ricoverare il padre in un istituto. E non sapeva perché non l'avesse ancora fatto. Non era che tenesse a lui in modo particolare.

    «Per ora, lasciatelo così e tenete alla larga le donne.» Fece una pausa. «Tornate a letto. Resterò con lui per il resto della notte, ma dubito che si muoverà. Farà dei bei sogni.» Per esempio di dar fuoco al pelo di un cane, come aveva già provato a fare. Barrett guardò la cicatrice che gli correva dal lato dell'indice al pollice, ricoprendo la nocca. Quelli che gli altri consideravano incubi, per suo padre erano racconti di fate.

    «Un brandy prima di ritirarvi, signore?» chiese Summers.

    Barrett scosse il capo e si passò una mano tra i capelli. «No, se può ridurmi in questo stato. Se una delle cameriere è ancora alzata, mandatemela con un tè.»

    Sentì che Summers se ne andava, poi si voltò, raddrizzò la poltrona sovraccarica di indumenti e sedette. Era stato quasi tentato di chiedere a Summers di soffocare suo padre con un cuscino. Non era sicuro che non avrebbe obbedito.

    I suoi pensieri tornarono alla risata innocente che aveva udito qualche ora prima. Suo fratello l'avrebbe preso in giro se avesse saputo che stava pensando alla donna. Aveva ragione: la figlia di Carson lo intrigava. Ma non aveva importanza.

    Chiuse gli occhi, posò il capo contro lo schienale della poltrona e immaginò un mondo pieno di quella risata soave.

    Annie alzò lo sguardo udendo bussare alla porta. «Avanti» disse, mettendo un segno al libro.

    Suo padre fece capolino. «Mia cara, avremo un ospite e tu dovrai spostarti al piano superiore.»

    Annie arricciò il naso. «La zia ha invitato degli amici?»

    «No, è un uomo con cui devo parlare di affari.»

    «Un solo visitatore? E io devo spostarmi?»

    La stanza rosa era vuota. In realtà, entrambe le stanze delle sorelle erano libere. Honour era in Scozia e Laura si era sposata.

    Il padre annuì. «Inoltre sei grande, adesso, e starai più comoda con un piano tutto per te.»

    «Devo proprio andare di sopra?» Annie, abbassò lo sguardo sul libro, senza vederlo, e guardò nuovamente il padre. «Siete sicuro?»

    «Sicurissimo.» Annuì, assottigliando le labbra. «Il nostro ospite è un uomo. Suo padre, il visconte, è malato e lui gestisce gli affari di famiglia. Voglio che tu non stia troppo in giro, almeno finché è qui. Dobbiamo discutere questioni importanti e non voglio che mi distragga.» Rilassando il viso, aggiunse: «Per favore, mia cara. Saremo molto impegnati. Il mio ospite pensa che i miglioramenti che ho pianificato per il negozio non siano adeguati».

    Annie rifletté, studiando il volto del padre. «È il figlio di un visconte?»

    «Sì, ma non è una persona importante.»

    «Non è importante?» ripeté confusa.

    «No. Un titolo non è tutto.» Il padre controllò l'orologio da tasca. «È molto, ma non tutto.»

    «Sono felice di sentirvelo dire.»

    «Be', ammetto che avrei desiderato che le tue sorelle si sposassero bene. E vorrei che tu avessi l'occasione che si sono lasciate scappare. Ma quest'uomo... non è incline al matrimonio.»

    «Nemmeno io lo sono.»

    «Non dire sciocchezze.» Carson rimise in tasca l'orologio, facendo dondolare la catena. «Il matrimonio è tutto. Quello giusto, almeno. Le tue sorelle non l'hanno capito. Tu ci renderai orgogliosi e sposerai qualcuno che farà rispettare tutta la famiglia.»

    Abbassò il mento e la guardò come se prendesse la mira con un fucile. «Ti sposerai bene e sarai felice. Proprio come tua madre e io. E i tuoi figli ti ringrazieranno.»

    Annie si morse l'interno della guancia in silenzio.

    «Adesso basta con questi discorsi. Ti trasferirai al piano di sopra e ci resterai finché non dimostri di avere buonsenso.» Chinando il capo, aggiunse: «Non mi è piaciuto come ti sei tenuta in disparte alla festa per il compleanno di Lady Cruise. Hai pronunciato a malapena una parola ballando con Lord Richard. Suo padre è un duca e anche se lui è solo il quarto figlio, è pur sempre il figlio di un duca. Non l'hai nemmeno guardato per tutto il ballo».

    «Padre, l'avete mai ascoltato? D'accordo, è figlio di un duca e lo sa dire in cinque lingue.»

    Il padre scosse il capo. «Basta così. Non ti permetterò di gettare al vento simili opportunità come hanno fatto le tue sorelle. Con te faremo di meglio.»

    «Mandandomi in soffitta, dove dormono le cameriere?» Quando veniva in visita il figlio di un visconte? Non era da suo padre. Si sarebbe aspettata che la spingesse lui stesso nella stanza dell'uomo.

    «In questo caso, sì.»

    «Che cosa c'è che non va in lui?»

    «Niente. Ma trascorre la sua vita... non come il figlio del duca. Lord Richard è ammirevole e rispettato. E so che ha un'alta opinione di te.»

    Prima che potesse trattenersi, Annie alzò lo sguardo al soffitto.

    «Starai in disparte per i prossimi giorni.» Il padre aggrottò la fronte.

    «Non ho alcun desidero di interferire con i vostri discorsi, ma non voglio trasferirmi al piano di sopra. Anche se forse sarà più divertente con Myrtle. Non so mai che cosa aspettarmi quando le chiedo qualcosa. Tempo fa è tornata indietro tre volte per chiedermi che cosa le avevo chiesto di prendermi.»

    «È una buona domestica.» Il padre la fissò negli occhi. «Myrtle ha servito la nostra famiglia per tutta la vita. Fedele fino in fondo.»

    «Ma entrambe le stanze delle mie sorelle sono vuote, ora. L'ospite potrebbe stare lì.»

    Carson scosse il capo. «No. Viene qui per discutere d'affari e non possiamo rischiare che tu ci interrompa. Non sarebbe decoroso che dormissi vicino a lui. Inoltre, non è interessato al matrimonio, mentre Lord Richard lo è. Fine della discussione.»

    Annie chiuse il libro e abbassò lo sguardo alle dita, mentre accarezzava il costone. «Non credete che sia abbastanza saggia da prendere le mie decisioni da sola?»

    «Certo che lo sei.»

    «A volte vorrei... Forse potrei stare da mia cugina, mentre il visitatore è qui? Mi piacerebbe. Insistete sempre perché venga a trovarmi e non mi permettete mai di prendere la carrozza per andare da loro. Non esco quasi mai di casa e, se lo faccio, è sempre con voi e la mamma.»

    «Non voglio che rischi di ammalarti come tua madre. Non è più stata la stessa da quando sei nata tu.» Il labbro inferiore gli tremò. «Ma naturalmente siamo tutti grati di averti avuta e non cambieremmo una singola cosa.»

    Annie non poteva rispondere. Odiava anche lei la fragilità della madre, ma avrebbe rischiato la salute pur di uscire.

    «È solo perché mi preoccupo per te» riprese il padre. «Se non vuoi sposarti, posso accettarlo. Ma se lo farai, sposerai un uomo con una posizione. È nel tuo interesse sposarti bene.»

    «Lo so.»

    «Promettimi che non ti farai vedere mentre il mio ospite è qui. E non dimenticartene come hai fatto l'ultima volta. Ti ho sentita nel corridoio.»

    «Non lo dimenticherò.»

    Era inutile discutere con lui. Sapeva che il padre si preoccupava solo per la sua sicurezza e la sua felicità. Gli sorrise e lo vide annuire. Poi, dopo uno sguardo al libro che aveva in mano, se ne andò.

    Annie tornò alla lettura, ma le era passata la voglia di leggere. Rigirò il braccialetto al polso, osservando il delicato cerchio di zaffiri montati in argento. Ma a che cosa servivano i gioielli se nessuno poteva vederli?

    Se avesse espresso il desiderio di avere una dozzina di cavalli, i suoi genitori glieli avrebbero comprati, ma non le avrebbero permesso di usarli a sua discrezione.

    Sapeva che il misterioso visitatore era seduto in salotto il giorno prima. Aveva sentito la sua voce profonda e ne aveva seguito il suono. Poi il dottore l'aveva quasi colta a origliare, ma lei era riuscita a ridere e aveva distolto la sua attenzione dicendogli che aveva un baffo di marmellata sul viso.

    L'unica persona che veniva in casa, oltre ai parenti e ai domestici, era il medico. A lei non piaceva molto, ma aveva una voce gradevole quando parlava con sua madre. Una voce forte. Quasi quanto quella dell'uomo che aveva sentito parlare con il padre. Solo che quella del figlio del visconte era più bassa e non sembrava amichevole. Ricordava quasi un ringhio.

    Si chiese che aspetto avesse.

    Si alzò e scostò le persiane per guardare fuori. Non poteva vedere nemmeno la strada. Solo un'altra casa di fronte. Ora sarebbe stata un piano più in alto, un altro livello più lontano dal resto del mondo. E avrebbe avuto meno finestre.

    Voleva stare con sua sorella Honour. Sentiva in cuor suo che aveva bisogno di lei. Sua madre avrebbe sofferto se se ne fosse andata, ma non poteva fare a meno di preoccuparsi per Honour. Laura stava bene, ne era certa. Era fuggita per stare con l'uomo che amava.

    Senza le sorelle, la vita era uguale un giorno dopo l'altro. Sapeva che doveva trovare il modo di riportare a casa Honour e riconciliarla con i genitori. Ci sarebbero state lacrime, uno scandalo, forse, ma la famiglia poteva ricostruirsi o semplicemente accettare le cose com'erano.

    2

    Barrett annuì, ascoltando Carson che gli spiegava quali punti usavano per il tessuto delle mongolfiere mentre rientravano a casa. L'idea del suo ospite di una serata stimolante lasciava un po' a desiderare. Non era migliorata con l'ennesimo racconto sulle mongolfiere. Barrett aveva dovuto insistere per tornare a casa

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