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Rivincita personale: Harmony Destiny
Rivincita personale: Harmony Destiny
Rivincita personale: Harmony Destiny
Ebook149 pages1 hour

Rivincita personale: Harmony Destiny

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About this ebook

Sotto il sole della Florida i Garrison gestiscono un impero fondato sul lusso e sul divertimento, ma sanno che il loro è un potere fragile e che l'amore è l'unica debolezza che non si possono concedere.

Eccola, finalmente davanti a lui, dopo quattro lunghi anni. Bella, eterea e sfuggente come la ricordava, Megan Simmons è l'unica donna che Stephen Garrison non è riuscito a dimenticare. E la sola che non può avere.

Megan sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato. Ma non se lo aspettava tanto presto. E ora che Stephen conosce il suo segreto, è determinato a correre ai ripari. Nell'unico modo che ritiene giusto. Nell'unico modo che lei non si aspetta. A chi toccherà poi pagarne il prezzo?
LanguageItaliano
Release dateMay 10, 2019
ISBN9788858997321
Rivincita personale: Harmony Destiny
Author

Anna DePalo

Dopo aver vissuto in Inghilterra e in Italia, si è stabilita a New York dove, quando non scrive, esercita la professione di avvocato.

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    Book preview

    Rivincita personale - Anna DePalo

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Millionaire’s Wedding Revenge

    Silhouette Desire

    © 2007 Harlequin Books S.A.

    Traduzione di Rita Pierangeli

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2008 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-732-1

    1

    Da quando aveva lasciato Miami, quattro anni prima, Megan Simmons aveva lottato ogni giorno per ritrovare l’equilibrio e lasciarsi il passato alle spalle. Ma l’equilibrio l’aveva elusa e il passato aveva assillato ogni sua giornata.

    Adesso, al colpo bussato alla porta aperta del suo ufficio, alzò la testa dai documenti che stava esaminando e incontrò gli occhi dell’uomo che aveva creduto di non rivedere mai più.

    Le mancò il respiro.

    «A quanto pare, la tua socia si è già immersa nel lavoro, Conrad.»

    La sua voce ebbe lo stesso effetto di un bicchiere di ottimo cognac. Come lo aveva sempre avuto. Soprattutto a letto.

    Questa volta, tuttavia, avvertì subito il pericolo, percependo nelle parole di Stephen un’ombra di divertito cinismo.

    Il suo sguardo si posò sul secondo uomo in piedi sulla soglia. L’offerta di Conrad Elkind di diventare socia della ditta di interior design, per la quale aveva lavorato come impiegata, era il motivo che l’aveva indotta a tornare a Miami.

    «Buone notizie, Megan» annunciò Conrad in tono entusiasta. «Abbiamo ricevuto l’incarico di ristrutturare parte del Grand Hotel dei Garrison. Il qui presente Stephen è rimasto così colpito dal lavoro che hai fatto quattro anni fa per la sede della Garrison, Inc. che ha richiesto che sia tu a occuparti del nuovo progetto.»

    Gli occhi di Megan si puntarono di nuovo su Stephen. Capì, dalla sua espressione, che non si trattava di una pura e semplice coincidenza.

    Le labbra di Stephen si storsero in una smorfia. «Avevo chiesto a Conrad di non farne parola fino alla firma del contratto.»

    Megan sentì che il sangue le defluiva dal volto. Per fortuna era seduta, altrimenti sarebbe crollata a terra.

    Tornando a Miami, si era resa conto che avrebbe corso il rischio di imbattersi in Stephen Garrison, ma non si era aspettata di dover lavorare per lui poche settimane dopo essere entrata a far parte della sua vecchia ditta.

    Sperava che un giorno, in un futuro non troppo lontano, ne sarebbe diventata socia senior. Allora la ditta si sarebbe chiamata Elkind, Ross, Gardner & Simmons. Adesso, invece, Stephen si profilava come un ostacolo insormontabile sulla sua strada.

    Si ricompose e si alzò, mentre con lo sguardo fulminava l’uomo che aveva ossessionato le sue giornate e non poche delle sue notti.

    «Che complimento inatteso» commentò, girando intorno alla scrivania.

    Indossava un tailleur color sabbia con una camicetta verde smeraldo, che richiamava il colore degli occhi. Era contenta della protezione che le offriva quella specie di corazza professionale, anche se, in omaggio alla calda temperatura estiva, ai piedi calzava un paio di sandali.

    Alla fine dell’estate, a Miami faceva ancora caldo. Il sole di settembre brillava fuori degli uffici della Elkind, Ross & Gardner, dove regnava una piacevole frescura, e i raggi filtravano attraverso la tapparella della finestra, riscaldandole la schiena.

    Eppure, benché i tacchi dei sandali aggiungessero altri cinque centimetri al suo metro e settantadue di altezza, non erano sufficienti per tenere testa alla presenza imponente di Stephen, che la sovrastava dall’alto del suo metro e novanta emanando un carisma e un sex appeal tangibili.

    Lui era l’incarnazione dell’uomo alto, bruno e bello, con capelli nero ebano e occhi color del caffè, oltre ad avere il corpo atletico di chi frequenta con assiduità la palestra.

    Quattro anni prima, lei aveva visto l’effetto che aveva sulle donne. Per lui, andavano in deliquio e, da parte sua, era stata abbastanza stupida da lasciarsi incantare.

    Anche in quel momento, avvertiva un formicolio in tutto il corpo.

    Si chiedeva se l’attrazione che esercitava dipendesse magari dalla fossetta nel mento, una caratteristica della famiglia Garrison. Però, a differenza di Cary Grant, l’idolo dello schermo, Stephen era un playboy in carne e ossa, e con pochi rivali in quel campo.

    Una rapida occhiata alla sua mano sinistra fu sufficiente per confermarle che era tuttora single.

    Conrad controllò l’ora sul suo orologio. «Ho una conferenza telefonica che inizia tra cinque minuti, perciò vi lascerò soli a parlare e a rinnovare la conoscenza.»

    Rinnovare la conoscenza era l’ultima cosa che Megan volesse fare con Stephen Garrison, ma si costrinse ad annuire. «Grazie, Conrad.»

    Quando il socio anziano dello studio se ne fu andato, guardò Stephen negli occhi e, automaticamente, sollevò il mento di una frazione.

    Subito dopo si riprese. Era ridicolo sentirsi sulla difensiva. Lei non aveva nessun motivo per cui avrebbe dovuto sentirsi sulla difensiva.

    «Ciao, Stephen. Non vuoi accomodarti?» lo invitò, voltandosi per tornare alla sua scrivania. «Sono sicura che siamo in grado di aiutarti, qualunque cosa tu stia cercando.»

    «È proprio su questo che conto» replicò lui in tono soave.

    Megan udì che chiudeva la porta e non poté fare a meno di paragonare il rumore al gong che dava inizio a un incontro di pugilato.

    Si voltò ad affrontarlo. «Suppongo che sia troppo sperare che la tua apparizione qui oggi sia una semplice coincidenza.»

    «Hai indovinato» ribatté lui in tono flemmatico. «Mi ci è voluto un po’, ma intendo ottenere le risposte che cerco.»

    «Perché ho l’impressione che non stiamo parlando del Grand Hotel

    «Quattro anni fa, tu hai lasciato Miami senza nemmeno voltarti indietro.»

    «Vuoi dire che ho lasciato te

    Un muscolo gli guizzò nella mascella.

    «Nessuno lascia un Garrison, non è così?» proseguì Megan, con le mani ben piantate sui fianchi. Fianchi arrotondati dalla nascita di una figlia.

    Con la maternità aveva trovato un coraggio che prima non le apparteneva, e che l’aveva cambiata dalla donna che era stata quattro anni prima. Avrebbe fatto qualunque cosa per assicurarsi che la figlia avesse il futuro che meritava, compreso lottare con le difficoltà che incontra una madre single.

    Compreso fare ritorno a Miami.

    Il mese precedente, aveva sradicato se stessa e Jade dalla città natale di Indianapolis ed era tornata a Miami, pur sapendo che era la città dei Garrison. Era stata allettata dalla promessa di poter diventare socia nella sua ex ditta di interior design.

    Esaminò più attentamente Stephen e si rese conto che gli anni trascorsi avevano lasciato il segno anche su di lui. Sapeva che adesso aveva trentuno anni, uno in più di lei, ma dimostrava una maturità fisica che gli mancava l’ultima volta che lo aveva visto.

    Non che fosse diverso nell’aspetto. Era affascinante come sempre.

    Si sarebbe detto che esibisse il suo potere con maggiore disinvoltura. Il suo atteggiamento autoritario si era smussato per acquistare una patina più sottile.

    Più sottile ma più pericolosa, ricordò a se stessa. «Come facevi a sapere che ero tornata in città?» sbottò, con quel pensiero in testa.

    Stephen infilò le mani nelle tasche della giacca dal taglio impeccabile, e si avvicinò con passo indolente, del tutto a suo agio in un ufficio che avrebbe dovuto essere il suo regno, pensò Megan.

    Ringraziò la sua buona stella di non aver esposto fotografie o ricordi rivelatori. Pregava anche che Conrad non si fosse lasciato sfuggire particolari della sua vita privata.

    «Come facevo a sapere che eri tornata a Miami?» ripeté lui, quasi per guadagnare tempo mentre rifletteva sulle sue parole. «È questa la domanda fondamentale, vero?»

    Benché il tono fosse soave, a lei non sfuggì un sottofondo minaccioso.

    I suoi occhi la tenevano avvinta, dandole l’impressione di poter annegare nelle loro cupe profondità.

    «A quanto pare, non hai mai confidato alla tua amica Anna che tu e io un tempo siamo stati amanti.»

    Oh, Anna, gemette Megan in silenzio. Perché hai parlato di me con Stephen Garrison?

    Tuttavia, non poteva farne una colpa all’amica. L’aveva tenuta all’oscuro, come del resto lo erano tutti, della catastrofe che si era abbattuta sulla sua vita quattro anni prima.

    Stephen storse le labbra in una smorfia sarcastica. «Se avessi voluto che il tuo ritorno a Miami restasse segreto, avresti dovuto suggerire alla nuova signora Garrison di tenere la bocca chiusa.»

    Aveva ragione, ma non per questo la pillola era meno amara da inghiottire.

    «Lo sai, è buffo» proseguì Stephen, tuttavia dal tono era chiaro che non lo trovava per niente divertente, «alcune settimane fa eravamo a tavola per la cena domenicale a casa dei miei, a Bel Harbour, quando io ho accennato casualmente che stavo cercando una ditta di interior design per ristrutturare il Grand Hotel.» Fece una pausa. «Indovina che cosa ha detto Anna.»

    Megan serrò le labbra, però, a quanto sembrava, Stephen non si aspettava una risposta.

    «Ha accennato che la sua amica Megan Simmons era tornata a Miami per diventare socia della Elkind, Ross & Gardner.» Stephen si strofinò la mascella mentre faceva una pausa e concentrava lo sguardo su di lei. «Non sapevo nemmeno che tu e Anna foste amiche.»

    «È così che Anna ha iniziato a lavorare alla Garrison, Inc., quattro anni fa» spiegò Megan, sostenuta. «Avevo conosciuto alcune persone del reparto Risorse Umane alla sede centrale della Garrison mentre la stavo ristrutturando, così l’ho raccomandata perché l’assumessero. Lei non vedeva l’ora di lasciare Indianapolis.»

    Appoggiò con forza la punta delle dita sul ripiano della scrivania. Le tremavano le gambe, ma, poiché Stephen non aveva ancora accennato a Jade, immaginava che Anna avesse tralasciato di dire che lei adesso aveva una figlia.

    «Esatto.» Stephen avanzò di qualche passo. «Quattro anni fa è più o meno l’epoca in cui tu sei fuggita dalla città.»

    «Sì, avevo deciso di lasciare Miami.» Era fuggita, ma in quei giorni aveva imparato quando era il momento di fuggire e quando era quello di restare e lottare.

    «Naturalmente» proseguì Stephen come se non l’avesse udita, «se tu non fossi scappata come un

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