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Una dolce sconosciuta alla porta: Harmony Jolly
Una dolce sconosciuta alla porta: Harmony Jolly
Una dolce sconosciuta alla porta: Harmony Jolly
Ebook151 pages2 hours

Una dolce sconosciuta alla porta: Harmony Jolly

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About this ebook

Questo è il pianto di un neonato. Ma non può essere! Carrie McKenzie non crede ai propri occhi, davanti al suo portone c'è un bambino. Potrebbe portarlo a casa, scaldarlo e poi andare al Pronto Soccorso. Ma lei è appena arrivata a New York da Londra, non sa ancora come muoversi. C'è solo una cosa da fare: bussare alla porta di fronte alla sua e chiedere aiuto.

E questa chi sarebbe? Daniel Cooper ha appena aperto la porta di casa sua e si trova faccia a faccia con la donna più bella che abbia mai visto. Peccato non sia da sola ma in compagnia di un neonato.
LanguageItaliano
Release dateMay 10, 2019
ISBN9788858997406
Una dolce sconosciuta alla porta: Harmony Jolly

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    Una dolce sconosciuta alla porta - Scarlet Wilson

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    English Girl in New York

    Harlequin Mills & Boon Romance

    © 2014 Scarlet Wilson

    Traduzione di Carlotta Picasso

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-740-6

    1

    Le porte del vagone della metropolitana si aprirono, accompagnate da un fragoroso rumore e Carrie, trascinata dalla folla che si era accalcata lungo la piattaforma, si strinse ancora di più nel cappotto, nascondendo il viso dietro il bavero rialzato. Avrebbe dovuto controllare le previsioni su Internet prima di uscire.

    Sballottata a destra e a sinistra, riuscì a resistere alla tentazione di aggrapparsi alla persona che le stava di fronte per non perdere l’equilibrio. Dopo la copiosa nevicata di quel giorno, Manhattan si era paralizzata. La caotica New York, la città che non dorme mai, sembrava essersi improvvisamente spenta sotto quella coltre di neve caduta in pieno ottobre, che aveva colto tutti di sorpresa. Le strade, divenute impraticabili, avevano mandato in tilt i mezzi pubblici.

    Intirizzita dal freddo, stretta in quel cappotto troppo leggero per le temperature proibitive di quel giorno, Carrie affondò le mani nelle tasche.

    «Hanno sospeso la corsa di alcuni autobus» si lamentò una donna accanto a lei. «Dovrò prendere tre linee diverse di metropolitana prima di arrivare a casa questa sera.»

    Carrie trasalì. Per favore, fa’ che questo treno arrivi al capolinea, pensò. Per fortuna quella linea correva in superficie per dei lunghi tratti, cosicché avrebbe potuto godere lo spettacolo dei fiocchi di neve che volteggiavano leggeri nel cielo prima di depositarsi sul suolo.

    Aveva immaginato che trasferirsi a New York le avrebbe fatto bene dopo l’annus horribilis appena trascorso a Londra. Quel soggiorno americano l’avrebbe aiutata a prendere le distanze da tutte le persone che conosceva, ad allontanare i propri demoni e a non pensare troppo al passato.

    L’unica nota positiva di quel periodo buio erano stati il suo lavoro e i risultati ottenuti.

    Tornò con la mente al giorno in cui il suo capo l’aveva invitata nel suo ufficio. Avrebbe dovuto intuire immediatamente le sue intenzioni. Le aveva rivolto uno sguardo diretto, accompagnato da un sorriso che avrebbe voluto essere accondiscendente, poi si era schiarito la gola con un colpetto di tosse. «Carrie, è necessario che qualcuno dell’ufficio di Londra vada a New York come nostro rappresentante per portare avanti il progetto che abbiamo sviluppato. So che hai avuto un anno molto difficile e impegnativo, ma sei tu la prima candidata alla quale ho pensato. Naturalmente... se non ti senti all’altezza, o il momento non è adatto...» si era interrotto, lasciando intendere che c’erano già altri aspiranti senza scrupoli pronti a occupare quella posizione.

    Carrie si era morsicata le labbra. «Oh, no!» aveva esclamato. «Tempismo perfetto. Cambiare aria è proprio ciò di cui ho bisogno. È una sfida irrinunciabile e quale migliore occasione per allontanarmi da qui?»

    Il suo capo aveva annuito, stringendole la mano. «Congratulazioni! Non dovrai preoccuparti di niente. La società metterà a tua disposizione un appartamento che si trova a Greenwich Village, una delle zone residenziali più famose di Manhattan, abitata da artisti, studenti e professionisti. Ti piacerà.»

    Lei accennò un sorriso di circostanza, passandosi le dita sulle labbra secche. «Quando dovrò partire?»

    «Hai tre settimane di tempo per prepararti» aveva risposto lui in fretta. «Prima però dovrai incontrare uno dei nostri soci in partenza per il Giappone. Ti fornirà tutti i dettagli della missione.»

    Carrie aveva cercato di mantenere un’espressione impassibile ma il panico le aveva seccato la gola. «Tre settimane» ripeté con un sospiro. «Perfetto. Sono più che sufficienti» aveva aggiunto con voce incerta.

    Il suo capo era scattato in piedi. «Bene, Carrie. Sono certo che farai un ottimo lavoro.»

    Fine del colloquio. Era stata liquidata con poche essenziali parole.

    Il treno si fermò alla stazione successiva e di nuovo il flusso di gente che entrava e usciva dal vagone la costrinse ad aggrapparsi con forza al primo appiglio disponibile. Sembrava che quel giorno tutta New York avesse voglia di tornare a casa propria.

    Sobbalzò al tocco di una mano fredda che aveva sfiorato la sua. Apparteneva a una donna che le sorrideva impacciata. «Ho sentito dire che hanno chiuso Central Park. Un albero è crollato sotto il peso della neve» sospirò, sollevando gli occhi al cielo. «Spero che almeno i pulmini della scuola riescano a riportare a casa i bambini. Gli spazzaneve non sono sufficienti a ripulire tutte le strade e so anche che sabbia e sale saranno consegnati agli addetti ai lavori solo tra quindici giorni» precisò. «Non ho mai visto una cosa simile e lei? Scommetto che nei prossimi giorni resteremo tutti bloccati dalla neve.»

    Carrie scrollò le spalle, sentendosi impotente. «Non saprei. Non sono di qui. È la prima volta che visito New York. Io... vengo da Londra.»

    La sconosciuta le rivolse uno sguardo compassionevole. «Povera cara. Allora benvenuta in questo manicomio.»

    Carrie guardò fuori dal finestrino. Il treno procedeva a bassa velocità sulle rotaie coperte di neve. Ti prego, altre due fermate e sono a casa.

    L’appartamento nel quale si era trasferita era stupendo. Di certo non se lo sarebbe potuto permettere se avesse dovuto fare affidamento sul proprio stipendio. Inoltre il Greenwich Village era un quartiere incantevole, dove si respirava un’atmosfera magica, elettrizzante. Le case basse e colorate, le strade strette, gli alberi curati, i bar e ristoranti, i numerosi negozi vintage le ricordavano certe zone delle città europee, dove la vita sembrava scorrere senza scosse.

    Quel giorno, in mezzo alla tormenta di neve, aveva desiderato rintanarsi nel suo appartamento, respirare il profumo della zuppa calda, farsi un bagno alla luce delle candele, scaldarsi davanti al fuoco scoppiettante del caminetto, godere del silenzio che l’avrebbe circondata, consapevole che la prossima persona alla quale avrebbe rivolto la parola sarebbe stata il proprietario della caffetteria dove si fermava a fare colazione prima di recarsi in ufficio.

    Arricciò il naso. Forse quel pomeriggio non sarebbe mai arrivata a casa. Il cielo si stava oscurando in fretta e probabilmente la donna al suo fianco aveva ragione: sarebbero rimasti bloccati per giorni a causa della neve e lei non avrebbe parlato con nessuno per chissà quanto.

    Si sistemò la borsa sulla spalla. Aveva molto lavoro da sbrigare che l’avrebbe tenuta impegnata a lungo. Il suo capo le aveva detto di non preoccuparsi se non fosse riuscita a raggiungere l’ufficio, ma in quel modo sarebbe rimasta isolata dal resto del mondo. Nemmeno i suoi vicini di casa le avrebbero tenuto compagnia durante quei giorni.

    Trasalì. E se avesse avuto un’emergenza? Aveva provviste sufficienti in casa? Si sentì profondamente sola, eppure, durante quei due mesi di permanenza a New York, aveva conosciuto delle persone e dopo l’orario di ufficio era andata a bere qualcosa in loro compagnia. Tuttavia il suo ambiente di lavoro non era amichevole ed era difficile stringere dei rapporti che non fossero esclusivamente di tipo professionale. Si respirava un clima frenetico, dove i tempi erano dettati dalle scadenze da rispettare. Aveva diversi colleghi, ma non era certa di avere degli amici.

    La metropolita si arrestò bruscamente e le porte si spalancarono. «Tutti fuori!» gridò una voce dall’altoparlante.

    «Che cosa sta succedendo?» urlarono in coro i passeggeri.

    «Questa è l’ultima fermata. C’è troppa neve sui binari» spiegò un uomo in divisa. «Tutti i treni hanno interrotto la loro corsa. Per favore, scendete.»

    Carrie lesse il cartello con il nome della stazione. Erano sulla Quattordicesima Strada. Sarebbe bastata una fermata sola per raggiungere il suo appartamento. Si guardò gli stivaletti di camoscio rosso. Avrebbe dovuto dir loro addio. Camminare sui marciapiedi ricoperti di neve mista a fango li avrebbe rovinati al punto da non poterli più indossare.

    Nell’agitazione generale, alla ricerca di un mezzo alternativo con cui raggiungere la propria destinazione, la folla si riversò sulla piattaforma, salì le scale mobili e uscì all’esterno. Carrie in fin dei conti era stata fortunata. Non era così distante dal Village.

    Il cielo, una lastra grigia e incombente, si era fatto ancora più buio e la neve scendeva copiosa.

    Troppa, pericolosa. Si era accumulata lungo i marciapiedi ed era sporca di fango e sassolini a causa degli schizzi provocati dagli pneumatici.

    Uno strano crepitio, seguito da un urlo, richiamò la sua attenzione.

    «Presto! Spostatevi, andate via da lì!»

    Carrie volse il capo in direzione della voce e si accorse che dal tetto di un edificio a quattro piani si stava staccando un cumulo di neve. Sembrava di assistere a un film proiettato al rallentatore. Stava per accadere l’inevitabile eppure era impossibile impedirlo. Il respiro le si spezzò in gola mentre osservava i pedoni camminare, ignari del pericolo incombente: una signora stretta nel suo cappotto rosso e un ragazzino infreddolito, una coppia di anziani che si teneva per mano, degli uomini d’affari con il bavero sollevato intenti a parlare al telefono.

    All’improvviso la scena cambiò. Una macchia blu indistinta, veloce come un fulmine, apparve davanti ai suoi occhi. La signora e il bambino furono catapultati al centro della strada, l’anziana coppia si ritrovò con le spalle addossate alla vetrina di un negozio e gli uomini d’affari, messo via il cellulare, corsero veloci verso un’aerea più sicura.

    La coltre di neve che aveva ricoperto il tetto piombò per terra con un tonfo sordo, invadendo il marciapiede e parte della strada. Chiunque nei paraggi interruppe ogni attività. Il silenzio che seguì era irreale.

    Il pianto acuto di un bambino sbloccò quel momento d’immobilità e un istante dopo scoppiò il caos. Alcuni passanti corsero incontro alla donna con il cappotto rosso e a suo figlio, scortandoli all’interno di un bar. Poi qualcun altro andò in soccorso della coppia di anziani che aveva trovato riparo sotto la tettoia di un negozio.

    «Ma dov’è finito il poliziotto?»

    «Che cosa gli è successo?» mormorarono delle voci sommesse.

    Quella fulminea macchia blu che Carrie aveva visto non era stata altro che la divisa del poliziotto che si era lanciato verso le persone in pericolo nel tentativo di trarle in salvo. Guardò le luci lampeggianti delle macchine della polizia parcheggiate lungo il lato opposto della strada. Era così naturale vederle girare in città che non le aveva notate quando erano sopraggiunte.

    Qualcuno l’invitò a spostarsi e lei si ritrovò a camminare in modo automatico, circondata da altri pedoni. Le ginocchia le tremavano e il cuore le martellava contro le costole per lo spavento, ma non c’era niente che potesse fare lì, non aveva alcuna competenza medica e i soccorritori erano sopraggiunti numerosi.

    Lanciò un’occhiata al poliziotto che doveva aver salvato tutti quei passanti che con fare rabbioso si spazzava via la

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